Dimostra che sei un essere umano


Federmanager Roma

“Rinascita Manageriale”, politiche attive per la ripresa del sistema produttivo

Unindustria, Federmanager Roma e 4.Manager hanno presentato a Roma il progetto “Rinascita Manageriale”, l’iniziativa nata per valorizzare il patrimonio manageriale a beneficio della crescita delle imprese

Fa tappa a Roma il roadshow dedicato allo sviluppo delle competenze manageriali e alla presentazione di “Rinascita Manageriale”, l’iniziativa di politica attiva per la ripresa del Paese promossa da 4.Manager per valorizzare il patrimonio manageriale italiano a beneficio della crescita delle imprese. All’evento, organizzato da Unindustria, Federmanager Roma e 4.Manager che si è tenuto il 28 febbraio presso la sede di Roma di Unindustria con un incontro dal titolo “Rinascita Manageriale: politiche attive per la ripresa del sistema produttivo”, hanno partecipato Maurizio Tarquini, Direttore Generale Unindustria, Gherardo Zei, Presidente Federmanager Roma, Giuseppe Biazzo, Vicepresidente Unindustria con delega al Capitale Umano e alla Cultura d’Impresa, Marco Massenzi, Amministratore Delegato Teleconsys spa, Fulvio D’Alvia, Direttore Generale di 4.Manager, Ciro Ascione, Project Manager di 4.Manager, Giuseppe Torre, Coordinatore Scientifico dell’Osservatorio di 4.Manager.

Nel corso del 2020 e del 2021, nel pieno della pandemia e delle misure sul distanziamento sociale, la forte incidenza dei settori del Turismo e dei Trasporti sul Pil del Lazio ha penalizzato l’economia regionale. Le imprese con sede nella regione che operano in questi due comparti hanno riportato, solo nel 2020, una contrazione complessiva del valore aggiunto di oltre 5 miliardi di euro.

Ma una robusta inversione del ciclo si è verificata a partire dal 2022, quando l’economia regionale ha sperimentato una netta accelerazione. Per il 2022 le stime quantificano una crescita del +4% (+3,9% Italia – Stime Prometeia, gennaio 2023).

E con la ripresa la maggior parte delle imprese, incluse quelle scarsamente orientate all’innovazione, hanno aumentato la consapevolezza che solo attraverso una managerialità e una leadership d’impresa in grado di comprendere tutti i processi aziendali, migliorando al contempo la pianificazione la gestione e modelli di business, riusciranno a rimanere competitivi e avviare il processo di transizione verso la sostenibilità. Tuttavia, un ostacolo assolutamente da superare è quello del mismatch tra domanda e offerta di lavoro, in particolare si assiste ad una domanda di competenze molto alta legata alla transizione verso la sostenibilità, l’innovazione e alla transizione energetica, cui si accompagna una crescita della domanda di competenze legata al people management.

Secondo le elaborazioni e le stime dell’Osservatorio 4.Manager, nel Lazio la difficoltà di reperimento di figure dirigenziali è riscontrata quasi dalla metà delle imprese (44,4%  vs. 42,5% dato nazionale).

 

Ecco perché a fronte dei dati sul mismatch tra domanda e offerta diventa fondamentale  l’iniziativa di 4.Manager “Rinascita Manageriale”,  un progetto mai sperimentato in Italia in ambito manageriale a livello nazionale che prevede lo stanziamento di 4 milioni di euro, sotto forma di rimborso spese per le attività di assessment aziendale e per la ricerca e selezione del personale, a favore delle aziende che assumono un manager inoccupato o lo ingaggiano come Temporary manager in 4 settori aziendali considerati strategici: innovazione e digitalizzazione, sostenibilità, organizzazione del lavoro post-Covid ed export. In particolare, tale rimborso spese copre fino a un massimo di 30.000 euro, nel caso in cui il manager venga assunto a tempo indeterminato e fino a un massimo di 15.000 euro, nel caso in cui il manager venga assunto a tempo determinato o attraverso un contratto di Temporary management. Inoltre, sono previsti: una copertura dei costi lato azienda per l’iscrizione al FASI e l’accesso gratuito per il manager a una piattaforma di e-learning.

Gherardo Zei, Presidente Federmanager Roma e Unione Regionale dirigenti industriali del Lazio ha voluto porre l’accento sul fatto che “crescita e competitività di un’azienda sono strettamente legate al suo grado di managerializzazione e la crescita industriale è un elemento essenziale dello sviluppo economico. Questa equazione – prosegue Zei – richiede l’attenzione di tutti gli attori coinvolti e, grazie a 4.Manager, l’impegno congiunto di Federmanager e Confindustria sul fronte delle Politiche Attive si trasforma in azioni concrete e in favore di aziende che investono in professionalità manageriali strategiche per l’attuale mercato del lavoro. Siamo convinti – conclude il Presidente – che progetti come Rinascita Manageriale siano opportunità preziose per la realtà industriale del nostro territorio, in particolare per le PMI che costituiscono la maggior parte delle imprese italiane e rappresentano la struttura portante del sistema produttivo del nostro paese.”

Fulvio D’Alvia, Direttore generale di 4.Manager ha commentato: “4.Manager punta su Rinascita Manageriale non solo come strumento di ‘politica attiva’ ma anche come leva di ‘politica industriale’. Oggi le imprese chiedono competenze nuove per sfruttare al meglio le opportunità legate alle transizioni sostenibili ed energetiche. Occorre quindi massimizzare il rilancio del sistema produttivo attraverso un’iniezione di competenze manageriali ad alto valore aggiunto.  L’attività di 4.Manager si pone, per questo, l’obiettivo di essere un propulsore di competitività e competenze a supporto delle imprese, per ridurre le asimmetrie di mercato e contribuire a realizzare uno sviluppo sostenibile.”

Giuseppe Biazzo, Vicepresidente Unindustria con delega al Capitale Umano e alla Cultura d’Impresa ha aggiunto che “perseverare con l’adozione di politiche che vadano verso la riduzione del mismatch tra domanda ed offerta di competenze è quanto mai fondamentale e strategico per la crescita del Paese e del nostro sistema produttivo. Unindustria, da questo punto di vista, continua a sostenere processi che favoriscano l’interazione ed il confronto tra il mondo della formazione ed il mondo del lavoro ed, in particolare, contribuisce a valorizzare e promuovere tra le imprese lo sviluppo di una cultura manageriale solida e forte che riconosca, altresì, l’importanza e la strategicità della formazione manageriale per sviluppare nei manager le giuste conoscenze e competenze per mantenere alto il livello di competitività della impresa stessa. Bene quindi ‘Rinascita Manageriale’ come strumento per valorizzare il patrimonio manageriale a beneficio della crescita delle imprese”.

Executive Program di Risk Management

Executive Program di Risk Management

Il percorso formativo di Federmanager Roma e Università degli studi Roma Tre ha preso il via il 9 febbraio scorso e si articola in 8 workshop tematici volti ad approfondire i diversi ambiti della materia con il contributo dei maggiori esperti sul tema

Le aziende hanno sempre più la necessità di comprendere il livello complessivo di rischio insito nei loro processi e nelle loro attività. Ciò implica la necessità di saper riconoscere e dare priorità ai rischi più significativi, che potrebbero comportare perdite o danni che incidono sui profitti, sulle quote di mercato o che possono danneggiarne l’immagine. In tal senso, è fondamentale individuare le criticità e riconoscere le debolezze dei controlli, arrivando ad attuare un piano di gestione dei rischi (risk mitigation).

In particolare, la recente Pandemia Covid 19 ha reso ancora più evidente l’importanza di implementare nelle aziende attività basate su logiche di risk management: costruire piani di business continuity, avere una supply chain a prova di emergenza sanitaria, rafforzare la robustezza dell’IT da possibili attacchi esterni (cybersecurity), definire strategie e procedure operative di comunicazione in casi di crisi (crisis management), ecc..

Il Percorso Formativo, elaborato in tal senso da Federmanager Roma in collaborazione con l’Università Roma Tre, che rilascerà un attestato di partecipazione, ha preso il via il 9 febbraio scorso e si articola in 8 workshop tematici volti ad approfondire i diversi ambiti della materia e si avvale dei contributi dei maggiori esperti sul tema che erogheranno i rispettivi moduli in modalità ibrida: in presenza e online.

Immagine di Freepik

Gli Obiettivi. Il macro obiettivo del progetto è approfondire questi aspetti, oltre che con i prestigiosi docenti universitari, anche con testimonianze di manager esperti, al fine di trasferire agli associati la conoscenza dei concetti base di Risk Management, nonché fornire degli strumenti operativi che possono essere utili nello svolgimento quotidiano della professione e nell’apprendimento di un approccio nuovo con maggiore visione dei rischi ad essa connessi.

In Programma, dopo i fondamenti del concetto di rischio e del processo di risk management, l’analisi dei framework di maggior rilevanza internazionale con la testimonianza diretta di manager impegnati in prima linea sul tema. La seconda parte del corso mira ad approfondire le direttrici di rischio – per lo più in materia di compliance – su temi di particolare rilievo (privacy, D.Lgs 231/2001) e di estrema attualità (cyber risk, business continuity e ESG).

Ringraziamo l’Università degli studi di Roma Tre e tutti i docenti per il prezioso contributo al successo di questa iniziativa, in particolare il Prof. Ass. Università Roma Tre Carlo Regogliosi e il dott. Roberto Salvi, Coordinatori scientifici del progetto rispettivamente per Roma Tre e per Federmanager Roma.

L’Ottimo Riscontro di interesse da parte dei partecipanti, 50 discenti in aula tra manager, aziende e collaboratori del settore, conferma la grande centralità di un tema che richiede massima attenzione da parte di tutti gli stakeholders e Federmanager Roma, a grande richiesta, sta già lavorando alla seconda edizione del corso. Stay tuned!

In apertura immagine di rawpixel.com su Freepik

Gli impatti dei temi ESG sulle mPMI

Gli impatti dei temi ESG sulle mPMI

Il webinar, che ha visto la partecipazione di rappresentanti della onlus Kyoto Club, ha rappresentato per il Gruppo bancario BCC ICCREA l’occasione di illustrare come accompagnare le mMPI nel processo di transizione sostenibile

Lo scorso 17 novembre si è tenuto un webinar di grande interesse dedicato alle tematiche ESG dal titolo “Environment – Company – Finance. The problematic but winning solution”. Dopo il saluto introduttivo del Presidente di Federmanager Roma Gherardo Zei, si sono confrontati rappresentanti di Kyoto Club, organizzazione non profit, creata nel febbraio del 1999, costituita da imprese, enti, associazioni e amministrazioni locali, impegnati nel raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas-serra, e del Gruppo BCC ICCREA, il maggiore gruppo bancario cooperativo italiano.

I rappresentanti di quest’ultimo hanno voluto sottolineare i principali impatti che i temi ESG avranno sulle mPMI (micro, piccole e medie imprese) e quali sono le azioni che il Gruppo BCC Iccrea mette in atto in ottica di supporto. In un contesto normativo di forte attenzione all’integrazione dei fattori ESG nei processi aziendali che assegna alle banche il ruolo chiave di “volano del cambiamento” e in un correlato contesto di mercato che sta spostando le proprie scelte di acquisto verso prodotti e servizi sostenibili, le mPMI sono destinatarie, direttamente e indirettamente, di importanti attese e nuovi adempimenti.

Ciò assume particolare rilevanza anche in considerazione dell’attenzione che i mercati finanziari stanno dedicando al comparto dei Fondi di Investimento sostenibili che oggi intercettano più del 50% dei flussi netti dei fondi domiciliati in Europa mentre solo nel 2017 tale proporzione era pari al 15%.

Oltre ad un cambio di paradigma del mercato che sta via via attribuendo maggiore importanza alla sostenibilità e i cui attori (clienti, investitori) sono sempre più spesso disposti anche a pagare di più pur di investire in imprese a connotazione ESG, le mPMI sono destinatarie di una serie di nuovi vincoli che le inducono alla produzione di dati ESG e alla pianificazione di strategie evolutive.

Oltre all’introduzione di metriche ESG nel processo di erogazione creditizia, oltre all’esigenza di dati connessa al calcolo di indicatori tassonomici a cura delle banche finanziatrici (ad es. il GAR – green asset ratio) le mPMI sono anche attratte dai nuovi obblighi di rendicontazione (con la CSRD – Corporate Sustainability Reporting Directive si stima che in Italia le mPMI soggette a obbligo di rendicontazione passeranno da 12.000 e circa 50.000) e dai nuovi obblighi di Due Diligence sui rischi potenziali ed effettivi relativi a diritti umani e ambiente.

Il Gruppo BCC Iccrea, nel solco della sua tradizione storica di supporto e vicinanza al territorio e alle comunità, sta agendo con l’intento di accompagnare le aziende clienti nel processo di transizione sostenibile. Tra i progetti di maggior rilievo figura, infatti, l’azione di supporto alle mPMI finalizzata a creare consapevolezza sugli impatti che la transizione sostenibile avrà sul loro business, fornendo strumenti funzionali a valutare il loro livello di sostenibilità e proponendo azioni di evoluzione e di supporto, anche finanziario, agevolando il ricorso alle risorse pubbliche (PNRR) nonché proponendo strumenti di finanziamento ad hoc.

Renato Fontana, relatore e moderatore del webinar, nel suo intervento, ha tenuto a sottolineare che le tematiche ESG sono e diventeranno sempre più un valore per le aziende perché nessuna di esse potrà sottovalutare gli effetti che le proprie azioni hanno sugli ESG, ma al contempo anche i rischi a cui sarà esposta per via dei fattori ESG (cosiddetta doppia materialità). Un adeguamento delle aziende che passa per degli investimenti che avranno necessità di finanziamenti e ciò spiega la necessità di parlarne con un gruppo bancario di prestigio quale BCC ICCREA.

Alessandro Tiberi, coordinatore Gruppo Giovani Federmanager Roma, ha voluto sottolineare l’attenzione che Federmanager rivolge allo sviluppo delle nuove professionalità manageriali richieste da un mercato del lavoro sempre più competitivo e in continua evoluzione. Ha ricordato, tra l’altro, che alla tematica complessa e innovativa degli ESG è dedicato un percorso formativo nell’ambito di Be Manager, il progetto di certificazione delle competenze manageriali elaborato da Federmanager, in collaborazione con RINA, ente di certificazione internazionale con 160 anni di storia, e Federmanager Academy, management school di Federmanager.

Questa sensibilità della Federazione consente ai manager iscritti di poter contare su percorsi di formazione continua che attestano di volta in volta le nuove competenze acquisite e offrono ai manager maggiori opportunità professionali all’interno e all’esterno della propria azienda.

Mentoring Project di Federmanager Roma. Intervista ai protagonisti

Mentoring Project di Federmanager Roma. Intervista ai protagonisti

Partito nel mese di giungo 2022 con un’edizione pilota, Il Mentoring Project di Federmanager Roma è stato pensato in un’ottica di “Give Back” e networking dal Gruppo Giovani Federmanager Roma e progettato in collaborazione con il Gruppo Minerva Roma e il supporto di We Plus Network.

Un comitato organizzativo costituito ad hoc, ha redatto un “Patto intergenerazionale tra senior manager MENTOR e giovani manager MENTEE” e una “GUIDA PER I MENTOR” utile ad accompagnare i giovani Mentee nell’esprimere al meglio il loro potenziale.

Coordinamento organizzativo, Mentor e Mentee

Alla luce del successo riscontrato e visto l’alto profilo delle candidature pervenute, il Comitato Organizzativo è a lavoro per la seconda edizione del progetto che conta già numerose manifestazioni di interesse. Alessandro Tiberi, coordinatore del Comitato organizzativo e del Gruppo Giovani Federmanager Roma, insieme con il collega Massimo Fiorella, co-coordinatore del progetto e componente del Gruppo Giovani, hanno chiesto a due dei protagonisti, il MENTOR Luca Tommasi, TIM Enterprise Market – Post Sales, e il suo MENTEE Renato Di Belardino, ENEL Planning and Control – Global Energy and Commodity Management, di condividere la loro esperienza con i nostri lettori.

MENTOR – Luca Tommasi, TIM Enterprise Market – Post Sales

1. Cosa l’ha spinta ad aderire al mentoring project Federmanager Roma?

Quello che mi ha spinto ad aderire a questo interessante progetto è stato innanzitutto la volontà di mettere le mie competenze e l’esperienza maturata in una grande azienda a disposizione di manager più giovani e il desiderio di condividere le rispettive skill e conoscenze. Durante gli incontri siamo riusciti a instaurare un rapporto di fiducia che è fondamentale per un apprendimento reciproco con un produttivo scambio di opinioni. Un’esperienza che mi ha permesso di cogliere le suggestioni del giovane manager (mentee) che affronta le sfide ed il contesto attuale, valorizzando il tempo condiviso per sviluppare un percorso di crescita umana e professionale.

2. Ci racconta, se c’è stato, il momento più critico e l’insegnamento più importante?

Abbiamo sicuramente avuto qualche difficoltà ad “incastrare le agende”: il tempo è una risorsa preziosa e proprio per questo ci siamo entrambi impegnati a   rispettare i nostri appuntamenti con un approccio “out of the box”. Abbiamo infatti unito l’utile al dilettevole, incontrandoci davanti ad un aperitivo o a cena in un ristorante, in questo modo abbiamo velocemente instaurato quel rapporto di fiducia reciproca che è alla base del mentoring.

La costruzione di una relazione basata sull’ascolto e lo scambio mi hanno confermato il grande valore del mentoring come strumento di crescita ed apprendimento. Questo l’insegnamento più importante.

3. Volendo fare un bilancio a questo punto del percorso, cosa le resta e cosa cambierebbe?

Sicuramente il valore del confronto e della condivisione fatto fuori dalle rigide liturgie che l’azienda spesso impone e che magari non sempre facilitano l’ascolto e lo scambio. La possibilità di confrontarmi con stili e culture diverse dalla mia realtà aziendale mi ha permesso di avere un punto di vista diverse sulle cose. È sempre bello trasformare le sfide in nuove opportunità.

4. Ci descrive questa esperienza in tre parole?

Tre le parole chiave: ascolto, fiducia e scambio.

 5. Cosa consiglierebbe ad un collega che sta per intraprendere questo viaggio?

Un Mentor consapevole ed efficace deve essere modello e fonte di ispirazione. Curiosità, generosità, determinazione e passione sono caratteristiche che non devono mancare Allo stesso tempo il mentor dallo scambio one to one con il suo mentee impara e alimenta la propria consapevolezza ed efficacia realizzativa.

 MENTEE – Renato Di Belardino, ENEL Planning and Control – Global Energy and Commodity Management

 1. Cosa l’ha spinta ad aderire al mentoring project Federmanager Roma?

Ho scelto di aderire al progetto per intraprendere un percorso di apprendimento e crescita, sia personale che professionale, avendo la preziosa opportunità di potermi confrontare con Manager di grande esperienza nell’ambito del settore industriale italiano.

2. Ci racconta, se c’è stato, il momento più critico e l’insegnamento più importante?

Onestamente posso dire di non aver vissuto alcun momento critico durante il programma di Mentorship. Per l’appunto l’insegnamento più importante e l’aver acquisito maggiore consapevolezza che, partendo da solide basi e con i giusti presupposti, é possibile costruire rapporti, lavorativi e personali, di grande valore e destinati a durare nel tempo.

 3. Volendo fare un bilancio a questo punto del percorso, cosa le resta e cosa cambierebbe?

Il rapporto e la relazione costruita ha un grande valore intrinseco. Ciò premesso chiaramente il confronto con il punto di vista di un Manager di lungo corso mette in condizione, e pone le basi, per lo sviluppo e pratica di un pensiero critico e una presa di consapevolezza. Per adesso non cambierei nulla.

4. Ci descrive questa esperienza in tre parole?

Stimolante, Costruttiva, Formativa.

5. Cosa consiglierebbe ad un collega che sta per intraprendere questo viaggio?

Di intraprendere questo percorso con grande entusiasmo e voglia di imparare. Questa opportunità è preziosa. Potersi confrontare ed imparare da professionisti di lunga esperienza nel settore industriale è un’opportunità di crescita personale e professionale estremamente pregiata.

Formazione alla teoria e pratica della leadership

Formazione alla teoria e pratica della leadership

A seguito del recente annuncio ufficiale, avvenuto nel nostro Auditorium a cura del Presidente Federmanager Stefano Cuzzilla, alla presenza del Presidente Gherardo Zei e di padre Stefano Del Bove gesuita, lo scorso 22 ottobre ha avuto inizio il Corso di Diploma in Leadership e Management della Facoltà di Scienze Sociali della Pontificia Università Gregoriana PUG

Per il terzo anno accademico consecutivo Federmanager Roma dà il proprio contributo ad una Università prestigiosa coma la PUG (Pontificia Università Gregoriana) e questo rende orgogliosa la nostra organizzazione di categoria, anche per il fatto di essere stati i primi chiamati a sviluppare un simile modello di interazione in un diploma post-universitario. L’impegno in questa fase, pur se limitato a qualche ora di insegnamento, è di fondamentale rilevanza per il perfezionamento della managerialità e della leadership in favore di tutti coloro che vi partecipano: religiosi, laici laureati, manager ed imprenditori.

Quest’anno gli iscritti sono aumentati, ben 75, con la presenza di otto soci Federmanager. Frequentare il Diploma rappresenta una grande opportunità sia per i manager senior, che vi troveranno un terreno di confronto tra eccellenze, sia per i giovani manager che potranno beneficiare di una opportunità di formazione fondata su esperienze importanti, non sempre raccontate e disponibili.

Gli argomenti trattati negli otto sabati (uno al mese, da ottobre a giugno, con esclusione del mese di febbraio) per un totale di 64 ore, sono stati scelti sulla base delle conoscenze necessarie al manager per esercitare una leadership coerente con gli obiettivi, riconosciuta e riconducibile alle attività della propria organizzazione. La giornata di apprendimento è articolata su due fasi, la mattina con lezioni e testimonianze di autorevoli relatori, manager e personalità di spicco, anche a livello internazionale, nei settori più diversificati; il pomeriggio, con attività di laboratorio, casi di studio, in collaborazione con grandi manager di importanti realtà istituzionali ed organizzative, nazionali ed internazionali, tra le quali Federmanager e CIDA.Il direttore del Corso, il gesuita padre Stefano del Bove, ha saputo dare l’impronta giusta ai fini della coerenza valoriale in termini etici da dare, in particolare, al modulo aziendale, programmato per costruire un quadro di elevate competenze. Uno dei temi fondanti del Corso è riflettere su che idea di futuro abbiamo come manager responsabili e quali obiettivi andiamo insieme a sviluppare, posto che il vero leader è di servizio, opera per il bene della propria organizzazione e della società, è eroico per vocazione. Potremmo affermare che il leader realizza una crescita cooperativa del sapere assumendo spesso grandi responsabilità nei confronti della comunità. Leader, dunque, come servizio e come responsabilità verso gli altri.

In tal senso condivido pienamente la definizione che ha dato Peter Drucker, autentico padre del management, uno degli scrittori più noti e influenti in materia di teoria e pratica del management per averlo insegnato in tutto il mondo. Egli sosteneva che la differenza tra manager e leader è la seguente: il manager fa bene le cose, il leader fa le cose giuste. La prima giornata del Corso, tra gli illustri relatori, ha visto l’intervento di Marty Linsky professore ad Harvard, co-fondatore della Cambridge Leadership Associates e co-autore del famoso libro “Pratica della Leadership adattiva”.

Altra lezione magistrale è stata svolta dal prof. Giuseppe De Rita, fondatore e Presidente del Censis, che ha sottolineato come la leadership venga dall’esterno, dalla comprensione della realtà in cui viviamo. Essere leader significa per De Rita stare nella realtà e cercare di governarla. Il rapporto con l’esterno, ovvero la realtà complessa che ci circonda, è essenziale. Il vero leader tende a gestire due circuiti diversi: quello che chiamiamo l’apparato, ovvero l’organizzazione in cui opera, e l’opinione, vale a dire il mondo dei media e dell’informazione. Il leader che si basa solo sull’opinione non è un vero leader poiché l’opinione frammenta, divide e distrugge. I leader di opinione fatalmente scompaiono poiché dietro di loro non costruiscono e non hanno apparati organizzativi solidi. Il leader può essere considerato vero leader se riesce a sviluppare la propria organizzazione e la fa funzionare in modo virtuoso ed efficace. Il leader, inoltre, affronta sfide adattive sostenibili senza perdere di vista il bene comune.

 

Bussola welfare per aziende e dirigenti

Bussola welfare per aziende e dirigenti

Si avvia alla conclusione il progetto “Una bussola welfare per aziende e Dirigenti”, progetto sperimentale con cui Federmanager Roma mira a far emergere i fabbisogni dei Dirigenti e le risposte delle Aziende nella delicata attività di definizione ed implementazione dei piani di welfare.

Promosso dalla Commissione Welfare e sposato all’unanimità dal Consiglio Direttivo della Federazione di Roma, il piano ha adottato un approccio altamente innovativo che ha contemplato la misurazione del grado di efficacia ed adeguatezza dei modelli di welfare aziendali rispetto ai fabbisogni specifici dei lavoratori.

Ad essere impiegato è stato, in particolare, un inedito indicatore, denominato Welfare Rating, brevettato da Italian Welfare, società di primaria esperienza nel campo del welfare integrativo.

Stefano Castrignanò, Titolare e Fondatore di Italian Welfare

Si tratta del primo metodo algoritmico di valutazione in grado di comparare i modelli di welfare adottati dalle aziende attraverso un semplice indice numerico.

Sono state scelte Aziende in base alle loro caratteristiche e all’interesse dimostrato.

Per questo mi sento di ringraziare pubblicamente i direttori HR che sono stati i nostri interlocutori, con l’auspicio che si tratti di un inizio di collaborazione sui temi del welfare. Federmanager Roma ha una consolidata esperienza sul tema con best practices da tempo in atto.

Destinatarie del progetto sono state per ora sei aziende campione del territorio laziale – Acea, Ericsson, Avio, IGT Lottery, Sogei e RAI – e, segnatamente, le direzioni HR delle stesse, veri anelli di congiunzione e snodo di tutte le politiche di welfare.

L’assesment sui sistemi di welfare aziendale è stato quindi condotto da Italian Welfare sulla scorta di un’indagine iniziale circa la progettualità adottata da ciascuna impresa nelle seguenti macro-aree: previdenza complementare, assistenza sanitaria, work life balance, welfare aziendale, sostegno al reddito, prestazioni socio-assistenziali, formazione, attività ricreative e di benessere.

Prossimamente le aziende selezionate a partecipare a questo progetto saranno invitate ad una discussione pubblica nella quale sarà presentato uno studio, la c.d. “Survey Welfare Model”, recante gli esiti complessivi delle indagini condotte sulle aziende coinvolte nel progetto, in cui si darà atto delle best practice e dei trend registrati nelle iniziative di welfare aziendale.

In pratica, partendo dagli strumenti di welfare messi a disposizione dall’azienda, si è definita una road map generata sulla scorta dei risultati delle indagini condotte, individuando le aree prioritarie di intervento delle future iniziative.

In questo modo si è ottenuto un duplice risultato: avere uno strumento di conoscenza e di indirizzo strategico per l’adozione di politiche future e ovviare allo spreco di risorse economiche.

Sostenibilità e inclusività sono da sempre valori-guida dell’azione di Federmanager e che anche con questo progetto stiamo cercando di ribadire.

INSIEME SI STA MEGLIO

Diventa parte del più grande network di manager in Italia

La solitudine del manager non è solo il titolo di un celebre romanzo dello scrittore spagnolo Manuel Vázquez Montalbán, a cui Andrea Camilleri ha voluto rendere omaggio italianizzando il cognome del suo personaggio più famoso. La solitudine del manager spesso è lo stato d’animo che caratterizza l’essere capi.

Per quanto i modelli di leadership più evoluti abbiano dato il giusto risalto allo stile partecipativo, in cui il manager punta al raggiungimento degli obiettivi coinvolgendo il team nei processi decisionali, aumentandone la partecipazione attiva, incidendo sui fattori motivazionali e facendolo sentire parte fondamentale del contesto organizzativo, permangono momenti e situazioni in cui chi è chiamato ad esercitare responsabilità e ad assumerne personalmente i rischi, finisce per prendere le decisioni più importanti in solitudine.

È nota una famosa frase di Sergio Marchionnela leadership non è anarchia. In un’azienda chi comanda è solo. La collettive guide, la responsabilità condivisa, non esiste. Io mi sento molte volte solo”.

Certo, Marchionne non era noto per il suo stile partecipativo, però in effetti quando non aspetti che le cose accadano, ma fai in modo che accadano, si finisce per essere soli. E questo vale in ogni contesto organizzativo, ad ogni livello della piramide gerarchica, davanti a qualsiasi decisione più o meno importante, più o meno necessaria.

Questa caratteristica intrinseca del ruolo manageriale porta a una conseguenza ineludibile, quanto spiacevolmente negativa: il manager è solo anche quando l’oggetto della decisione diventa egli stesso. Una decisione che talvolta è antitetica rispetto alle sue aspettative, ai suoi obiettivi, ai suoi progetti e alle speranze, sue e di chi gli è intorno.

E, in questi casi, l’approccio individualista manifesta tutti i suoi limiti, la solitudine si rivela una pessima compagna di viaggio e finisce per essere anche una pessima consigliera. Per questo, nel 1945, è nata Federmanager. Un’associazione che si è consolidata nel tempo e che oggi, con circa 180 mila dirigenti, quadri apicali, alte professionalità in servizio e in pensione, è l’organizzazione maggiormente rappresentativa nel mondo del management, di cui cura gli aspetti contrattuali, istituzionali, sociali, professionali e culturali.

E se, quasi 80 anni fa – in un contesto in cui i dirigenti erano molti meno di quanto non siano oggi, ma più di oggi erano effettivamente l’alter ego dell’imprenditore – fu avvertita l’esigenza di costituire un’Associazione per superare l’approccio individualistico e mettere a fattor comune l’impegno dei singoli per la tutela della categoria, quelle ragioni sono sicuramente molto più solide oggi, ora che è stata superata la visione monolitica del dirigente inteso come sostituto dell’imprenditore per allargare il suo orizzonte anche alle figure di elevata professionalità e connotate da ampio livello di autonomia e di responsabilità.

Siamo dunque un sindacato? Si, siamo un sindacato, orgogliosi di esserlo, che negozia e sottoscrive il Contratto Collettivo Nazionale di categoria. Un contratto sicuramente atipico rispetto a tutti gli altri offerti dalla contrattazione collettiva, ma che generalizza il sistema delle tutele che altrimenti non sarebbero scontate per tutti.

Ma siamo più che un sindacato, siamo un’associazione professionale che eroga servizi di assistenza e consulenza in tutte le materie di interesse della nostra categoria. E questa doppia anima ci consente oggi di fornire agli associati (e non solo agli associati), attraverso i nostri Enti e con quelli costituiti bilateralmente d’intesa le associazioni datoriali, un ventaglio di servizi, di facilities e di strumenti di welfare, che vanno dalla progettazione e finanziamento di iniziative di sviluppo della cultura manageriale, alla management school, al temporary management, alle politiche attive per il riorientamento professionale e il reinserimento lavorativo, al sostegno al reddito per i colleghi disoccupati involontariamente e altro ancora.

Oltre agli Enti, abbiano una articolazione specifica per i Giovani Dirigenti e per i Dirigenti Pensionati e, attraverso il Gruppo Minerva, perseguiamo l’obiettivo della valorizzazione delle differenze di genere.

Siamo anche impegnati nel sociale attraverso una onlus che realizza programmi di sviluppo sostenibile che possano creare opportunità di crescita etica e solidale mediante la valorizzazione dell’esperienza e delle competenze di colleghe e colleghi volontari.

E infine, cardini fondamentali del sistema Federmanager, ci sono i nostri Fondi, costituiti con Confindustria e Confapi o quelli sostitutivi costituiti nei Gruppi aziendali più rilevanti, per garantire prestazioni di previdenza e di assistenza integrativa per poter guardare all’oggi e al domani con la serenità necessaria per noi e per le nostre famiglie. Ma anche previdenza e assistenza non rappresentano un diritto perpetuo, esistono fino a quando avremo la forza e i numeri che consentono di mantenerle in vita, auspicabilmente migliorandole sempre più.

Questo è oggi Federmanager. Come Federmanager Roma spendiamo le nostre energie con l’intento di continuare a sviluppare il patrimonio di valori, idee, capacità nel saper fare per poter contribuire a realizzare una società più equa e responsabile, garantendo tutele ai nostri associati, valorizzandone merito e competenze.

Ma siamo consapevoli che da soli non siamo nulla: è necessario che Federmanager diventi davvero la casa di tutti dirigenti.

Noi ci mettiamo la faccia nel chiedere a tutti i colleghi, a chi non l’ha ancora fatto o a chi non l’ha più fatto, di iscriversi a Federmanager… per essere meno soli, anzi per poter essere in buona compagnia, sia quando non serve o serve meno, sia quando invece serve e serve eccome!

#insiemesistameglio

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Assemblea 2022, la Relazione del Presidente Gherardo Zei

Buonasera a tutti. Grazie di essere qui oggi.

Grazie al Presidente Cuzzilla per la presentazione, grazie di cuore Stefano.

Do il mio benvenuto alle autorità intervenute qui oggi, alle care colleghe e ai cari colleghi che ci onorano con la loro presenza.

Un ringraziamento particolare al Direttore di RAI Approfondimento Antonio Di Bella che ci onora di essere qui oggi in veste di moderatore.

Ringrazio sentitamente Monsignor Rino Fisichella, Pro-Prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione in Vaticano e Daniele Leodori, Vicepresidente della Regione Lazio che, nonostante altri impegni concomitanti, ci raggiungeranno a breve.

Grazie a tutti per essere intervenuti alla nostra Assemblea e benvenuti,

Ci ritroviamo qui dopo oltre due anni di pandemia da Covid 19 in una situazione economica, politica e sociale molto differente da quella precedente. Quasi tutte le nostre previsioni del periodo pre-pandemia sono state disattese e, pertanto, le prospettive e i progetti per il futuro sono oggi assai diversi rispetto a quelli che avevamo prima del 2020.

Questa è la mia prima Assemblea come Presidente e sento fortemente la responsabilità di trovarmi ad esercitare questo ufficio importante per la categoria in un momento storico particolarmente delicato sia per i dirigenti industriali che per tutto il paese.

Le difficoltà e le incertezze di una guerra che ha brutalmente interrotto le grandi speranze di ripresa del post pandemia spingono molti ad un pessimismo che rischia di danneggiare quello spirito di equilibrio che deve essere la vera bussola di un impegno fattivo.

Ma Lucio Anneo Seneca, il grande filosofo di epoca romana, nelle sue “Lettere Morali a Lucilio” si raccomandava di “non sperare mai senza disperazione, e non disperare senza speranza”. Credo che anche dopo oltre duemila anni questa raccomandazione di approcciare le difficoltà con la giusta preoccupazione ma con una visione positiva del futuro abbia conservato tutta la sua efficacia e dobbiamo farla nostra.

Dunque dobbiamo partire da questa visione positiva per analizzare come possiamo dare il nostro contributo per riportare la Regione, la Capitale e il Paese ai livelli più alti.

A mio avviso questa analisi deve basarsi su quattro punti fermi:

1. Prendere atto che l’attuale congiuntura è caratterizzata da un livello di incertezza tale da sfuggire a una pianificazione di medio lungo periodo. Ma ricordare sempre che proprio nei momenti difficili coloro che riescono a mantenere i nervi saldi e continuare a lavorare possono davvero fare “la differenza”.

 2. Comprendere che in una tale situazione vince chi riesce ad essere più flessibile e rapido nell’intuire i cambiamenti necessari e metterli in pratica senza mai perdere lo slancio e la fiducia.

3. Capire che il PNRR e i tanti appuntamenti che attendono la Regione Lazio e la città di Roma nei prossimi dieci anni, come i due Giubilei (quello del 2025 e quello straordinario del 2033) sono una sfida e al tempo stesso una occasione unica e che – pertanto – tutti noi saremo ricordati e valutati dai nostri figli per quello che faremo nei prossimi due lustri.

 4. Renderci conto dell’importanza del nostro ruolo come Dirigenti Industriali nelle sfide del prossimo decennio. Infatti i Dirigenti Industriali sono la “cabina di regia” del sistema produttivo e hanno il diritto/dovere di chiedere alla Politica quanto occorre per essere messi in condizione di fare il proprio lavoro nel modo

Vorrei, a questo punto, fare un rapido approfondimento di questi quattro punti.

1 – LA SITUAZIONE DI INCERTEZZA

 All’inizio del 2022 il PNRR alimentava la speranza che si potesse non solo rimontare la perdita di PIL determinata dall’epidemia, ma anche recuperare il ritardo nato dalla crisi finanziaria del 2008. Si lavorava alacremente ai piani di investimento e il traguardo del 2026 appariva come il punto di partenza di un nuovo periodo di crescita.

Poi è avvenuto l’impensabile ed è iniziata la guerra in Europa.

Inizialmente ci siamo chiesti se sarebbe durata pochi giorni o, al massimo, qualche settimana. Poi, con il trascorrere del tempo, ci siamo rassegnati all’idea di non conoscerne la durata,

Si prospetta per davvero un periodo molto lungo di prezzi altissimi delle materie prime e dell’energia? Le inevitabili conseguenze destabilizzeranno il nord Africa o il Medio Oriente? Entreremo in recessione o, peggio, avremo un periodo di stagflazione?

Purtroppo credo che nessuno in questo momento possa fare previsioni nemmeno a medio termine e l’unica possibile strategia è quella di prepararsi a una situazione in cui l’unica certezza è l’incertezza.

 Sul piano economico la Russia non è un competitore dell’Europa, essendo un Paese essenzialmente esportatore di materie prime, con un’immensa estensione e con una popolazione limitata e oltretutto in fase di denatalità. Fino a ieri la Russia era – piuttosto – per l’Europa un fornitore naturale di materie prime e un cliente di prodotti di lusso.

I due grandi produttori manifatturieri mondiali che competono con i prodotti Europei sono la Cina e gli Stati Uniti.

La crisi determinata dalla guerra in Ucraina taglia oggi le forniture di materie prime russe verso l’Europa, mentre la Cina e gli Stati Uniti restano indenni, la prima in quanto non schierata contro la Russia (oltre ad essere in ogni caso autosufficiente) mentre gli Stati Uniti in quanto largamente autosufficienti.

Il prolungarsi della guerra danneggia pertanto sul piano economico noi europei occidentali più di tutti gli altri e più a lungo durerà il conflitto e più difficile sarà la nostra situazione nel dopoguerra.

In tale scenario il ruolo dell’Unione Europea diventa fondamentale. Un’Europa meno burocratica e con responsabilità più condivise potrebbe essere la leva mediante la quale si rafforzano le economie dei singoli Paesi dell’Unione nel loro momento complessivamente più difficile.

Per questo è indispensabile trarre da questa congiuntura negativa quelle ragioni di compattezza dell’Europa che il continente non ha saputo talvolta trovare nei periodi di prosperità.

Un’Europa più unità può avere la massa critica sufficiente a difendere i propri mercati, a superare la crisi e uscirne più forte di prima. Noi come Italiani ed Europei vogliamo crederci.

2 – FLESSIBILITA’ E RAPIDITA’

Credo, pertanto, che dobbiamo prepararci ad aiutare le imprese ad essere flessibili e a fare riconversioni rapidissime.

Noi italiani siamo i migliori dal punto di vista della fantasia e dell’inventiva. La nostra storia dice che più volte abbiamo effettuato dei cambiamenti radicali e rapidissimi del nostro sistema produttivo e commerciale.

Lo abbiamo fatto nel secondo dopoguerra, lo abbiamo ripetuto nelle crisi energetiche e politiche degli anni settanta, lo abbiamo replicato nel momento di introduzione dell’Euro e di nuovo dopo la crisi finanziaria del 2008. Da ultimo abbiamo dato prova di disciplina, fantasia e flessibilità, durante la pandemia da Covid19.

E tutto questo è stato fatto nonostante i perduranti problemi della burocrazia del nostro Paese. Bisogna infatti dirlo con pacatezza ma con franchezza. Nonostante le dichiarazioni e la reale buona volontà di molti esponenti politici, nessuno è mai riuscito fino ad oggi a dare una svolta risolutiva alle inefficienze del nostro sistema burocratico.

Anche la nostra fragilità energetica e industriale è, purtroppo, figlia di una politica poco coraggiosa e di una significativa prevalenza della burocrazia sulla politica.

Le decisioni prese quasi quaranta anni fa sul nucleare ci penalizzano in modo evidente e senza alcuna contropartita nemmeno in termini di sicurezza.

Le limitazioni delle ricerche di gas e idrocarburi nei nostri territori e nei nostri mari ci hanno sottratto delle chiare opportunità, anche in questo caso senza vantaggi tangibili.

Con le tecnologie attualmente disponibili l’opposizione al recupero dell’energia dai rifiuti non può avere nessuna giustificazione che non sia puramente ideologica.

Ma quello che suscita più stupore è che, con lo stesso furore con cui ci si oppone da parte di alcuni al nucleare o alle estrazioni di gas dall’Adriatico, ci si oppone anche alla produzione di energia pulita con impianti eolici o fotovoltaici sulla base di discutibili motivazioni legate all’impatto ambientale. Insomma prevale il “partito” del NO a tutto.

3 – UN DECENNIO DI SFIDE PER IL PAESE E PER ROMA

 Come accennavo in precedenza, la nostra regione e la nostra Capitale stanno affrontando un decennio straordinario e decisivo.

 Nel pieno del fiume di investimenti (2022 – 2026) del PNRR, sono in programma nella Capitale due Giubilei (quello del 2025 e quello straordinario del 2033) e, come se non bastasse, alla fine del 2023 sapremo se Roma si sarà aggiudicata l’EXPO 2030.

 Davanti a sfide industriali di questa portata la prima e più importante cosa da dire è che non esiste alcun conflitto tra gli interessi delle imprese e gli interessi dei Manager.

Se i Manager lavorano bene, le imprese crescono, il Paese prospera e gli stessi Manager prosperano. Dunque gli interessi aziendali sono anche gli interessi dei Dirigenti industriali.

Tipicamente gli imprenditori sono essi stessi dei Manager e, quindi, oltre ad avere interessi coincidenti abbiamo anche un linguaggio comune.

Posso testimoniarlo personalmente. Molti anni orsono, appena nominato dirigente, mi sono iscritto a Federmanager e, poco dopo, sono entrato nella RSA della mia azienda. E tutto questo ha contribuito soltanto a farmi diventare più efficace nel sostenere lo sviluppo della mia azienda mentre nel contempo davo un aiuto ai miei colleghi.

Lo spirito dei Manager impegnati nella Federazione è quello di essere la cinghia di trasmissione degli obiettivi aziendali e – nello stesso tempo – di farsi portavoce delle necessità dei colleghi.

Ma per vincere le sfide del prossimo decennio è fondamentale che la Politica passi dalle parole ai fatti.

Certamente non si può negare che molte pubbliche amministrazioni si trovino sotto organico per i prolungati blocchi di assunzioni degli ultimi anni, ma dobbiamo affermare forte e chiaro che decidere di impegnare risorse per portare gli organici a pieno regime non basta a liquidare il problema dell’inefficienza della pubblica amministrazione.

La digitalizzazione consente oggi – con pari o superiore efficienza – di utilizzare meno personale ad esempio nelle attività amministrative e di incrementarne di più nelle attività operative non meccanizzabili. Per comprendere questo basta fare l’esempio di una Azienda Ospedaliera nella quale digitalizzare significherebbe assumere meno amministrativi e più personale sanitario (come medici, infermieri, fisioterapisti eccetera) in modo da abbassare i costi e aumentare l’efficienza al tempo stesso.

Ci sono stati degli sforzi e anche della buona volontà, ma se vogliamo davvero vincere la sfida dei prossimi dieci anni i rapporti tra la pubblica amministrazione e le imprese devono diventare molto più efficienti, giusti, veloci e flessibili. I sistemi devono essere digitalizzati, gli iter permessistici devono essere rapidi e la giustizia deve essere efficiente.

Ci da fiducia la posizione del Presidente Zingaretti sul fatto che il Lazio possa diventare la regione più verde ed evoluta sul piano ambientale del continente Europeo. Vogliamo lavorare tutti in quella direzione!  Ma anche in questo caso auspichiamo il massimo impegno – anche a livello regionale – sul tema dello snellimento e della razionalizzazione degli iter autorizzativi.

Le iniziative forti del Sindaco Gualtieri per il Termovalorizzatore e per un nuovo “Regolamento Antenne” in materia di telecomunicazioni mobili, ci danno la speranza che la Politica stia finalmente cercando di incidere nella nostra città su temi strategici.

Il tema dei rifiuti a Roma è uno dei tanti problemi della Capitale sul quale per decenni si è deciso di “non decidere” lasciando che le cose finissero per degenerare. Finché negli ultimi anni i cittadini della Capitale si sono quasi rassegnati.

Rassegnati al punto che l’iniziativa del Sindaco sul termovalorizzatore ha lasciato i Romani quasi stupiti. Mala tempora currunt quando si arriva a stupirsi che qualcuno metta mano a una cosa che tutti sanno essere giusta. E per questo il giorno dopo ho subito emanato un comunicato di apprezzamento da parte di Federmanager Roma che ha raccolto un largo consenso tra tutti i colleghi.

Dall’altro lato c’è il tema chiave delle telecomunicazioni. Tutto il lavoro del futuro si basa sullo sviluppo di una efficiente rete di telecomunicazioni. Eppure molte amministrazioni locali sembrano non accorgersene. Avere un’Infrastruttura efficiente sia di rete fissa che di rete mobile – anche con sistemi microcellulari di antenne distribuite – farà in futuro la differenza tra un Comune destinato ad un florido sviluppo industriale e di servizi e un Comune tagliato fuori da tutto e destinato ad una parabola economica di decrescita e di povertà.

Eppure sembra talvolta che la peggiore burocrazia e un’opposizione ideologica – al pari di quella contraria ai termovalorizzatori – si siano alleate per impedire un florido e ordinato sviluppo delle reti di telecomunicazioni. Per non parlare di alcune amministrazioni che vedono negli Operatori di Telefonia solo dei possibili soggetti con i quali “fare cassa”.

Chiunque si fermi un attimo a pensare in un modo razionale e senza pregiudizi non può che constatare la natura profondamente a favore dell’ambiente delle moderne telecomunicazioni. Basti solo pensare a quanti spostamenti fisici si risparmiano con il lavoro a distanza, con grande economia nel consumo di materie prime e minore inquinamento da idrocarburi fossili.

Molti settori produttivi (cinema, editoria, musica, televisione, e-commerce, videogiochi e tanti altri) stanno già convergendo sulla rete web ma sembra che pochi si preoccupino dei “sistemi di impianti” e di “apparati” che servono per sostenerli e anzi pare che la palude burocratica e quella antagonista, si siano alleate proprio nell’impedire questo progresso tecnologico.

Spesso si parla delle applicazioni finali (come le Smart City e le Smart Road) ma non dei mezzi per generarle, come se le installazioni che consentono le nuove modalità produttive dovessero crearsi da sole dal nulla all’occorrenza.

Per questo rinnovo il mio plauso al nostro Sindaco Gualtieri per la sua iniziativa sul cosiddetto “regolamento antenne” e lo esorto ad andare fino in fondo perché su questa partita delle telecomunicazioni si gioca il posizionamento futuro delle grandi Capitali del mondo. Forse non tutti lo hanno ancora capito ma vi assicuro che è così.

4  – RISPETTO E FIDUCIA PER I DIRIGENTI INDUSTRIALI

 Ci troviamo quindi davanti a grandi opportunità e a grandi difficoltà, ma credo di poter parlare anche a nome di tutti i Manager della nostra Regione se dico che siamo convinti di poter superare queste difficoltà.

Tuttavia a questo punto si pone una “questione di fiducia” da parte del nostro Paese nei confronti dei suoi Manager.

Disse John F. Kennedy nel suo celebre discorso di insediamento: “non chiedete che cosa il vostro paese può fare per voi; chiedete che cosa potete fare voi per il vostro paese”.

Una bellissima frase che i Manager industriali italiani e romani hanno sempre dimostrato di condividere e di mettere in pratica, anche con grande sacrificio personale.

Abbiamo dimostrato e stiamo dimostrando che i Manager sono disposti ad ogni sacrificio e chiedono solo fiducia e rispetto. Non sempre questo è avvenuto negli anni recenti. visto che le nostre pensioni sono state tagliate, i nostri stipendi depauperati da una tassazione assurda e le nostre responsabilità aumentate a dismisura fino a farle coincidere con una responsabilità oggettiva legata alla posizione.

Non ci ha trovato d’accordo – ad esempio – l’introduzione dei limiti alle retribuzioni dei Manager delle Aziende a partecipazione pubblica.

Come ha ricordato il nostro Presidente Nazionale Cuzzilla, il tetto è la conseguenza di un retaggio culturale che non valorizza le capacità, il merito e le responsabilità. Una soluzione pasticciata i cui limiti sono evidenziati dalle deroghe via via introdotte, come quelle che escludono le società pubbliche quotate o le società non quotate ma che emettono “strumenti finanziari.

Se si vuole valorizzare il merito e la competenza è necessario che le retribuzioni dei dirigenti delle Aziende in controllo pubblico seguano le dinamiche naturali che valgono sul mercato.

Tra gli obiettivi prioritari del PNRR vi è quello di favorire la parità di genere e, al riguardo mi sembra giusto ricordare che 16 marzo 2022 è stata pubblicata la Prassi di Riferimento UNI 125/2022 che propone alle aziende l’adozione e il perseguimento di un sistema di gestione per la parità di genere il quale ha la finalità di promuovere e tutelare la diversità e le pari opportunità sul luogo di lavoro, misurandone anche gli stati di avanzamento. Tale prassi è stata elaborata con il contributo di diversi stakeholder, incluse diverse associazioni femminili tra le quali ci sono anche le colleghe di Federmanager. E per noi di Federmanager Roma questo è un obiettivo della massima importanza.

Parlando del taglio delle pensioni credo che ci sia molta ipocrisia e demagogia.

Da anni si parla continuamente del passaggio dal “Retributivo” al “Contributivo” ma quasi nessuno ricorda e sottolinea che il vero passaggio chiave era già avvenuto molti anni prima, quando si è pensato bene di trasformare il sistema da “Capitalizzazione” a “Ripartizione”, sfruttando il periodo di “vacche grasse” delle classi ad alta natalità per scaricare sulla previdenza pubblica oneri di tutti i tipi.

Con il vecchio sistema a Capitalizzazione ciascuno avrebbe avuto indietro ciò che aveva versato senza possibili discussioni sull’equità della distribuzione. Con il sistema a Ripartizione invece ci si spartisce la torta dei versamenti correnti.

Ora che le classi degli anni cinquanta e sessanta di alta natalità stanno andando in pensione diventa inevitabile avere meno risorse.

Da questo meccanismo i Manager – che hanno fatto più versamenti di tutti gli altri – sono i più danneggiati e non certo privilegiati come qualcuno continua a dire senza alcun fondamento.

Il sistema di Ripartizione ha aperto le porte a scaricare sui conti dell’Istituto di Previdenza innumerevoli assegni mensili che non possono essere affatto considerati pensioni, essendo parzialmente o totalmente scorrelati dai versamenti effettuati o addirittura non corrispondendo ad alcun versamento. Questo è un modo scorretto di utilizzare i conti dell’INPS come un Bancomat di solidarietà sociale.

Nessuno dice che non debbano esserci interventi di carattere assistenziale ma certamente affermiamo che gli stessi debbano essere a carico della fiscalità generale e cioè posti a carico di tutto il Paese nel suo complesso.

Pertanto finché non si separerà l’assistenza dalla previdenza nessuno saprà se i conti dell’INPS sono o meno in equilibrio, ma fin da ora possiamo dire che – certamente – se c’è qualcuno che deve contribuire maggiormente quel qualcuno non siamo noi Manager Industriali che da sempre abbiamo pagato più di tutti.

Sulla base dell’affermazione retorica che “chi ha di più deve dare di più” siamo da anni nel mirino di ogni aumento della pressione fiscale che è arrivata a numeri insostenibili.

Ma noi Dirigenti Industriali siamo costretti a dare di più perché siamo davvero quelli che hanno di più?

Alcuni lo dicono perché – anche se sembra incredibile – poco più dell’1% della popolazione italiana dichiara un reddito superiore a centomila euro. Ma questo è un dato vero? E’ un dato realistico? E’ un dato attendibile?

La domanda è retorica, perché tutti sanno che questo dato formale è sostanzialmente falso. I dirigenti industriali si trovano in questo famoso 1% solo perché davvero dichiarano tutto quello che guadagnano. E il premio per l’onesta è essere spremuti dal fisco come limoni.

Vi è poi un aspetto della pressione fiscale che io trovo particolarmente umiliante ed è quello di essere costretti a ripagare di nuovo molti servizi pubblici perché, avendo l’ISEE alta, i dirigenti si possono permettere di pagarli.

Dunque i dirigenti sono persone che sostengono il Paese con il fatturato di attività ad alto valore aggiunto e sopportano una pressione fiscale esagerata, finanziando una gran parte dei servizi pubblici. Ma quando poi queste stesse persone si trovano a dover utilizzare i servizi pubblici, che hanno già pagato in misura estremamente superiore alle proprie esigenze, devono invece in molti casi ripagarli di nuovo. Io penso che ciò sia moralmente ingiusto.

Sul tema della responsabilità del dirigente possiamo dire che il trattamento che abbiamo ricevuto negli ultimi anni non è meno ingiusto di quello ricevuto in materia di pensioni e di pressione fiscale.

Io faccio il Direttore Legale e posso dire di avere assistito personalmente alla deriva del tema della responsabilità professionale nei ruoli dirigenziali. Da professionista di settore ho visto il proliferare di normative e regolamenti per i quali – in base ad un generico obbligo di vigilanza talmente esteso da non comprenderne più i confini – alla fine c’è sempre un dirigente responsabile di qualsiasi cosa succeda.

Parlo di “deriva” perché credo che quello che è accaduto nei nostri confronti, e che tutt’ora sta accadendo, abbia molto poco di giuridico, visto che l’Art. 27 della Costituzione sancisce che la “responsabilità penale è personale” e, pertanto, deve essere correlata ad una propria azione o omissione.

Mentre ogni anno nuove norme introducono una sorta di responsabilità oggettiva di tipo penale che trova nel dirigente “un capro espiatorio” per qualsiasi evento, semplicemente sulla base della posizione ricoperta.

Cari Amici,

Vorrei concludere affermando che – nonostante tutte queste criticità – noi Dirigenti non abbiamo paura di affrontare, con lo spirito dei Manager del dopoguerra che ricostruirono l’Italia dalle macerie, questa nuova sfida per rilanciare il Paese insieme alle Imprese e collaborando lealmente con le Istituzioni.

A tal fine proponiamo di aprire un tavolo di confronto con le Aziende e le Istituzioni della Regione per individuare le reali esigenze del Lazio, a partire ad esempio dall’economia circolare e dalle telecomunicazioni, per identificare le competenze manageriali e progettuali, necessarie per cogliere e sviluppare le opportunità che il PNRR e gli altri grandi Eventi offrono al nostro territorio.

Il Paese può uscire dalla crisi soltanto facendo sistema e del Sistema Paese noi vogliamo fortemente di essere parte.

Gherardo Zei

 

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Per una via di uscita sicura

Per una via di uscita sicura

Una prospettiva educativa per rigenerare l’impresa segnata dagli effetti della pandemia e della sua gestione.

La richiesta di una formazione universitaria che contribuisca ad un serio aggiornamento professionale cresce in questo tempo di rinascita e di ripartenza, comunque segnato dagli effetti anche gravi della pandemia. Chi nella vita aveva per anni rischiato, chi ha sostenuto il rischio d’impresa, chi ha puntato su un modello adulto e colto di società è stato penalizzato dalla gestione della pandemia.

Cerchiamo quindi un po’ tutti una via di uscita da questo stallo, che sia non aleatoria e che forse si intravvede solo nella giusta distanza fra impropri slanci delle soluzioni utopiche (ma cosa sarebbe la vita senza un certo tipo di ideali?) e dalle strettoie dei residui d’ideologia che risorgono nei tempi di crisi.

All’interno di questo orizzonte emerge uno specifico desiderio di formazione alla teoria e pratica della leadership (che nel Diploma PUG è strategicamente combinata con una introduzione alla lettura delle istituzioni e delle loro dinamiche). Si tratta di una sorta di qualcosa di comune a diversi gruppi sociali: allo studente che vuole segnalare il suo curriculum vitae attraverso un apprendistato esigente di riflessione sulle dinamiche istituzionali che lo aspettano nel mondo del lavoro; al professionista che dopo anni di attività vuole rigenerare lo stile di lavoro e la maniera di vivere i ruoli e le responsabilità che gli sono affidate in maniera strategica; le persone che a fine carriera o inizio pensione vogliono tirare le fila di una vita dedicata al servizio professionale.

In questo senso, molte università offrono programmi in materia: individuare e scegliere ciò che è originale, credibile, “pieno di futuro” non è semplice. Fare questo con un approccio che non sia funzionale, ma fondato su richiamo a virtù e valori, che metta al centro persone che sono centrate (in una cultura organizzativa, nella fatica del lavoro, in precise responsabilità), è anzi molto difficile.

Per quale motivo intraprendere un corso di formazione leadership? E nella “giungla” delle presentazioni, come trovare una proposta formativa che dia anche una risposta di senso per il futuro delle nostre vite? Come coniugare in maniera feconda: crescita e valori, tradizione e novità, istituzione e carisma? Leader si diventa a partire dai talenti che si hanno, ma soprattutto dalla passione per l’altro, per essere per e con gli altri, per accogliere ed elaborare sfide che appassionano e ispirano e saperle comunicare agli altri.

Un valido programma di leadership e management allora deve essere strutturato per venire incontro a chi lo frequenta, ai suoi ritmi di studio-lavoro, alle sue aspettative per il futuro, accessibile economicamente come nella migliore tradizione educativa che da sempre ci caratterizza.

Perché frequentarlo a Roma? Per dare centralità alla convergenza di prospettive formative fra Università Gregoriana e Federmanager Roma e in un certo senso dare un contributo alla povertà di visione in cui versa la Capitale.

Perché alla Gregoriana? Per trasmettere un modello di universalità romana che solo qui si può assorbire, più forte di ogni altra internazionalità

Tutti i corsi pretendono di essere una novità per ovvie ragioni di marketing e dichiarano di essere migliori di altri. Per il nostro NON è così. Siamo migliori solo per alcune limitate questioni, soprattutto perché ci muoviamo su un percorso diverso dalla media: cerchiamo di collegare questo studio di introduzione e teoria della leadership e del management, a presupposti di antropologia cristiana, con una riflessione sulla teologia analizzando il nesso tra evangelizzazione e cultura contemporanea.

Ecco, quindi, che la nostra offerta diventa di grande novità, che gli deriva dall’originalità del retroterra culturale e spirituale con cui facciamo interagire queste materie. Proponendo un modello di leadership e gestione aziendale che si confronta con il tema delle frontiere, dell’innovazione anche radicale, del coraggio e della chiaroveggenza, dell’azione eroica, della lettura strategica dei contesti di vita.

Il percorso offre non solo contenuti tecnici, ma una visione sociopolitica ed ecclesiale, nonché un impegno nella riflessione di etica applicata.

LEADERS è un corso intensivo, valorizza la formazione in presenza, ma la integra e la arricchisce con le risorse del digitale. Inoltre, la calendarizzazione e la sequenza (un sabato al mese da ottobre a giugno), sono strategicamente concepite per vivere appieno il tempo tra un incontro e l’altro, distribuendo il lavoro con equilibrio e opportunità di elaborazione personale.

Quest’anno la grafica è ispirata ad uno dei celebri tagli di Lucio Fontana: suggerisce uno dei temi che alla scuola di Michel de Certeau studieremo con attenzione, quello della frattura instauratrice di senso. Un auspicio e forse anche una strategia per uscire dalle ferite e dalle strettoie del tempo presente.

Quotidiano è l’aggiornamento per tutti su: www.facebook.com/leadershipgregoriana/

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Il Diploma in Leadership and Management della Pontificia Università Gregoriana riveste un carattere del tutto particolare e si distingue dalle altre proposte formative per l’orientamento sostenuto dalla “necessità di formare professionisti in amministrazione e gestione delle imprese secondo principi etici. Per la Facoltà di Scienze Sociali è una sfida, ma la corretta formazione dei dirigenti significa preparare moltiplicatori di bene nella società”.

A seguito della positiva esperienza di collaborazione tra la PUG e Federmanager Roma, nata lo scorso anno, anche per il corrente anno accademico 2021- 2022 la nostra associazione fornirà il proprio prezioso apporto per la realizzazione di uno dei moduli costituente il Programma di studio che va sotto il nome di Proposta II : Leadership e Management Aziendale, che si compone di quattro giornate, ciascuna di otto ore, le cui lezioni, casi di studio e laboratori,  saranno quasi interamente gestiti da nostri colleghi.

Lo sforzo è quello di proporre un modello di leadership etico, basato sull’esperienza vissuta nelle aziende con ruoli di alta responsabilità, ispirato da e per uno spirito cristiano, che coniughi, in modo virtuoso, innovazione, sostenibilità e attenzione al sociale ed alle persone, che possa essere un utilissimo riferimento alle generazioni più giovani, ma non solo, che si devono confrontare con il complesso mondo del lavoro.

Un profondo e commosso ringraziamento desidero rivolgere a Padre Jacquineau Azetsop S.I., Decano della Facoltà di Scienze Sociali, venuto recentemente prematuramente a mancare, per aver scelto la collaborazione di Federmanager Roma per questo importante progetto formativo. Un sentito ringraziamento va al prof. Romeo Maurizio Ciminello, docente incaricato della Facoltà per la grande collaborazione ed impegno profusi e naturalmente a Padre Stefano Del Bove S.I., Direttore del Corso e Cappellano della PUG, il cui apporto e sostegno è stato ed è di grandissimo aiuto.  Un grazie speciale rivolgo infine a tutti i colleghi che generosamente hanno dato il proprio convinto e prezioso apporto professionale per la migliore riuscita di questa significativa iniziativa formativa.

 Bruno Sbardella

Consigliere Federmanager Roma. Referente per i rapporti con la Pontificia Università Gregoriana

 

 

Innovazione e lavoro, tra presente e futuro

Innovazione e lavoro, tra presente e futuro

Federmanager Roma, lo scorso 30 novembre, ha organizzato il webinar dal titolo “Innovation Work. Il lavoro del Futuro. Il lavoro del Presente”, un momento di riflessione e di confronto sulle nuove modalità di lavoro e sui motivi di un rapido e per certi versi inevitabile cambiamento.

La pandemia ha imposto nuovi modelli, occorre comprendere ed incentivare una nuova ed innovativa normalità una volta terminata l’emergenza.

Ad aprire i lavori Gherardo Zei, Presidente di Federmanager Roma, che ha posto l’accento sulla utilità di conservare e perpetuare nel tempo quelle modalità di lavoro a distanza rivelatesi le più efficaci a livello assoluto, pur essendo nate come una necessità contingente a causa della pandemia. Ma – ha continuato Zei – senza mancare di riprendere, in modo ragionato, le attività in presenza laddove necessarie. Quale rappresentante a livello professionale del mondo delle telecomunicazioni, ha poi ribadito la necessità e l’urgenza che siano sviluppate infrastrutture di telecomunicazioni in grado, sempre meglio, di supportare le trasformazioni operative del mondo del lavoro e di consentire a queste nuove forme di lavoro agile di arrivare ad una fase di maturità.

A seguire Guelfo Tagliavini, Presidente TeSAv e Consigliere Federmanager Roma, ha illustrato il programma della giornata. Nella sua breve nota introduttiva ha voluto definire lo stato dell’arte dello smart working in Italia secondo i dati dell’Osservatorio del Politecnico di Milano. Questo non deve essere considerato solo come una soluzione ad un’emergenza. Serve un nuovo modo di lavorare che coniughi l’esigenza di produrre beni e servizi e sempre più elevati livelli di produttività, a quella di lasciare, a chi è il protagonista del lavoro, spazi più ampi di autonomia da destinare alle proprie esigenze ed ai propri obiettivi di vita. Fondamentale diventa essere dotati di adeguati strumenti e soprattutto di una necessaria formazione.

Foto Vlada Karpovich da Pexels

I lavori del webinar sono proseguiti con la presentazione di sei brevi testimonianze di rappresentanti del mondo dell’industria e dell’associazionismo. Hanno offerto il proprio contributo: Michele Armenise, DG di Axians -Brandid; Nicola Caione, Presidente Commissione Smart Working-Ordine degli ingegneri di Roma; Licia Cianfriglia, Vicepresidente di CIDA; Adele Ercolano, Coordinatrice Area Culturale Istituto di Studi Superiori sulla Donna; Ruggero Lensi, DG di UNI; Marco Pasculli, CEO di NFON e infine Raffaele Veneruso, Cofondatore Majorbit. Un fil rouge che ha unito le diverse testimonianze è come il passaggio allo smart working debba significare un cambio completo di visione. Abbandonare il lavoro che si fonda sull’orario e lavorare piuttosto per obiettivi e di conseguenza passare dall’idea del controllo a quello della fiducia. Garantire a chi lavora il giusto grado di autonomia tra professione e sfera privata, con una nuova attenzione alla responsabilità sociale e alle differenze di genere. Non telelavoro, cioè semplicemente lavorare da casa, ma appunto Innovation Work, favorito dall’evoluzione tecnologica e dai progressivi aggiornamenti dei processi produttivi.

Si è aperta quindi la tavola rotonda sul tema “L’applicazione di innovative modalità di lavoro come occasione di sviluppo dell’economia del nostro Paese. Il ruolo centrale del top management”. Ad aprire gli interventi è stata Emiliana Alessandrucci, Presidente di COLAP, Coordinamento Libere Associazioni Professionali. Parlando della sua esperienza ha sottolineato la grande difficoltà a far comprendere il cambio di prospettiva con le microimprese, spesso aziende familiari resistenti ad investimenti tecnologici. C’è comunque il dovere di spingere a pensare in maniera nuova guardando al futuro. Ciò che emerge è che la microimpresa è rimasta sola, sono mancate iniziative pubbliche, senza alcuna forma di innovazione digitale, con le complessità legate all’accesso a fondi e progetti ed un top management spesso non maturo.

Gianluca Landolina, CEO Managing Director Cellnex Italia S.p.a., ha affrontato il tema delle reti primarie di telecomunicazioni, a banda larga e ultralarga. A suo dire è necessario comprendere l’ostacolo culturale e dunque superarlo. I dipendenti hanno dovuto affrontare situazioni che in azienda rappresentavano certezze, come quella della connessione. Le reti di connessione cellulare di alta qualità e capacità, 4 e 5G, rappresentano uno degli abilitatori più efficaci ed efficienti del diritto ad una connettività disponibile sempre e ovunque e l’attuale Governo nazionale, con i suoi obiettivi di digitalizzazione del Paese inseriti nella cornice del PNRR, sta dimostrando di esserne adeguatamente consapevole. Dire ai dipendenti di restare a casa ha rappresentato un dramma psicologico, ma ancor più drammatico sarebbe ora tornare all’antico. È necessario che il lavoro si bilanci con le esigenze personali e la sfera privata: l’esigenza del sano vivere. A tal fine – ha aggiunto Landolina – sulla base della sua esperienza, possono rivelarsi opportuni interventi volti alla salvaguardia della sfera privata dei singoli lavoratori, come ad esempio la “regolamentazione” dello svolgimento delle riunioni entro determinate fasce orarie, al fine di evitare il rischio che le persone offrano un’abnegazione esagerata e spesso difficile da sopportare nel medio-lungo periodo.

Andrea Penza, Amministratore Unico di Intratel ha, anch’egli, offerto i risultati della propria esperienza, ricordando le grandi resistenze da parte di amministratori delegati e presidenti di piccole e medie imprese, con difficoltà e perplessità legate ad aspetti organizzativi e strumenti adeguati. Ciò che è emerso è la necessità di soluzioni software nel proprio ambiente domestico, risolvendo anche aspetti legati alla privacy. La persona, ovunque si trovi, deve avere la possibilità di collegarsi come fosse in ufficio.

Ultimo a prendere la parola è stato Franco Vatalaro, Prof. Ordinario di Telecomunicazioni presso l’Università di Roma Tor Vergata. Nel 2011 l’Italia aveva un 2% di penetrazione del telelavoro, in coda rispetto alla maggior parte dei Paesi europei. Oggi siamo arrivati intorno al 20. Abbiamo fatto di necessità virtù, il telelavoro è subentrato nelle nostre abitudini, ancora no nella nostra cultura. Non si ritornerà all’antico, ma terminata l’emergenza covid il sistema tornerà ad un nuovo punto di equilibrio da ridefinire, sia nelle aziende che nelle pubbliche amministrazioni. Ugualmente importante è il problema legato alle telecomunicazioni. Le reti hanno retto ed in molti ambiti si è assistito ad un netto miglioramento del sistema. Anche l’università ha dato una grande prova di adattamento, pur sottolineando il disagio di vivere le lezioni a distanza, mancando quella interazione indispensabile con lo studente

Foto Ekaterina Bolovtsova da Pexels

A chiudere l’interessante e costruttiva giornata sono arrivate le conclusioni di Domenico De Masi, sociologo e Prof. Emerito di Sociologia presso l’Università di Roma “La Sapienza” e l’Università degli studi di Perugia. La pandemia per lo smart working ha rappresentato un enorme acceleratore, ma c’è da chiedersi come mai, ciò che è stato fatto in pochi mesi, in modo affrettato e confusionario, non è stato fatto nei decenni precedenti. Non può negarsi che lo smart working, in questi 21 mesi, ha contribuito a salvare la salute, l’economia, la scuola e l’ambiente. Quando parliamo di smart working non dobbiamo dimenticare che la parola “smart” significa “intelligente”, ma non è sufficiente cambiare il luogo di lavoro perché diventi tale. Con il telelavoro, precisa De Masi, si può fare tutto, anche la professione più creativa al mondo. Un esempio su tutti: se guardiamo al vaccino Pfizer è stato creato da due equipe, una negli Stati Uniti ed una in Germania, che hanno lavorato alacremente ed in smart working per nove mesi.

De Masi ha poi precisato come noi italiani non siamo stati probabilmente i migliori ma siamo stati primi. Il primo convegno sull’argomento risale addirittura al 1969, organizzato dall’IFAP, e si parlava appunto di come organizzare il telelavoro in azienda. La prima organizzazione che ha introdotto un reale smart working è stato l’INPS di Gianni Biglia nel 1990. Concludendo ricorda il colpevole ritardo con il quale gli amministratori delle aziende hanno compreso i benefici per il Paese e per le aziende di queste forme di Innovation Work, troppo spesso adducendo l’alibi delle reti. Il telelavoro ben fatto consente l’aumento del 15 o 20% di produttività. Ugualmente sbagliato è ritenere lo smart working fuori controllo, vengono dati compiti da rispettare, a cambiare sono semplicemente le modalità e l’organizzazione del proprio tempo per arrivare all’obiettivo. Dire che con lo smart working si perde socializzazione è un’offesa verso la vita politica e civile.

Nella foto di apertura, partendo da sinistra: Andrea Penza, Emiliana Alessandrucci, Guelfo Tagliavini, Gherardo Zei, Franco Vatalaro e Gianluca Landolina