La petizione “Salviamo il ceto medio” lanciata da CIDA, si propone di salvaguardare tutti i cittadini che pagano regolarmente tasse e tributi ma che, ancora una volta, vengono esclusi da agevolazioni sostegni e bonus.
La crisi economica iniziata col covid purtroppo si sta “strutturando” e i provvedimenti per il prossimo futuro devono assolutamente tenerne conto. Per provare ad uscire da tale situazione, noi di CIDA riteniamo necessario innescare una strutturale crescita dell’economia, senza la quale i redditi resteranno fermi o, addirittura, scenderanno e ogni anno si ripresenterà il problema di una spesa pubblica difficilmente sostenibile e di una pressione fiscale elevata e concentrata su pochi cittadini. Il rischio è di compromettere la tenuta complessiva del welfare state e della coesione sociale.
Invece, il Disegno di Legge di Bilancio 2024 – proseguendo sulla scia delle precedenti Manovre – prevede misure impostate su provvisorietà e assistenzialismo fine a sé stesso, che non hanno un ampio respiro ma vanno ad aumentare il già enorme debito pubblico italiano.
Nel DdL viene penalizzato in vario modo chi si è trovato in “prima linea” a gestire i casi di crisi, dirigenti ospedalieri e medici specialisti, dirigenti scolastici e della pubblica amministrazione, manager delle imprese e dei servizi che, in ogni settore e in pochi giorni, hanno trasformato le loro organizzazioni per tutelare investimenti, dipendenti e clientela.
Le disposizioni relative al taglio del cuneo fiscale, all’accorpamento delle aliquote Irpef, al blocco della perequazione delle pensioni e altri provvedimenti previsti nella Manovra si abbattono pesantemente sulla parte più intraprendente della nostra economia. Infatti, gli appesantimenti fiscali su redditi non certo elevati, ma definibili tranquillamente come redditi medi, provocheranno una diminuzione dei consumi che avrà l’effetto di abbassare ulteriormente la propensione marginale alla spesa. Tutto questo lo abbiamo precisato in un’audizione presso le Commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato e attraverso la presentazione di adeguati emendamenti alla Finanziaria, ma non basta.
Riteniamo necessario far sentire le nostre ragioni anche con un’azione simbolica, senza alcuna finalità partitica, che possa avere un forte impatto presso l’opinione pubblica e i decisori istituzionali: una raccolta di firme su una “petizione” che veda compatto tutto il ceto medio, ossia tutti quei contribuenti che, da 35mila euro di reddito lordo in su, sostengono il peso del welfare versando il 63% circa di tutto il gettito Irpef. Cittadini che pagano regolarmente tasse e tributi ma che, ancora una volta, vengono esclusi da agevolazioni sostegni e bonus.
Con la petizione dal titolo “Salviamo il ceto medio”, tutta la dirigenza italiana si mobilita per tutelare manager, medici, dirigenti pubblici, alte professionalità, tutte competenze necessarie al sistema, che hanno le retribuzioni più basse dei loro omologhi europei e che, arrivati a fine carriera, sono trattati come dei bancomat.
Si mobilita anche per evitare lo svilimento dei nostri giovani che continuano ad andare all’estero perché attratti da stipendi più elevati e condizioni lavorative più meritocratiche, che considerano la pensione un obiettivo irraggiungibile e vedono il versamento dei contributi come una sorta di prelievo forzoso, perché sanno che le regole cambiano continuamente senza dare loro certezze per pianificare un futuro stabile.
Non resta che firmare numerosi e condividere quanto più possibile la petizione: un piccolo gesto per fare la differenza.
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