Il periodico di Federmanager Roma

Pensioni, il cantiere è sempre aperto

Pensioni, il cantiere è sempre aperto

Molti interventi del Governo e del Parlamento per mettere “pannicelli caldi” al sistema pensionistico e previdenziale. Provvedimenti che, come al solito, riconoscono diritti a categorie di lavoratori creando malumori nei gruppi esclusi. Quest’anno ci sarà un tavolo tra Governo, sindacati e parti sociali per tarare meglio le modifiche, con un finale ovviamente prevedibile: ulteriore deficit dei bilanci. Tanto, ci sono i nostri figli e nipoti a riparare i buchi. Vediamo alcuni punti principali delle modifiche introdotte, dalle pensioni anticipate agli esodi, dalle indennità camuffate da pensioni ai congedi per maternità.

Pensioni: Perequazione 1,9% ma l’Inps paga 1,7% 

Stabilito all’1,7% (ma in via soltanto provvisoria) l’aumento delle pensioni 2022 legato alle variazioni del costo della vita, l’Inps ha calcolato e messo in pagamento le rendite con la perequazione all’1,6%. Perché? Ha forse voluto fare un po’ di “cresta” sulla spesa? Ovviamente no, il motivo è oggettivo. L’Inps per poter pagare le pensioni dall’inizio di ogni anno deve iniziare i lavori di rivalutazione nei primi giorni di novembre dell’anno precedente. Ebbene, in quel momento le variazioni del costo vita sono in genere inferiori a quelle che poi risultano nel saldo finale. Ed è quello che è capitato anche stavolta.

L’Inps ha chiarito che con la rata di marzo tutto tornerà a posto e saranno pagati anche gli arretrati del primo bimestre.

In realtà la vicenda non è finita qui, in quanto l’Istat, sulla base delle rilevazioni del costo vita al 31 dicembre 2021, ha stabilito in via definitiva la perequazione all’1.9%. Quando l’Inps pagherà questa ulteriore variazione? La normativa a questo proposito è chiara: i conguagli che possono verificarsi ogni anno vanno saldati nell’anno successivo. Risultato: con gennaio 2023 gli uffici, oltre ad aumentare le pensioni in relazione al tasso di inflazione che si verificherà nel corso di quest’anno 2022, aggiungeranno la parte restante della aliquota 2021 con tutti gli arretrati da gennaio a dicembre.

Ma la nostra attenzione è rivolta a due novità molto interessanti, prese dal Parlamento grazie alla pressione della Corte costituzionale che ha dato per così dire il benservito agli aumenti striminziti di questi ultimi anni (quasi un decennio), costringendo le pensioni medio-alte al continuo impoverimento.

1) Prima novità: la misura delle pensioni è ordinata in tre fasce e non più in cinque, per cui la riduzione massima degli aumenti della terza fascia è del 75% (e non più del 45%) rispetto alla misura piena del 100%.

2) Seconda novità: viene abbandonato il sistema in base al quale su tutta la pensione veniva applicata la percentuale di aumento relativa alla ultima fascia, cioè quella più bassa, con una forte penalizzazione. Ora l’indicizzazione è progressiva, per cui chi sta, ad esempio, nella terza fascia riceve anche gli aumenti delle precedenti due fasce. 

Pensioni d’oro stop ai tagli

Con il 31 dicembre 2021 è terminato il contributo di solidarietà sulle pensioni inesattamente denominate “pensioni d’oro”. Doveva arrivare fino al 2023 ma anche qui la Corte costituzionale è intervenuta per ripristinare un po’ di legalità onde evitare che i tagli vivessero all’infinito. Da cinque siamo scesi a tre anni e perciò il 2022 si presenta senza il taglio che è andato dal 15% al 500% a partire dalle pensioni superiori a 100 mila euro lordi annui.

Il taglio ha riguardato esclusivamente i trattamenti pensionistici diretti erogati dall’Inps e di cui ci sia almeno una parte liquidata con le regole retributive (quindi riguarda i soggetti in possesso di anzianità al 31.12.1995 che non abbiano esercitato l’opzione al sistema contributivo ) con esclusione, in ogni caso, delle pensioni ai superstiti, delle pensioni corrisposte alle vittime del dovere e del terrorismo, le prestazioni di invalidità e di privilegio e di tutte le pensioni erogate dalle Casse professionali.

Contratto di espansione, esodo 5 anni prima

Confermato anche per quest’anno e per il 2023 l’esodo anticipato, attraverso lo strumento del “contratto di espansione”, con il quale si chiude il rapporto di lavoro con i dipendenti più anziani. Lo strumento siglato in sede governativa con il Ministero del Lavoro e con le associazioni sindacali consente anche la risoluzione del rapporto di lavoro per chi è lontano dal pensionamento da non più di 60 mesi (cinque anni).

E con la proroga ci sono anche novità importanti.

  1. A) L’esodo è riconosciuto alle aziende che hanno almeno 50 dipendenti, e non più 100 (inizialmente si era partiti da una forza lavoro di 1.000 dipendenti).
  2. B) L’azienda deve attivare un programma di riorganizzazione dei processi lavorativi.
  3. C) L’azienda presenta domanda di indennità riferita a ogni singolo esodato.
  4. D) L’indennità è pari alla pensione fino a quel momento maturata con i contributi versati.

Chi paga l’indennità pensionistica? La paga l’Inps oppure l’azienda?

Intervengono tutti e due, Inps e azienda, ma la spesa è a carico del datore di lavoro.

1) L’indennità viene pagata dagli uffici Inps ma è solo l’azienda che tira fuori i soldi.

2) È pagata fino al mese in cui l’esodato raggiunge i requisiti per la pensione, esattamente per la pensione che arriva per prima in ordine di tempo: a) se arriva quella di vecchiaia = l’azienda deve pagare solo le rate di indennità; b) se arriva quella anticipata = l’azienda, oltre alla indennità, deve versare anche i contributi, necessari appunto per arrivare all’anzianità utile a pensione (42 anni + 10 mesi, ridotti di un anno per le donne).

Per attuare il programma di scivolo: 1) l’azienda deve presentare una fideiussione bancaria, a garanzia che il lavoratore venga pagato per tutto il periodo di esodo; 2) deve anticipare all’Inps mese per mese la rata dell’indennità; 3) se non versa l’Inps blocca il pagamento della rate.

Opzione donna, pensione fino a 8 anni prima

Anche per quest’anno la cosiddetta opzione donna consente al genere femminile di avere la pensione fino a 8 anni prima. Due condizioni entro il 31 dicembre 2021: a) 35 anni di versamenti contributivi; b) 58 anni di età per le lavoratrici dipendenti e di 59 per le autonome. Ma per la materiale riscossione della pensione occorre attendere l’apertura della finestra: 12 mesi, elevati a 18 per le autonome. Sommando i due valori il risultato è che la prima lavoratrice potrà di fatto avere la pensione a 59 anni, se dipendente, e a 60 anni e mezzo se autonoma (agricola, artigiana, commerciante). In ogni caso la pensione arriva fino a otto anni prima.

  1. A) Nel pacchetto dei contributi non si contano i periodi coperti dai contributi figurativi per malattia o per disoccupazione. B) E neanche quelli versati in due o più gestioni (esempio: Inps e Inpdap) che in genere si “cumulano” per la pensione ma non nel caso dell’opzione donna, per cui se necessario deve essere attivata la ricongiunzione a pagamento. C) Vale invece il periodo degli studi universitari, riscattato con il sistema agevolato (light), ma a condizione che il riscatto sia chiesto solo insieme alla domanda di opzione e non prima.

Ape Sociale, per averla 4 requisiti

Anche per l’Ape sociale (tecnicamente è un assegno che eroga al massimo 1.500 euro lordi al mese e non una pensione) proroga per tutto l’anno in corso e con requisiti in alcuni punti migliorativi. E i requisiti non sono pochi. Nel complesso sono sette, ma ne bastano quattro. A) Quelli di base sono tre e richiedono che l’interessato:1) abbia almeno 63 anni di età; 2) abbia raggiunto almeno 30/36 anni di contributi; 3) non lavori, sia in una situazione di inoccupato. B) Ce ne sono poi quattro (per ogni persona ne basta uno solo) legati a un particolare status personale o lavorativo della persona.

1) Persone disoccupate che hanno terminato le indennità Inps. Non è più richiesto che il termine risalga a tre mesi prima; vi è perciò contestualità tra fine indennità e inizio Ape. Vi rientrano anche i disoccupati per fine del contratto a termine, a condizione che abbiano lavorato almeno 18 mesi nei tre anni precedenti.

2) Persone invalide almeno al 74%. 

3) Persone che assistono da almeno sei mesi familiari invalidi gravi e conviventi.  Si tratta di coniuge, unito civile, figli, genitori. Se essi mancano o sono deceduti, ovvero hanno compiuto 70 anni o sono disabili si passa agli altri parenti e affini fino al secondo grado.

4) Persone che hanno svolto lavori gravosi per almeno sei anni negli ultimi sette, oppure per almeno sette negli ultimi dieci. Si tratta di quindici categorie, quali ad esempio edilizia, personale viaggiante e conduttori di convogli ferroviari, infermieri e ostetriche che lavorano a turni, docenti scuola infanzia e asili nido, siderurgici, pescatori, marittimi, ecc.

Le persone inserite nei primi tre gruppi devono avere almeno 30 anni di contributi, per il quarto gruppo sono necessari 36 anni. Per le lavoratrici madri c’è lo sconto di un anno per ogni figlio, fino a due anni. Perciò ci sono donne che possono avere l’Ape con 28/29 o 34/35 anni di contributi.

Dal 1° gennaio 2022 per gli operai edili, per i ceramisti e per i conduttori di impianti per la formatura di articoli in ceramica e terracotta il requisito dell’anzianità contributiva è ridotto a 32 anni.

Congedo, quando il papà fa la mamma

Reso strutturale il diritto dell’uomo di avere il congedo di maternità in aggiunta a quello della madre. Da quest’anno il sistema è così organizzato.

1) Il papà ha il diritto di lasciare lavoro per dieci giorni entro i cinque mesi dalla nascita del figlio, o dall’adozione o affidamento, avvenuti nel corso del 2022.

2) L’assenza è obbligatoria.    

3) Essa non toglie nulla alla madre in quanto si aggiunge a quella della donna.

4) Se il parto è gemellare l’assenza non raddoppia, resta sempre fissata in dieci giorni.

5) Il lavoratore deve comunicare in azienda il periodo di assenza.

6) Deve invece presentare domanda all’Inps nei casi di pagamento diretto, tipo disoccupati, sospesi, stagionali.

Ovviamente è stato confermato anche l’altro congedo, quello facoltativo:

  1. A) Il congedo vale per un solo giorno sempre entro il quinto mese.
  2. B) Stavolta la richiesta sottrae un giorno al congedo della donna.
  3. C) Per questo è necessario che ci sia una dichiarazione scritta della donna che attesti di essere d’accordo.

Il papà per i 10 o 11 giorni di assenza ha diritto:

1) a una indennità Inps identica allo stipendio normale.

2) ai contributi figurativi per la pensione.        

 

Bruno Benelli, Giornalista esperto in previdenza

     

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