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Federmanager

Per un nuovo welfare sanitario integrativo

Per un nuovo welfare sanitario integrativo

Il recente progetto di collaborazione strategica Fasi-Assidai tramite IWS è finalizzato al rafforzamento competitivo dei fondi, all’offerta di nuovi piani sanitari ed ad una migliore qualità delle prestazioni a favore dei dirigenti industria

In premessa è utile ricordare che le condizioni dell’attuale contesto sociale sono profondamente mutate rispetto ad un decennio fa. Innalzamento dei dati demografici, incertezza del futuro, diminuzione del potere di acquisto delle retribuzioni e dei redditi, sono fattori questi che incidono in maniera significativa sul tenore di vita e sulla concezione di benessere. L’assistenza sanitaria integrativa, specie nei luoghi di lavoro, assume un livello di primaria importanza nell’ambito del welfare, favorita anche da attente politiche fiscali che ne hanno favorito il suo sviluppo.

A conferma dell’attenzione rivolta allo sviluppo dell’assistenza sanitaria, anche i recenti rinnovi dei CCNL di categoria hanno introdotto importanti novità sul welfare aziendale tanto da far registrare nel 2019 un incremento del mercato di circa il 7%, valutato circa 5 miliardi di euro suddivisi tra fondi, casse e polizze assicurative.

Per gli assistiti della sanità integrativa, ed in particolare per la dirigenza industriale italiana, da tempo, si avvertiva l’esigenza di avere un’offerta più evoluta che tenesse conto: di una copertura delle spese mediche ampia e strutturata; di una semplificazione e puntualità del processo liquidativo, in un unico service; di un Circuito di Case di Cura ben strutturato dove l’iscritto è esentato dall’anticipazione di spese.

La combinazione di tutti questi fattori – spesso non governabili direttamente nell’intera filiera dai Fondi di sanità integrativa – nonché la necessità di sviluppare livelli di servizi efficaci e innovativi che si aggiungono alla tradizionale offerta di assistenza sanitaria, ha persuaso le parti sociali, Confindustria e Federmanager, insieme con il Fasi, a creare e lanciare sul mercato di riferimento una nuova società indipendente della sanità integrativa di matrice non assicurativa a supporto di fondi, casse di assistenza sanitaria.

Diamo quindi il benvenuto a IWS Spa – Industria/Welfare/Salute, una nuova società che con le sue competenze e con l’esperienza ultradecennale maturata dal Fasi, siamo certi sarà in grado di sviluppare e proporre servizi ed iniziative innovative ed integrate di welfare sanitario a beneficio di tutti gli stakeholder del settore, agli assistiti, alle imprese e alle stesse strutture sanitarie e ai professionisti.

Personalmente sono convinto che IWS, per le potenzialità che è in grado di esprimere e per la visione strategica dei soci che la costituiscono, sarà in breve tempo il punto di riferimento per tutti gli operatori di mercato e offrirà a regime servizi di sanità integrativa innovativi rispetto al modello organizzativo al quale siamo normalmente abituati. Un network di strutture e professionisti ampio e selezionato; processi di liquidazione semplificati e unificati; economie di scala in termini di costo di servizi sanitari ed amministrativi integrati con prestazioni sanitarie in grado di rispondere alle esigenze degli assistiti: sono questi i principali punti di forza della nuova società che si pone come obbiettivo la leadership nel campo della sanità e del welfare integrativo.

In tale contesto va annoverato il progetto di collaborazione tra Fasi e Assidai; due realtà consolidate del nostro sistema, che con la loro pluriennale esperienza hanno dato luogo alla cosiddetta Proposta unica Fasi-Assidai che vede IWS come driver del sistema bilaterale per il mercato di riferimento e per i servizi.

Sono convinto che la sinergia tra questi due Fondi sarà in grado di dare una concreta risposta ai bisogni degli assistiti in termini di qualità, di completezza di coperture sanitarie, di offerta e di servizi nell’ambito di una sanità integrativa che sta profondamente cambiando. Il Servizio Sanitario Nazionale deve comunque rimanere il fiore all’occhiello del nostro Paese, ma da solo non è in grado di colmare i nuovi pressanti bisogni degli assistiti e rispondere ad una domanda di assistenza sanitaria in via di costante cambiamento. Sempre di più si ha quindi bisogno di coperture sanitarie in grado di provvedere a tali necessità e diversificare le tradizionali forme di assistenza sanitaria con coperture in grado di dare sollievo anche a quei processi invalidanti che con maggiore frequenza interessano le nostre famiglie.

La proposta unica Fasi-Assidai è in grado di rispondere anche a questa esigenza prevedendo anche una copertura di Long Term Care che riconosce agli iscritti una indennità economica a seguito della perdita di autosufficienza.

L’esperienza maturata in questi anni, come Presidente di Praesidium, mi porta a ritenere che stiamo andando verso la strada giusta e dobbiamo cogliere tutte la nuove opportunità che ci verranno concesse dal mercato di riferimento. Praesidium grazie alla costante presenza sul territorio dei suoi Welfare Manager è un osservatorio privilegiato dell’evoluzione dei bisogni di assistenza sanitaria; quindici anni di esperienza maturata sul mercato della sanità integrativa e sulle tutele contrattuali con particolare focus per le polizze vita ed infortuni. Ritengo pertanto che Praesidium possa essere in grado di dare il proprio apporto professionale al Sistema Federmanager sia in termini di conoscenza che sviluppo di tutte le iniziative di welfare contrattuale.

E’ una sfida impegnativa che Praesidium è in grado di raccogliere con ferma determinazione, poiché è l’unica iniziativa oggi sul mercato di riferimento in grado di garantire alle aziende il pieno rispetto dei dettami contrattuali relativamente alle iniziative che necessitano di una copertura assicurativa in quanto è una società di matrice Federmanager.

Soluzioni efficaci per le sfide del futuro: Fasdapi, Previndapi e PMI Welfare Manager

I tre fondi Fasdapi, Pmi Welfare Manager e Previndapi rappresentano una risorsa preziosa per i dirigenti delle Pmi grazie all’offerta di un sistema di welfare composito che, insieme al Fondo dirigenti Pmi e alla Fondazione Idi, aggiunge agli istituti più tradizionali dell’assistenza sanitaria, del sostegno al reddito per disoccupazione involontaria e della previdenza integrativa, gli strumenti che guardano alla formazione e allo sviluppo della managerialità

Grazie all’attività condivisa di Federmanager e Confapi e alle numerose azioni strategiche messe in atto per valorizzare gli strumenti bilaterali attraverso una loro diffusione capillare, prosegue il costante impegno nel sostenere i dirigenti e le Pmi. Come più volte sottolineato, nell’attuale contesto economico la crescita competitiva delle imprese italiane si basa sul binomio innovazione-qualità. Ambiti che richiedono investimenti ma anche risorse umane adeguate. Un’azione che si esplica attraverso tre macro aree: sanità integrativa, copertura causa morte, responsabilità civile e penale del Fasdapi; welfare integrativo del Fondo Pmi Welfare Manager; previdenza complementare del Previndapi; formazione professionale, grazie al Fondo dirigenti Pmi e alla Fondazione Idi (vedi articolo). Il ruolo strategico che questi enti ricoprono nel rappresentare e tutelare gli interessi delle imprese, dei lavoratori e in particolare dei dirigenti e dei Quadri superiori e dei due fondi sono il frutto di un impegno sinergico fra le figure professionali che ne compongono i direttivi.

“Le dinamiche innescate dalla globalizzazione e l’avvento dell’industria 4.0 richiedono ruoli e professionalità nuove”.

Giuseppe Califano, Presidente Fasdapi e Vicepresidente PMI Welfare Manager

“Siamo nel mezzo di quella che ormai è stata denominata la ‘quarta rivoluzione industriale’. Un processo molto veloce di ammodernamento con nuove tecnologie che stanno cambiando le fabbriche e i contesti lavorativi delle aziende. In tale contesto è necessario investire in tecnologie digitali per non perdere l’opportunità di aumentare la produttività e mettere a rischio l’occupazione. Chiaramente tutto ciò richiede anche una fase di ‘aggiornamento’ professionale del management aziendale. Obiettivo primario di Federmanager e Confapi è valorizzare sia la dimensione manageriale sia quella economico-finanziaria delle Pmi per meglio affrontare il contesto economico nazionale e la necessaria internazionalizzazione delle imprese.

L’innovazione richiede investimenti, anche sotto il profilo del management: il capitale umano costituisce una risorsa essenziale per lo sviluppo e la crescita. Sappiamo bene quanto imprenditori e manager possano creare valore per l’impresa. Il know-how del Manager di lungo percorso è una risorsa di esperienze e conoscenze sul campo indispensabili, ma nel contesto economico attuale occorre più che mai salvaguardare questi profili. La crisi economica ha creato molta incertezza per le Pmi ed i loro manager, soprattutto per quelle garanzie che si davano per scontate, in primis pensione e sanità. In tal senso, il Fasdapi, Fondo di assistenza e solidarietà creato da Federmanager e Confapi, garantisce all’intera classe manageriale e alle imprese un valido supporto pratico a copertura di qualsiasi evento dannoso riferito alla persona e/o all’attività professionale”.

 

In veste di vice Presidente Pmi Welfare Manager, l’Ing. Califano sottolinea, inoltre,
l’importanza di costruire politiche attive per la qualificazione manageriale delle Pmi: “Le Pmi occupano un posto di rilievo all’interno della struttura produttiva del nostro Paese sia in termini di contributo all’occupazione che di valore aggiunto. Parliamo di 4 milioni di aziende con meno di 10 addetti, molte delle quali stanno vivendo la difficile transizione del passaggio generazionale, della managerializzazione delle aziende familiari e dell’evoluzione tecnologica. È per questo che stiamo mettendo in campo azioni strategiche che favoriscano la crescita competitiva delle imprese. Le certificazioni professionali create e promosse da Federmanager hanno l’obiettivo di indicare all’azienda la figura professionale più adatta alle proprie esigenze. ‘Export manager’, ‘Temporary manager’ o ‘Innovation manager’, rappresentano ruoli e funzioni diverse all’interno del management aziendale. Questo è ancora un concetto poco compreso, soprattutto dalle imprese a carattere familiare. Per quel che concerne le politiche attive, con Pmi Welfare Manager abbiamo sovvertito il paradigma sul tipo di aiuto che poteva essere dato ai manager e dirigenti inoccupati. Ovvero, da una logica puramente di aiuto economico (welfare state), ci siamo proiettati verso la creazione di percorsi formativi di riqualificazione professionale (welfare to work). Questo perché la ricollocazione lavorativa deve comprendere obbligatoriamente un benchmark della propria professionalità rispetto a ciò che il mercato richiede. Capendo quali sono le conoscenze del dirigente, rispetto al mondo attuale, si costruisce un percorso per riqualificarlo professionalmente mettendo a sistema anche gli altri enti bilaterali per la formazione presenti nel mondo Federmanager e Confapi”.

“La Previdenza, questa sconosciuta”

Claudio Roberto Lesca, Presidente Previndapi

“Per quanto sui media non esista argomento più ampiamente dibattuto, continuiamo a rilevare fra i dirigenti una scarsa conoscenza su quando si raggiungono i requisiti pensionistici o di come si possa anticiparne l’ottenimento. Altrettanto vale sia per la previdenza complementare, sia per molti dei termini che definiscono alcuni fondamentali passaggi, quali: Tasso di sostituzione (rapporto tra pensione e ultimo stipendio percepito), APE (Pensione anticipata, nelle tre forme: volontaria, aziendale o sociale) e RITA (Rendita integrativa temporanea anticipata).

Oggi, Previndapi rappresenta un fondo pensione per dirigenti e quadri superiori delle Pmi con oltre 4000 iscritti, a gestione monocomparto di tipo assicurativo, nell’ordine di 350 milioni di riserve matematiche, 25 milioni di contribuzione annua e un rendimento nel 2018 del 2,99%. Ma la sensibilizzazione e l’apertura verso una platea sempre più ampia è una delle nostre priorità. Fra le varie iniziative, il Fondo sta valutando la convenienza di affiancare alla polizza assicurativa (con garanzia del capitale e di rendimento minimo) un comparto finanziario, possibilmente con investimenti nell’economia reale delle PMI”.

 

Un rapporto sull'economia circolare

Un rapporto sull’economia circolare

Un contributo di Federmanager per indicare alle aziende produttrici di beni e servizi la via per rilanciare il sistema produttivo italiano, cogliendo le opportunità della “transizione verde”

L’impegno di Federmanager nel settore energia prosegue con la collaborazione scientifica di AIEE (Associazione Italiana Economisti dell’Energia). Dopo i primi due studi presentati nel 2017 e a gennaio 2019, di cui vi abbiamo parlato nell’ultimo numero di questa rivista, un terzo è in via di ultimazione e sarà presentato a inizio del prossimo anno. L’appuntamento con i temi dell’energia è ormai un momento di incontro periodico con i nostri iscritti, i politici, gli industriali e il mondo scientifico. I nostri rapporti sono ormai una pubblicazione importante e attesa dai player del settore.

Il nuovo studio si occupa di economia circolare, tema quanto mai attuale, da cui anche la nostra economia può trarre dei benefici. Questa edizione risponde alla domanda che è nel titolo del Rapporto: “Può l’economia circolare contribuire al rilancio del sistema Italia?” Con l’approfondimento intrapreso nel settore dell’energia, intendiamo indicare alle aziende produttrici di beni e servizi la via per rilanciare il sistema produttivo italiano cogliendo le opportunità che la “transizione verde”, e quindi anche l’economia circolare, offre per raggiungere gli importanti obiettivi ambientali del 2030 e del 2050.

Infatti, la trasformazione dei sistemi economici in sistemi “sostenibili” in senso ambientale impone una profonda riflessione su quali siano i modelli di business da scegliere e lo studio che presenteremo a inizio 2020 indica le soluzioni migliori sotto il profilo economico e ambientale per il conseguimento degli obiettivi energetico-climatici che l’Italia si è posta.

Una nuova opportunità con CDi Manager

CDi Manager, società di scopo di Federmanager per le politiche attive, opera con l’obiettivo di reinserire nel mondo del lavoro i colleghi, recentemente pensionati o allontanati dalle grandi aziende dalle radicali ristrutturazioni degli ultimi anni, secondo le modalità del Temporary Management. Vediamo come e cosa è necessario fare

CDi Manager nasce nel 2010 da un gruppo di colleghi Dirigenti dei territori Federmanager di Toscana ed Emilia Romagna, con una partecipazione anche delle rispettive Associazioni.

Nel corso degli anni la partecipazione di Federmanager è andata aumentando e concentrandosi nella Società di Servizi di Federmanager Nazionale, la Manager Solutions, che attualmente detiene il 51% delle quote, e di pari passo è andata la trasformazione del mercato di CDi Manager che oggi è tutto il territorio nazionale. Proprio in questi giorni è in corso l’operazione di riacquisto delle quote dei soci privati in maniera da portare CDi Manager ad essere completamente partecipata da Manager Solutions/Federmanager, così come le altre Società che fanno capo al Sistema Federmanager.

Ettore Cambise ne è Presidente dal 2015, da quando Federmanager ha avuto una maggioranza di controllo. La Missione che Federmanager ha affidato a CDi Manager è quella di offrire managerialità alle PMI italiane, che sono, notoriamente, aziende familiari gestite con una forte impronta dell’Imprenditore-Padrone.

Obiettivi e finalità

La sorgente di managerialità sono i colleghi Manager recentemente pensionati o allontanati dalle grandi aziende dalle radicali ristrutturazioni degli ultimi anni e che vengono selezionati e proposti alle aziende sulla base delle loro competenze e della propensione e capacità ad operare come Temporary Manager. è in questo che si sostanzia il ruolo di CDi Manager nelle Politiche Attive: reimmettere nel mondo del Lavoro colleghi che ne sono stati espulsi avendo ancora un grosso contributo di professionalità da offrire alle Aziende ed al Sistema Paese.

CDi Manager possiede e gestisce un Data Base di curriculum vitae profilati di parecchie migliaia di colleghi, che le consente di ricercare i candidati con le caratteristiche più vicine ai requisiti espressi dalle aziende clienti. I clienti di CDi Manager sono infatti le aziende, che ricercano specifiche professionalità, e la individuazione dei migliori candidati disponibili, e cioè soddisfare le aspettative aziendali, è l’unico strumento per offrire opportunità di lavoro concrete e durature ai nostri colleghi. Inoltre le storie di successo di CDi Manager, che ogni anno mette nel mercato del Lavoro numerosi colleghi, sono la migliore garanzia per una presenza durevole e una ripetizione ed ampliamento dei contratti.

La figura del Temporary Manager

Le modalità con cui CDi Manager opera sono quella classica della Ricerca e Selezione, per aziende che vogliano assumere direttamente dei Manager, e quella del Temporary Management, in cui l’azienda cliente stipula un contratto finalizzato ad uno specifico progetto con obiettivi definiti (aprire un mercato estero o domestico, ridisegnare i processi di produzione, introdurre Innovazione in azienda sia organizzativa che di processo agire da Direttore Generale o da Amministratore Delegato con specifici obiettivi di risanamento aziendale) con CDi Manager, che a sua volta contrattualizza il Manager, che viene comunque scelto dall’Azienda cliente. In questo modo se il rapporto in corso d’opera risultasse problematico, sarà CDi Manager a proporre nuove scelte all’azienda, senza aggravi di costo per la medesima. Questa ulteriore possibilità aggiunta al contratto di Temporary, che prevede tempi e costi definiti nel raggiungere gli obiettivi prefissi, mette al riparo l’azienda da extra costi imprevisti o da problematiche relative a risoluzioni del rapporto di lavoro diretto, e costituisce uno dei motivi per cui la tipologia Temporary, che costituisce circa l’80% dei ricavi di CDi Manager è sempre più preferita dalle Aziende.

In realtà l’acquisizione di CDi Manager ha, di fatto, dato sostanza al segmento Temporary Management nella Federazione, dandogli dignità di nuova forma contrattuale a supporto della richiesta di flessibilità delle aziende, prodromica in molti casi al reinserimento stabile come dirigenti, e supportandola con una specifica formazione erogata da Federmanager Academy, basata sulle lezioni apprese da CDi Manager nella sua quasi decennale esperienza.

Processo di selezione

È importante spendere ancora alcune parole sul processo di selezione dei Candidati da presentare alle Aziende, per rimarcare la differenza tra la operatività di una società come CDi Manager, che agisce con esperienza e professionalità, e molti attori del mercato che si presentano come dei Market Place in cui basta lanciare una ricerca in un Data Base per individuare chi risolverà il problema aziendale.

Tutto inizia da prima della partenza del processo di selezione dei Candidati, quando un Senior Partner di CDi Manager va presso l’Azienda che ricerca un Manager per individuare insieme all’Imprenditore e alla Direzione aziendale, se sono entità distinte, quelle che sono le reali necessità alla base della ricerca. Si mette quindi a punto l’esatta descrizione del problema che si intende risolvere e di conseguenza le caratteristiche professionali e umane richieste. A questo punto l’Azienda firma una lettera di incarico a CDi Manager per la ricerca del Candidato. La persona che si occupa di selezione del personale inizia quindi una ricerca nel DB e attiva il Network professionale costruito negli anni, fino ad identificare una rosa di Candidati. Contatta poi personalmente questi colleghi e ne vaglia sia la disponibilità temporale che di area geografica in cui la prestazione andrà erogata. Ne valuta poi sia gli aspetti di Competenze professionali che specifiche caratteristiche personali legate al rapporto che, come in tutte le PMI, sarà molto stretto con l’Imprenditore e quindi determinato dalla ‘chimica’ che si dovrà sviluppare.

Si arriva quindi a individuare una rosa ristretta di Candidati, in genere almeno due o tre, che vengono accompagnati in Azienda per essere esaminati e scelti dall’Imprenditore, che come si è già detto, è colui che decide chi contrattualizzare. Come si vede è un processo human factor intensive, e questa è l’unica ragione per cui la percentuale di errori che comunque si fanno nella scelta dei Manager si è dimostrata molto bassa nel corso degli anni.

CDigital per la Digital Trasformation

In questi ultimi tempi CDi Manager si avvale anche dei Manager Certificati dal RINA in accordo al Disciplinare Federmanager, elemento certamente distintivo nello scenario italiano, e ha creato una piccola struttura, CDiGITAL, specializzata nella Digital Transformation delle PMI che si avvale proprio degli Innovation Manager Certificati. Nuove nicchie di Mercato si aprono oggi, e CDi Manager ha già iniziato a prepararsi per affrontarle, in particolare per i Temporary Manager per la Sostenibilità e per soggetti capaci di operare nella nuova sfida della Finanza Digitale. Un significativo risultato raggiunto grazie al clima di cooperazione che informa oggi i rapporti tra Federmanager e Confindustria, e la individuazione di CDi Manager come unica società deputata alla ricerca e fornitura di Temporary Manager nell’ambito della iniziativa CONNEXT di Confindustria per le aziende partecipanti sia da remoto, attraverso la Piattaforma informatica di Market Place, che in presenza, durante eventi che si tengono su tutto il territorio nazionale. Questa cooperazione è estremamente importante poiché se Federmanager è la casa dei Manager, Confindustria lo è delle aziende, che sono i clienti di CDi Manager che quindi non può che trarre benefici da un accesso privilegiato al mercato.

In questi anni – sottolinea il presidente Ettore Cambise – ho cercato di dare il mio contributo alla crescita di CDi Manager ed alla sua integrazione nel Sistema, conscio della importanza della sua Missione e sicuro delle sue notevoli potenzialità. Crescita ed integrazione che non sarebbero però potute avvenire senza il contributo di tutti coloro che dentro CDi Manager e nel Sistema Fedemanager hanno operato con dedizione e visione per questi obiettivi”.

È la solita musica: pagano i pensionati

Mentre la politica, a parole, sventola la bandiera della lotta all’evasione fiscale, l’83% delle imposte grava su lavoratori e pensionati, con questi ultimi che oltre alle tasse sul reddito, sono chiamati a pagare anche quote aggiuntive d’imposte

Si diceva a mezza voce, alcuni lo facevano capire, ma non lo dicevano apertamente. Ora si sa chiaramente chi sono i cosiddetti “Poteri forti”, quelli che condizionano in ogni momento la politica italiana, le scelte dei Governi. Sono bastati gli annunci del nuovo Governo sui contenuti della Nota di aggiornamento che definisce gli obiettivi programmatici della legge di bilancio 2020, è bastato che negli annunci si facesse cenno di calcare un po’ la mano sulle misure dissuasive relative alla più grossa frode a carico dei cittadini, ed ecco evidenziarsi tutta una serie di distinguo, di prese di distanza, di segnali protettivi. Sì, ora ne abbiamo la certezza: esiste una “casta”, una casta potentissima, quella degli evasori fiscali. Quelli che del non pagare le tasse ne fanno un modello presente – ed estremamente efficace – nelle loro attività produttive, commerciali, professionali. Sono evasori, questi signori, ma sono anche elettori, e hanno fatto ben intendere a chi di dovere che se il Governo insiste nel voler ridurre i margini che oggi consentono di farla franca quando non pagano le tasse, se la dovranno vedere con loro. Con gli evasori, appunto.

E le forze politiche sanno che la minaccia non è vaga: si concretizza poi nelle urne. In Italia ormai, da qualche parte, si vota sempre. Si vota (o si dovrebbe votare, visti gli ultimi accadimenti) nel Paese, si vota nelle Regioni, si vota nei Comuni e anche nei quartieri e nelle circoscrizioni. E ogni volta i cittadini/evasori si fanno sentire pesantemente. Nelle urne elettorali, naturalmente.

Un’élite nascosta (ma poi neanche tanto) che ostenta sicurezza e che continua a fregarsene del principio costituzionale che dice che tutti devono pagare le tasse in ragione della loro capacità contributiva. Per loro questo principio non vale. E le fazioni politiche, di qualunque colore e ideologia, non sembrano pronte a rintuzzare la sfida. Anzi, ciascuna fa una strizzatina d’occhio alla parte di evasori di proprio riferimento: per te non vale, ci penso io.

E così l’ISTAT in “Economia non osservata nei conti nazionali”, (15 ottobre 2019), ci fa
sapere che l’economia sommersa, cioè le attività sulle quali le tasse non sono state pagate, vale, nel 2017, circa 192 miliardi di euro e se poi si aggiungono le attività illegali, si arriva addirittura a 211 miliardi. Con riferimento all’economia sommersa, l’ISTAT ci spiega che il 41,7% del sommerso economico si concentra nel settore del commercio all’ingrosso e al dettaglio, dei trasporti e magazzinaggio, delle attività di alloggio e ristorazione. Ci dice anche che nel 2017 sono state 3 milioni e 700 mila le unità di lavoro a tempo pieno in condizione di non regolarità, occupate in prevalenza come dipendenti (2 milioni e 696 mila unità).

Questo, tanto per far capire bene a chi legge di cosa stiamo parlando. Ma la politica, che con la grancassa dichiara di volere sconfiggere la piaga dell’evasione e ne fa, in modo fasullo, un cavallo di battaglia, poi mette in piazza qua e là dichiarazioni rassicuranti. Come dire: non ne faremo niente, perché a sostenere le spese dello Stato c’è l’altra parte della popolazione che le tasse le ha pagate sempre e continua a pagarle! Ci sono i lavoratori dipendenti e i pensionati che tanto versano la maggior parte dell’Irpef! Tranquilli, su di loro grava oltre l’83% della principale imposta e i conti sono salvi!

C’è una classe di persone, insomma, che prima come lavoratori, poi come pensionati, paga fino all’ultimo centesimo. Con una aggiunta, poi! Perché i pensionati, oltre alle tasse sul reddito, sono chiamati a pagare anche quote aggiuntive d’imposte. È vero che tecnicamente si chiamano in altro modo – adeguamento al costo della vita, perequazione, contributo di solidarietà, ecc. – ma i soldi comunque sono presi sempre dalle stesse tasche, quale che sia il nome tecnico che viene usato. Anzi, sono soldi prelevati prima che i pensionati riscuotano la pensione, perché la trattenuta avviene alla fonte, cioè d’ufficio, all’atto in cui viene disposto l’importo messo a pagamento. E queste operazioni penalizzanti ormai durano da oltre 50 anni.

Insomma un fisco sempre più “concentrato” sui percettori di reddito fisso, sui lavoratori dipendenti e soprattutto sui pensionati. Per questi ultimi in particolare, solo a fermarci agli interventi che tuttora incidono sulla loro pelle e senza evocare le tante misure precedenti che li hanno penalizzati nel corso degli ultimi anni, ricordiamo:
1) che i provvedimenti restrittivi della perequazione hanno avuto inizio nel 2012 e finiranno nel 2021. Dieci anni!
2) che di provvedimenti che vengono definiti “contributi di solidarietà” ne sono stati applicati
7 (sette!) a partire dal 2000, con motivazioni e obiettivi diversi. L’ultimo, per cinque anni,
dal 2019 al 2023. Con assoluta spregiudicatezza, in questo caso, il Governo che ha varato i provvedimenti non si richiama neppure al sentimento solidale. Dice, molto più brutalmente, che dal primo gennaio 2019 i trattamenti pensionistici superiori a 100mila euro lordi sono “ridotti” di un’aliquota percentuale, per scaglioni progressivi crescenti, dal 15% al 40%. Non si tratta dunque di emergenza per le casse previdenziali né di quelle dello Stato. Si tratta di un atteggiamento che si riscontra da decenni in tutte le successioni di governo. Quasi una progressiva tendenza a ridurre tutte le pensioni ad un livello medio-basso, di pura sopravvivenza.

Stato assistenziale per tutti, dunque! Un’assistenza, peraltro, che sarebbe assai conforme ad uno Stato in cui, come pure qualcuno provocatoriamente ha ipotizzato, ai vecchi, ormai in pensione, verrebbe sottratta anche una quota di cittadinanza: il diritto di voto (sic!).Che questo disegno, sia pure non esplicitato, non sia compatibile con i principi della nostra Costituzione lo si rileva dalla migliore dottrina giuridica e dalla giurisprudenza costituzionale.

A questa si richiamano, fortunatamente, gli organi della magistratura ordinaria e contabile, quando rilevano contraddizione fra i principi della nostra Carta fondamentale e i provvedimenti di legge. Come è avvento recentemente. Federmanager e CIDA ci hanno nei giorni scorsi informati che la Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale per il Friuli Venezia Giulia, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dei provvedimenti legislativi che hanno determinato l’ennesimo blocco della perequazione e il prelievo straordinario sulle pensioni d’ importo medio-alto di cui abbiamo appena detto. Nel Comunicato CIDA del 18 ottobre si legge che la predetta Corte ha rilevato che i provvedimenti legislativi in questione non rispettano i tre fondamentali principi posti dalla Corte Costituzionale in tema di previdenza: ragionevolezza, adeguatezza, affidamento. Anche noi, pur con minore dottrina, abbiamo sempre contestato i provvedimenti sottrattivi delle pensioni, richiamandoci a tali principi. Ci conforta ora il fatto che un organo di giustizia ne valuti la violazione e domandi al Giudice delle leggi di pronunciarsi in merito. Federmanager e CIDA auspicano che anche gli altri giudici ordinari e contabili, chiamati a decidere su ricorsi avviati dai dirigenti pubblici e da quelli delle aziende private, sollevino la questione di legittimità costituzionale dei provvedimenti legislativi che tuttora penalizzano noi pensionati. Sarebbe un buon segnale per sperare in una Pronuncia d’illegittimità costituzionale delle norme suddette. Attendiamo con fiducia.

4.Manager: parti sociali e sviluppo

Grazie a 4.Manager è stato possibile mettere in piedi 10 progetti per 10 PMI di tutto il territorio laziale. Sono stati quindi selezionati 10 dirigenti, temporaneamente inoccupati, iscritti a Federmanager con l’obiettivo di creare le condizioni per lo sviluppo di proficue relazioni tra le parti

Il progetto “Open Innovation Management”, il primo ad essere finanziato da 4.Manager a livello nazionale, riguarda i temi della trasformazione digitale, dell’internazionalizzazione e della lean innovation e le relative competenze manageriali necessarie per la crescita delle suddette PMI. Si tratta in tutti e dieci i casi di un servizio “chiavi in mano” di ridisegno organizzativo dell’azienda con tanto di consulente che fotografa lo stato dell’impresa e propone le soluzioni operative.

I dieci progetti sono tuttora in svolgimento ed il rapporto tra le aziende e i manager è ad oggi di assoluta soddisfazione. Nella fase iniziale è stato dedicato molto tempo alle reali necessità delle aziende e questo sta portando interessanti sviluppi strategici e operativi per le stesse imprese. Le aziende stanno usufruendo delle competenze offerte dai manager senza dover sopportare costi, ma con l’obiettivo di identificare servizi in grado di essere autosufficienti nel medio periodo in termini economici e quindi creare una reale opportunità di sviluppo e di occupazione.

Beneficiano altresì dei risultati e delle attività di questo progetto Federmanager Roma e
Unindustria, in quanto hanno avviato in chiave sperimentale applicazione di metodologie manageriali innovative. Questi elementi, oltre naturalmente a configurarsi come politiche attive del lavoro, impattano sulle capacità imprenditoriali e innovative delle imprese, promuovendo dinamiche di sviluppo organizzativo. Le buone relazioni tra le parti sociali, il fondamentale apporto di 4.Manager e la regia di Unindustria Perform stanno dunque producendo una sperimentazione dal forte impatto sociale ed economico: un’azione che va certamente portata a sistema e resa strutturale per garantire significativi risultati nel medio e lungo periodo.

La responsabilità senza colpe dei manager

La “responsabilità oggettiva” di tipo penale dei manager è una mostruosità giuridica che nasce da un’errata interpretazione dell’articolo 42 del codice penale. Obbligo di Federmanager è non lasciare soli i colleghi ingiustamente accusati ed offrire loro conforto e protezione

La “responsabilità giuridica” è un mostro giuridico e morale che si aggira per le aule dei tribunali del mondo intero, mietendo vittime innocenti, talvolta più di quante non ne mietano gli eventi tragici che hanno dato luogo ai processi. Eppure i principi di base della civiltà giuridica europea fondano le loro antiche e solide radici nel diritto romano. “Nullum crimen, nulla poena sine culpa” (nessun reato e nessuna pena senza colpa) sancisce un famoso broccardo e non credo che ci sia una persona dotata di senso morale che possa essere in disaccordo con questo principio, perché il diritto penale deve sanzionare i comportamenti colpevoli e non essere uno strumento per individuare dei “capri espiatori” incolpevoli (nel senso specifico e tecnico/legale del termine visto che parliamo di responsabilità oggettiva e quindi per definizione senza colpa) da sacrificare sull’altare di una vera o presunta pace sociale, additando un colpevole purchessia al fine di garantire un ristoro in sede penale e civile/risarcitoria.

La funzione del diritto e del processo deve necessariamente essere quella di fare “giustizia” e non di commettere un’altra ingiustizia con la quale tentare di mascherare goffamente le carenze di tutto un sistema. Del resto l’art. 27 della costituzione dice molto chiaramente che la responsabilità penale è personale (escludendo la responsabilità oggettiva) e stabilisce il principio per il quale la pena “deve tendere alla rieducazione del condannato” e davvero non è chiaro a quale rieducazione potrebbe essere sottoposto un individuo rispetto al quale non è stata accertata nessuna colpa.

Nel nostro ordinamento le fattispecie di responsabilità oggettiva sono ancorate in modo poco solido alla parola “altrimenti” contenuta nell’articolo 42 del codice penale il quale, dopo avere parlato del dolo e della colpa, recita: “la legge determina i casi nei quali l’evento è posto altrimenti a carico dell’agente come conseguenza della sua azione ed omissione”. Una certa parte della dottrina e della giurisprudenza ha interpretato la parola “altrimenti” nel senso che possano esistere dei delitti senza colpa e quindi incolpevoli. Non ho timore ad affermare che, per il mio senso morale, questa è una vera mostruosità. Penso che questa interpretazione sia la “madre” di tutti i teoremi che, in certe particolari circostanze, possono portare ad accusare persone innocenti di fatti che non solo non hanno provocato ma dei quali non hanno mai nemmeno saputo niente.

Per cercare di dare una giustificazione a ciò che (a mio personale avviso) non è giustificabile, si è tentato di considerare la responsabilità oggettiva come un tertium genus (dopo dolo e colpa), ritenendo giusto che un fatto illecito venga imputato a qualcuno che non lo ha voluto commettere e che non ha avuto colpa nel suo inverarsi, solo per l’esistenza di un nesso di causalità unito ad un concetto molto generico di prevedibilità. La qual cosa, stressando il concetto con un chiaro argomento “per absurdum”, sarebbe come dire che se io gestisco una pista ciclabile e quindi la apro alla circolazione delle biciclette (nesso di causalità) e posso immaginare (prevedibilità) che le persone possono cadere dalle biciclette, a questo punto posso essere imputato per tutti gli incidenti che avvengono su quella pista in quanto se io l’avessi chiusa (nesso causale) gli incidenti non sarebbero successi.

A mio avviso questa è una vera aberrazione che, al giorno d’oggi, viene sempre più incentivata dalla proliferazione di normative che stabiliscono obblighi di vigilanza per le aziende e i loro manager in forma esponenzialmente sempre più astratta, configurando vere e proprie fattispecie di responsabilità oggettiva per le quali la responsabilità del manager viene ritenuta esistente sulla base di un generico obbligo di vigilanza, unito ad un nesso causale tanto vago da essere inaccettabile ed associato a un concetto di prevedibilità talmente generale da essere addirittura filosofico. Questo è il modo “politicamente corretto” e alquanto ipocrita di legiferare della vecchia Europa esangue. Per come la vedo io questo modo di fare le leggi sta ostacolando e, talvolta, impedendo l’attuazione del principio di legalità sancito dall’art. 27 della costituzione che, a mio avviso, impone senza ombra di dubbio di non sanzionare i comportamenti incolpevoli.

A questo punto delle due una, o il terzo comma dell’art. 42 del codice penale è incostituzionale, oppure la parola “altrimenti” deve essere interpretata diversamente, dovendosi ritenere che l’articolo faccia riferimento a delle fattispecie di colpa diverse da quelle del comma due e, pertanto, impegnando sia il legislatore che il giudice ad indirizzare il proprio lavoro nel definire, con senso di giustizia ed equità, quali possano essere queste fattispecie di colpa, in modo tale da evitare di generare quelle storture nell’esercizio del diritto di cui abbiamo parlato. Proprio quel genere di storture che hanno portato Cicerone a coniare il broccardo “summum ius summa iniuria”.

Se non si agirà a livello politico, legislativo e giudiziario per rimettere insieme i concetti di “pena” e di “colpa”, molti nostri colleghi potrebbero trovarsi nella condizione di Josef K., il personaggio del “Verdetto” di Franz Kafka che la mattina del suo compleanno viene improvvisamente tratto in arresto perché un processo è stato istruito contro di lui senza che lui sia in grado di comprendere quale sia l’accusa. Dapprima Josef K., sapendo di non avere alcuna colpa, esprime fiducia ma poi si trova schiacciato in un meccanismo processuale, inestricabilmente burocratico, bizantino e labirintico e, rapidamente, avverte il peso sempre più opprimente di non poter sfuggire ad una condanna di cui prova un’angosciosa vergogna senza nemmeno sapere quale sarebbe la sua colpa. Credo che sia un dovere di noi colleghi impegnati in Federmanager non lasciare mai soli i nostri colleghi risucchiati in circostanze del genere e agire in tutte le sedi per proteggerli e confortarli.

Formare per far crescere il business: Fondazione Idi e Fondo Dirigenti PMI

La formazione di nuove competenze come sfida e catalizzatore del cambiamento: questo l’imperativo categorico che anima il piano strategico della Fondazione Idi

Si è avviato da poche settimane il nuovo programma formativo della Fondazione Idi, l’ente bilaterale di Federmanager e Confapi con la mission di formare i manager e gli imprenditori di domani. Un’offerta che ha l’obiettivo di dare una risposta coerente ai nuovi scenari, alle nuove esigenze delle imprese e dei dirigenti, di conservare il patrimonio delle competenze e delle esperienze manageriali proponendo soluzioni di alto profilo a problemi sia operativi che strategici.

“Per manager e imprenditori, la formazione delle competenze deve essere continua – sottolinea Cinzia Giachetti, Vicepresidente Fondazione Idi – perché la tecnologia cambia velocemente e il mercato ti sfida tutti i giorni a stare al passo con i tuoi competitor. Il manager deve poter garantire la propria preparazione professionale e restare sempre aggiornato e Federmanager indica e certifica le competenze manageriali del futuro.

Mi riferisco, ad esempio, al temporary manager che deve essere capace di accompagnare l’impresa per un certo periodo, adeguando il business plan al percorso di innovazione; all’innovation manager che si occupa specificatamente di problemi di innovazione legati al cambiamento delle tecnologie digitali nell’evoluzione 4.0; oppure al manager di rete ovvero un professionista che deve avere alle spalle una rete di conoscenze tale che gli permetta di suggerire all’impresa la strada da intraprendere, integrando le competenze esterne con quelle delle imprese e creando collaborazione e sinergie con più imprese contemporaneamente. Per affrontare le sfide del futuro occorrono competenze, manager preparati e capaci di individuare il vero fabbisogno dell’impresa”.

I finanziamenti alla formazione

Il Fondo Dirigenti PMI, fondo paritetico interprofessionale Federmanager e Confapi, promuove e finanzia la formazione dei dirigenti delle piccole e medie imprese industriali attraverso la pubblicazione di avvisi che mirano a supportare le imprese aderenti al Fondo e i loro dirigenti finanziando interventi di sviluppo delle competenze a sostegno della competitività e della innovazione, del lavoro e dell’occupazione.

Lo scorso 15 giugno è stato pubblicato l’Avviso 1/2019 caratterizzato dalle seguenti tipologie di piani e aree di intervento:
Interaziendali – interessano un insieme di Aziende (minimo 3). Devono riguardare almeno 3 dirigenti. Una singola Azienda può risultare beneficiaria di un solo Piano Formativo.
Aziendali Individuali – interessano una singola Azienda. Vengono sostenuti dal FONDO attraverso il finanziamento di singoli “voucher” formativi. Un singolo dirigente può comunque risultare beneficiario fino a un massimo di due “voucher” per Piani Formativi differenziati per area tematica.
AREE TEMATICHE: Area Innovazione organizzativa, di processo e/o di prodotto; Area nternazionalizzazione; Area Project Management; Europrogettazione e progetti finanziati; Gestione di Start-up; Contratti di Rete; Piani Speciali (ricerca e sviluppo di nuove tecnologie
green).
CONTRIBUTI CONCEDIBILI: – Il contributo massimo concedibile dal FONDO per ogni PIANO INTERAZIENDALE è pari a: Euro 15.000 (quindicimila/00)
– Il contributo massimo concedibile dal FONDO per ogni PIANO AZIENDALE INDIVIDUALE è pari a: Euro 4.000 (quattromila/00)
Risorse complessive stanziate – Euro 135.000,00 – Avviso 1/2019.

Manager per professione, volontari per scelta

Vises dà l’opportunità di svolgere un’azione di volontariato basata su una managerialità sana che diventa testimonianza del ruolo sociale e civile dei manager

Vises, onlus di Federmanager, è portatrice, in Italia e all’estero, da oltre trenta anni di una cultura manageriale fondata sulla predisposizione all’innovazione, sull’apertura e l’ascolto, sulla condivisione e sulla valorizzazione delle competenze.

Uno strumento di creazione di sviluppo sostenibile e durevole che si alimenta grazie agli apporti della pluralità dei soggetti con cui si confronta e sul supporto dei volontari, la cui azione è orientata a generare valore per la collettività.

Il mondo del volontariato con le sue mille sfaccettature offre molteplici opportunità di impegnarsi, farlo con Vises Onlus significa partire dalla consapevolezza che essere manager vuol dire essere portatori di alcuni particolari valori: responsabilità, eticità, inclusione e sostenibilità, rispetto e solidarietà, che non possono restare relegati nel mondo del lavoro o del business ma devono diventare la lente attraverso cui guardare il mondo.

Partecipare alle iniziative Vises dà l’opportunità di svolgere un’azione di volontariato basata su una managerialità sana che diventa testimonianza del ruolo sociale e civile dei manager, persone con competenze e visione, che attivano sinergie fra mondi diversi, che colgono il respiro internazionale dei cambiamenti contemporanei, e che scelgono, attraverso il volontariato di assumere una posizione concreta e responsabile in una realtà che muta velocemente.

Chi si associa a Vises e opera come volontario, oltre al servizio che rende, porta in sé i valori dell’associazione e di questi si pone come esempio, testimoniandoli con il suo agire e trasmettendoli.

Lavorare con Vises non è solo dare, è anche una possibilità di crescita e arricchimento: i risultati degli interventi di rafforzamento e sviluppo delle competenze delle nuove generazioni, di empowerment femminile e le progettualità in ambito welfare e politiche attive del lavoro confermano l’importanza di un’azione di volontariato di livello e in parallelo permettono di fare esperienza della managerialità a 360°.

Come associazione di volontariato dobbiamo il nostro sviluppo e la qualità della nostra azione alla disponibilità di manager generosi, alla loro passione e voglia di mettersi in gioco, accompagnandoli in un percorso di orientamento e di momenti formativi pensati apposta per loro.

La formazione, per noi fondamentale, sostiene l’azione dei nostri volontari sui singoli interventi, aiutandoli a maturare le proprie motivazioni, fornendo strumenti di approfondimento dei problemi del territorio, attrezzandoli di competenze specifiche per il lavoro e la valutazione dei risultati.

Entra a far parte del mondo Vises, per rendere migliore il mondo di tutti noi!
Contattaci: progetti.vises@federmanager.it; www.vises.it; Tel. 0644070272

 

Competenze manageriali per la crescita delle imprese

Competenze manageriali per la crescita delle imprese

Il momento è cruciale, in un Paese in equilibrio tra la speranza della ripresa e l’incubo della recessione, diventa obbligatorio ridurre la distanza tra domanda e offerta di competenze manageriali

L’Associazione 4.Manager, all’interno della quale opera l’Osservatorio Mercato del Lavoro e Competenze Manageriali, ha abbracciato l’ambizioso progetto di rispondere al fabbisogno reale dei protagonisti del tessuto produttivo italiano, sviluppando politiche attive per il lavoro manageriale e, cosa non banale, operando per la diffusione di una nuova cultura di impresa. Federmanager e Confindustria, come parti istitutive di 4.Manager, si riconoscono nell’obiettivo comune di configurare una nuova cultura d’impresa basata sull’alleanza tra imprenditori e manager. Il contesto internazionale, il noto debito pubblico italiano, la guerra globale sui dazi e la frenata della crescita dellUE, con lo spettro della recessione in Germania, sono tutti elementi che rafforzano la necessità di una forte sinergia.

Questo ci impone di attivare il ruolo di rappresentanza nel senso della promozione di strumenti e soluzioni che, partendo dalla forte carica di innovazione trainata dall’avvento delle nuove tecnologie, sostengano lo spirito imprenditoriale dei territori e rafforzino la dotazione di competenze di alta qualità del nostro management. Quindi, come obiettivo ulteriore, far crescere gli indici di produttività e di competitività delle imprese.

I dati che emergono dal II Rapporto dell’Osservatorio, dal titolo “Capitale Manageriale e Strumenti per lo Sviluppo”, ci dicono che il momento è cruciale. Siamo in equilibrio tra la speranza della ripresa e l’incubo della recessione. Partiamo da alcuni segnali confortanti che devono essere interpretati con attenzione. Un dato su tutti: rispetto al 2017 cresce nel Paese la domanda di manager. Figure in grado di guidare il cambiamento, accompagnando le aziende in un progressivo percorso di crescita.

Il 50% degli imprenditori intervistati dall’Osservatorio punta ad assumere manager nei prossimi tre anni (arriviamo al 76% nelle imprese con più di 50 dipendenti). Si apre quindi una grande sfida per tutti noi, che è racchiusa in due parole a me molto care: fiducia e competenza. Fiducia da parte degli imprenditori che avranno bisogno di aprire le porte delle aziende a professionisti di primo livello; competenza, quella che i manager dovranno sempre più maturare per competere in un mercato globale. Dobbiamo infatti lavorare per ridurre il mismatch tra domanda e offerta di competenze manageriali. Se gli imprenditori dichiarano di incontrare difficoltà nel reperire figure manageriali utili alle proprie attività, vuol dire che sta emergendo una necessità non supportata adeguatamente.

Il nostro compito è anche quello di offrire una risposta, aiutando il management a strutturare in modo nuovo il proprio ruolo, ad evolvere nelle competenze tecniche e tecnologiche richieste dai processi di innovazione. A queste occorre affiancare le cosiddette soft skills, quelle competenze trasversali che riguardano la capacità di motivare i team, l’orientamento all’innovazione e al cambiamento, la propensione ad adattarsi a scenari in continua evoluzione.

Il problema del mismatch, a ben vedere, deve interessare la politica attenta perché esso riguarda tutto il sistema: 6 posti di lavoro altamente qualificati su 10 mostrano una carenza di competenze; 4 lavoratori su 10 sono troppo o troppo poco qualificati per il lavoro che stanno svolgendo.

E poi c’è l’allarme esplicito dell’OCSE: “Il sistema italiano di formazione permanente non è attrezzato alle sfide future. Solo 20,1% degli adulti ha partecipato a programmi di formazione professionale nell’ultimo anno, solo il 60% delle imprese con più di 10 dipendenti offre formazione continua, contro una media europea del 75,2%”. Sosteniamo ad esempio ogni misura che, come il credito d’imposta alla formazione 4.0, incentivi l’investimento in questo ambito da parte dei datori di lavoro. L’impresa deve essere incentivata ad aggiornare le competenze delle sue risorse.

La formazione è per la vita. Esprimiamo soddisfazione per aver visto accolte le sollecitazioni su provvedimenti come il voucher per l’innovation manager e per la riconferma degli interventi su Impresa 4.0: stiamo andando nella direzione giusta che meriterebbe un incremento delle risorse messe a disposizione e un carattere il più possibile strutturale, per dare continuità, per consentire a un numero crescente di soggetti interessati di avervi accesso.

Perciò chiediamo di avere più coraggio, perché serve una rivoluzione culturale nella mentalità politica, per dare senso a incentivi e agevolazioni che, per essere efficaci, devono essere il più
possibili strutturali e certi. Altrimenti il privato non investe. Altrimenti la fiducia non si diffonde. Chiediamo anche di avere più attenzione. In un Paese che è stato definito “a crescita zero”, ogni livello di amministrazione deve remare nella stessa direzione.

È significativo quello che il Rapporto evidenzia circa i bandi pubblici: dopo una mappatura su larga scala, si scopre che in 5 anni ci sono stati 2.452 bandi che hanno riguardato temi come competitività, Pmi, occupazione e innovazione. Di questi, solo 232 hanno “potenzialmente” coinvolto figure manageriali, con 87 bandi contenenti un riferimento diretto o indiretto alle competenze manageriali.

Questo è il momento del coraggio, della collaborazione tra mondo della politica, dell’impresa e del management, di professionalità qualificate e sempre aggiornate.