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Federmanager

Dal 2020 pratica di rimborso unica per tutti gli iscritti Fasi-Assidai

Dal 2020 pratica di rimborso unica per tutti gli iscritti Fasi-Assidai

È il risultato della collaborazione tra i due Enti valorizzata dalla nuova società IWS

Con il nuovo anno è partita la richiesta unica di rimborso per coloro che sono iscritti sia ad Assidai che al Fasi. Un cambiamento importante, e al tempo stesso una svolta per tutti gli iscritti, all’insegna della semplificazione e nell’ottica di un futuro prossimo in cui la dinamica della spesa sanitaria e la crescente competitività del mercato della sanità integrativa pongono sfide importanti. Per questo, anche alla luce e nell’ambito del rinnovo del CCNL Dirigenti siglato da Confindustria e Federmanager lo scorso luglio, Fasi e Assidai hanno deciso di rafforzare la propria partnership, ponendosi un obiettivo chiaro: consolidare le rispettive posizioni di leadership sul mercato e salvaguardare al tempo stesso il patto intergenerazionale tra dirigenti in servizio e pensionati. La collaborazione tra i due Enti è valorizzata dalla nuova società IWS Industria Welfare Salute, costituita da Federmanager, Confindustria e Fasi, alla quale sia Fasi sia Assidai hanno demandato alcune attività strategiche. Ciò consentirà a IWS di semplificare il suo rapporto con entrambi i Fondi per la gestione della pratica unica online.

Nel dettaglio, la nuova società si occupa principalmente di tre aspetti, illustrati nel numero di dicembre-gennaio 2020 di Welfare 24:

  1. la realizzazione di una nuova rete di strutture sanitarie e professionisti convenzionati, improntata ad alti standard di qualità e semplificazione;
  2. una proposta di copertura integrativa Fasi e Assidai unica e innovativa per le aziende;
  3. una pratica di richiesta di rimborso unica per gli iscritti ai due Enti.

Quest’ultima novità rappresenta un grande passo in avanti: grazie a essa, infatti, non è più necessario inviare una doppia documentazione sia al Fasi sia ad Assidai per richiedere i rimborsi, con conseguenti e numerosi vantaggi in termini di semplificazione delle procedure e ottimizzazione delle risorse e con un evidente risparmio di tempo, che per un manager è quanto mai prezioso.

In particolare, per le prestazioni effettuate in forma indiretta, si potrà inviare una sola richiesta di rimborso attraverso il portale www.industriawelfaresalute.it. IWS trasmetterà la pratica al Fasi e ad Assidai, per quanto di loro competenza. Si precisa che le pratiche inviate in formato cartaceo non potranno essere gestite in “Modalità Unica”, quindi occorrerà continuare a inviare due richieste di rimborso distinte sia al Fasi sia ad Assidai, la cui liquidazione sarà garantita con diverse tempistiche.

 

Fasi-Assidai, nuova proposta sanitaria unica per le imprese

Le aziende industriali oggi hanno una nuova grande opportunità: aderire alla proposta unica FasiAssidai, una copertura integrativa che garantisce ai dirigenti in servizio un’assistenza sanitaria completa

Infatti, attraverso la proposta unica essi potranno godere dell’incremento economico quasi totale delle prestazioni previste dal Nomenclatore Tariffario del Fasi stesso.

Ma che cosa prevede nel dettaglio la proposta unica Fasi-Assidai sulla copertura integrativa per i dirigenti in servizio iscritti in forma collettiva? Per quanto riguarda le prestazioni sanitarie erogate, è previsto un rimborso fino al 100% del richiesto per i ricoveri con o senza intervento chirurgico e interventi ambulatoriali, fino a un massimo di 1 milione di euro l’anno per nucleo familiare nel caso in cui le prestazioni siano effettuate utilizzando la rete di case di cura ed equipe mediche convenzionate con il network IWS (Industria Welfare Salute).

Nuova proposta sanitaria Fasi-Assidai, ecco numeri e dettagli

In caso di extra-ricovero è stabilito invece un rimborso fino al 90% del richiesto e fino ad un massimo di 25mila euro per nucleo familiare, sempre ovviamente in regime di convenzionamento diretto. Infine, per le cure odontoiatriche è previsto un rimborso fino al 90% dell’importo richiesto per le spese relative alle voci previste dalla Guida Odontoiatrica del Fasi in vigore e secondo i criteri liquidativi in essa riportati, fino ad un massimo di 12.500 euro l’anno per l’intero nucleo familiare. È compreso, inoltre, all’interno del contributo di adesione alla proposta unica, anche la copertura aggiuntiva in caso di non autosufficienza, una tutela fondamentale per avere una sicurezza a 360 gradi.

Nel nuovo CCNL dei manager c’è Assidai

Lo scorso 30 luglio Federmanager e Confindustria hanno firmato il rinnovo del Contratto collettivo per i dirigenti industriali che ha migliorato tutti gli aspetti chiave del rapporto di lavoro con particolare focus sul welfare. Inoltre, per la prima volta, nel contratto stesso è comparso Assidai, in un’ottica di reciproca collaborazione con il Fasi che rafforza il ruolo di entrambi nel panorama della sanità integrativa e contribuisce a salvaguardare il patto intergenerazionale tra dirigenti in servizio e pensionati. L’intesa tra i due Enti, realizzata attraverso IWS fornisce molte funzionalità a vantaggio degli iscritti e ottimizza le risorse per continuare a investire su temi chiave come la prevenzione sanitaria e le coperture per la non autosufficienza – Long Term Care.

Welfare, l’esperienza del presente per riprogrammare il futuro

Welfare, l’esperienza del presente per riprogrammare il futuro

Il dopo Covid-19 per riconsiderare il welfare come fattore macroeconomico aziendale e strumento d’integrazione che libera risorse pubbliche

Lo sviluppo del welfare è riconducibile alla favorevole evoluzione della normativa fiscale, al protagonismo delle parti sociali, che ne hanno potenziato la portata nei diversi rinnovi dei CCNL, ed al crescente interesse di tante aziende, socialmente responsabili, che hanno recepito lo strumento come infrastruttura di cambiamento della produzione e del benessere organizzativo.

Per tipologia, potremmo fare una macro distinzione tra benefit, quando l’azienda offre strumenti finalizzati alla protezione del futuro tenore di vita, o della protezione del patrimonio o della salute della famiglia (si tratta di servizi di natura previdenziale e assistenziale), mentre si dovrebbe parlare di perquisites quando l’azienda offre beni e servizi di cui il dipendente può avvalersi immediatamente come i flexible benefit.

Fonti di finanziamento e fiscalità

  • Contributo obbligatorio per l’azienda con ammontare definito, previsto dal CCNL.
  • Conversione del valore del premio di risultato in acquisto di beni e servizi a seguito accordo sindacale e/o regolamento
  • Contributo unilaterale a discrezione dell’azienda che ne definisce modalità ed importo.

Le prestazioni più richieste

Dipende dalle dimensioni aziendali, per esempio, nelle imprese medio-grandi, la sanità integrativa e la previdenza complementare sono le prestazioni più richieste, a seguire nelle altre beni e servizi in convenzione, istruzione ed infanzia, cultura e tempo libero trasporti ed infine, purtroppo, ancora sotto-assicurati, rimane l’assistenza ai familiari anziani ed ai non autosufficienti.

Il mercato del welfare sanitario

La spesa sanitaria in Italia è valutata in 160 mld di Euro di cui 40 mld circa di spesa privata out of pocket a carico delle famiglie. Solo 5 mld di Euro sono intermediati da fondi sanitari integrativi di natura contrattuale, casse di assistenza sanitaria, società di mutuo soccorso, compagnie di assicurazione (polizze collettive ed individuali) ed infine, da tutti gli enti e banche che operano nel settore della sanità integrativa.

Ora, nel mercato del welfare aziendale stanno operando nuovi player, i cosiddetti provider, ai quali va riconosciuta la capacità di aver stimolato e semplificato, attraverso piattaforme digitali, l’intermediazione dell’offerta e della domanda dei piani di welfare, superando le difficoltà di fruibilità dei benefit che ne limitavano l’adozione da parte delle PMI per via della ridotta dimensione e capacità di spesa .

Questi ultimi gestiscono un valore del budget di welfare annuale di circa 750 mln di Euro interessando due milioni di dipendenti di 5.000 aziende che diventano 15.000 se si considerano quelle che hanno acquistato i voucher.

Anche se si tratta di un mercato con offerte di prestazioni a bassa-media priorità a connotazione più ludico-ricreativa e di consumo immediato per beneficiari più giovani, la repentina crescita di tali soggetti stimola a nuove riflessioni prospettiche sul futuro ruolo dei corpi intermedi e reti multi-attore che operano nell’ambito del secondo welfare.

In un mercato così animato, l’ingresso di un nuovo provider come IWS, di derivazione bilaterale (FedermanagerConfindustria) è stata la scelta più appropriata per dare qualità all’offerta dei prodotti e dei servizi sanitari erogati dai fondi FasiAssidaiInfatti IWS si presenta nel mercato della sanità, di cui conosce perfettamente la catena del valore, con le skill giuste e con strumenti innovativi quali una piattaforma digitale dedicata e con una rete di welfare manager, conoscitori del mercato della sanità integrativa di origine contrattuale, per svolgere sul territorio e nell’interesse del management industriale   attività di welfare counseling e di ascolto diretto dei reali nuovi bisogni di protezione.

Correlazione tra conoscenza ed utilizzo del welfare

Al fine di assumere iniziative di upgrading del sistema, è utile analizzare la stretta correlazione tra la conoscenza approfondita di norme ed incentivi fiscali dei flexible benefit e tra l’ampiezza del tasso di iniziative del welfare aziendale da parte delle imprese; il successo dei provider su menzionati, con le reti commerciali ed i portali digitali di cui dispongono, sono in grado di influenzare le scelte verso fringe benefit ludico-ricreativi, anziché verso benefit come sanità e previdenza di maggiore rilevanza sociale.

Anche le compagnie di assicurazione ed i broker generalisti, già presenti nelle aziende nella gestione integrata dei rischi d’impresa, da qualche tempo, stanno focalizzandosi sul rischio sanitario e previdenziale delle persone divenendo di fatto concorrenti dei fondi contrattuali.

Il Dopo Covid-19

La crisi sanitaria in corso, oltre ai disastri, ci ha riservato la sorpresa di aver accelerato, il processo di digitalizzazione nelle aziende come lo smart working che stentava a decollare e di avere favorito una nuova presa di coscienza collettiva verso forme di protezione e di tutele di welfare all’interno del quale, la sicurezza sanitaria, previdenza e qualità di vita-lavoro cominciano ad essere considerati sempre più come temi di relazioni industriali e fattori abilitanti di sviluppo economico anziché mera lista di benefit di pronto consumo.

L’inaspettata massiccia adesione delle aziende alle polizze anti coronavirus va in tale direzione.

L’affermarsi delle forme cosiddette di “nuovo welfare” ossia dei flexible benefit, significa che una buona parte dei dipendenti preferiscono forme di welfare flessibili e di immediata fruibilità e che quindi serve un maggior coinvolgimento e sensibilizzazione dei decisori aziendali e dei beneficiari attraverso azioni di comunicazione mirate sul territorio che valorizzino il contenuto sociale del welfare di tipo sanitario, previdenziale e di sostegno al reddito. Le due forme di welfare possono comunque convivere e non sono concorrenti tra loro poiché nella maggior parte dei casi provengono da fonti di finanziamento diverse, fisse le prime derivanti dalla contrattazione collettiva aziendale o da liberalità, flessibili le altre derivanti dalle componenti della retribuzione premiale e variabile.

I welfare manager di Praesidium hanno il compito di relazionarsi quotidianamente con l’HR management per far capire che l’assistenza sanitaria integrativa -contrattuale è un patrimonio acquisito, grazie all’azione delle parti sociali, che salvaguardarla   e che mal si adatta a forme di flessibilità o di convenienze economiche di mercato, quasi sempre virtuali, che incrinano il principio di solidarietà intergenerazionale insito nei CCNL.

Per ciò è necessaria una nuova narrazione del welfare aziendale auspicabilmente sostenuta e promossa da una nuova cultura dell’HR management improntata sulla logica del valore condiviso del benessere organizzativo, su un migliore equilibrio di vita privata e lavorativa e su una maggiore assistenza sanitaria per contrastare quelle fragilità socio-economiche delle popolazioni più anziane e che rischiano di non essere curate per scelte anagrafiche discriminanti.

Occorre ridisegnare nuovi contorni di connessione tra sanità pubblica e sanità integrativa che concorrano, da una parte, alla produzione di benessere attraverso maggiori grandi misure strutturali digitalizzate che assicurino più sicurezza, più prevenzione e più equità verso coloro che la sostengono con il pagamento delle tasse e, dall’altra, come valore integrante di protezione non più intesa come dimensione individuale ma come valore collettivo ed elemento primario del lavoro e della produzione con l’importante funzione di prevenzione e monitoraggio della salute di chi produce.

In tale nuovo scenario di rafforzamento del ruolo della sanita integrativa forse sarà utile inserire anche nuove forme di defiscalizzazione differenziate per prestazioni erogate che tengano conto anche dei “carichi sociali” e del livello minimo di benessere che si vuole assicurare al nucleo familiare del dipendente, oggi assai diverso per composizione, ed uniformare la decontribuzione, oggi paradossalmente discriminata tra i benefits sanitari e previdenziali con un contributo di solidarietà del 10% a carico dei datori di lavoro, con la decontribuzione totale prevista per le altre forme di welfare come quelle ludico ricreative di minore rilevanza sociale.

Il dopo Covid può aiutarci a declinare definitivamente il valore del welfare state e welfare integrativo come elementi essenziali di una grande necessaria trasformazione socio-economica della società, che va oltre il puro vantaggio fiscale ed in grado di rispondere ai nuovi bisogni di protezione, in un quadro unitario delle ragioni della produttività con quelle della redistribuzione del valore creato da una moderna impresa. Se non ora, quando?

Perché non temere il Covid-19

Perché non temere il Covid-19

Al termine dei tre anni di consiliatura, il presidente Giuseppe Noviello conferma la solidità di Previndai nell’affrontare l’emergenza da Covid-19

Sto per lasciare la Presidenza di Previndai, ruolo che ho avuto l’onore di ricoprire per 3 anni a partire dal 22 maggio 2017.

Avrei potuto dire che durante la consiliatura i dirigenti iscritti sono aumentati, superando a fine 2019 la soglia degli 82.000, i versamenti annui sono passati a 900 milioni di euro ed il patrimonio è aumentato a 12,5 miliardi di euro, mantenendo invariato il prelievo a carico degli iscritti per il funzionamento del Fondo, con un costo tra i più competitivi nel settore della previdenza complementare.

Ed ancora che il patrimonio è suddiviso nei comparti assicurativi (Assicurativo 1990: 6 miliardi euro, Assicurativo 2014: 4 miliardi) e finanziari (Bilanciato: 1,5 miliardi, Sviluppo: 1 miliardo), gestiti i primi da Generali (45%), Allianz (25%), Unipol Sai (24%), Reale mutua (6%) ed i secondi per il 90% da AXA, Pimco, Eurizon, ognuno per 1/3, in investimenti c.d. liquidi e per il restante 10% da c.d. fondi alternativi, con BlackRock quale Advisor del Fondo per gli investimenti finanziari.

Che i comparti assicurativi, tutelati da rendimenti minimi garantiti, hanno sempre battuto con i loro risultati il rendimento del Tfr e l’inflazione, che per il 2019 i comparti finanziari hanno registrato un risultato netto a due cifre, 12,32% per Bilanciato e 15,89% per Sviluppo.

Perché non temere il Covid-19

Avrei presentato tabelle e grafici e proseguito con le tematiche affrontate durante la consiliatura.

Il livello del servizio agli iscritti, ad esempio, fiore all’occhiello del Fondo, del quale la quasi totalità dei dirigenti si ritiene soddisfatta, con l’arricchimento delle informazioni periodiche ed il rinnovato sito web, area pubblica e privata. E che dire del call center telefonico, gestito direttamente da personale del Fondo esperto, che riscuote da sempre ampio consenso.

Avrei parlato degli scenari e delle strategie di investimento dei comparti finanziari, con il passaggio da una gestione specialistica ad una multi asset, con tre gestori di cui viene verificata costantemente la prestazione, e degli investimenti nell’economia reale, 10% dei comparti finanziari, per ottimizzare il rapporto rendimento/rischio contando sulle sinergie tra aziende competitive e manager competenti; del coinvolgimento del Fondo nei sei fondi selezionati attraverso la presenza nei loro Advisory Committee.

E che dire dell’apertura dell’iscrizione ai familiari, particolarmente importante perché consente di introdurre alla previdenza complementare i giovani, con tutti i vantaggi di una iscrizione precoce, o della Rendita Integrativa Temporanea Anticipata, sostegno finanziario agli iscritti in difficoltà.

Mi sarei soffermato poi sul rafforzamento dei sistemi di controllo, con la creazione delle funzioni di gestione del rischio, di revisione interna e della compliance, nonché della nomina del responsabile della protezione dei dati, in linea con la normativa europea, e sulla revisione dell’assetto organizzativo, in coerenza con il nuovo sistema di controllo ed ampliando le competenze della funzione finanza, accrescendo così il know how interno del Fondo, che si pone ora in condizioni dialettiche rispetto all’Advisor.

Non meno importanza avrei dato al rapporto con i giovani, con la conferma dell’edizione annuale del Premio per tesi di laurea alla memoria del precedente Direttore Generale, ed all’implementazione dei supporti informatici, con la costante attività di indirizzo e controllo del servizio, reso per la massima parte dalla Selda di cui il Fondo detiene una quota del 45%.

Perché non temere il Covid-19

Ed avrei riferito con grande soddisfazione dell’ampliamento delle logiche di comunicazione, su tutto il rafforzamento della identity del Fondo con il nuovo logo, che doveva essere presentato ufficialmente a marzo 2020 in occasione dei previsti festeggiamenti per la ricorrenza del 30° anniversario di vita di Previndai, rinviati a causa di Covid-19.

Non avrei dimenticato le raccomandazioni per il futuro, brutta abitudine di chi lascia, e quindi l’attenzione ai contratti assicurativi e alla loro scadenza: rendimento minimo garantito – consolidamento dei risultati – tavole di conversione in rendita favorevoli, condizioni che devono essere ripensate alla luce delle modifiche intervenute in questi anni nel settore delle Compagnie di Assicurazione.

Avrei richiamato il tema delle associazioni di categoria, nelle quali la leadership di Previndai nel campo della previdenza comporta l’onere di assumere un ruolo adeguato per conseguire obiettivi di interesse del settore.

Avrei anche ricordato che gli asset Previndai, Fasi, Assidai, Praesidium, coprono una vasta gamma di attività negli ambiti della previdenza complementare e dell’assistenza sanitaria integrativa, anche con prodotti assicurativi, e che l’esperienza ed il know-how acquisiti possono essere messi a disposizione di un settore in continua espansione.

Avrei infine concluso ringraziando i componenti del Consiglio di Amministrazione, del Collegio Sindacale e dell’Organismo di Vigilanza, la Società di Revisione, il Direttore Generale e la Struttura tutta.

Purtroppo non posso terminare così, perché i recenti accadimenti legati al Covid-19 mi impongono responsabilmente alcune riflessioni aggiuntive.

Anche se i recenti crolli dei mercati azionari sono analoghi a quelli dei drammatici giorni della crisi finanziaria del 2008 e lo shock economico cui stiamo assistendo è sia dal lato della domanda che dal lato dell’offerta, c’è da ritenere che l’economia globale non si trovi nella stessa situazione di allora. Infatti, sebbene le misure di contenimento del contagio del Covid-19 abbiano portato alla quasi paralisi dell’attività economica, i provvedimenti di politica monetaria e fiscale, adottati in modo adeguatamente espansivo, forniscono sostegno durante lo shock, per poi tornare alla ripresa dell’attività economica nella seconda metà dell’anno, senza danni permanenti al sistema economico.

Le banche centrali sono intervenute con misure rilevanti e talvolta senza precedenti nella storia al fine di fornire liquidità e stabilizzare la situazione di panico nei mercati finanziari.

L’entità delle misure adottate è stata simile a quella della crisi finanziaria del 2008 se non anche maggiore: la FED ad esempio con un programma di acquisti che non ha precedenti nella storia in quanto illimitato in termini di ammontare e senza scadenza temporale predeterminata.

Le politiche monetarie tuttavia non hanno ampio spazio di azione, in quanto i tassi di interesse di inizio anno partivano già da livelli bassi e dopo i recenti provvedimenti espansivi sono già arrivati a livelli minimi sotto i quali è difficile spingersi. E’ quindi necessario che le politiche fiscali siano più espansive in quanto ancora non sufficienti a tutelare piccole aziende e lavoratori. Le politiche fiscali devono sfruttare i margini di azione che le banche centrali stanno mettendo a disposizione.

Quanto alla diffusione del Covid-19, in Cina la curva di contagio ha rallentato in circa 6-8 settimane grazie alle rigide misure adottate. Il ricorso, nel resto del mondo, a misure di contenimento tali da stabilizzare la curva epidemiologica, come accaduto in Cina, porterà ad una lenta ripresa, con accelerazione nella seconda metà del 2020.

Bisogna quindi attraversare la burrasca, contenendo i danni quanto più possibile, per farsi trovare pronti alla ripresa del ciclo economico espansivo, facendo tesoro di quanto avvenuto e certi che nel medio-lungo termine i mercati recupereranno le recenti perdite. Il Fondo, dal canto suo e come sempre fatto finora, saprà assicurare ai propri iscritti risultati positivi.

Previndai ha le carte in regola per affrontare la situazione perché può contare su collaboratori di elevata professionalità e spiccato senso di appartenenza ed opera in collaborazione con strutture di primario standing mondiale. Ancora una volta dobbiamo ringraziare la lungimiranza di Federmanager e Confindustria.
Ora posso veramente concludere con soddisfazione la mia esperienza di Presidente.

Scommessa vinta e di merito c’è tanto bisogno!!!

Premio giovane Manager – Finale Centro Sud – Roma 28 gennaio 2020

Eh già, chi lo avrebbe mai pensato che saremmo arrivati alla terza edizione nazionale del Premio Giovane Manager. Mi sembra ieri quando il 16 dicembre 2016 nella Sala della Lupa alla Camera dei Deputati facemmo la primissima edizione come Federmanager Roma (quindi estesa solo ai nostri giovani) lanciando un contest nata grazie all’intuizione del Presidente Gargano e del sottoscritto. Difatti, ci inventammo lì per lì un premio ed una procedura di selezione che sembrerebbe uguale a tante altre ma che in realtà non lo è e ve lo spiego.

Renato Fontana, Coordinatore Gruppo Giovani Federmanager

Prima di tutto non c’è una giuria (come spesso accade) che si riunisce e comincia a cercare nomi da premiare, qui infatti tutti i giovani iscritti a Federmanager sono candidati perché la selezione avviene su tutto il bacino dei giovani manager. Inoltre, la selezione nella prima fase è una peer to peer review ovvero dei manager (il Coordinamento Nazionale ovvero il Gruppo Giovani di Roma nella primissima edizione) che si riuniscono e valutano collettivamente i candidati che possono anche essere stati segnalati da un collega che li ritiene particolarmente meritevoli.

Quest’ultimo punto è un valore aggiunto per tutta la nostra Federazione perché rappresenta dei colleghi (altrettanto bravi come i candidati) che si mettono al servizio di altri per valorizzare quelli più meritevoli che magari rivestono già posizioni di rilievo, hanno fatto eccellenti percorsi di studio e di carriera, anche internazionali.

Tuttavia per rendere più selettivo il percorso e rimuovere quell’idea di una cosa fatta e gestita in casa, ecco che dopo il primo step subentra un Head Hunter di caratura internazionale. Quest’ultimo, in autonomia, risente i candidati evidenziati dalla prima selezione (per la verità abbastanza ampia) e li valuta attraverso dei parametri oggettivi ai quali poi si aggiunge un colloquio individuale in cui viene fuori l’esperienza professionale del candidato a la sensibilità professionale di chi, Head Hunter, ricerca quotidianamente talenti di successo da inserire in azienda.

La vocazione del leader d’impresa

La vocazione del leader d’impresa

Le organizzazioni giovanili di Federmanager, UCID e Unindustria hanno organizzato un incontro dall’alto valore culturale con Padre Robert Sirico, fondatore e Presidente dell’Acton Institute ed uno dei massimi esperti e conoscitori dei rapporti tra principi etico-religiosi, imprenditoria ed economia di mercato

Mercoledì 4 dicembre a Roma, presso il Centro Studi Americani, si è svolto un “business leaders share”, con a tema “La vocazione del leader d’impresa”, fra i giovani imprenditori e dirigenti di Federmanager, UCID ed Unindustria con Padre Robert Sirico, sacerdote, fondatore e presidente dell’Acton Institute for the Study of Religion and Liberty, un’organizzazione non profit che si occupa di promuovere “una società libera caratterizzata dalla libertà individuale e fondata su principi religiosi.

Padre Robert A. Sirico, nato a Brooklyn (New York), il 23 giugno 1951, è un sacerdote e commentatore economico americano. Nel 1990 ha fondato l’Acton Institute for the Study of Religion and Liberty, un’organizzazione non profit che si occupa di promuovere “una società libera caratterizzata dalla libertà individuale e fondata su principi religiosi”, di cui è presidente

Dopo i saluti di benvenuto da parte di Andrea Chiappetta, consigliere di amministrazione del Centro Studi Americani, il tema, “La vocazione del leader d’impresa”, è stato affrontato nella lectio di Padre Sirico. Il suo pensiero parte dall’idea che la libera iniziativa imprenditoriale, secondo la Dottrina Sociale della Chiesa, non solo è legittima ma anche degna di lode, tanto da essere una vera e propria “vocazione”.

Contribuendo a creare benessere per la società, tale vocazione è messa in relazione con il più profondo messaggio cristiano, la dignità dell’uomo e la santificazione del mondo attraverso il lavoro. “Come Dio – ha ricordato Padre Sirico – siamo capaci di fare non solo buoni affari, ma anche grandi nobili affari, siamo capaci di creare nuove ricchezze, per noi e per tutti. E attraverso le nostre imprese, possiamo mettere i nostri tesori a disposizione degli altri. La persona non è solo importante per il mercato. È proprio al centro del mercato. La persona umana è la fonte e il vertice dell’economia”.

Ha concluso Padre Sirico: “Per capire le radici della vocazione del business leader, bisogna capire il significato della persona, della natura umana di tutti noi coinvolti in un’impresa, scambiando merci, servizi, producendo meravigliose invenzioni per il bene comune. Non è un caso che l’economia di mercato di cui godiamo oggi è provenuta dalla tradizione giudaico-cristiana. Proprio grazie ai contenuti della nostra fede abbiamo cercato di proteggere e promuovere la proprietà privata, la creatività per migliorare il mondo come cocreatori”.

Giacomo Gargano, Presidente Federmanager Roma

Al termine della lectio magistralis di Padre Sirico, sono seguiti gli interventi di Benedetto Delle Site (Presidente Giovani UCID Lazio), Giulio Natalizia (Presidente Gruppo Giovani Imprenditori Unindustria), Renato Fontana (Presidente Coordinamento Giovani Federmanager) e Pierluigi Germani (Presidente nazionale Giovani UCID). “L’iniziativa – hanno sottolineato gli organizzatori – nasce dalla volontà di approfondire il significato più profondo dell’essere un leader d’impresa, come risposta ad una autentica vocazione, tramite la quale vengono generati ricchezza e benessere a vantaggio dell’intera società”.

Tirando le conclusioni della giornata di studio, il senatore Riccardo Pedrizzi, presidente UCID Lazio e Comitato Tecnico Scientifico Nazionale, Giacomo Gargano, presidente di Federmanager Roma, e Giancarlo Abete, AD del Gruppo ABETE, hanno ricordato lo sviluppo recente della dottrina sociale della Chiesa per quanto di essa attiene all’impresa, ed elogiato il lavoro di approfondimento e riflessione avviato dai responsabili dei gruppi giovani delle tre organizzazioni.

Progetto per Amatrice: ricostruire dalle competenze

I dipendenti del Comune di Amatrice sono i destinatari di corsi di formazione, incentrati su competenze manageriali e modelli di leadership, per affrontare con strumenti innovativi la complessità degli interventi sul territorio. Un’iniziativa voluta da Federmanager nazionale, Federmanager Roma e Federmanager Academy, dall’alto valore simbolico e sociale

Quando l’amico e collega Massimo Bufacchi, vicesindaco e assessore del Comune di Amatrice dopo le elezioni amministrative del 26 maggio u.s., chiese a Federmanager Roma di fare dei corsi di formazione per i suoi dipendenti, con l’ambizione di poter arrivare un giorno ad una certificazione di qualità del Comune, ho immediatamente sposato il progetto con grande entusiasmo.

Medesimo entusiasmo ho riscontrato nel parlare dell’iniziativa al presidente Federmanager Stefano Cuzzilla e al presidente Federmanager Roma Giacomo Gargano. Allora ho pensato che le persone che abitano in questo borgo distrutto dal sisma del 2016, che hanno scelto di rimanere in questa terra bellissima in condizioni di estremo disagio, meritassero di ricevere un servizio di alto valore professionale.

Personalmente, ma credo sia un sentire comune, penso che qualsiasi azione piccola o grande che sia, fatta per Amatrice o per altri territori che hanno avuto la distruzione, in questo particolare momento storico in cui i riflettori della scena sono un po’ abbassati oppure rivolti altrove, abbia un altissimo valore simbolico e sociale.

Progetto per Amatrice: ricostruire dalle competenze

A tre anni dal terremoto che ha colpito le zone del centro Italia, la ricostruzione è ferma al 4%, si sono succeduti tre Commissari e anche con l’ultimo decreto del Governo, diventato legge pochi giorni fa, si è persa un’occasione bocciando alcuni emendamenti, tra i quali la proroga della zona franca urbana speciale fino al 2027, che avrebbero garantito agevolazioni ed esenzioni di lungo periodo permettendo di pianificare investimenti, sia a chi ha scelto di rimanere, sia a chi vorrebbe contribuire a fare rinascere quelle terre.

Per rispondere con un servizio di qualità alla richiesta del vicesindaco Bufacchi, mi sono rivolta alla nostra Federmanager Academy, al suo Direttore Federico Mioni, il quale, rispondendo anch’egli con grande entusiasmo, ha colto perfettamente lo spirito del messaggio da trasmettere a queste persone. “Ricostruire” dalle competenze manageriali per fornire modelli di leadership e affrontare con strumenti innovativi la complessità dei cambiamenti a livello mondiale a partire dagli interventi sui territori; un modo diverso di guardare ai fenomeni e il ruolo di un Comune che vuole governare l’emergenza ma vuole anche guardare avanti, andare oltre.

Progetto per Amatrice: ricostruire dalle competenze

Il mondo è in movimento, i problemi globali richiedono soluzioni globali e Amatrice deve imporsi uno scenario più ampio, con i suoi punti di eccellenza distintivi nella percezione di altri paesi. Il miglioramento di ogni organizzazione passa attraverso il cambio culturale, la sfida alla significatività delle strutture, processi e procedure esistenti, al cambiamento dello status quo e la capacità di stare insieme, di fare squadra, di integrarsi, di comunicare, nel rispetto dei reciproci ruoli, è parte fondamentale di questo processo evolutivo.

Il management e la formazione possono dare un contributo fondamentale quando rappresentano un modo di pensare e non solo un insieme di tecniche, quando spingono ad un confronto continuo, una education capace di innescare sul territorio un processo di crescita permanente.

Anche capitalizzando una tragedia come quella del terremoto, Amatrice potrà tornare ad essere una splendida realtà che guarda oltre se stessa, che vive nel mondo attuale governato dai cambiamenti e dalla comunicazione globale, sviluppando una maggiore consapevolezza dei propri punti di eccellenza mettendoli a sistema, rafforzando il dialogo tra tutti gli attori, facendo un’azione di marketing territoriale nella comunicazione delle competenze acquisite nel campo degli interventi emergenziali post terremoto, delle eccellenze gastronomiche, delle bellezze artistiche e paesaggistiche.

L’urgenza di una politica industriale

L’urgenza di una politica industriale

Spunti e riflessioni sulla necessità di una nuova politica industriale nel nostro Paese: pensare una strategia che tenga conto del contesto economico e guardi ad un ruolo attivo per i manager

In occasione del recente Consiglio Nazionale di Federmanager, il presidente Stefano Cuzzilla, ha nuovamente rivendicato un ruolo attivo dei manager nel contribuire alla definizione di una Politica Industriale.

L’esigenza della definizione di una strategia industriale è avvertita da anni da più parti: forze politiche, forze sociali, mondo imprenditoriale, opinione pubblica. Ma nonostante questo generico consenso, sostenuto anche mediaticamente, non si registrano atti concreti efficaci e significativi. Il problema è obiettivamente estremamente complesso e per essere affrontato richiederebbe un alleggerimento dalla pressione dei fatti contingenti ed un momento di riflessione su alcuni punti base che costituiscono le precondizioni su cui impostare una linea strategica.

 

Non è possibile impostare una politica industriale senza tenere conto del contesto economico generale in cui è inserito il Sistema Italia.

1. La globalizzazione ha inasprito la competitività per tutti i fattori della produzione, accentuando i toni sia delle opportunità sia delle criticità, che nel caso dell’Italia sono prevalenti.

2. Competitività globale in concreto significa che nel sistema economico mondiale si affacciano, con incisività crescente, players di grandi dimensioni non solo demografiche (Cina, India, Corea) ma con regimi politici e sistemi culturali e istituzionali che competono con posizioni di vantaggio nei confronti di paesi più avanzati sul piano dei diritti sociali.

3. A questa aggressione, sul piano del confronto globale, si registra la risposta disordinata dei “Paesi Avanzati” che reagiscono ognuno in proporzione alla propria forza e con UNA PRIORITÀ: la tutela dei propri interessi. Gli esempi delle iniziative Usa sono evidenti ma non le sole anche se meno apparenti.

4. Alle sfide della globalizzazione si aggiungono le sfide derivanti dalla crescente attenzione verso i problemi climatici e ambientali. C’è un crescente dibattito tra chi dà per acquisiti i cambiamenti climatici e li attribuisce ai sistemi di produzione e di vita e chi è scettico. La prima ipotesi è oggetto di forte pressione mediatica e l’opinione pubblica è fortemente sensibilizzata. C’è una forte spinta alla promulgazione di leggi, direttive indirizzi di carattere internazionale tesi a modificare gli attuali sistemi produttivi e dei consumi.

5. Si è avviata una fase di profonda trasformazione e siamo appena all’inizio, siamo nel momento più difficile quello della TRANSIZIONE. Modificare assetti produttivi consolidati e modelli di consumo richiede in primo luogo uno sforzo economico/finanziario enorme a cui non tutti sono in grado di far fronte.

Questo è a mio avviso lo snodo fondamentale su cui orientare una strategia. Come gestire la transizione.

6. Il sistema economico italiano risulta fragile e la sua fragilità avverte momenti di criticità alla luce delle sollecitazioni del contesto internazionale. Il tessuto produttivo è costituito per la grande maggioranza (95%) da imprese di medie piccole dimensioni. Il sistema produttivo nel complesso, è caratterizzato da bassa produttività anche per fattori di carattere generale: eccesso di burocrazia, moltiplicazione di centri decisionali, un sistema giudiziario appesantito da troppe leggi e quindi lento e poco trasparente (almeno agli occhi eteri).

7. Il sistema produttivo è SOTTOCAPITALIZZATO. Il risparmio è ancora a livelli elevati ma non è incentivato a trasformarsi in capitale di rischio.

8. Il sistema produttivo italiano ha subito una progressiva erosione da oltre 20 anni, da quando, nella falsa prospettiva che tutta l’illegalità fosse ascrivibile alla presenza pubblica, nell’economia fu avviato un sistematico e frettoloso smantellamento della presenza pubblica in tutti i comparti, a cominciare dalla privatizzazione del sistema del credito. Senza una visione strategica. Abbiamo ceduto quote significative di enti come ENI ed ENEL per fare cassa nella falsa illusione di ridurre il debito pubblico. Abbiamo ridotto il debito di quote poco significative, rinunciando a dividendi corposi per 20 anni e più.

9. Molto spesso abbiamo ceduto know how (Pirelli, Magneti Marelli ecc.) ed in molti casi BRAND, come ad esempio nel settore della moda. Registriamo lo sviluppo di catene come IKEA, Decathlon, McArturGlen, Auchan, McDonald, che sono campioni soprattutto di capacità organizzative e non di controllo di prodotti o tecnologie avanzate. Sistemi però che stravolgono il nostro commercio di prossimità.

10. Ci troviamo ad uno snodo molto delicato. La recente esplosione del caso ILVA ed il perdurare dei fallimenti nel risolvere il caso ALITALIA (senza considerare i numerosi altri esempi), sta proponendo con forza il tema di come intervenire con azioni di sostegno in grado di risolvere i casi di crisi e, nel contempo, dare uno stimolo alla crescita del PIL che ristagna da anni.

 

11. Si fronteggiano due posizioni. Da un lato chi come Romano Prodi (in un recente articolo su Il Messaggero), ma anche il prof. Sapelli in misura più o meno marcata, ritengono ineludibile e non rinviabile un maggior impegno dello Stato nell’economia. Ci sono molti esempi di presenza virtuosa del capitale pubblico, basti pensare ad imprese come ENEL, ENI, Poste, F.S. Leonardo. La remora non può essere un ipotizzato lassismo nella gestione pubblica. È importante stabilire delle regole d’ingaggio per il management chiamato a governare le imprese pubbliche con l’unico salvacondotto rappresentato dai risultati (in passato non è sempre stato così). D’altro canto non ci inventiamo nulla di nuovo, in Francia e Germania la presenza pubblica in imprese è nell’ordine delle cose. La stessa imprenditoria privata dovrebbe auspicare ad un ritorno del pubblico in economia non in misura monopolistica ma in compartecipazione per ammortizzare i rischi di mercato.

12. In verità c’è una terza via, auspicata dagli economisti di Prometeia, che guarda ad un quadro di intese, a livello europeo, tra imprese che raggiungano dimensioni e peso specifico per competere a livello globale. In linea di principio l’obiettivo sarebbe condivisibile, ma sul piano pratico mancano una serie di presupposti, in particolare che a fondersi siano operatori di pari peso rischiando altrimenti fenomeni di cannibalismo. C’è anche una corrente di pensiero che teme però che il ritorno dello Stato in economia non sia una versione riveduta e corretta delle Partecipazioni Statali, ma piuttosto della GEPI nella sua funzione assistenziale e non imprenditoriale. Ancora una volta si tratta di tracciare delle linee precise di ingaggio cui dovrebbero attenersi i futuri consigli di amministrazione.

13. In conclusione, in questa fase di transizione, il sistema economico italiano con riferimento all’assetto produttivo non ha le risorse finanziarie sufficienti per favorire la trasformazione dei processi produttivi. Siamo un Paese privo delle materie prime tradizionali (petrolio, gas naturali, minerali), ma anche delle materie prime per le nuove tecnologie (litio, cobalto, rame). Dovremo fare fronte aumentando l’efficienza, il che richiede disponibilità finanziarie che soprattutto il sistema imprenditoriale non ha a sufficienza. Un impegno qualificato del capitale pubblico in settori strategici è auspicabile. Parallelamente è altresì indispensabile, per rimuovere l’accusa di assistenzialismo pubblico, che si intervenga in tutte le amministrazioni locali, nella aziende municipalizzate e non solo nella pletora di enti inutili, per dare una dimostrazione concreta che anche il pubblico può e deve essere efficiente.

 

Il Congresso Nazionale Assidifer – Federmanager

Il Congresso Nazionale Assidifer – Federmanager

Si è svolto a Rimini il ventottesimo Congresso Nazionale di Assidifer – Federmanager. Una fruttuosa tre giorni nel corso della quale sono stati affrontati temi di grande rilievo ed attualità

Dal 15 al 17 novembre scorsi si è svolto a Rimini il ventottesimo Congresso Nazionale di Assidifer – Federmanager. Prima di entrare nel dettaglio di quanto è emerso, è importante un minimo di presentazione. All’interno della complessa galassia di Federmanager, Assidifer è l’organizzazione che rappresenta, con la Federazione, i dirigenti del Gruppo FS.

Fondata oltre settanta anni fa, nel 1946, è confluita nel 1992 nell’allora FNDAI, diventando parte della grande famiglia della rappresentanza dei dirigenti industriali. Da quel giorno il Sindacato dirigenti del Gruppo FS ha assunto la denominazione attuale di Assidifer – Federmanager.

Dunque, una lunga storia, riassumibile nei seguenti passaggi.
Dalla ricostruzione diacronica sopra riportata emerge in modo evidente il ruolo di Assidifer,
che ha accompagnato l’evoluzione del Gruppo FS dal dopoguerra a oggi, trasformatosi da Azienda Autonoma dello Stato a Gruppo integrato multimodale, sia per i trasporti che per le infrastrutture, con una proiezione fortemente internazionale. Oggi Assidifer è punto di riferimento consolidato dei dirigenti e dell’Azienda e si pone come coordinamento delle RSA delle società del Gruppo FS, organi che – nella sostanza – sono in comune con Federmanager Roma.

Al ventottesimo Congresso Nazionale hanno partecipato 100 colleghi (in servizio e pensionati),
in rappresentanza di una realtà associativa di circa 900 dirigenti. I lavori si sono aperti con
un panel di partecipanti di rilievo, sia da parte aziendale sia come Federmanager: Stefano
Cuzzilla Presidente Federmanager intervenuto in video messaggio; Paolo Parrilla, Presidente Assidifer; Franco Stivali, Segretario Generale Assidifer; Gianfranco Battisti, Amministratore Delegato e Direttore Generale del Gruppo FS Italiane; Riccardo Pozzi, Direttore Centrale Risorse Umane e Organizzazione Gruppo FS Italiane; Eros Andronico, Vice Presidente Federmanager; Giacomo Gargano, Presidente Federmanager Roma;Marcello Garzia, Presidente FASI; Giuseppe Noviello, Presidente Previndai; Salvatore Carbonaro, Presidente Praesidium.

I temi affrontati sono stati di grande rilievo e attualità, inerenti l’Azienda, in particolare per
quanto riguarda i trasporti e le infrastrutture, ed il mondo Federmanager, con interessanti
approfondimenti sugli aspetti relativi a Previndai e alle importanti coperture sanitarie e assicurative collegate in particolare a Fasi ed Assidai. Gli organi di vertice di Assidifer – Federmanager sono stati confermati. Il Consiglio nazionale è stato rinnovato per un terzo, con l’ingresso di giovani dirigenti che hanno (fortunatamente) voglia di impegnarsi nel faticoso compito della rappresentanza dei colleghi.

Dove è finita la Politica Industriale

Dove è finita la Politica Industriale

I casi Alitalia ed ex-Ilva sono lo specchio dell’incertezza e dell’instabilità del sistema industriale del nostro Paese. La Commissione Politiche Industriali di Federmanager lavorerà per individuare le soluzioni per ritornare a essere competitivi a livello internazionale

Alitalia, Ilva e i circa 150 dossier aperti sul tavolo del Mise sono evidenze di un Paese allo sbaraglio. Non c’è strategia. Non colgo, ahimè, la visione industriale. Si stanno facendo certamente cose buone: dare continuità alle agevolazioni per la trasformazione digitale delle imprese, il Fondo per l’innovazione, lo stesso voucher per l’inserimento di innovation manager, sono parte di un disegno positivo, che guarda avanti. L’impegno per l’ambiente, poi, costituisce certamente una preziosa opportunità per generare uno sviluppo diverso del tessuto produttivo.

Tuttavia, le questioni industriali più urgenti che attraversano le grandi aziende italiane e i siti di produzione più strategici, sono ben lontane da una soluzione chiara. C’è pressapochismo, c’è incertezza. Il caso dell’ex-Ilva parla da solo: abbiamo un management che si assume rischi enormi e che si scopre repentinamente privato delle immunità penali; abbiamo un grande gruppo straniero che fa dietrofront a un anno dalla stipula dell’accordo; abbiamo un governo che, nelle sue diverse sensibilità, non indica in modo chiaro la strada per garantire la continuità della produzione. Inoltre, la situazione di blocco sta producendo danni diretti sulla integrità degli stabilimenti. Il rallentamento della produzione sta pregiudicando l’intero patrimonio aziendale, ipotecando le chance di risultare attrattivo per qualsiasi investitore.

Noi non crediamo affatto nell’ipotesi “nazionalizzazione”, bensì confidiamo in un player industriale che abbia la capacità di avanzare un serio business plan e di farci recuperare le posizioni di mercato che abbiamo perso.

Occorre trovare una soluzione che non sacrifichi un caposaldo del sistema industriale come l’acciaio. È inimmaginabile sostenere la nostra manifattura rinunciando a questa produzione. Invece, non è impossibile sanare il sito e garantire una bonifica ambientale che metta in sicurezza la salute di lavoratori e comunità locale. Altrove, nemmeno troppo distante da noi, è stato fatto.

Quello che sta avvenendo a Taranto costituisce una grande questione industriale da tenere in seria considerazione. Alitalia è un altro caso eccellente che avrà conseguenze rilevanti, in un modo o nell’altro.

Partiremo da qui, e dalle tante situazioni gravose che compromettono il futuro dell’industria nostrana, per far sentire la voce del management. Nel 2020 daremo nuova linfa alla Commissione Politiche Industriali di Federmanager affinché sia protagonista, con un taglio assolutamente interventista, delle scelte di politica industriale che vanno prese.

Riuniremo i colleghi più esperti non certo per criticare, bensì per portare avanti una programmazione di lungo respiro, per individuare le soluzioni che consentano alle imprese grandi così come a quelle di dimensioni minori di essere competitive sul mercato globale.

In definitiva, per sostenere un programma di politica industriale che sopravviva ai cambi di governo e si faccia valere nei consessi europei. Il futuro, purtroppo, non è quello di una volta, sentenziava Paul Valery. Ora tocca a noi scriverne uno all’altezza della sfida.