Dimostra che sei un essere umano


Federmanager Roma

Riccardo Pedrizzi: Prepararsi all’Industria 4.0

Riccardo Pedrizzi: Prepararsi all’Industria 4.0

La formazione di manager e dirigenti, la crescita economica e sociale del Paese, da Nord a Sud, sono obblighi non rimandabili in vista della imminente “quarta rivoluzione industriale”

A chiudere gli interventi è stato il senatore Riccardo Pedrizzi, Presidente Nazionale Comitato Tecnico Scientifico dell’Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti del Lazio (UCID Lazio) ha chiuso gli interventi. Il Paese deve oggi affrontare una difficilissima sfida: quella dell’Industria 4.0, la quarta rivoluzione industriale che andrà ad incidere sulla vita di ciascuno di noi e delle nostre famiglie. Tutto ciò in un Paese che vive una contingenza politica ed economica particolarmente difficile: crisi demografica, il divario tra Nord e Sud, le differenze salariali. Tutto questo “pone il problema della formazione dei dirigenti e dei manager. Noi dobbiamo imprimere una forte accelerazione che sia agganciata alle contingenze del mutamento storico, economico e sociale che stiamo vivendo”.Riccardo Pedrizzi: Prepararsi all’Industria 4.0Pedrizzi ha affrontato anche il tema della sicurezza delle nostre aziende: “il nostro apparato industriale è oggetto di attenzione e di conquista di Paesi stranieri come Cina, Francia, Stati Uniti e Germania. Gli stessi che, recentemente, hanno approvato leggi che servono a bloccare la possibilità che altri Paesi, in particolare l’Italia, di entrare alla conquista di alcuni settori merceologici. Personaggi come Macron o Merkel, che si dicono ultraliberisti, quando si guarda alla difesa del loro apparato industriale chiudono ermeticamente e non consentono alcun accesso”.

In conclusione Pedrizzi ha ricordato l’indispensabile necessità di una formazione professionale di qualità: “Noi dovremmo rivedere il nostro sistema educativo. La nostra formazione professionale è stata da sempre un vanto e forniva intelligenza e tanta esperienza all’apparato industriale. Oggi, in particolare le aziende del Nord, non riescono a trovare dipendenti specializzati e con una specifica preparazione. Oggi il tempo di lavoro viene definito in Europa “poroso”, cioè che si sovrappone agli altri tempi di vita. Non esiste più il tempo lavorativo di una volta, 24 ore suddivise in tre turni da 8. Il lavoro di ‘tipo poroso’ consente di lavorare per obiettivi anche per 20 ore al giorno, rompendo completamente gli equilibri tra tempo lavorativo e tempo libero”.

Claudio Lotito: La forza delle determinazione

Claudio Lotito: La forza della determinazione

Ricordando i successi sportivi e di bilancio alla guida della Lazio calcio, Claudio Lotito ha sottolineato che soltanto dall’impegno, il buon senso e l’interesse esclusivo dell’azienda nasce un buon imprenditore

In rappresentanza del mondo dell’imprenditoria è intervenuto il Presidente della Società Sportiva Lazio Claudio Lotito. Di fronte ad un eccesso di burocrazia e ai troppi centri di potere, l’unica via di uscita sta nella “capacità di chi deve portare a casa il risultato, nella sua determinazione nel trovare le soluzioni possibili per superare gli ostacoli”.Ha ricordato il suo percorso alla Lazio, la società “fatturava 84 milioni e ne perdeva 86,5 e aveva 550 milioni di debiti. Era una società tecnicamente fallita. Oggi la Lazio è economicamente sana: ha chiuso il bilancio con più 38 milioni e con risultati sportivi di grande rilievo: negli ultimi anni è la società calcistica italiana ad aver vinto di più rimanendo seconda solo alla Juventus. Chi mi conosce sa bene che le imprese mi piacciono, sono un irriducibile combattente e, non a caso, stiamo oggi portando avanti un’altra sfida da troppi considerata impossibile. Penso che un’azienda sia come una grande famiglia, dove il padre deve adottare il buon senso e dove tutti devono essere motivati e concorrere a una gestione che tuteli l’interesse generale dell’impresa”.

Fondamentale il ruolo dell’imprenditore: “È troppo comodo decidere di comprare un’azienda e relegare ad altri la gestione, in realtà quello che può dare l’imprenditore non è in grado di darlo nessun altro. L’imprenditore deve essere un combattente, deve perseguire il suo risultato con tutti i mezzi, ovviamente leciti e legittimi. Prima l’interesse dell’azienda poi l’interesse dei singoli“. Ha poi concluso: “Nella vita quello che conta è il lavoro di équipe, la determinazione, la strategia chiara dove si vuole arrivare, e soprattutto, il convincimento che tutti sono utili, ma nessuno è fondamentale. Con questa filosofia tutti lavorano per lo stesso obiettivo e si possono raggiungere grandi traguardi“. Ha aggiunto Lotito: “Ho un gruppo di 8 mila dipendenti che operano tra differenti categorie merceologiche: pulizie, vigilanza, costruzioni, mense, petrolio e calcio. Noi imprenditori dobbiamo essere persone del fare e dare soluzioni tecniche ed immediate. Bisogna dare risposte”.

Ma come conciliare il mondo del calcio e quello dell’imprenditoria? Lotito ha le idee chiare sul punto: “È importante guardare allo sport, allo spirito di gruppo, al voler vincere tutti insieme. La capacità del manager è quella di coinvolgere tutti in determinate scelte, condividerle e battersi per loro”.

Mario Trimeri: Un manager che scala le montagne

Mario Trimeri: Un manager che scala le montagne

Non è un modo di dire, legato alle difficoltà che quotidianamente gli uomini di impresa devono affrontare. Mario Trimeri ha scalato davvero le montagne più alte al mondo, conciliando questa sua passione con l’attività di manager di successo 

Per poter spiegare il termine “Sfide” e fin dove è possibile arrivare con impegno, dedizione, coraggio e intraprendenza, l’Assemblea annuale di Federmanager Roma ha invitato Mario Trimeri. Manager con la grande passione per i viaggi e per la montagna, l’impegno e la professionalità che mette nelle sue imprese ad alta quota gli hanno consentito di scalare le Seven Summits, cioè le 7 vette più alte nei 7 continenti del mondo.Mario Trimeri: Un manager che scala le montagneIl 18 maggio 2007 alle 10 e 24, dopo un primo tentativo fallito nel 2003, è arrivato a coronare il suo sogno di raggiungere la vetta dell’Everest. La sua testimonianza ha assunto un valore simbolico e reale. Trimeri oltre a questa grande passione per la montagna e il desiderio di mettersi costantemente in gioco, è anche un valido imprenditore che, 25 anni fa, ha deciso di rilevare un’azienda in forte perdita che, con impegno, costanza e tanto lavoro, in un solo anno è tornata a guadagnare. Come imprenditore ha ricordato che la burocrazia è un limite forte allo sviluppo e allo stesso modo lo sono le tasse ed i ritardi della giustizia. Ricorda come da piccolo il suo libro preferito fosse l’Atlante che gli consentiva di viaggiare con la fantasia.

Grande conoscitore del mondo, ha potuto verificare da vicino come l’Italia sia troppo ferma rispetto ad altri Paesi che crescono costantemente: “Sono di ritorno da un viaggio in Cambogia e Vietnam ed è stato in credibile vedere come Paesi, che solo 50 anni fa erano lacerati da conflitti, sono oggi ricchi di fermento e in continuo sviluppo, muovendosi ad una velocità che noi non possiamo neanche immaginare”.Mario Trimeri: Un manager che scala le montagneNato a Belluno, tra le Dolomiti, e cresciuto in Valle d’Aosta tra le Alpi, la passione per la montagna è nel suo dna: “Ho iniziato come arrampicatore su roccia, poi sulle pareti di ghiaccio e alla fine, oltra a fare trekking in giro per il mondo, ho iniziato a guardare molto più in alto. Dai miei primi 6mila sono passato ai 7mila metri, fino ad arrivare agli 8mila metri. Nel 2003 ho portato avanti il mio primo tentativo per raggiungere la vetta dell’Everest, seguendo i miei miti Bonatti e Messner dei quali leggevo i libri mai pensando un giorno di potermi confrontare con le loro imprese. La prima volta non sono arrivato in cima per mancanza di esperienza, sempre importantissima anche nel lavoro. Impresa riuscita il famoso 18 maggio 2007 alle ore 10 e 24”.

Ma le sfide della montagna cosa insegnano ad un uomo di impresa? Trimeri ha risposto senza esitare: “La mia esperienza di scalatore mi ha offerto importanti insegnamenti nella vita di tutti i giorni. Soprattutto che ognuno di noi ha potenzialità che nemmeno immagina, per questo è importante darsi da fare, tirare fuori le nostre capacità, provarci e riuscire ad ottenere ciò che sembrava soltanto un sogno”.

Raffaele Zurlo: La Galleria di Base del Brennero

Raffaele Zurlo: La Galleria di Base del Brennero

Raffaele Zurlo, CEO della Galleria di Base del Brennero, spiega storia, finalità e costi di un’opera infrastrutturale di grande valore commerciale ed ambientale. Un esempio di buona gestione, di rispetto dei tempi e del budget utilizzando leggi italiane

Parlando di grandi opere infrastrutturali e di eccelse capacità manageriali, di particolare interesse è stato l’intervento di Raffaele Zurlo, CEO del Brenner Basistunnel o anche Galleria di Base del Brennero, ed iscritto da diversi anni a Federmanager Roma. Si tratta di una società per azioni europea finalizzata alla realizzazione di una galleria ferroviaria tra Italia ed Austria. Una soluzione per il traffico merci che garantirebbe grandi benefici ambientali riducendo notevolmente il traffico su gomma.

La galleria fa parte di un più vasto programma di infrastrutture nel settore trasporti noto come progetto Ten T. Si tratta del corridoio scandinavo-mediterraneo da Helsinki (Finlandia) a La Valletta (sull’isola di Malta). La Galleria di Base del Brennero, una volta completata, sarà la galleria ferroviaria più lunga al mondo, con i suoi 64 chilometri: si entrerà a Fortezza, si uscirà oltre il confine con l’Austria a Tulfes.Raffaele Zurlo: La Galleria di Base del BrenneroRicorda Zurlo: “Abbiamo già investito 2 miliardi di euro nella realizzazione delle prime sezioni tra Italia e Austria, per la realizzazione totale i due governi hanno dato vita ad una società transfrontaliera, che è appunto la Brenner Basistunnel, di cui sono amministratore. Una società partecipata al 50% dall’Italia e 50% dall’Austria, che sta realizzando il tunnel per conto dei due Stati con il cofinanziamento dell’Unione Europea fino al 50%. Dunque Italia ed Austria spendono il 25% ciascuna del totale”.

Andando un po’ controcorrente su quanto sentito nel corso della giornata, Zurlo ha tenuto a precisare che “stiamo completando la galleria nel rispetto dei tempi e del budget utilizzando le leggi italiane. Non ci crederete ma stiamo utilizzando il tanto vituperato codice degli Appalti De Lise. Certamente ci siamo imbattuti nella burocrazia, ma credo che questa sia soltanto un insieme di regole che le competenze, le capacità e la serietà di chi le applica deve contribuire a percorrere nel modo più agevole possibile”.

Esemplare anche il comportamento e la strategia adottata con gli abitanti della zona: “tutti i progetti strutturali sono impattanti e comportano disagio per i  territori e le popolazioni che ne sono direttamente interessati. È importante considerare l’accettazione da parte della popolazione come un qualcosa di ancora più rilevante del know how ingegneristico o la disponibilità di macchine, tecnologie e conoscenze”.

Giovanni Lo Storto: La sfida della formazione

Giovanni Lo Storto: La sfida della formazione

L’Università Luiss Guido Carli è in prima linea per la formazione di studenti che sappiano diventare buoni manager ed affrontare le tante sfide che il futuro presenta. Fondamentali competenze verticali e competenze larghe

Per un serio rilancio del Paese la formazione di manager e dirigenti diventa un obbligo. A sottolinearlo è Giovanni Lo Storto, Direttore Generale dell’Università Luiss Guido Carli. Il mondo, come ci dicono i futuristi Peter Fisk a Gerd Leonhard, si trasformerà tra dieci anni più di quanto ha fatto negli ultimi duecento “tra pochissimo lavoreremo per il 90% con delle macchine, i nostri colleghi saranno perlopiù macchine. L’unico modo per superare il blocco che può derivare da una consapevolezza di questo tipo è darsi gli strumenti per essere capaci ad imporre la centralità della persona. Gli strumenti sono sostanzialmente di due tipi. Il primo è legato alle competenze verticali e il secondo alle competenze larghe”.Giovanni Lo Storto: La sfida della formazioneFondamentale diventa lo studio e quel “pezzo di carta” che molti erroneamente considerano inutile. Lo Storto ha indicato dati preoccupanti: “Il numero di laureati nella fascia 25-34 anni in giro per il mondo e in Europa, dove abbiamo l’obiettivo nel 2020 di arrivare al 40%, è molto alto in tutti i Paesi (Germania, Francia ecc.), ancora di più in nazioni del Nord Europa come la Finlandia o in Polonia, Estonia, Lettonia e Moldavia. Noi, nella fascia 25-34 anni, abbiamo un numero di laureati che è di circa il 26%. E anche se oggi investissimo risorse enormi mai riusciremmo ad alzare questo numero per il 2020, probabilmente nemmeno per il 2025. Fermo restando che se avessimo il 40% di laureati in quella fascia di età le nostre aziende sarebbero più competitive e il nostro PIL sarebbe più alto del 4% a livello nazionale e del 10% in Regioni come Campania e Calabria. La prima questione da risolvere è dunque quella delle competenze verticali. Dobbiamo avere persone competenti, soprattutto in un mondo che viaggia ad enorme velocità dal punto di vista tecnologico”.

Ma non basta solo formarsi “occorre anche capire e conoscere il mondo, aggiungendo alle competenze verticali il rispetto per l’altro, la consapevolezza di quanto la persona è importante, l’accettazione della diversità, il valore del sacrificio”. Ma ancora più importante è “dare ai  ragazzi l’opportunità di realizzare la propria idea di impresa. Per questo, da qualche anno, abbiamo avviato l’acceleratore di impresa Luiss EnLabs, presente alla stazione Termini con uno spazio di oltre 5 mila metri quadri. Qui sono state avviate decine e decine di startup dove hanno trovato lavoro migliaia di ragazzi, con oltre 40 milioni di euro di investimenti”. Imprescindibile per Lo Storto un’accelerazione sul digitale: “perché da lì, anche per i manager e per le aziende che formano manager, parte la capacità di contribuire ad una crescita della produttività”. È per questo che sta per partire il progetto Luiss42, che già in Francia ha avuto grande successo ed è stato esportato in Silicon Valley in America. Una scuola che formi super esperti digitali, con alcune caratteristiche incredibili: non si paga la retta, non c’è bisogno di un titolo di studio, sarà sufficiente per accedere un semplice test che accerti le competenze e soprattutto non ci saranno professori. “La prima scuola al mondo in cui lo schema reale è: s’impara competendo con se stessi e collaborando con gli altri”.

Nicolò Marcello D’Angelo: Una Polizia vanto nel mondo

Dall’alto della sua esperienza, Nicolò Marcello D’Angelo ha voluto ribadire con forza la qualità assoluta delle forze di polizia italiane e la loro preparazione, con l’aiuto della tecnologia, a combattere i nuovi pericoli informatici

Il tema della sicurezza informatica e delle strategie per non farsi trovare impreparati di fronte a questo pericolo, è stato ripreso anche dall’autorevole contributo di Nicolò Marcello D’Angelo, già Prefetto e Vice capo della Polizia, insomma “un vecchio dinosauro della Polizia di Stato – come simpaticamente si è definito – con ben 47 anni di esperienza”.

Egli ha vissuto gli anni più difficili della nostra Repubblica, quando le strade di Roma erano una minaccia quotidiana per le forze dell’ordine. Gli anni del terrorismo, laddove si combatteva una battaglia terribile potendo contare su poca tecnologia. O ancora l’esperienza da questore durante il Giubileo straordinario del 2015, nel periodo in cui l’ISIS terrorizzava l’Europa dopo l’attentato a Charlie Hebdo e quando si trovarono le giuste misure tecnologiche, ma soprattutto le fondamentali risorse umane, per fronteggiare possibili attacchi in una città come Roma, impreparata e con una toponomastica estremamente complicata.Ciò che va detto, ha sottolineato D’Angelo, è che “quando si parla di cyber security si fa riferimento alla tutela delle aziende, alla protezione dei sistemi informatici, persino dei nostri smartphone e di tutto ciò che è tecnologico. Ma senza una componente importante e formata umana tutto questo non servirebbe a nulla”. Per nostra fortuna, ha tenuto a sottolineare D’Angelo, “l’Italia può contare su forze di polizia all’avanguardia e questo ci viene internazionalmente riconosciuto. L’unico limite che probabilmente abbiamo è quello di non riuscire a comunicare e far conoscere la nostra eccellenza”. Dunque, al di là delle tecnologie, fondamentale diventa la componente umana: “Voglio ribadire l’esigenza che il primo passo deve essere quello di un’interazione perfetta tra uomo e macchina, bisogna dunque puntare su risorse umane preparate che accompagnino le tecnologie. Gli attacchi informatici sono oggi all’ordine del giorno e possiamo consapevolmente ipotizzare che sarà così anche in futuro. Occorre preparazione ed un buon manager deve muoversi con attenzione e conoscere perfettamente la battaglia che è chiamato a combattere”.

Annamaria Parente e William De Vecchis: La politica, dialogo e confronto per crescere

Chi ci rappresenta in Parlamento è chiamato ad adottare misure urgenti e necessarie per superare la crisi e ridare vitalità all’economia. Tutto questo deve avvenire in un clima di confronto tra le forze in gioco, avendo quale unico interesse da difendere quello dei cittadini

In occasione dell’Assemblea annuale di Federmanager Roma non poteva mancare il contributo di chi è chiamato a fare le leggi e dare un indirizzo alla politica economica e del lavoro del nostro Paese.

William De Vecchis, Vice presidente Commissione Lavoro pubblico e privato del
Senato della Repubblica e Annamaria Parente, Vice presidente Commissione Lavoro pubblico e privato del Senato della Repubblica, hanno rappresentato alla platea la posizione della politica e le sfide che a questa si impongono per agevolare il lavoro degli imprenditori e dei manager.

Seppure su posizioni politiche antitetiche, della Lega De Vecchis e del PD Parente, hanno esposto le proprie ragioni in un clima di confronto e collaborazione che, come sottolineato da entrambi, è indispensabile per raggiungere risultati. Illuminanti in questo senso le parole di Annamaria Parente: “Il Parlamento è il luogo del dialogo e ciò rappresenta un valore per tutti noi. In un momento tanto difficile per la politica è fondamentale che noi si dia l’esempio, confrontandoci e trovando punti di incontro che ci portino a legiferare guardando sempre all’interesse dei cittadini”.Orgoglioso di essere chiamato il “leghista de Roma”, per De Vecchis essere romano è un valore aggiunto ed essere un manager della capitale deve rappresentare un apporto fondamentale per il Sistema Italia. Egli ha ricordato le misure che il governo ha adottato e sta adottando per superare quella crisi economica cominciata nel 2008 e che ancora mostra i suoi segni. Il decreto Crescita porterà benefici alle imprese, così come con il decreto legge Concretezza si vuole migliorare la macchina organizzativa della pubblica amministrazione: “La burocrazia va alleggerita e soprattutto in ambito imprenditoriale. Non è possibile avere tempi di attesa biblici”. Ha aggiunto De Vecchis: “Se riparte la nostra economia, ripartono le assunzioni, si creano nuovi posti di lavoro, ripartono i consumi, si fa girare la moneta. È fondamentale ridare vitalità all’economia reale. Soprattutto dare agli imprenditori la possibilità di investire. Se in Piemonte le forze pro TAV prendono tutte insieme l’85% dei consensi un motivo ci sarà. Il Paese sente l’esigenza che si investa”.Annamaria Parente ha richiamato l’attenzione del pubblico a temi fondamentali come la formazione, il digitale (“una piccola o media impresa deve digitalizzarsi per affrontare la competizione globale. Il digitale rappresenta oggi la vera politica industriale), l’ambiente e la sua difesa (“abbiamo avuto Greta in Senato pochi mesi fa ed i nostri giovani mostrano interesse a quanto fa la cosa pubblica”) e l’inclusione: “Voi manager avete il ruolo fondamentale di capire come cambia il lavoro e di come le tecnologie possono aiutare il grande tema dell’inclusione. In un mondo globalizzato noi potremmo avere più esclusi”. Un ringraziamento a Federmanager, sia nella componente romana che nazionale, per il contributo alla definizione delle leggi, partecipando alle audizioni in Parlamento: “si pensi al tema dello smart working e al loro enorme apporto”. In conclusione del suo intervento Annamaria Parente ha richiamato l’attenzione del pubblico sulla questione delle differenze salariali tra uomini e donne: “una immotivata sperequazione che troviamo in tutti i lavori, siano essi più o meno qualificati. L’evoluzione tecnologica del lavoro mostra donne sempre più preparate e rappresenterebbe una perdita per ogni azienda non valorizzare il loro apporto”.

50 anni con Federmanager Roma

50 anni con Federmanager Roma

La parte dell’Assemblea annuale riservata agli associati ha vissuto un momento emozionante nella premiazione di 11 colleghi che hanno raggiunto il 50esimo anno di iscrizione a Federmanager Roma. A premiarli il presidente Giacomo Gargano, il vicepresidente Gherardo Zei e il tesoriere Maria Cristina Scalese

L’ingegnere UMBERTO LAFRATTA ha commentato il premio con semplici ma significative parole: sono ben contento di esserci arrivato.

L’ingegnere GIUSEPPE PANUCCI ha ringraziato la presidenza e il consiglio direttivo per il premio. Ha augurato buon lavoro a tutti i responsabili di Federmanager Roma affinché operino sempre nell’interesse della categoria, che oggi risente di quelle che sono le condizioni nazionali ed internazionali particolarmente difficili.

A ritirare il premio del dottor MARIO TEODORI è intervenuto il figlio. Ha riportato la soddisfazione e la felicità di suo padre che avrebbe voluto partecipare ma, per motivi di salute, era impossibile affrontare il viaggio. Ha ribadito lo stretto legame a Federmanager Roma di cui spesso parla ricordando gli anni della professione.

Ultimo a ritirare il premio l’ingegner GIUSEPPE CATALANO che ha ringraziato il consiglio direttivo, dicendosi orgoglioso di aver fatto parte di Federmanager Roma ed aver contribuito in parte alla sua crescita.

A seguire sono stati ricordati gli altri colleghi premiati che non hanno potuto partecipare: Ing. Delmo Basile, Ing. Pietro Buttarelli, Ing. Enzo Corsi, dott. Fabrizio Fulignoli, dott. Giuseppe Toniolo, dott. Luigi Strozzi, dott. Paolo Mosca.

Filippo Tortoriello: Superare l’immobilità

Filippo Tortoriello: Superare l’immobilità

Burocrazia, carenza infrastrutturale, ritardi della politica, sono alcuni dei problemi messi sul tappetto dal presidente di Unindustria Filippo Tortoriello per spiegare la difficoltà reale delle imprese. Solo la capacità della classe manageriale fa sì che il Paese continui a tenere

I temi che hanno caratterizzato gli interventi dei relatori sono stati al centro del contributo di Filippo Tortoriello, Presidente di Unindustria, l’Unione degli Industriali e delle Imprese del Lazio. Da un angolo visuale assolutamente privilegiato e che monitora quotidianamente la vita delle imprese, ha voluto offrire un apporto concreto e sottolineare cosa è indispensabile fare per rafforzare la loro competitività ed ampliare il loro mercato di riferimento. La carenza infrastrutturale nel nostro Paese è, secondo Tortoriello, “un freno a mano alla ripresa della nostra economia”.

La soluzione non è certo abbandonare l’Europa: “Se si parla di crescita del nostro Paese, è importante sfatare immediatamente un falso mito. Se non cresciamo non è per colpa dell’Europa”. Se si guarda agli ultimi 20 anni l’Italia è cresciuta del 3%, la Francia del 23%, la Germania del 24%, la Spagna del 31%, l’intera Europa senza l’Italia del 27%. Dati inequivocabili che dimostrano con tutta evidenza che “non è l’Europa che ha impedito al nostro Paese di crescere, ma un sistema farraginoso di lacci e lacciuoli, con una componente burocratica-amministrativa da incubo”.

Tortoriello punta l’indice sulla politica: “non c’è stato governo, di centrodestra o centrosinistra o quest’ultimo che è un ibrido, che abbia affrontato in modo strutturale i problemi del nostro Paese. In queste condizioni è complicato fare impresa”. Nonostante questo l’Italia è il secondo Paese manifatturiero in Europa e tra i primi esportatori. Un risultato frutto soltanto della capacità dei manager all’interno delle aziende.Ugualmente urgente è il tema della digitalizzazione che si impone in modo drammatico. Anche qui, secondo Tortoriello, “l’Italia è in ritardo, in quanto parlare di digitalizzazione significa fare riferimento alle infrastrutture e la carenza di queste si risolve in una difficoltà reale per le imprese”.

Crescere significa anche formare, per fortuna “il patrimonio formativo che possiamo offrire fa della Regione Lazio la prima a livello europeo. Come ha ben evidenziato il direttore generale della LUISS, oltre a una formazione tecnica c’è una componente umana che ci mette nelle condizioni di essere fra i più apprezzati a livello mondiale. La competizione globale si fa sempre più difficile e solo rimanendo saldi in Europa dobbiamo e possiamo competere con Paesi come Stati Uniti e Cina. Da soli non andremmo da nessuna parte”.

A conclusione del suo intervento, Filippo Tortoriello ha affrontato un altro dei temi caldi del dibattito: la cyber security. “Una sfida enorme. Gli hacker possono mettere in ginocchio un Paese con danni drammatici peggiori di quelli di una guerra. Per far fronte bisogna investire centinaia di miliardi. La Cina investe 400 miliardi nella ricerca, gli Stati Uniti 380 miliardi. Il nostro Paese è l’ultima ruota”. Anche qui è necessario guardare all’Europa e solo all’interno di essa “abbiamo la possibilità di poter competere”. Se pensiamo di affrontare tutto da soli saremo destinati a perdere.

Chi non si arrende vince

Di fronte alle difficoltà che vivono oggi i dirigenti industriali occorre compattezza della categoria e vicinanza a Federmanager Roma e alle sue battaglie

Faccio a voi associati che partecipate all’Assemblea annuale di Federmanager Roma un invito a non dimenticare chi siamo, perché ci troviamo qui tutti insieme e cosa è importante fare per il nostro futuro. La categoria dei dirigenti industriali vive senza dubbio un momento di difficoltà.

Se volessimo utilizzare una parola forte potremmo dire che siamo dei “martiri”, nel senso che i dirigenti industriali tengono in piedi il “Sistema Paese” e portano sulle proprie spalle, grazie al contributo determinante che offrono nel generare il fatturato delle aziende, il peso dell’intera macchina della pubblica amministrazione. Ma nonostante il senso di responsabilità, la determinazione e l’impegno quotidiano, mai ricevono l’attenzione e la tutela che meriterebbero.Ogni ristrutturazione aziendale, in qualsiasi tipo di realtà imprenditoriale, vede i manager quali principali bersagli. Negli ultimi mesi, anche all’interno di importanti gruppi industriali, abbiamo assistito a collettive che hanno colpito decine e decine di colleghi.

Per non parlare dei pensionati, la categoria che certamente sta subendo l’attacco più violento. Si parla di taglio delle pensioni “d’oro” in un Paese dove assistenza e previdenza sono mescolate nei conti dell’Inps, all’interno di un groviglio inestricabile rispetto al quale viene spontaneo chiedere dove sia realmente l’“oro”. Viene da chiedersi se, probabilmente, chi prende 1000 euro al mese ma non ha mai versato nulla o quasi riceve una pensione “d’oro”. Lo stesso non può dirsi per chi, per un’intera vita, ha versato regolarmente i propri contributi a totale beneficio della collettività ed oggi si trova ad essere considerato come membro di una casta privilegiata solo perché riceve indietro i suoi soldi versati negli anni. Occorre evitare che queste misure, che colpiscono in modo differenziato le nostre varie componenti, possano determinare ingiustificati conflitti all’interno della nostra categoria. Anche perché la giungla pensionistica italiana è tale che non dovremo sorprenderci se i 100 mila euro che vengono tagliati oggi, diventeranno i 90 mila di domani e gli 80 mila di dopodomani.La parola “martiri” acquista un senso se si guarda poi a quell’assurda e folle tendenza metagiuridica – perché di giuridico ha molto poco – che negli ultimi anni sta determinando una vera e propria “responsabilità oggettiva” di tipo penale del dirigente. Meccanismi burocratici per i quali, in base ad un generico e sempre più indeterminato obbligo di vigilanza, talmente esteso da non comprenderne più i confini, alla fine c’è sempre un dirigente responsabile. Infatti qualsiasi cosa succeda nella realtà deterministica esiste una persona responsabile di fatto, perché ha effettuato o omesso qualcosa, ma nella realtà giuridica ce ne sarà un altro di colpevole senza dubbio: il dirigente che non avrebbe vigilato.

Oggi la grande attenzione è per la tutela della privacy, il prossimo anno sarà un’altra e poi un’altra ancora. Finché per ogni problema si sarà predisposto un capro espiatorio nella persona di un nostro collega. Per queste ragioni diventa fondamentale rammentarci perché siamo qui. Lo siamo per difenderci da tutto questo, non solo perché è nostro interesse ma perché è cosa giusta. Viviamo un sistema che spreme le persone migliori, che ha usato ed abbandonato negli anni la nostra categoria, speculando sul nostro lavoro per poi buttarci via come carta nel cestino. Amici cari non molliamo, continuiamo a sostenere Federmanager e restiamo uniti. Non lasciamo che tutto questo ci divida. Chi non si arrende alla fine vince.