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sostenibilità

Confindustria Energia e lo sviluppo delle Infrastrutture Energetiche

Confindustria Energia e lo sviluppo delle Infrastrutture Energetiche

Sostenibilità integrata e sicurezza al centro del piano investimenti in infrastrutture energetiche di Confindustria Energia per la transizione ecologica in Italia

Confindustria Energia ha da tempo accompagnato lo sviluppo delle infrastrutture energetiche in Italia e nei Paesi dell’Area del Mediterraneo con una serie di studi e di analisi finalizzate alle consultazioni per la definizione del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima attraverso previsioni di investimenti e proposte di modifiche normative e di semplificazione di procedimenti autorizzativi che consentano di raggiungere gli sfidanti obiettivi nella prospettiva di traguardare la neutralità carbonica al 2050. Con il contributo delle Associazioni rappresentate (Assogasliquidi, Assorisorse, Elettricità Futura, Proxigas, Unem), H2IT, Snam e Terna e con il supporto analitico di PwC Strategy&, Confindustria Energia ha elaborato la terza edizione dello Studio sulle Infrastrutture energetiche le cui analisi, avviate lo scorso anno nella cornice della ripresa post-Covid e della pubblicazione del Fit for 55, hanno avuto come priorità la ricerca di una convergenza tra sicurezza energetica, obiettivi ambientali e crescita economica, in un quadro di sostenibilità sociale”.

La forte riduzione negli ultimi anni degli investimenti nelle infrastrutture riguardanti le fonti energetiche tradizionali in via di decarbonizzazione, necessarie per un progressivo e sostenibile raggiungimento degli obiettivi climatici, si è dimostrata la principale causa dello sbilanciamento domanda/offerta nel mercato dell’energia e la sopravvenuta incertezza degli approvvigionamenti dalla Russia ha esasperato la volatilità dei prezzi, in particolare per quanto riguarda il gas.

Le complicazioni delle condizioni di contesto, che si sono susseguite nel corso del 2022, hanno delineato una nuova situazione geopolitica, ponendo in risalto i temi della sicurezza energetica e della necessità di un’ulteriore spinta verso la transizione ecologica, considerati elementi di indirizzo per lo Studio Infrastrutture energetiche per una transizione sicura e sostenibile. In base a due scenari, denominati “Fit for 55”“sostenibilità integrata”, sono stati individuati due piani integrati per gli investimenti fino al 2030, periodo in cui l’Italia, con altri paesi europei, dovrà far fronte alle criticità del proprio sistema energetico fortemente dipendente dalle importazioni.

Lo scenario “sostenibilità integrata” per le scelte strategiche che il Paese dovrà compiere in questo ambito, coglie al meglio le potenzialità del settore energetico nazionale e valuta in 182 Mld€ gli investimenti previsti nel periodo 2022-2030, che si traducono in un valore aggiunto totale di 320 Mld€, nell’impiego di 380k Unità Lavorative Annue ed in una riduzione di emissioni pari a -127 Mton CO2/anno nel 2030.

 

Il piano di sviluppo per le infrastrutture proposto dallo Studio che tiene conto dei criteri di “sostenibilità integrata”, nelle sue dimensioni ambientale, economica e sociale, consente di raggiungere gli obiettivi climatici 2030 previsti dal “Fit for 55” e garantisce contemporaneamente la sicurezza e la competitività delle forniture energetiche in linea con gli indirizzi del RepowerEU, facendo leva su una strategia energetica che superi l’attuale situazione emergenziale e mantenga la focalizzazione sugli obiettivi di transizione energetica nel medio-lungo termine. Tenendo presente gli effetti sui livelli occupazionali delle filiere tradizionali e di quelle innovative.

Dal piano emergono diverse leve complementari tra di loro a partire dalla posizione geografica ottimale del nostro Paese per l’ulteriore crescita di fonti rinnovabili e per la diversificazione delle rotte di importazioni energetiche, dalle sue riserve di gas naturale non utilizzate, dalle capacità di stoccaggio ed accumulo incrementabili e dalle reti di trasporto e trasmissione efficienti e diffuse nel territorio. Il gas manterrà in Italia un ruolo indispensabile nel medio termine, anche per supportare lo sviluppo previsto per le fonti rinnovabili elettriche, e non sarà completamente sostituibile dal biometano e dall’idrogeno. Sarà quindi necessaria la realizzazione di sistemi di stoccaggio e di utilizzo della CO2 per accelerare i processi di decarbonizzazione in alcuni settori industriali.

A partire da sinistra: Gilberto Dialuce, Presidente ENEA; Luca D’Agnese, Direttore Area Policy, Valutazione e Advisory Cassa Depositi e Prestiti; Francesco Del Pizzo, Direttore Strategie di Sviluppo Rete e Dispacciamento Terna; Roberto Potì, Vicepresidente di Confindustria Energia; Gilberto Pichetto Fratin, Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica; Giuseppe Ricci, Presidente Confindustria Energia; Aurelio Regina, Delegato per l’Energia Confindustria; Stefano Venier, Amministratore Delegato Snam

La leadership in Europa nella produzione di biocarburanti e di importanti eccellenze nei processi di economia circolare completa il quadro delle opportunità disponibili. La sezione dello Studio dedicata all’economia circolare sottolinea infatti le significative prospettive di sviluppo per il nostro Paese in termini di valorizzazione delle filiere produttive nazionali e di risparmio e di ottimizzazione nell’utilizzo delle risorse, garantendo nel contempo la sostenibilità sociale ed il rapporto con il territorio. Questo approccio contribuisce alla sicurezza energetica anche attraverso la riduzione della dipendenza dai Paesi extra UE nell’approvvigionamento dei materiali critici.

La condivisione, inoltre, con le comunità locali delle priorità strategiche, dei criteri progettuali adottati per la minimizzazione dell’impatto ambientale e la definizione ex ante delle ricadute economiche e occupazionali, unitamente a uno stretto coordinamento tra enti autorizzativi nazionali e regionali, sono i presupposti necessari per la “messa a terra” nei tempi previsti delle iniziative proposte. Si ritiene che i risultati e le proposte di questo Studio possano costituire un utile contributo per la prossima revisione del PNRR, per la definizione del nuovo PNIEC a livello nazionale, e per la negoziazione degli atti delegati del “Fit for 55” e del RepowerEU a livello europeo nel quadro di una visione strategica e geopolitica per il nostro Paese di maggiore collaborazione con i Paesi del Mediterraneo, area di tradizionale presenza degli operatori italiani, al fine diversificare gli approvvigionamenti energetici e di incentivare modelli di sviluppo infrastrutturale sostenibili e integrabili.

Programmi coordinati per la realizzazione delle infrastrutture energetiche individuate possono costituire un valido riferimento per le decisioni di investimento nel medio-lungo periodo, purché sia assicurata la definizione di un quadro articolato di “fattori abilitanti” di carattere normativo, autorizzativo e finanziario. Sarebbe così possibile attivare tra il 2023-2026 progetti per 62 Mld€, un segnale concreto verso l’accelerazione degli investimenti necessari per raggiungere gli obiettivi concordati a livello europeo attraverso un processo di transizione sostenibile.

*Lo Studio “Infrastrutture energetiche per una transizione sicura e sostenibile” è stato completato nel dicembre 2022 e presentato a Roma il 17 gennaio 2023 alla presenza del Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. 

In apertura Immagine di evening_tao su Freepik

Roma laboratorio green, per un futuro a zero emissioni

ROM-E è un evento nel cuore di Roma, una prima edizione ed un punto di partenza perché cittadini, istituzioni e aziende riconoscano nella Capitale un riferimento per l’ecosostenibilità. Un’occasione per un confronto su temi centrali per il futuro della città come la smart mobility e l’esigenza di ripensare il trasporto in città. 

Il 2 e 3 ottobre Roma ha ospitato la prima edizione di ROM-E, un Festival diffuso nel centro della città, con attività dimostrative e educative, sulla ecosostenibilità, sulle nuove fonti di energia e sulla smart mobility. Diffuso perché ha coinvolto più luoghi (piazza San Silvestro, largo dei Lombardi su via del Corso e Villa Borghese, in viale delle Magnolie), creando momenti d’incontro alla scoperta di un nuovo modo di vivere la città.

Un evento patrocinato da Roma Capitale e dal Ministero della Transizione Ecologica, con il supporto dello stesso Campidoglio e degli assessorati dello Sport, Turismo, Politiche Giovanili e Grandi eventi cittadini e da quello delle Politiche del verde, Benessere degli animali e Rapporti con la cittadinanza attiva nell’ambito del decoro urbano.

Una prima edizione che vuole inaugurare un percorso che negli anni si allargherà, provando a fare di Roma una capitale dell’ecosostenibilità, il luogo di riferimento per la decarbonizzazione nel nostro Paese. Una volontà resa ancor più forte dalla candidatura lanciata dal Presidente del Consiglio Mario Draghi ad ospitare l’Expo del 2030. ROM-E intende offrire un luogo di incontro e dialogo tra cittadini, istituzioni ed aziende riconoscendo Roma come vero ed indiscusso riferimento per l’ecosostenibilità.

Foto di Griffin Wooldridge da Pexels

Per riuscire a fare della nostra Capitale un simbolo delle politiche “green” è però necessario un deciso cambio di passo, andando incontro alle richieste e alle scelte che l’Europa impone. Sarà necessaria una riduzione del 35% entro il 2030 delle emissioni di gas ad effetto serra ed un miglioramento di almeno il 32,5% dell’efficienza energetica. Traguardi difficili, tanto più se da realizzare in soli nove anni. Dunque, elettrificazione dei trasporti, utilizzo di energie ricavate da fonti rinnovabili, una mobilità più green ed in genere maggiore attenzione all’ambiente ed al rispetto del Pianeta, diventano esigenze non più rimandabili.

Momento centrale di ROM-E sono stati gli eventi dedicati a visitatori e appassionati. Roma si è trasformata in un laboratorio della sostenibilità. Nella fantastica cornice di Villa Borghese ci si è confrontati con il tema centrale di una differente mobilità. L’obiettivo è stato quello di illustrare al pubblico tutte le proposte oggi disponibili sul mercato, presentando le soluzioni offerte dai partner che hanno aderito.

Tra questi Dott, leader nell’offerta di monopattini elettrici; Carnielli, che ha presentato le sue innovative e-bike; Fercam, operatore logistico da sempre attento ai temi ambientali; Zero Motorcycles, che produce moto elettriche ad alte prestazioni. Infine, i grandi marchi automobilistici come Mercedes, BMW e Mini, che hanno presentato gli ultimi modelli, con la possibilità di test drive in piazza Bucarest.

Ciò che è necessario fare è soprattutto responsabilizzare i cittadini, mostrando come ogni loro scelta possa contribuire alla riduzione delle emissioni di CO2. Servirà un inevitabile cambiamento delle abitudini, ma anche e soprattutto una differente concezione della mobilità in città e di conseguenza delle politiche da adottare.

Roma ed in genere le grandi città in Italia alla fine del secolo passato sono state riprogettate per agevolare lo scorrimento della mobilità carrabile. Oggi, con la necessità inderogabile di ridurre le emissioni, sarà necessario un ridisegno degli spazi, pensiamo ad esempio alla progettazione di piste ciclabili che coprano l’intero territorio cittadino, una nuova concezione degli arredi stradali oggi prevalentemente pensati per il traffico automobilistico. Insomma, Roma green e Roma di domani non potrà prescindere da una mobilità sempre più smart.

IMPACT REPORT 2020 Le performance di Fondirigenti per una crescita sostenibile

Le nostre 3 domande a Carlo Poledrini, Presidente Fondirigenti, il fondo interprofessionale più grande d’Italia promosso da Confindustria e Federmanager per la formazione dei dirigenti

L’11 febbraio scorso Fondirigenti ha presentato il suo 3° Impact Report, ovvero il bilancio annuale che misura l’attività del Fondo in termini di risultati e benefici per le 14mila imprese e gli 80mila manager aderenti. Abbiamo chiesto al Presidente Carlo Poledrini di raccontarci l’impegno di un Fondo che opera per offrire modelli e strumenti utili ad interpretare e gestire i cambiamenti.

Carlo Poledrini, Presidente Fondirigenti

1. Presidente, leit motiv dell’Impact Report 2020 è la sostenibilità. Cosa rappresentano Formazione Green e Lavoro Agile in un processo di trasformazione digitale sostenibile e in che modo il Fondo sostiene tale transizione?
La sostenibilità è la chiave di volta per la ripresa dell’economia dall’emergenza sanitaria e, dati alla mano, la formazione “green” risulta chiaramente essere un moltiplicatore della produttività.
Abbiamo realizzato un focus sull’impatto economico della diffusione della cultura manageriale sostenibile e sono emersi dati a dir poco interessanti. Basti pensare al moltiplicatore degli investimenti: ogni euro investito da Fondirigenti attraverso le iniziative strategiche/avvisi genera 10 euro ulteriori di domanda di formazione “green” da parte delle imprese, fondamentale per aumentarne in modo considerevole la produttività.
Sulla base dei nostri dati, inoltre, abbiamo elaborato un originale “indicatore di sostenibilità” dal quale è emersa la possibilità, con l’adozione dello smart working, di ridurre di 2,43 milioni di tonnellate l’anno il volume delle emissioni di CO2, con risparmi economici annui di 7,09 miliardi di euro. Tutte le elaborazioni sono rigorosamente appoggiate su fonti ufficiali.
Nel 2020, oltre a potenziare i finanziamenti volti ad aiutare manager e imprese nei profondi processi di trasformazione necessari per superare la crisi e impostare una solida ripresa, abbiamo investito più di 33 milioni di euro in avvisi, conto formazione e iniziative strategiche sui temi dell’innovazione, della sostenibilità e della governance e, per la prima volta, abbiamo impegnato risorse specifiche per indagare le ragioni del deficit manageriale nel Mezzogiorno e finanziare la domanda di formazione manageriale nel Sud. Ne è emersa una preoccupante e perdurante arretratezza manageriale delle imprese che, per il 48%, risultano nella classificazione “da 0 a uno dirigenti”; spesso, è l’imprenditore stesso a svolgere anche funzioni manageriali. In tutte le imprese rispondenti, inoltre, l’età media dei dirigenti è risultata piuttosto elevata. Tuttavia, è aumentata del 70% la richiesta di formazione sulla responsabilità sociale, un dato che fa ben sperare.
2. A seguito dell’emergenza sanitaria la trasformazione digitale ha subito una forte accelerazione in ogni settore. Come ha risposto il fondo alle nuove esigenze manifestate da imprese e dirigenti? Eravate pronti a sostenere un tale cambiamento in chiave green?
I piani formativi presentati dalle imprese hanno visto crescere in modo considerevole la domanda di formazione sui temi della responsabilità sociale e della sicurezza ambientale.
Grazie alla completa digitalizzazione dei piani formativi, e alla grande attenzione rivolta ad agevolare il passaggio dalla formazione in presenza a quella a distanza, l’azione del Fondo ha permesso di supportare la domanda di formazione di dirigenti e imprese registrando, in un periodo non certo facile, un incremento della FAD del 70%.
Il processo di digitalizzazione delle attività operato da Fondirigenti parte dal 2019 e comporta dei vantaggi green. Un indicatore sviluppato dal Fondo ne ha misurato il risparmio in 21,5 tonnellate di C02 e in circa 730 mila euro all’anno in termini di costi e tempi ottimizzati dagli aderenti e dal network dei soci sui territori. Tutte risorse che possono tornare a disposizione del “sistema” formativo manageriale.
Nel 2020 il Fondo ha approvato 23 “iniziative strategiche” di analisi dei fabbisogni e modellizzazione di strumenti utili alla gestione della transizione digitale e sostenibile del management. Le iniziative, dedicate ai territori, hanno coinvolto oltre 2 mila soggetti, fra imprese e manager.
3. Grazie Presidente, la salutiamo con lo  sguardo rivolto al futuro. Quali sono gli obiettivi su cui orientare l’impegno del Fondo a cui è affidato l’aggiornamento delle competenze manageriali del nostro Paese?
Per il futuro manterremo sempre al centro della nostra azione il management a cui spettano importanti responsabilità, anche sociali, per innovare e rendere competitivo questo Paese, specie in questo momento così delicato nel quale – anche per la gestione del Next Generation Italia – si avverte più che mai il bisogno di persone competenti in grado definire e implementare i pilastri su cui costruire il futuro di tutti noi, a cominciare dai più giovani a cui dovremmo dedicare la nostra più consapevole e convinta attenzione. Mi auguro che i risultati dell’Impact report e il dibattito sempre aperto con i manager e tutti gli stakeholder, possano fornire spunti di riflessione e di azione volti ad offrire modelli e strumenti utili ad interpretare e gestire i cambiamenti e a misurare i ritorni economici e ambientali che la formazione rende possibili. 

Muoversi nello Spazio-Tempo

Muoversi nello Spazio-Tempo

Dobbiamo progettare un nuovo modello urbano che ci permetta di coniugare benessere e produttività. Affidarsi alle competenze di un “mobility manager” può fare la differenza

Riconquistare gradualmente lo spazio esterno ci offre l’opportunità di riprogettare la mobilità. Il distanziamento sociale sta generando un rilevante impatto sia sugli stili di vita sia sull’organizzazione del lavoro, ponendoci molti interrogativi su come cambiare il modo con cui ci spostiamo, viaggiamo e abitiamo i nostri luoghi.

Ora che le nostre città si stanno riavviando, è il momento di orientarci verso un modello nuovo, di ripartire con un’impronta più “green”. È necessario un intervento sui grandi flussi e quindi sugli orari di lavoro, di apertura dei negozi, di ingresso nelle scuole e nelle università che dovranno essere flessibili. Ma è urgente anche un investimento massiccio nel sistema dei trasporti e delle infrastrutture, necessario prima della pandemia e adesso non più rinviabile.

Servono risorse per la manutenzione delle opere e per la costruzione di nuovi collegamenti.

L’alternativa è tornare a centri urbani inquinati, con alti livelli di congestione e di traffico oppure incoraggiare una mobilità attiva: dagli spostamenti a piedi a quelli in bicicletta, con piste ciclabili e infrastrutture moderne.

Andrà in un senso oppure nell’altro a seconda di come si comporteranno tanto il decisore pubblico quanto il mondo dell’impresa.

Le imprese sono tenute ad affrontare la questione logistica degli spostamenti per assicurare innanzitutto la sicurezza dei lavoratori. Un compito che può essere svolto dal “mobility manager”, che è una figura che già esisteva nelle aziende di grandi dimensioni e che il Decreto Rilancio, giustamente, ha imposto anche per chi supera la soglia dei 100 dipendenti.

Il “mobility manager” dovrà considerare soluzioni alternative di mobilità, prediligendo politiche aziendali che favoriscano il ricorso a mezzi più sostenibili, integrando queste scelte con le altre politiche organizzative e gestionali che ogni impresa è chiamata a rivedere per procedere in sicurezza.

Non si tratta solo di migliorare l’accessibilità alla sede aziendale o di ottimizzare i costi. Dietro alle scelte sulla mobilità insiste il grande obiettivo del miglioramento del benessere e della produttività dei propri collaboratori.

Di fronte alla complessità del momento, è quindi necessario puntare sulle competenze manageriali, in tutte le imprese. Affinché anche le Pmi possano dotarsi di un mobility manager, sarebbe opportuno prevedere un’incentivazione fiscale anche in forma di voucher per sostenerne l’inserimento, attingendo magari dal bacino di manager, anche temporaneamente inoccupati, ma che hanno competenze tecniche e specializzate.

Persone capaci che sappiano anche dialogare con il territorio circostante, tenendo a mente l’ambiente e sottobraccio gli amministratori locali.

Solo in questo modo riusciremo così a inaugurare un nuovo modo di lavorare e di abitare le nostre città. Dobbiamo gestire un’unica variabile spazio-tempo, come nella teoria della relatività ristretta. Collegati tra loro, spazio e tempo si modificheranno a seconda del sistema di riferimento a cui intendiamo affidarci.

Lasciarsi rapire dalla voce del fiume

Convenzione – La Voce del Fiume B&B Dimora Storica di Charme

Lasciarsi rapire dalla voce del fiume

La Voce del Fiume” è una Dimora storica di charme che da circa 7 anni ospita con la formula B&B. Fa parte dell’Associazione delle Dimore storiche Italiane (ADSI) e del circuito prestigioso di Residenze D’Epoca. Per la sua scelta di sostenibilità e rispetto per l’ambiente e per il territorio è entrata anche nel circuito Econbnb e Legambiente turismoNasce dal sogno e dall’amore per il suo borgo di una giovane imprenditrice – Premio Thalia nel 2017 per la cultura dell’ospitalità – orgogliosa della sua terra e delle sue origini ed entusiasta di far conoscere ai suoi ospiti questi luoghi, condividendo tipicità, ritmi e stili di vita che meritano di essere (ri)scoperti.

Scegliere “La Voce del Fiume” significa entrare in contatto con gente genuina ed ospitale, pronta ad accogliere con un sorriso e tanta disponibilità. Un luogo magico, nel Borgo medioevale di Brienza (PZ), ai piedi del Castello Caracciolo, uno dei più belli e interessanti del Sud Italia, che ha conservato la sua architettura originale. Siamo nella Lucania poco conosciuta, che nasconde il suo ricco patrimonio in uno scrigno di tesori da scoprire, attraverso un viaggio di autenticità e di esperienze, in una regione, è bene ricordarlo, a scarso rischio di contagio.La Voce del Fiume” si compone di 5 camere e 2 suite per ospitare fino a 20 persone. Le camere, in pietra e alcune con intere pareti rocciose, sono tutte indipendenti e con affaccio nel cuore del borgo antico o sulla vallata sottostante attraversata dal fiume Pergola con un proprio terrazzino. Gli ospiti saranno viziati con colazioni di altri tempi rigorosamente “home made”: a scelta sia dolce che salata, con l’utilizzo esclusivo di prodotti biologici provenienti dal territorio.Luogo ideale anche per incontri di lavoro: una saletta panoramica è attrezzata per piccoli convegni e mini conferenze.

Massimo relax nel giardino di pertinenza: luogo ideale per dedicarsi ad una buona lettura o rilassarsi ascoltando solo la voce del fiume. Tutta da scoprire La Grotta di Bianca: grotta naturale idonea per degustazioni di prodotti tipici in occasione di eventi, convegni, conferenze e riunioni di lavoro. È possibile noleggiare bike elettriche o divertirsi con esperienze di laboratorio: laboratorio della pasta fatto a mano, dei taralli (tipici biscotti lucani a forma di 8), del pane, delle marmellate, delle confetture, del peperone crusco, della cucina tipica lucana. A questi si aggiungono il laboratorio del sapone artigianale a base di olio di oliva e quello della ceramica.

Agli associati Federmanager Roma saranno riconosciute condizioni di miglior favore.

Per info: convenzioni@federmanager.roma.it

DICONO DI NOI

Automobili e transizione energetica

Il processo di riduzione delle emissioni fissato dall’Unione Europea per il 2030, è inevitabilmente destinato ad avere ripercussioni sui servizi per la mobilità. I processi di trasformazione vanno governati: ma cosa si sta facendo? Uno studio di Fondazione Caracciolo, Enea e CNR mira a comprendere la portata dei cambiamenti in atto e gli spazi di intervento pubblico

Il processo per una progressiva riduzione delle emissioni di CO2, nel settore dell’autotrazione, non è reversibile. La componente della motorizzazione elettrica appare la più significativa e perseguibile.

Automobile e transizione energeticaCionondimeno permangono molte incognite sul come e sui tempi e, soprattutto, non vengono considerati con la dovuta attenzione tutti i risvolti e le conseguenze sul piano economico e sociale derivanti dal mettere in discussione l’assetto produttivo attuale, per raggiungere un nuovo  punto di equilibrio.

La transizione, in ogni fase della vita, è il momento più delicato. In ogni situazione l’equilibrio raggiunto è il risultato della sommatoria tra fattori positivi e fattori negativi in cui evidentemente la sommatoria dei primi ha un deciso predominio sulla sommatoria dei secondi.

Ogni volta che ci si sposta da una situazione di equilibrio per perseguirne una nuova, è indispensabile verificare che nel processo di trasformazione il vantaggio dei fattori positivi risulti sempre prevalente.

In ogni processo di trasformazione c’è un costo da sostenere. I processi di trasformazione vanno governati, le varie fasi vanno programmate.

Lo stiamo facendo? Stiamo svolgendo le opportune analisi?

A queste domande ha cercato di dare una risposta la Fondazione Caracciolo (ACI) che in collaborazione con CNR ed Enea ha presentato il 26 novembre a Roma, lo studio: Per una transizione energetica eco-razionale della mobilità automobilistica, in occasione della 74esima Conferenza del traffico e circolazione.

Automobili e transizione energeticaGli obiettivi al 2030

La UE  fissa per l’Italia, un target di emissioni di CO2, per viabilità automobilistica, pari a 50 milioni di tonnellate. Le nuove auto  dovranno avere un limite di emissioni  pari a 68,4 grammi/Km.

Tale obiettivo appare raggiungibile ma vanno tenuti presenti una serie di elementi ed effetti oltre al conseguimento del solo obiettivo ambientale.

Il sistema Italia, al 2030, in assenza di incentivi non centrerebbe l’obiettivo.

In linea tendenziale al 2030 il totale di emissioni di CO2 sarebbe pari tra 54/55 tonn. (11% in più dei target UE). Lo studio prevede che nel 2030, i veicoli avranno una emissione di 82 grammi/Km. che rappresenta una contrazione del 36%  rispetto alla emissione media attuale di 138 grammi/Km ma che rappresenta una emissione di 14 grammi superiore ai livelli indicati da UE.

Per centrare pienamente i target europei appare necessario avviare un ventaglio di iniziative, tra le quali ha un forte ruolo la motorizzazione elettrica, ma non solo. In primo luogo, indica lo studio, sarà opportuno incentivare un rinnovamento del parco automobilistico favorendo la rottamazione del parco da Euro0 ad Euro3. Esiste poi un parco auto con oltre 20 anni di anzianità, meno di 400.000 circa, che può essere considerato costituito da auto storiche.

Per quanto attiene la valutazione di raffronto tra motorizzazione elettrica e motorizzazione  termica, lo studio introduce il metodo LCA (Life Cycle Assessment) che consiste nel raffrontare il complesso delle emissioni non solo allo scarico degli automezzi ma all’intero ciclo dalla  fabbricazione, assemblaggio, messa in strada, utilizzo.

Sulla base di tale criterio si evidenzia come, a parità di condizioni di esercizio e tipologia del mezzo in termini di dimensioni e prestazioni, la trazione totalmente elettrica presenta un vantaggio in termini di emissioni,variabile tra il 20 ed il 36%, compensando le maggiori emissioni in fase di costruzione con le 0 emissioni di esercizio.

Punti di riflessione

Ciò premesso vanno svolte alcune considerazioni: la motorizzazione elettrica è in una fase iniziale e sul suo sviluppo gravano alcuni punti. In primo luogo la tecnologia per le batterie, al momento non lascia intravedere grandi novità rispetto all’utilizzo del litio e del cobalto. Entrambe le materie prime sono quasi totalmente controllate dalla Cina. Nel contempo la produzione di accumulatori è quasi totalmente prodotta in Asia (Cina/Sud Corea).

Automobili e transizione energeticaI tempi di ricarica medi per vetture di livello medio sono troppo lunghi e, conseguentemente,  l’autonomia di percorrenza fa dell’auto elettrica un mezzo per mobilità quasi esclusivamente urbana.

Per ovviare a questo limite le case automobilistiche (in vantaggio le case orientali) hanno sviluppato la gamma delle auto Ibride (full o plugin), ma in questo caso il risparmio in termini di emissioni di CO2 ha altro rilievo.

Manca una vera rete di rifornimento con colonnine per ricarica, ma al momento latitano anche i presupposti di mercato per un sistema distributivo che abbia una giustificazione economica e preveda un recupero dell’investimento necessario per la rete. Gli unici progetti di cui si ha notizia (Enel) hanno più il senso iniziative promozionali e/o di sostegno allo sviluppo della motorizzazione elettrica.

Il problema della dipendenza tecnologica e produttiva non va sottovalutato. Per tentare di alleggerire tale vincolo, a marzo 2019, è partito il progetto europeo Battery 2030. Questo ha l’ambizione di realizzare una tecnologia europea e relativa produzione. Hanno aderito 9 nazioni, tra cui l’Italia con il Politecnico di Torino, con 17 centri di ricerca. L’obiettivo 2030 appare un tempo più che sufficiente per realizzare un progetto tecnico, ma siamo in ritardo per l’approntamento industriale su vasta scala.

Un altro aspetto che non va tralasciato  è quello relativo alla valutazione della caduta delle entrate fiscali a seguito della contrazione del consumo dei carburanti per autotrazione, a meno che non vengano replicate le aliquote su energia elettrica erogata.

Nel 2018 il gettito da carburanti ha superato i 26 miliardi di euro.

Per valutare l’effetto sul gettito fiscale al 2030, si è assunto, come riferimento, la previsione di sviluppo del parco automobilistico al 2030 formulato nel Piano Nazionale Integrale Energia e Clima del gennaio 2019.

Parco Auto 2030 per Alimentazione (in milioni di unità)

Plug Hyb El/Veic          4.5

Battery Elect                  1.6

Benzina                           17.5

Diesel                               7.4

GPL                                  3.1

Metano                           2.4

Totale                          36.5

Sulla base di questa ipotesi il gettito fiscale atteso sarebbe di 5 miliardi inferiore. È come se il processo di elettrificazione del parco ricevesse un incentivo di tale importo per anno.

Altri due elementi su cui bisognerà riflettere per tempo e non a cose avvenute sono: il problema dello smaltimento delle batterie esaurite e la riconversione professionale delle numerose piccole imprese meccaniche che sono attualmente inserite nella filiera produttiva. Si tratta di migliaia di posti di lavoro a cui bisogna pensare per tempo, unitamente ai lavoratori delle catene di montaggio tradizionale.

Un ultimo elemento di natura sociale: la motorizzazione tradizionale ha raggiunto un livello di diffusione alla portata di qualsiasi classe, producendo certamente molte conseguenze negative, non ultima quella delle emissioni. Ma è importante fare attenzione a fine di evitare che, per il rispetto dell’ambiente, si promuova una motorizzazione i cui costi limitino l’accessibilità con una selezione in base al censo.

Una macchina da corsa e 4 Kit esclusivi per ripartire

Una macchina da corsa e 4 Kit esclusivi per ripartire

Intervista a Ettore Cambise, Presidente CDi Manager società di scopo di Federmanager, leader nel Temporary Management e nell’Executive Search

Il Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte, nei discorsi pronunciati il 25 e 26 marzo scorsi alla Camera e al Senato, ha fatto riferimento alla Trasformazione digitale e all’assoluta centralità degli investimenti pubblici e privati nella sostenibilità ambientale, esortandoci a volgere in opportunità questa prova durissima che ha colpito l’Italia e a concentrare le nostre migliori energie e risorse sul potenziamento di connettività, formazione digitale e innovazione tecnologica.

1 Il 4 maggio siamo entrati ufficialmente nell’attesissima e altrettanto nebulosa Fase 2. Siamo pronti a ripartire e a trasformare gli ostacoli in opportunità?

2 Un team di esperti è a lavoro per progettare un piano articolato e complesso capace di risollevare l’ltalia dalla crisi più grande degli ultimi 100 anni. Ci indica 3 cose di cui non si potrà fare a meno per la ripresa?

 3 CDi Manager si rivolge alle aziende interessate a crescere e ad incrementare la competitività e l’efficienza della propria organizzazione. Nello scenario post Covid-19 qual è la ricetta vincente per le PMI che vogliono ripartire?

Ettore Cambise, Presidente di CDi Manager

Siamo di fronte alla più difficile ripartenza che l’Italia deve affrontare dai tempi del dopo guerra. Sarà dura ma sono convinto che questa sfida può rappresentare una grande occasione di sviluppo per il Paese e per il nostro tessuto produttivo, soprattutto per le PMI che, ricordiamo, rappresentano il 92% delle imprese attive sul territorio.

 Se siamo pronti a ripartire? Possiamo esserlo.

Mai come questa volta, il primo passo determina il viaggio e la meta che si potrà raggiungere.

 Sull’A, B, C della ripresa utilizzerò la metafora della macchina da corsa.

Il denaro, i finanziamenti privati e pubblici sono fondamentali, sono la benzina.

Poi c’è la macchina delle PMI di cui l’imprenditore è alla guida.

A questo punto per partire, viaggiare e raggiungere la meta occorrono le Competenze di un Manager che metta a punto e innovi le componenti aziendali per renderla una macchina da corsa.

Ovviamente la metafora che ho usato è suggestiva ma limitante: l’imprenditore oltre a guidare, ha iniziativa, passione e conosce la sua azienda. Il Manager non ha solo competenze gestionali o tecnologiche ma, soprattutto se ha costruito la sua esperienza in grandi aziende, ha anche visione strategica, propensione alla innovazione e capacità di gestire cambiamenti.

In questo scenario si delinea chiaramente come lo strumento per cogliere questa opportunità sia il Temporary Manager, che intervenga, si inserisca rapidamente, operi, ottenga il risultato e alla fine possa lasciare la PMI oppure continuare su nuovi obiettivi.

Gli interventi per ripartire dopo l’emergenza non potranno né dovranno essere generici. Si dovranno indirizzare: alla Finanza aziendale digitale per rendere solida l’azienda in questo scenario di Trasformazione Digitale e accedere alle nuove forme di finanziamento disponibili; a cogliere nuove opportunità di business aumentando la Sostenibilità dell’impresa; a costruire o rendere più efficaci i processi di Sviluppo commerciale digitale; ad aumentare la produttività non solo attraverso la Digital Transformatio/Impresa 4.0 ma anche cogliendo le opportunità dei BigData e degli Analytics.

In tal senso, in CDi Manager, abbiamo dato vita al PROGETTO CDiGITAL predisponendo 4 esclusivi Kit su: Sostenibilità, Sviluppo commerciale digitale, Analytics e aumento produttività e infine Finanza aziendale digitale, che è il nuovo strumento per prevenire le crisi d’impresa, aumentare l’efficienza ed accedere al capitale di rischio!

Si tratta di una dotazione pensata per aiutare le aziende ad affrontare la sfida della ripartenza e della Trasformazione digitale.

Tutto questo non sarà mai realizzabile se le nostre Organizzazioni di Rappresentanza insieme a quelle Datoriali non riusciranno a sensibilizzare il governo sul fatto che non basta distribuire denaro (Helicopter Money o anche finanziamenti mirati), ma bisogna che i destinatari, le PMI, siano messe in condizioni di usarli al meglio, perciò occorrono i manager.

Una iniezione di managerialità è la ricetta vincente.

Questo mi sento di consigliare alle PMI che vogliono affrontare la ripartenza equipaggiate per il successo.

 

Cercando l’ultima goccia

Cercando l’ultima goccia: “Dovevo mettere in movimento una macchina complessa fatta di uomini, mezzi e organizzazione con l’obiettivo di eliminare qualsiasi dispersione dell’olio usato nell’ambiente”

“Gli enti e le aziende consumano oli minerali, hanno l’obbligo di raccogliere, conservare e destinare alla rigenerazione gli oli minerali usati”. Sembra una norma scritta oggi, ma risale in realtà al 1940. Proprio allora, in piena autarchia e ad appena un mese dall’entrata in guerra, il nostro Paese compiva il primo passo – certamente non legato a un interesse per l’ambiente – di un percorso che lo ha portato a risultati di eccellenza nel recupero di un rifiuto pericoloso come l’olio minerale usato.

Un rifiuto che conosciamo come proveniente dal lubrificante per i motori, ma che è in realtà presente in una molteplicità di prodotti, dai circuiti idraulici a quelli di raffreddamento di macchinari e dispositivi elettrici ed elettronici. Un rifiuto certamente pericoloso se consideriamo che un solo chilogrammo di olio minerale usato può inquinare una superficie di mille metri quadrati.

Intrecciando autobiografia e analisi dello scenario economico-industriale, “Cercando l’ultima goccia” di Paolo Tomasi, edito da Edizioni Ambiente, ricostruisce, attraverso la testimonianza del suo Presidente, le vicende del consorzio CONOU e restituisce una storia imprenditoriale di difficoltà e successi, in un mercato – quello della valorizzazione degli oli minerali – sempre più orientato verso la sostenibilità.

Il tutto, nell’ambito di un modello di economia circolare che consente oggi di produrre risorse attraverso un processo industriale di raccolta e rigenerazione di un rifiuto pericoloso. Con benefici evidenti per l’economia del Paese e la qualità dell’ambiente: “Abbiamo dovuto cercare di spiegare molto agli altri, di portare le persone sulla nostra strada” sottolinea Tomasi, del resto, “perché utilizzare materia prima, che peraltro è finita, quando abbiamo a disposizione delle risorse da riciclare?”.

Proprio CONOU, secondo il rapporto di sostenibilità 20 8 dell’ente, redatto secondo lo standard internazionale GRI, ha annunciato di aver raggiunto il primato europeo “circolarità 100%“, per cui le 187.000 tonnellate di olio raccolte e avviate a rigenerazione (+2,7% rispetto al 2017) hanno dato il via a una produzione di 123.000 tonnellate di basi rigenerate e 42.000 tonnellate di altri prodotti. Cioè in sostanza il 1 00% del raccoglibile, un risultato “che non ha pari in Europa” e vale per CONOU il primato di esserci riusciti per primi nel continente.

L’AUTORE
Paolo Tomasi, laureato in ingegneria civile presso l’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma, ha maturato un’esperienza trentennale nel Gruppo ENI, in AgipPetroli quale Direttore della Logistica, della Business Unit Lubricant & Special Product e delle attività estere con la presidenza di varie Consociate (Agip Deutschland, Agip España, American Agip etc.), in Ambiente come Direttore Generale. Consigliere del Consorzio degli Oli Usati dal 1994, lo guida come Presidente dal 2003.

Idrogeno per tutti

Idrogeno per tutti

Entro il 2025 l’auto a fuel cell costerà quanto quella tradizionale, offrendo la stessa autonomia e durata nel tempo. È quanto promette l’industria

Articolo di Fabio Orecchinitratto dalla rivista l’Automobile, Anno 4, Numero 34, Novembre 2019

L’obiettivo annunciato è la parità di costo rispetto alle auto tradizionali già dalla prossima generazione. In sintesi entro il 2025 un’auto a idrogeno con celle a combustibile avrà il prezzo di un’auto convenzionale, offrirà la medesima percorrenza con un pieno, gli stessi tempi di rifornimento in pochi minuti e garantirà una durata dell’intero sistema superiore ai 200mila chilometri.

L’idrogeno si riaffaccia così da protagonista sulla scena mondiale, dopo essere stato a lungo dimenticato. A livello internazionale è l’Hydrogen Council, un gruppo di lavoro permanente costituito da multinazionali che vedono nelle tecnologie legate alla filiera del nuovo combustibile grandi potenzialità di mercato e di crescita, ad indicare chiaramente che non si tratta di una riscoperta temporanea. Il gruppo conta sessanta aziende associate, che vantano complessivamente un fatturato di 2,6 mila miliardi di euro e 4,2 milioni di dipendenti. Numeri importanti.

Si tratta di veri e propri colossi dell’economia mondiale pronti a cogliere l’occasione del cambiamento energetico in atto, che vede nelle fonti rinnovabili e nelle zero emissioni i suoi due punti fermi. Per loro, la diffusione dell’idrogeno come vettore energetico e delle soluzioni innovative alle quali può aprire la strada rappresenta una grande occasione.

Il superamento dell’era dei combustibili fossili e delle relative emissioni di CO2 si tradurrà nell’uscita di scena di molti prodotti, ai quali si devono necessariamente trovare delle alternative industriali.

In questo nuovo mondo di opportunità, l’auto è presente e molto attiva, non soltanto grazie ai gruppi giapponesi e coreani Honda, Hyundai, Toyota e all’americana General Motors ma anche con le tedesche Audi, Bmw e Daimler, accompagnate dal partner tecnologico Bosch. E non è tutto, perché le enormi aziende cinesi dell’energia China Energy e Sinopec, insieme al gruppo automobilistico cinese Great Wall, sono da poco entrate nell’associazione. Un elenco su cui concentrare la nostra attenzione per capire lo sviluppo dell’idrogeno nei prossimi anni.

D’altronde, ci sono motivazioni tecnologiche ed economiche molto solide a rendere estremamente probabile un ruolo di primo piano nel futuro dell’auto e dell’energia per l’elemento più diffuso dell’universo. Le celle a combustibile (fuel cell), capaci di produrre elettricità e calore, grazie alla reazione tra l’idrogeno e l’ossigeno contenuto nell’aria, sono la tecnologia chiave dell’intero sistema.

Il loro costo, storicamente alto a causa della complessità di produzione e del platino necessario al loro interno, si prospetta oggi economicamente competitivo per il prossimo decennio.

Toyota ha confermato in più occasioni che la sua auto a idrogeno di nuova generazione avrà un costo di produzione pari a quello delle auto ibride. Aspetto che è la dimostrazione dei passi in avanti relativi anche al serbatoio, l’altro componente fondamentale del sistema. La pressione di 700 bar e le fuel cell in arrivo nei prossimi anni permetteranno di garantire autonomie con un pieno di oltre 800 chilometri, le stesse degli attuali veicoli a benzina o diesel. Da un punto di vista della durata, l’intero pacchetto tecnologico sta dimostrando grande affidabilità nei modelli già presenti su strada nelle diverse aree del mondo. L’obiettivo annunciato, anche in questo caso, è la parità rispetto alle auto tradizionali già dalla prossima generazione.

Meravigliare il mondo

Chi ha creduto di più e più tenacemente negli ultimi anni alla possibilità di sviluppare anche la mobilità a idrogeno accanto a quella elettrica a batterie, è sicuramente l’industria giapponese. In Giappone esiste una vera e propria strategia attorno alla nuova soluzione energetica. Le ammiraglie Honda Clarity e Toyota Mirai ne sono l’emblema automobilistico, mentre l’autobus Toyota Sora a celle a combustibile estende l’applicazione al trasporto pubblico.

Le prossime Olimpiadi di Tokyo 2020 sono il palcoscenico scelto dal paese del Sol Levante per mostrare al mondo come le tecnologie dell’idrogeno possano soddisfare praticamente tutte le necessità energetiche presenti e future. Se i precedenti Giochi Olimpici del 1964 hanno avuto nel treno ad alta velocità Shinkansen il loro simbolo, per l’edizione del 2020 il Giappone ha scelto l’idrogeno per meravigliare il mondo con la sua capacità di innovazione.

L’industria tedesca, che aveva scommesso sull’idrogeno venti anni fa indicandolo come soluzione imminente per l’auto a zero emissioni, lavora oggi in maniera molto meno visibile rispetto ai concorrenti asiatici. Ma non ha mai interrotto le sue attività di ricerca e sviluppo. Accanto al grande piano di diffusione dell’auto elettrica, in Germania esiste un piano di espansione della rete di stazioni di servizio a idrogeno. Daimler e il gruppo Volkswagen hanno un importante bagaglio tecnologico relativo ai sistemi di trazione con celle a combustibile. Bmw invece ha stretto un accordo con Toyota per le fuel cell, che le consentirà di arrivare sul mercato entro il 2025, come comunicato in settembre al Salone di Francoforte.

Arrivano Corea del sud e Cina

A credere fortemente nell’idrogeno è anche la Corea. La strategia di Hyundai non è legata soltanto all’automobile ma arriva fino al trasporto pesante: attraverso il camion a idrogeno, il marchio punta a entrare nel futuro mercato della mobilità merci a zero emissioni in Europa. E la produzione di celle a combustibile è pensata anche per applicazioni energetiche per uso residenziale.

La novità però più interessante nell’analisi globale dello scenario idrogeno arriva dalla Cina, che ha portato i suoi giganti industriali nell’Hydrogen Council. Il più grande mercato mondiale delle auto a batterie, che con la sua politica a favore dell’auto elettrica ha di fatto spinto tutti i costruttori a investire su questa tecnologia, ha maturato la convinzione che per realizzare un futuro a zero emissioni non sia sufficiente la sola elettricità. Servono anche altri vettori energetici per passare a una scala più elevata di diffusione, il primo dei quali, neppure a dirlo, è proprio l’idrogeno.

Fabio Orecchini, Professore Ordinario di Macchine e Sistemi per l’Energia e l’Ambiente, Università degli Studi G. Marconi di Roma.

Un rapporto sull'economia circolare

Un rapporto sull’economia circolare

Un contributo di Federmanager per indicare alle aziende produttrici di beni e servizi la via per rilanciare il sistema produttivo italiano, cogliendo le opportunità della “transizione verde”

L’impegno di Federmanager nel settore energia prosegue con la collaborazione scientifica di AIEE (Associazione Italiana Economisti dell’Energia). Dopo i primi due studi presentati nel 2017 e a gennaio 2019, di cui vi abbiamo parlato nell’ultimo numero di questa rivista, un terzo è in via di ultimazione e sarà presentato a inizio del prossimo anno. L’appuntamento con i temi dell’energia è ormai un momento di incontro periodico con i nostri iscritti, i politici, gli industriali e il mondo scientifico. I nostri rapporti sono ormai una pubblicazione importante e attesa dai player del settore.

Il nuovo studio si occupa di economia circolare, tema quanto mai attuale, da cui anche la nostra economia può trarre dei benefici. Questa edizione risponde alla domanda che è nel titolo del Rapporto: “Può l’economia circolare contribuire al rilancio del sistema Italia?” Con l’approfondimento intrapreso nel settore dell’energia, intendiamo indicare alle aziende produttrici di beni e servizi la via per rilanciare il sistema produttivo italiano cogliendo le opportunità che la “transizione verde”, e quindi anche l’economia circolare, offre per raggiungere gli importanti obiettivi ambientali del 2030 e del 2050.

Infatti, la trasformazione dei sistemi economici in sistemi “sostenibili” in senso ambientale impone una profonda riflessione su quali siano i modelli di business da scegliere e lo studio che presenteremo a inizio 2020 indica le soluzioni migliori sotto il profilo economico e ambientale per il conseguimento degli obiettivi energetico-climatici che l’Italia si è posta.