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Fondo Pensione, quanto mi costi? Poco!

Previndai: fondo Pensione, quanto mi costi? Poco!

Da uno studio di Previndai emerge che per un giovane il costo complessivo del versare un contributo oltre il Tfr sarebbe di meno di un euro al giorno. Qui tutti i dettagli

La previdenza pubblica, si sa, sarà sempre più magra in futuro e sarà sempre più importante poter contare anche su una rendita complementare.

In pratica, nel caso di un percorso lavorativo ‘regolare’, senza interruzioni di sorta, la differenza tra pensione e ultimo stipendio sarà di ben il 42% nel caso ci si accontenti della sola previdenza pubblica; del 19% per chi abbia deciso di versare il Tfr a previdenza complementare e di solo il 9% per quanti abbiano investito anche il contributo minimo a carico del lavoratore*.

Sì, ma quanto costa un ‘investimento’ in fondi pensione di categoria? I giovani, che spesso hanno carriere discontinue e guadagnano poco, soprattutto a inizio carriera, a quali sacrifici economici sono chiamati per poter contare su una rendita integrativa al momento della pensione? Qual è il costo della serenità? Del non doversi preoccupare del domani?

Secondo lo studio condotto da Previndai in occasione del convegno 30+ Una finestra sul futuro (tenuto a Roma in occasione dei 30 anni della previdenza complementare lo scorso novembre) il sacrificio è di poco meno di 13 mila euro in 40 anni di vita lavorativa attiva, per avere un gruzzolo previdenziale extra di 120 mila euro. Si tratta in soldoni di meno di un caffè al giorno (circa 27 euro al mese), per garantirsi una pensione complementare significativamente più generosa di quella che si otterrebbe versando al fondo pensione solo il Tfr oltre che un importo complessivo significativamente superiore al Trattamento stesso lasciato in azienda e rivalutato secondo le norme di legge.

Dalle elaborazioni degli esperti di Previndai, guidati dalla Responsabile dell’Ufficio Gestione Rischi, Simona Farrotti, emerge infatti che un lavoratore con un percorso di carriera regolare, che avesse deciso di lasciare il suo Tfr in azienda, avrebbe a disposizione a fine carriera circa 167 mila euro; un dipendente che avesse scelto di destinare il solo trattamento di fine rapporto potrebbe contare su 260 mila euro e chi invece avesse deciso di aggiungere anche il suo contributo, arriverebbe a 380 mila euro complessivi.

Come accennato all’inizio, per quest’ultimo lavoratore, che si ritroverà con 120 mila euro complessivi in 40 anni, la rinuncia in termini di reddito disponibile sarà stata di soli 12.600 euro complessivi in 40 anni.

Questo è quanto avrà versato nell’arco temporale indicato? No, avrà versato di più ma avrà recuperato somme importanti grazie alla deducibilità dal reddito dei versamenti ai fondi pensione. “L’evidente sproporzione tra beneficio derivante dall’adesione al fondo pensione ed il costo sopportato dall’iscritto – spiega Farrotti – deriva principalmente dalla combinazione di un trattamento fiscale agevolato e dal versamento a carico del datore di lavoro, cioè il contributo che lo stesso è tenuto a versare nel caso in cui il lavoratore decida diversare la quota a proprio carico. Il contributo complessivo versato da lavoratore e datore di lavoro, infatti, è deducibile fino a 5.164 euro”. Per fare un esempio: “per il primo anno di iscrizione, a fronte di un versamento al fondo di 787,50 euro (287,50 euro a proprio carico più altri 500 euro a carico dell’azienda) l’iscritto dovrà rinunciare a soli 215,63 euro di reddito disponibile (netto imposta e contributi INPS) proprio grazie alla deducibilità fiscale dei contributi a previdenza complementare”.

Infine, una parte non trascurabile del risultato in termini di maggiori risorse a disposizione di chi sceglie la previdenza complementare sarà dovuta anche ai rendimenti ottenuti scegliendo i comparti giusti. “Proprio su quest’ultimo aspetto – prosegue  la responsabile della FGR del Fondo – abbiamo voluto verificare quanto un’errata allocazione possa incidere sul risultato finale: questo in quanto spesso i giovani, pur avendo un lungo orizzonte temporale di contribuzione attiva a fondo pensione,  che gli consentirebbe di sfruttare al meglio il beneficio derivante dalla ‘diversificazione temporale’ dei mercati finanziari, ossia la possibilità di ottenere rendimenti più elevati smussando i picchi di volatilità grazie al trascorrere del tempo, scelgono un comparto conservativo o garantito con un basso profilo di rischio e, conseguentemente, un basso rendimento atteso; ciò potrebbe comportare una prestazione a scadenza non adeguata alle necessità di copertura previdenziale, ampliando il c.d. gap previdenziale di quello che abbiamo definito ‘gap da allocazione’”.

Come si vede nella tabella sopra, infatti, la scelta del comparto sbagliato (in questo caso eccessivamente prudente rispetto all’orizzonte temporale dell’iscritto), nell’arco di 40 anni può portare a una perdita in termini di differenza tra l’ultimo stipendio e la pensione pubblica più quella di scorta, di circa il 9%, di fatto vanificando quasi totalmente il beneficio derivante dalla contribuzione a proprio carico e a carico del datore di lavoro.

È utile sottolineare che queste simulazioni riguardano un percorso impiegatizio e non quello dirigenziale, che è un’evoluzione di quanto riportato nello studio.

In caso di carriera dirigenziale, il forte tasso di crescita della retribuzione e la presenza di un tetto retributivo (il così detto massimale Inps), attorno ai 100 mila euro l’anno, per il versamento dei contributi della pensione pubblica, comporta, inevitabilmente, che il gap previdenziale da colmare sia decisamente più alto. Al momento del pensionamento, il tasso di sostituzione derivante alla previdenza di base è compreso tra il 40% e il 41%, ben più contenuto rispetto a quello di un soggetto con una carriera ‘regolare’. La previdenza complementare in questo caso è un ottimo aiuto per mantenere il tenore di vita, consentendo di arrivare al 71% dell’ultimo stipendio per gli uomini e al 63% per le donne. La differenza sconta una retribuzione iniziale più bassa per le lavoratrici e un’aspettativa di vita più alta, che ha effetto sul va lore della pensione complementare”, conclude Farrotti.

* È possibile visionare le ipotesi sui contributi minimi utilizzati per lo studio e tutte le altre principali variabili al seguente link

** Fonte Previndai MediaPlayer

In apertura: Immagine di gpointstudio su Freepik

RITMO GIUSTO, un’esperienza di collaborazione sociale

Le competenze manageriali sono identificate fra gli elementi necessari per accompagnarci ad uscire dalla grave crisi economica e sociale che l’evento pandemico ha scatenato

Sarà certamente un periodo lungo quello della trasformazione dei sistemi sociali e del lavoro, ma ciò che è fuori dubbio è che anche i manager saranno chiamati ad un imponente sforzo di collaborazione sociale.

La loro partecipazione alle attività della nostra associazione, riferimento per il mondo Federmanager del volontariato manageriale, può giocare un ruolo determinante per accompagnare questa rinascita, partendo proprio dalle generazioni più giovani, per crescerle in un’ottica di responsabilità, attenzione alla comunità, e sviluppo di atteggiamenti e competenze che segneranno il cambio di paradigma rispetto al passato recente.

Federmanager Roma, attraverso l’azione dei propri iscritti e supportando economicamente il progetto Ritmo Giusto fin dalla sua nascita, ha posto l’accento sulla necessità di sviluppare con i ragazzi, anche quelli più giovani, percorsi di educazione alla cittadinanza attiva con un focus sulla salute, uno degli obiettivi di lunga data dei sistemi educativi europei e tematica da tempo centrale nell’azione di Vises.Il Ritmo Giusto è la rinnovata progettualità Vises Onlus, sostenuta dall’Otto per Mille della Chiesa Valdese e in partnership con ANP – Associazione Nazionale Dirigenti pubblici e alte Professionalità della scuola, che focalizza e sviluppa negli studenti delle scuole medie italiane, attraverso un’esperienza laboratoriale inserita armonicamente nel loro percorso scolastico, alcune competenze chiave identificate dalle istituzioni Europee e Nazionali.

Collaborare e partecipare e agire in modo autonomo e responsabile sono skills fondamentali per l’esercizio di una cittadinanza attiva, irrinunciabile per il cittadino/lavoratore di oggi e domani. Il focus sull’educazione alla salute, il coinvolgimento e la formazione di soggetti interni ed esterni al mondo della scuola, la creazione partecipata di modelli e strumenti da mettere gratuitamente a disposizione del mondo della scuola e dei territori, sono le caratteristiche principali dell’intervento che ne garantiscono impatto e sostenibilità, permettendone la replicabilità su tutti gli Istituti di istruzione superiore di primo grado del territorio nazionale.

I manager di Federmanager Roma, Milano Aldai, Bologna Ferrara Ravenna e Napoli, saranno impegnati a fianco dei ragazzi e dei loro docenti, collaborando fra loro a livello nazionale e condividendo con il mondo della scuola le proprie competenze e saperi per accompagnarli nella costruzione di una società più attiva e partecipata, in cui tutti, e i manager di Federmanager in particolare, testimoniano, mettendosi in azione, l’attenzione e la cura per il benessere degli altri e di tutta la comunità.

L’ASD Atletica Futura Roma

L’atletica leggera è tra gli sport maggiormente inclusivi. Da oltre trenta anni l’Associazione Sportiva Dilettantistica Atletica Futura Roma avvia giovani alla pratica sportiva, formando ottimi atleti che non di rado diventano campioni. A dimostrarlo la storia di successi del giovane Yupo

Il 3 dicembre di ogni anno ricorre la giornata mondiale delle persone con disabilità volta a promuovere i diritti dei disabili ed intraprendere azioni per la loro inclusione in tutti gli aspetti della vita sociale, politica, culturale ed economica. Dal 2010 in Italia esiste la FISPES, federazione riconosciuta dal CONI, che persegue lo scopo di permettere la pratica sportiva anche a persone con gravissime disabilità.

Al riguardo vogliamo sottolineare come la disciplina sportiva più inclusiva sia l’atletica leggera. Infatti, a differenza di altri sport che richiedono ai praticanti particolari caratteristiche fisiche (ad esempio basket, pallavolo, rugby), l’atletica non esclude nessuno. Giovanissimo o in età matura, filiforme o ben piantato e muscolato, veloce o resistente, troverai sempre una specialità a cui dedicarti. non per niente l’atletica viene considerata “sport di base” per eccellenza in quanto propedeutica a ogni pratica sportiva. L’ASD Atletica Futura Roma

A Roma e nel Lazio, si distingue per la pratica agonistica, i risultati conseguiti e i tanti giovani talenti prodotti, lAssociazione Sportiva Dilettantistica Atletica Futura Roma fondata da un gruppo di amici nel 1989.

Anche aggregando diverse società giovanili, soprattutto di Roma e provincia (Tivoli, Bracciano, Fiumicino, Tarquinia), dedite soprattutto al reclutamento e all’avviamento alla pratica dell’atletica leggera, la Futura nel corso degli anni ha raggiunto e consolidato una posizione di rilievo in ambito nazionale. In particolare, dal 2013 la società partecipa alla finale “oro” del campionato di società assoluto competendo con le più forti e blasonate compagini italiane. Rilevanti le 96 medaglie ad oggi conseguite nei vari campionati nazionali individuali e a squadre, nonché le 25 presenze di atleti in rappresentative italiane partecipanti a manifestazioni internazionali.

Ben si comprende lo spirito educativo e formativo che realtà sportive come Futura hanno per i giovani atleti. Diventa dunque un obbligo supportarle ed aiutarle tanto più in un momento particolarmente difficile come quello a cui il Covid ci ha costretto.

Yupun Priyadarshana Abeykoon Mudiyanselage (per gli amici semplicemente Yupo)

Nel corso dell’anno 2020, di assoluto prestigio il titolo italiano assoluto conquistato nella staffetta 4×400 nonché l’eccezionale 10.16 sui 100 metri ottenuto dal tesserato, di nazionalità cingalese, Yupun Priyadarshana Abeykoon Mudiyanselage (per gli amici semplicemente Yupo). Il ragazzo, in Italia dal 2015 e tesserato dal 2016, dapprima è stato seguito dal tecnico Maurizio Raparelli ottenendo immediatamente, nel biennio 2016/17, tempi inferiori a 10.60 e il personale a 10.51. Lo stesso Raparelli, resosi conto dell’enorme potenziale di Yupo, con l’appoggio della Futura e con la gradita disponibilità del Gruppo Sportivo delle Fiamme Gialle, ha suggerito e fatto in modo che l’atleta fosse ospitato, per gli allenamenti e successivamente anche a pensione, nella struttura di Castel Porziano. Da quel momento Yupo, già vincitore nel 2017 dei 100 metri ai campionati in Sri Lanka, ha cominciato il progressivo salto di qualità, stabilendo nel 2018 il personale sui 100 in 10.31 e, nel 2019, vincendo sempre i 100 e contribuendo alla vittoria della Futura anche nella staffetta 4×100 nella finale dei Societari a Firenze.

Poi nel 2020, avvalendosi già dall’autunno 2019 della preziosa assistenza di Claudio Licciardello (tecnico delle Fiamme Gialle, ex quattrocentista che nel 2008, alle Olimpiadi di Pechino, corse in 45.25 sfiorando il record italiano), i progressi di Yupo sono apparsi sempre più evidenti fino all’esplosione lo scorso 8 settembre nel meeting di Dessau, dove, battendo Deniz Almaz, in quel momento primatista stagionale europeo, ha corso nel fantastico 10.16. A questo punto, nella convinzione che il potenziale dell’atleta sia ancora non espresso completamente, non possiamo che augurargli di poter partecipare alle prossime olimpiadi, partecipazione che rappresenta il sogno di ogni agonista sportivo.

Per chi volesse entrare in contatto con l’Associazione Dilettantistica Sportiva Atletica Futura Roma può contattare direttamente gli uffici Federmanager Roma all’indirizzo mail segreteria@federmanager.roma.it e al numero telefonico 0644170810.

Stelle e Palme per uno sport migliore

Stelle e Palme per uno sport migliore

Il Generale Gianni Gola, presidente dell’ANSMeS, ci presenta l’Associazione che riunisce le Stelle e le Palme al Merito Sportivo e che nasce per promuovere lo sport in ogni settore della società, accrescendone il valore formativo, culturale e agonistico

L’ANSMeS, l’Associazione Nazionale Stelle e Palme al Merito Sportivo, nasce a Bari il 4 giugno 1986 per riunire in un medesimo sodalizio le persone, le istituzioni, le società e gli enti sportivi insigniti della Stella al Merito Sportivo e della Palma al Merito Tecnico conferite dal CONI e dal CIP (Comitato Italiano Paralimpico).

Riconosciuta “Associazione Benemerita”, opera per valorizzare il significato delle Stelle e delle Palme come alta benemerenza morale e per realizzare iniziative che aiutino i giovani a recepire e divulgare il valore etico, educativo e sociale dello sport.

Dal 2016 presidente è Gianni Gola. Già Comandante, da Generale, del Centro Sportivo della Guardia di Finanza, Presidente della Federazione Italiana di Atletica Leggera e del Consiglio Internazionale dello Sport Militare, tre organismi che, negli anni, ha contribuito a far crescere e consolidare. In gioventù è stato atleta di prestigio, valente lanciatore di martello nella seconda metà degli anni ‘60.

Gen. Gianni Gola, presidente dell’ANSMeS

Al fine di conoscere meglio l’Associazione e cogliere le finalità e comprenderne i valori, le idee, i progetti e le iniziative, abbiamo rivolto qualche breve domanda al presidente Gianni Gola.

 Con oltre trenta anni di storia, quali sono oggi gli impegni che l’ANSMeS si è assunta per dare il proprio contributo al mondo dello sport?

Il primo obiettivo è proprio quello di assicurare la più ampia valorizzazione delle Stelle e delle Palme curando e potenziando la propria Struttura associativa. Nel contempo riuscire ad offrire specifiche competenze culturali, tecniche e dirigenziali dei suoi associati. Ma il nostro maggiore impegno è innanzitutto quello di riuscire a divulgare e far recepire, soprattutto dai più giovani, il valore morale, educativo e sociale dello sport, difendendo il diritto alla pratica e sollecitando per questo le istituzioni a mettere a disposizione, di tutti, i mezzi necessari. Per questo realizziamo anche campagne nazionali di sensibilizzazione su temi di grande rilievo, interessando regioni e città nel corso di un intero anno.

 Stelle e Palme: a chi vengono concesse e attribuite?

Sono onorificenze sportive conferite dal Comitato Olimpico Nazionale Italiano allo scopo di premiare atleti, dirigenti, tecnici, e società che, per l’attività svolta abbiano dato lustro allo Sport Italiano. Le Stelle sono concesse alla Bandiera di enti sportivi che abbiano contribuito a diffondere e onorare lo sport nel Paese o a personalità sportive nazionali che abbiano lungamente e con impegno servito lo sport. Le Palme sono attribuite ai Tecnici sportivi per i risultati ottenuti da atleti e società sportive, distintisi a livello nazionale ed internazionale e per il rilevante contributo fornito per l’aggiornamento tecnico e lo sviluppo dell’attività giovanile.

 Perché, chi si è potuto fregiare di una così alta benemerenza, deve entrare a far parte dell’ANSMeS?

Sono tanti i motivi, ma primo tra tutti per rendere un servizio al Paese: ogni associato può mettere a frutto esperienze e capacità, attraverso la collaborazione virtuosa con le istituzioni sportive, culturali e amministrative, nazionali e locali, in armonia con i programmi del CONI e delle Federazioni Sportive. Ciascuno potrà continuare ad essere attivo, da volontario, nel mondo dello sport e rinsaldare legami con società, dirigenti, tecnici insigniti, come lui, di un’alta onorificenza sportiva. Il suo contributo può rappresentare un aiuto fondamentale allo sport, per realizzare cose concrete, iniziative tecniche, culturali, sociali che diffondano i valori della pratica sportiva nelle scuole, tra i giovani, i disabili, gli anziani. Insomma per abbattere l’inerzia, l’indifferenza, l’ignoranza, l’ostilità, di persone e istituzioni che spesso frenano e ostacolano la crescita sportiva dei nostri giovani. Mi sembrano tanti e tutti validi i motivi.

Ripartiamo uniti per riprogettare un nuovo futuro

Ripartiamo uniti per riprogettare un nuovo futuro

Un nuovo futuro: i manager volontari di Federmanager Roma hanno contribuito in questi anni a portare avanti i progetti Vises dedicati all’educazione e alla formazione dei giovani. Importante proseguire su questa strada

Lo stravolgimento che l’attuale emergenza a livello mondiale sta portando nelle vite di ognuno di noi impone di guardare al futuro con uno sguardo diverso, per tentare di ridisegnare una realtà migliore di quella che abbiamo lasciato. In questi mesi abbiamo riscoperto il valore della responsabilità, reagendo insieme, con la forza di una comunità, per tutelare ogni singolo individuo e soprattutto i più deboli. Dobbiamo quindi proseguire questa strada che ci ha portato a riscoprire la solidarietà, per dare una risposta concreta a bisogni sociali che saranno sempre più urgenti e per ripensare un modello di sviluppo che ha mostrato tutta la sua fragilità.

Una tra i temi più urgenti sui quali focalizzarsi sarà l’educazione dei nostri giovani. Dovremo affrontare le conseguenze della necessaria sospensione della scuola, ci troveremo di fronte a profonde disuguaglianze e dovremo ripartire offrendo sostegno a quanti sono rimasti indietro. Sarà necessario offrire ai ragazzi nuove e rafforzate competenze, per permettere loro di entrare in un modo del lavoro che si mostrerà ancora più complesso, visto il cambiamento profondo in atto e che andrà a delineare una nuova idea di occupazione che premierà ancora di più meritocrazia, competenze e creatività, presupposti indispensabili per il rilancio del Paese.

Vises, onlus di Federmanager, da anni lavora per contribuire al benessere delle persone e di tutta la comunità, tutelando i diritti dei più deboli. Realizzando percorsi educativi innovativi per lo sviluppo delle competenze personali e professionali, offre orientamento e sostegno a donne e giovani, categorie che la crisi attuale sta colpendo duramente.Ripartiamo uniti per riprogettare un nuovo futuro All’educazione dei giovani Vises ha dedicato negli anni gran parte della sua azione: con progetti come Abc Digital, Un’impresa che fa scuola e Apprendere x Riprendere, realizzati anche grazie al costante sostegno di Federmanager Roma e di molti manager.

Insieme a questi manager, uomini e donne abituati a trasformare i problemi in opportunità, volontari che con professionalità e passione si impegnano in prima linea, abbiamo potuto continuare, anche a distanza, lo sviluppo dei percorsi per lo sviluppo delle competenze trasversali, un supporto fondamentale per i ragazzi che si troveranno ad affrontare le continue sfide e cambiamenti della società moderna. Per garantire il diritto fondamentale all’istruzione e immaginare un nuovo futuro per i nostri giovani è necessario ripartire insieme, oggi ancora più uniti.

L’impegno per la “Res Publica”

L’impegno per la “Res Publica”

In Italia, a fronte di un’economia mondiale globalizzata, dove a dominare sono i poteri forti della finanza, si sente l’esigenza di una classe dirigente all’altezza, capace di rispondere alle sfide che la contemporaneità pone. Serve rilanciare la passione civile per la “Res Publica”, coniugando le aspettative dei giovani e l’esperienza degli anziani

Era il 2008, quando in America era già scoppiata la crisi dei mutui sub prime e gli effetti si erano abbattuti, subito dopo anche sui conti delle banche, dei fondi previdenziali, delle compagnie assicurative e dei fondi comuni d’investimento italiani. La follia di una finanza spregiudicata che aveva confezionato titoli tossici, stava devastando il sistema finanziario mondiale. La reazione a catena metteva ancora di più in risalto la globalizzazione e un mercato che non voleva, e che non ha regole, grazie all’accondiscendenza delle classi politiche votate, di fatto, al liberismo più sfrenato.

La “Globalizzazione”, una parola prima tanto osannata oggi tanto temuta, è un fenomeno con il quale siamo entrati in confidenza solo dalla fine del secolo scorso. In realtà è una dimensione con la quale l’occidente ha avuto a che fare sin dall’espansione dell’Impero Romano sotto Traiano (II secolo d.C.). E poi, via via, con i viaggi di Marco Polo in Cina, verso la fine del XIII secolo, con la scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombo nel 1492, con le esplorazioni di Vasco de Gama che tentò la navigazione diretta fino all’India e con Ferdinando Magellano, il primo a tentare la circumnavigazione del globo.

La conquista di altri Stati e il loro asservimento a Roma prima e agli altri Paesi colonialisti dopo, favorì lo sviluppo dei mezzi di comunicazione e i conseguenti scambi commerciali che svilupparono le interconnessioni economiche e culturali tra paesi lontani, fino ad allora vissuti in una sorta di autarchia.

È evidente che la globalizzazione determina il dominio dei poteri potenti su quelli più fragili. Oggi i potenti della finanza hanno sottomesso gli Stati più fragili e meno sviluppati alle regole ferree del dominio dei capitali su qualsiasi altra necessità sociale ed economica. Questa è la tragica sintesi della situazione in cui ci troviamo.

Ricordo che quando il fenomeno iniziò a prendere piede, alcuni di noi obiettarono che questo mantra della globalizzazione, avrebbe ridotto gli Stati e le popolazioni a meri servitori di pochi grandi manovratori. Mettevamo in evidenza che l’arretratezza di alcuni paesi, nella competizione globale, poteva essere mitigata solo da interventi mirati dello stato in ambiti ben precisi, nei quali i privati non avevano interesse ad investire. In definitiva affermavamo niente di più e niente di meno di quello che avrebbero proposto degli economisti di stampo keynesiano e liberale. E noi ci univamo a questi. L’impegno per la “Res Publica”Dopo oltre 25 anni dalla fine della cosiddetta “Prima Repubblica”, abbiamo un Paese ingessato, incapace di voltare pagina e programmare il proprio futuro alla luce dei cambiamenti che sono intervenuti nel frattempo. Il problema alla base di questo disastro è la mancanza di una classe dirigente all’altezza dei compiti che la contemporaneità ci pone. Questo è certamente uno dei primi temi che dovrebbe essere messo in un’agenda della politica e del nostro Governo in particolare.

Risolvere questa problematica, significherebbe ripartire con il piede giusto per rilanciare la passione civile per la “Res Publica”. Oggi, per comprenderne la portata e il significato di questa locuzione, basterebbe richiamare il pensiero di un grande pensatore e giurista vissuto nel I° secolo a.C., Marco Tullio Cicerone, il quale nel suo trattato politico “De re publica” ci dice: ”’La res publica’ è cosa del popolo; e il popolo non è un qualsiasi aggregato di gente, ma un insieme di persone associatosi intorno alla condivisione del diritto e per la tutela del proprio interesse”. E ancora, come diceva Bertrand Russel: “L’educazione dovrebbe inculcare l’idea che l’umanità è una sola famiglia con interessi comuni”.

Scommessa vinta e di merito c’è tanto bisogno!!!

Premio giovane Manager – Finale Centro Sud – Roma 28 gennaio 2020

Eh già, chi lo avrebbe mai pensato che saremmo arrivati alla terza edizione nazionale del Premio Giovane Manager. Mi sembra ieri quando il 16 dicembre 2016 nella Sala della Lupa alla Camera dei Deputati facemmo la primissima edizione come Federmanager Roma (quindi estesa solo ai nostri giovani) lanciando un contest nata grazie all’intuizione del Presidente Gargano e del sottoscritto. Difatti, ci inventammo lì per lì un premio ed una procedura di selezione che sembrerebbe uguale a tante altre ma che in realtà non lo è e ve lo spiego.

Renato Fontana, Coordinatore Gruppo Giovani Federmanager

Prima di tutto non c’è una giuria (come spesso accade) che si riunisce e comincia a cercare nomi da premiare, qui infatti tutti i giovani iscritti a Federmanager sono candidati perché la selezione avviene su tutto il bacino dei giovani manager. Inoltre, la selezione nella prima fase è una peer to peer review ovvero dei manager (il Coordinamento Nazionale ovvero il Gruppo Giovani di Roma nella primissima edizione) che si riuniscono e valutano collettivamente i candidati che possono anche essere stati segnalati da un collega che li ritiene particolarmente meritevoli.

Quest’ultimo punto è un valore aggiunto per tutta la nostra Federazione perché rappresenta dei colleghi (altrettanto bravi come i candidati) che si mettono al servizio di altri per valorizzare quelli più meritevoli che magari rivestono già posizioni di rilievo, hanno fatto eccellenti percorsi di studio e di carriera, anche internazionali.

Tuttavia per rendere più selettivo il percorso e rimuovere quell’idea di una cosa fatta e gestita in casa, ecco che dopo il primo step subentra un Head Hunter di caratura internazionale. Quest’ultimo, in autonomia, risente i candidati evidenziati dalla prima selezione (per la verità abbastanza ampia) e li valuta attraverso dei parametri oggettivi ai quali poi si aggiunge un colloquio individuale in cui viene fuori l’esperienza professionale del candidato a la sensibilità professionale di chi, Head Hunter, ricerca quotidianamente talenti di successo da inserire in azienda.

Stefano Cuzzilla: Capacità a disposizione del Paese

Stefano Cuzzilla, presidente di Federmanager, ribadisce come Roma e la Regione Lazio debbano diventare il motore per il rilancio del Paese. Per far ripartire l’economia in Italia indispensabile è il ruolo dei manager, insieme ad una maggiore intraprendenza della politica, tutelando gli interessi delle categorie più deboli come giovani, donne e pensionati

Ad aprire i lavori dell’Assemblea annuale di Federmanager Roma, di fronte ad un foltissimo pubblico, è stato Stefano Cuzzilla, Presidente Nazionale di Ferdermanager. L’intervento ha avuto un toccante prologo: un doveroso ricordo e l’invito ad un minuto di raccoglimento per Domenico Gargano, padre di Giacomo Gargano presidente di Federmanager Roma: “una persona di enorme spessore umano, un manager capace e preparato ed un amministratore che tanto ha fatto per la città di Cassino e per l’intero basso Lazio”.

Rivendicando con orgoglio la sua romanità, Cuzzilla ha voluto comunque salutare con entusiasmo l’assegnazione delle olimpiadi invernali a Milano-Cortina. Ha ricordato come “la capitale e la regione Lazio devono rappresentare il motore per il rilancio del Paese. In questa Regione – ha precisato – vantiamo settori importanti, dal farmaceutico all’edilizia, passando per la meccanica, la logistica e i servizi. Sono realtà che vanno sostenute”.Non è mancato un plauso all’ottimo lavoro di Federmanager Roma e del suo Presidente Gargano: “Un lavoro difficile in una città complicata , terreno di scontri, di battaglie politiche, di difficoltà quotidiane, dalle manifestazioni alle metropolitane chiuse. Dobbiamo essere forti e di Giacomo ci fidiamo, una persona seria che avrà la nostra totale vicinanza oggi, domani e sempre”. Le amministrazioni pubbliche, la politica e le organizzazioni di rappresentanza di manager e imprese devono dialogare.

Stop innanzitutto alla burocrazia che “pesa il 4,6% del PIL” ed un sì convinto alle infrastrutture: “gridiamo mille volte sì alla TAV, è importante fare opere ed offrire prospettive agli imprenditori”. Le potenzialità che l’Italia offre, per posizione geografica e storia, non vanno mai dimenticate. “Nasce dunque l’imperativo del ‘fare’, dare lavoro e dare sicurezza ai nostri imprenditori”.

La classe manageriale ha in questo un’enorme responsabilità e Federmanager, ha precisato Cuzzilla, non l’ha mai negata né sottovalutata: “Per questo abbiamo deciso di lanciare Governance 2020”. Ricordiamo che si tratta di un’iniziativa che si avvale del supporto di Spencer Stuart, società leader nella consulenza in tema di Corporate Governance. Governance 2020 si sostanzia in una call ai manager iscritti alla Federazione che hanno maturato esperienze adatte a far parte degli organi amministrativi e di controllo di società quotate e delle più rilevanti società non quotate, sia pubbliche che private. “Federmanager – ha sottolineato Cuzzilla – ha accettato questa sfida, cercherà di presentare nomi dalle elevate competenze, senza fare patti con la politica finalizzati al voto”.Ma le sfide non finiscono qui. Aiutare i giovani è un’assoluta priorità: “è necessario far fruttare i sacrifici delle famiglie, non abbandonarle e far sì che i loro figli possano, qui in Italia, investire sul loro futuro”. Aiutare le donne, garantendo loro di lavorare in assoluta tranquillità “senza l’incubo di una maternità che possa far perdere il lavoro o le proprie qualifiche. Tutto questo non lo permetteremo”, sottolinea Cuzzilla, aggiungendo: “tutte le aziende che nei loro Cda vedono una forte presenza femminile hanno saputo reagire meglio alla crisi”.

Stare vicino ai pensionati: “Sono pronti, presso la CIDA, i ricorsi per tutelare chi ha lavorato una vita, ha versato i propri contributi ed ora si vede mettere in discussione diritti acquisiti. Sono persone da difendere, da tutelare, uomini e donne che hanno investito sul loro futuro, hanno aiutato i figli ed ora vedono in pericolo i loro diritti”. Sanità integrativa e previdenza sostitutiva offerte dagli enti collaterali rappresentano le best practices di Federmanager: “mettiamo le nostre capacità a disposizione del Paese”. Uguale attenzione assicura il Presidente nazionale sarà garantita a chi ha perso il proprio posto di lavoro. In questo senso, ha ricordato Cuzzilla, si stanno portando avanti progetti importanti tra i quali 4.Manager in collaborazione con Confindustria.

La consulenza di Welfare

La consulenza di Welfare contrattuale crea distintività categoriale se gestita sul territorio

Praesidium: affiancare le aziende per progettare insieme le migliori soluzioni assicurative e di tutela per i dipendenti lungo tutto il ciclo della vita

Il contesto

Da una recente ricerca di Ipsos “Gli italiani, bisogni, aspettative e scelte di welfare” emerge che le maggiori preoccupazioni degli italiani riguardano soprattutto l’eventuale condizione futura di non autosufficienza (46%), l’inadeguatezza della pensione (36%), la difficoltà di affrontare spese familiari (30%) e l’incertezza di una prospettiva lavorativa lineare (29%). Nonostante ciò, l’86% degli intervistati ha dichiarato di non essersi ancora posto il problema di come affrontare in termini economici tali eventi: soltanto il 22% degli italiani dispone di un’assicurazione sanitaria e addirittura il 61% non ha interesse a farla, il 30% dichiara di poter contare su un piano pensionistico complementare. Fortunatamente quando si parla di lavoratori il trend è fortunatamente migliore; i servizi di welfare presenti nei piani aziendali che comprendono l’assistenza sanitaria integrativa e la previdenza complementare sono tra i più richiesti.

Il welfare aziendale è utile ad aziende e dipendenti

Il principale riferimento normativo in materia di welfare aziendale e benefici fiscali è il Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR), all’interno del quale si individuano somme e valori che, se erogati dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti, non costituiscono reddito fiscale per loro e sono deducibili dall’azienda ai fini Ires, godendo quindi di un particolare trattamento fiscale.

Oltre al miglioramento dell’efficienza fiscale nell’allocazione delle risorse, i benefici si riflettono positivamente anche sulla produttività, sull’employer branding, nelle sue varie declinazioni e sulla reputazione sociale dell’impresa.La consulenza di Welfare È da precisare che le politiche di welfare aziendale nel tempo sembrano essere state intraprese in misura maggiore dalle grandi e medie imprese. Ciò pone l’accento sulla necessità di dover stimolare il settore delle microimprese (6 milioni di aziende con meno di 10 addetti) ricorrendo, oltre ad altre misure, anche alla collaborazione di consulenti di welfare, sia per la progettazione e realizzazione di piani di welfare coerenti con i reali bisogni dei dipendenti, sia per l’assistenza nella costituzione di reti d’impresa di welfare a superamento della loro ridotta dimensione ai fini di una significativa ottimizzazione delle risorse investite.

Guardare ai giovani

Sono gli under 35 i più interessati e propensi all’utilizzo delle diverse iniziative di welfare rispetto ai colleghi di altre fasce d’età che sfruttano maggiormente i servizi messi a disposizione delle imprese.

Nella sostanza, però, le priorità sono un po’ diverse rispetto a quelle delle generazioni più adulte. Per loro, infatti, welfare è sinonimo di voucher e convenzioni associato al work-life balance: più tempo di qualità da dedicare a se stessi, alla propria crescita manageriale, alla formazione personale e al proprio benessere psico-fisico e relazionale. Però, questo nuovo approccio di fruibilità dei flexible benefit in un Paese come il nostro, dove si entra tardi nel mondo del lavoro e per di più basato sul metodo contributivo, pone seri rischi per il futuro previdenziale ed economico dei giovani anche dirigenti.

Quest’ultimo aspetto di potenziale rischio sociale sta diventando per il nostro sistema bilaterale, un positivo campo di sperimentazione per nuove politiche attive del lavoro e di welfare contrattuale. Occorre valutare se per lo sviluppo del nostro Sistema di rappresentanza convenga assumere oltre al ruolo “normativo” nella contrattazione, anche quello “operativo” di gestione nel territorio dei piani di welfare, oggi opportunità di sviluppo dei diversi provider di mercato, investendo tutta la competenza di cui siamo capaci su strutture territoriali di consulenza professionalizzate per erogare più servizi.

È facile immaginare che una scelta di tale portata favorirebbe processi d’innovazione e di sviluppo di politiche attive del lavoro come la managerialità, la cultura d’impresa, nuovi modelli di welfare integrativo e in particolare sarebbe utile per:

a) sensibilizzare le aziende e le nuove generazioni di dirigenti sul valore della solidarietà intergenerazionale del welfare contrattuale in grado di tutelare i manager per tutto l’arco della propria vita (garanzia che i nostri Fondi di Sistema possono assicurare);

b) contrastare la debole cultura previdenziale e di gestione del risparmio che limita l’autonomia e la capacità delle aziende e dei dirigenti nel decidere in modo consapevole le soluzioni di welfare più appropriate;

c) invertire la percezione negativa che aziende e dirigenti hanno avuto nei confronti del mercato dell’offerta di welfare a causa di esperienze negative nei confronti di alcuni intermediari assicurativi;

d) instaurare con i decisori aziendali e i dirigenti, collaborazioni “operative”, strutturate e continue, capaci di generare sviluppo associativo.La consulenza di Welfare

Praesidium per lo sviluppo associativo del Sistema Federmanager

Tutto ciò premesso, per governare i nuovi scenari evolutivi del welfare aziendale e per le considerazioni sopra esposte, Federmanager sta intraprendendo iniziative volte a potenziare il proprio sistema anche attraverso la riorganizzazione di Praesidium, struttura di brokeraggio assicurativo che da 15 anni opera con successo nella consulenza di servizi di risk management, risk family, nella distribuzione e promozione di soluzioni assicurative sul territorio. Con tali obiettivi di sviluppo Praesidium sta ridefinendo la sua governance e il suo assetto organizzativo per cogliere le nuove opportunità offerte del sistema Federmanager e contribuire in prima linea allo sviluppo associativo attraverso un’offerta di servizi e consulenza qualificata e integrata.

Università, imprese e manager: un impegno comune per la formazione

Abbiamo incontrato il rettore dell’Università La Sapienza di Roma Eugenio Gaudio per parlare di formazione degli studenti verso il mondo del lavoro e di nuovi indirizzi di studio, con l’obiettivo di accrescere la competitività internazionale delle nostre imprese ed affrontare le nuove sfide in ambito regionale e nazionale

Federmanager è la federazione dei dirigenti delle aziende industriali e – da sempre – ha particolarmente a cuore la crescita delle aziende e la nascita di nuove, nella piena consapevolezza che la tutela del lavoro manageriale trova la sua migliore espressione nel prosperare della vita industriale. Ma per procedere in tale direzione è indispensabile comprendere che la crescita industriale non è possibile senza la cultura, la formazione e la ricerca scientifica. Per questo l’Università, il mondo industriale e il mondo manageriale sono tre colonne unite da un vincolo indissolubile. Un patto non scritto che, di fatto, ha consentito al nostro paese di risollevarsi nel secondo dopoguerra e di restare sulla rotta giusta nonostante tutte le tempeste. Noi di Federmanager Roma abbiamo la fortuna di avere nella Capitale la nostra Università La Sapienza, una delle più grandi e antiche università del mondo. Per quelli tra di noi che hanno qualche capello bianco, e che hanno studiato in un’epoca in cui l’offerta formativa era meno variegata di oggi, la Sapienza rimarrà sempre nel nostro cuore semplicemente come l’Università. Per capire come rinnovare e perpetuare questo patto virtuoso tra le aziende, i dirigenti industriali e la nostra Università oggi abbiamo fatto qualche domanda al Magnifico Rettore Eugenio Gaudio.

Cosa pensa della necessità di indirizzare la formazione universitaria verso il mondo del lavoro e delle imprese?

Su questo tema farei alcune distinzioni. Penso che nella globalizzazione sia sempre più indispensabile generare la massima interazione per gestire i cambiamenti, ma per raggiungere questo obiettivo servono persone flessibili e capaci di formazione continua. Il mondo del lavoro si trasforma in maniera rapida e ci richiede un nuovo approccio alla formazione che sia innovativo e antico al tempo stesso. Si tratta di far crescere e formare gli individui, gettando le basi dello sviluppo della personalità di ciascuno in maniera tale da metterlo in grado di produrre i valori indispensabili nel futuro che sono la flessibilità e la capacità di formazione continua. Per questo la maggior parte dei corsi di laurea deve avere un’impostazione e una metodologia fondate proprio su quella caratteristica di interdisciplinarità che fa a tutt’oggi della formazione universitaria italiana un’eccellenza riconosciuta all’estero, laddove i nostri laureati si confrontano con quelli degli altri atenei del mondo. Poi certamente, in casi mirati e molto ben soppesati, si possono introdurre dei corsi di laurea professionalizzanti, ma sempre senza perdere di vista la formazione della personalità generale dell’uomo, che è il valore più prezioso anche per il suo futuro professionale.

Negli anni passati sono nati molti nuovi indirizzi di studio ma non tutti sono stati orientati verso il mondo del lavoro e, in particolare, verso il mondo della produzione industriale. Quali le cose buone e quali gli errori in questo settore?

Tra le cose buone bisogna ricordare la progettazione e l’istituzione, per studenti italiani e stranieri, di nuovi corsi di laurea internazionali, molti dei quali insegnati in lingua inglese ed è giusto menzionare anche i programmi come Erasmus che fanno svolgere parte degli studi all’estero, generando esperienze di vita, oltre che didattiche e scientifiche, per gli studenti di oggi e i cittadini di domani. È stato ottimo anche l’aumento dell’interdisciplinarità dei corsi, come ad esempio nei settori dell’economia e del management, laddove, oltre ai tradizionali insegnamenti di competenze economiche, finanziarie e legali, oggi sono stati inseriti moduli di sociologia, di filosofia, di comunicazione e d’informatica. Infatti il manager moderno è sempre più un “coordinatore di persone” e deve sapere interagire e motivare con la flessibilità che richiedono i rapporti umani. Le cose “meno buone” sono state quelle della replicazione di alcuni corsi tradizionali o della trasformazione di antichi corsi in piccoli corsi triennali. Ad esempio è capitato che un corso di studi unico di quattro o cinque anni sia stato trasformato in una laurea triennale come se fosse un piccolo “bignami” del precedente iter di studi. Queste “riduzioni” se non adeguatamente progettate diventano solo una brutta copia delle lauree tradizionali. È importante, invece, che i corsi di primo ciclo siano profondamente pensati per dare basi solide e metodologiche agli studenti e i corsi magistrali siano progettati per dare un indirizzo specifico. Per arrivare poi alle attività di formazione di terzo livello, come dottorato, specializzazione e master, che dovranno coniugare questa preparazione, solida e sfaccettata, con un aggiornamento continuo e con competenze di applicazione professionale pratica. Ed è con questo sistema che si può gestire il continuo rinnovo che il mondo contemporaneo esige da noi. Infatti con la specializzazione in medicina si diventa super specialisti in un determinato settore ma è con i master che si fa quella formazione continua di aggiornamento e confronto con la pratica quotidiana che è indispensabile per essere i medici del domani.Università, imprese e manager: un impegno comune per la formazione

Quali a suo avviso sono stati i cambiamenti di successo nel riassetto degli indirizzi di studio già operati nella giusta direzione dal suo Ateneo?

Abbiamo avviato molte iniziative di successo con indirizzi di cyber security, intelligenza artificiale e robotica. Hanno uno straordinario successo i nostri corsi di ingegneria dell’informazione e ingegneria gestionale. Particolare soddisfazione ci stanno dando i corsi di scienze della moda. Questi ultimi non sono certo insegnamenti che servono a fare il sarto, ma indirizzi che mettono in condizioni di approfondire la storia, la cultura e l’arte che stanno alla base del grande fenomeno italiano della leadership nella moda, che nasce anche e soprattutto dal portato storico culturale che ognuno di noi italiani si porta dietro anche in modo inconsapevole: la scienza dei tessuti, il gusto dei disegni, la cultura sotto gli aspetti geografico, etnico e religioso. Questi sono tutti valori che entrano in gioco nella composizione di un capo d’abbigliamento. Le linee di gusto artistico vengono dagli studi delle proporzioni di Leonardo, proseguono fino ai grandi quadri del rinascimento e arrivano ai colori che hanno caratterizzato la storia dell’arte contemporanea. Quando si affrontano tutte queste tematiche con spirito scientifico ci si accorge che, per fare di un foulard un capolavoro artistico, serve tanta cultura.

Come pensa che si collochi l’Italia rispetto agli altri paesi del mondo su questo tema del rapporto tra università e lavoro e, eventualmente, da quali paesi avremmo qualcosa da imparare e perché?

Io penso che l’Italia si trovi collocata molto bene e non lo dico per la posizione che ricopro ma per quello che vedo quando vado all’estero e constato la grande capacità degli italiani di interagire nelle professioni a tutti i livelli. La cultura, le basi metodologiche, storiche e scientifiche della formazione italiana, ci portano dappertutto ad adattarci all’ambiente e ad avere rapporti buoni e storie di indiscutibile successo. Quello che dobbiamo migliorare è la relazione tra università e imprese e, per farlo, dobbiamo fare uno sforzo da tutte e due le parti. Le imprese non devono pensare che l’università sia la struttura che gli prepara i dipendenti per il singolo lavoro che c’è da svolgere in quel momento, l’università è fatta per formare le persone per un’intera carriera di ruoli professionali futuri in un mondo che cambia e non certo soltanto per “coprire” una necessità momentanea, perché quest’ultima sarebbe una scelta davvero miope. Quando parliamo di università parliamo di formazione e non di nozionismo. Ma certamente da parte dell’università bisogna riuscire a comunicare maggiormente con il mondo dell’impresa per favorire la formazione continua e per incrementare gli stage e le collaborazioni di ricerca che renderebbero fortissimo il rapporto tra azienda e università. Abbiamo recentemente favorito la nascita di molte start up di giovani proprio per andare in questa direzione. Su tutte queste cose dobbiamo collaborare e, se posso concludere con un esempio di cosa sia un manager moderno, voglio ricordare un grande manager, Sergio Marchionne, laureato in lettere e filosofia, e quindi non un super tecnico, ma un uomo che con la sua cultura ha saputo capire a livello globale quali fossero le esigenze e ha traghettato una grande azienda in modo vantaggioso laddove sembrava impossibile.Università, imprese e manager: un impegno comune per la formazione

Federmanager Roma ha intrapreso una collaborazione con La Sapienza per lavorare insieme ad un approfondimento sugli indirizzi di sviluppo della nostra regione al 2030, con l’intento di dare vita ad un convegno sul tema e ad una serie di articoli su “Professione Dirigente”. Cosa pensa di questa iniziativa? E cosa pensa che potremmo fare di più per collaborare a questo tema su base regionale?

Sono convinto che sia una iniziativa di qualità che mette insieme l’università e una realtà importante nella capitale come Federmanager Roma. Su questo campo della collaborazione e della formazione continua dobbiamo fare moltissimo anche a livello nazionale insieme a Federmanager, perché le competenze necessarie al mondo manageriale cambiano in continuazione e si devono affrontare sempre nuovi scenari. Per il mondo del management sono sempre di più le competenze che devono essere condivise da chi governa un’impresa con gli studiosi di economia, di storia e di geografia (materia spesso sottovalutata) e la collaborazione è diventata una necessità irrinunciabile. La geografia ad esempio è diventata importantissima e purtroppo vedo che i giovani la stanno perdendo, ma senza una conoscenza geografica di tipo scientifico non si capisce il mondo globalizzato. Nella stessa direzione abbiamo inaugurato da poco il più grande centro linguistico delle università italiane. Un luogo di studio dove si possono approfondire tutti gli idiomi dal sanscrito al cinese. E più che mai le lingue sono fondamentali per il manager di oggi.

Alcune idee potrebbero essere quelle di invitare Manager ad esporre casi industriali di successo agli studenti. Ovvero invitare esponenti di Federmanager a raccontare agli universitari le luci e le ombre della vita dei Manager nel mondo del lavoro. Oppure invitare studenti e professori della Sapienza presso il nostro Auditorium di Federmanager per raccontarci come si stanno formando i giovani per farli entrare nel nostro mondo di lavoro e attivare un proficuo dibattito al riguardo. Cosa ne pensa?

Assolutamente sono convinto che il blended Learning sia una modalità importantissima. Quindi è ottimo sia portare all’interno della formazione universitaria l’esperienza sul campo, per dare una visione della teoria coniugata con la mutevolezza della pratica e sia portare il mondo accademico a conoscere meglio la vita delle imprese. Seminari, lezioni con scambi reciproci saranno la modalità migliore. Un mezzo potente in questa direzione per i manager più impegnati è oggi il mezzo telematico. Nel nostro ateneo abbiamo l’università telematica Unitelma Sapienza che, senza sostituire gli incontri diretti che sono sempre importanti, mette tuttavia a disposizione la possibilità di avere dei moduli online che si possono sfruttare anche nei ritagli di tempo, per esempio nei fine settimana, su cui aggiornarsi sulle novità introdotte da nuove normative, come ad esempio sulla privacy o riguardo alla sicurezza sul lavoro. Si tratta di un sistema misto, presenza personale più lavoro online, il quale, con tutte le verifiche del caso, offre ai manager molte opportunità di aggiornamento.

I manager del Lazio come tutti gli altri manager del Paese sono sottoposti ad una grande pressione per sostenere sfide della globalizzazione che ci impone di competere con esportazioni di grandissima qualità visto che raramente, nonostante siamo campioni di automazione, possiamo competere con i prezzi a causa dell’altissima pressione fiscale del paese e del basso livello dei servizi. Cosa pensa che potremmo fare tutti insieme, imprese manager e università, per spingere la politica ad aiutarci a liberare la nostra forza di ricerca e di produzione da questi vincoli che la soffocano?

Penso che i due pilastri su cui si può appoggiare il Paese per un rilancio industriale sono la cultura scientifica e il mondo manageriale. Il primo obiettivo comune deve essere quello di un aumento del numero di laureati. Oggi l’Italia è uno dei fanalini di coda in questo campo, con un numero di laureati nei giovani di età tra i trentadue e i trentaquattro anni inferiore al 25% della popolazione, mentre i paesi con cui ci confrontiamo sono molto più avanti, la Francia e la Germania sono vicini al 40% e la Gran Bretagna supera addirittura il 40%. Noi italiani dobbiamo raggiungere assolutamente l’obiettivo europeo del 40%, perché oggi ci troviamo nella scomoda situazione di avere una prima fascia professionale di assoluta qualità mondiale, come abbiamo detto prima, e poi una fascia sottostante che è decisamente meno qualitativa e la cui media di istruzione ci situa al di sotto degli altri paesi nostri concorrenti. Questa crescita culturale media ci aiuterebbe a mantenere i giovani salvaguardati dalle sirene dell’assistenzialismo e dalle illusorie lusinghe della criminalità, che ancora oggi purtroppo infesta il Paese. Un’alleanza tra i manager e l’università, con la formazione e la ricerca come pilastri, è proprio la spinta culturale che serve per uscire da queste secche e rilanciare la nostra Italia per le sue doti di cultura, innovazione e qualità che sono motivi per cui siamo apprezzati nel mondo.