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Federmanager

“A gran voce”, per un’Italia competente e competitiva

“A gran voce”, per un’Italia competente e competitiva

Il 15 novembre si è riunita a Roma l’Assemblea annuale di Federmanager 2023. Sostenuta “A gran voce” l’ambizione di ripartire dal valore della competenza per rilanciare la nostra industria e costruire un’Italia competitiva.

Nel contesto di una crisi geopolitica che rimette al centro le fragilità di rapporti internazionali, economici e politici, l’Assemblea annuale di Federmanager 2023, lo scorso 15 novembre, ha voluto affermare “A gran voce”, come sottolinea il titolo, l’ambizione di ripartire mettendo al centro la competenza, indispensabile per il rilancio della nostra industria e per un’Italia davvero competitiva.

Il tenore delle sfide che abbiamo davanti ci impone di rinnovare la nostra strategia di politica industriale, di promuovere l’innovazione e la conoscenza e di favorire la crescita dimensionale delle imprese e il rientro delle produzioni strategiche. Indispensabile per fare questo è mettere al centro la competenza superando alcuni paradossi che ne ostacolano le potenzialità”.

Demografia, transizione ecologica, intelligenza artificiale, skill mismatch, sostenibilità finanziaria, sono alcuni dei temi che il Presidente di Federmanager Stefano Cuzzilla ha messo al centro dell’Assemblea dei dirigenti italiani, che ha visto la partecipazione di Antonio Tajani, vicepremier, ministro degli Esteri e della Cooperazione internazionale; Matteo Salvini, vicepremier, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti; Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy; Luca Ciriani, ministro per i Rapporti con il Parlamento; Paolo Zangrillo, ministro per la Pubblica amministrazione e Andrea Abodi, ministro per lo Sport e i Giovani.

Il premier Giorgia Meloni ha indirizzato un videomessaggio all’Assemblea nazionale di Federmanager in cui ha sottolineato come “la competitività significa costruire un’Italia che possa giocarsela ad armi pari con le altre grandi nazioni del mondo. Un concetto che vale in tutti gli ambiti, a maggior ragione vale per le nostre imprese, che voi manager guidate”.

 

Cuzzilla ha aperto il suo intervento sottolineando che “il primo paradosso sulla competenza è che tutti la invocano, ma in pochi la riconoscono e sempre in meno la premiano. Al primo gennaio di quest’anno 6 milioni di italiani hanno lasciato l’Italia, un fenomeno in aumento del 2,2% rispetto al 2022. In media, ogni 100 giovani, 10 decidono di andarsene. Per questo diventa importare invertire il trend di investimenti pubblici aumentando quel 4,1% del Pil che destiniamo al sistema dell’istruzione oggi sotto la media Ue, responsabile, tra le altre cose, di un tasso di abbandono scolastico che nel Mezzogiorno sfiora il 15%. È necessario, poi, valorizzare i talenti dotandosi di programmi di scale-up delle competenze concorrenziali a quelli degli altri Paesi, e poi trattenerli qui”.

Ma come? La priorità è la questione retribuzioni: “Gli stipendi italiani sono bassi, troppo bassi e da troppo tempo. Tanto il privato quanto la pubblica amministrazione devono trovare nella contrattazione collettiva e nella contrattazione di secondo livello un volano per l’adeguamento delle retribuzioni verso l’alto”.

Strettamente correlato è il paradosso dello skill mismatch”. Le imprese determinate ad assumere non trovano sul mercato le competenze che cercano. Ciò vale anche per i manager: 1 impresa su 2 fa fatica a trovare profili manageriali e, in tema di competenze, oltre il 75% dichiara di avere difficoltà a individuare le caratteristiche manageriali che valuta necessarie a gestire un processo, un’area o un cambiamento, come ha rilevato l’Osservatorio 4.Manager.

 

Due i rimedi possibili secondo Cuzzilla: il primo è far decollare il sistema delle politiche attive che dovrebbe basarsi sul combinato di formazione mirata del lavoratore e strumenti efficaci per l’incrocio tra domanda e offerta. Il secondo chiama in causa la grande minaccia demografica che ci porterà nel 2050 ad avere un rapporto tra individui in età lavorativa e restante popolazione di uno a uno, mentre oggi è di circa tre a due. Per questo la cosa più importante è riconoscere ai giovani opportunità professionali coerenti con le loro aspirazioni e con le esigenze delle imprese.

In conclusione, “A gran voce”, Cuzzilla ha indicato le priorità per rinnovare la strategia di politica industriale: allentare il carico normativo e burocratico, investire su asset strategici che costituiscono l’eccellenza italiana nel mondo e capitalizzare le imprese con opere tangibili come infrastrutture, reti e collegamenti. Cuzzilla ha ricordato, infine, che dobbiamo riconsiderare in termini di risorsa anche la nostra posizione nel Mediterraneo come porta d’Europa.

Le modifiche dello Statuto

Le modifiche dello Statuto

La commissione per le modifiche statutarie ha varato un documento, portato ed approvato in Consiglio direttivo, che prevede modifiche più o meno radicali a diciassette articoli e l’aggiunta di due nuovi allo Statuto vigente.

Lo Statuto per una Organizzazione sindacale e professionale come Federmanager Roma è lo strumento fondamentale per regolamentare la vita associativa. Facendo le dovute proporzioni e, con il massimo rispetto per il nostro Paese, diciamo che lo statuto per una Organizzazione associativa è come la costituzione per la nostra Repubblica. È insomma il faro che obbliga tutti noi a rispettare le regole che consentono una vita associativa rispettosa dei diritti e dei doveri di ogni associato.

È comprensibile quindi che, quando nel 1944 è stato fondato l’allora SRDAI, lo statuto ha previsto modalità molto rigide per poterlo modificare. L’unica modalità prevista era, infatti, un Referendum tra tutti i soci validi solo con la partecipazione del 50% + 1 dei soci ed il voto favorevole della maggioranza di essi. Condizione evidentemente molto difficile da realizzare!

Questo spiega perché, nonostante se ne avvertisse la necessità, solo raramente si è proceduto a modifiche.

Fino a quando nel 2012, avvertendo l’esigenza non rinviabile di adeguare lo statuto alla nuova realtà, abbiamo pensato di tentare di realizzare un’unica modifica che prevedesse la possibilità di realizzare le modifiche necessarie, naturalmente con la massima garanzia per tutti gli iscritti.

Vi confesso che non fu facile convincere la metà più uno dei colleghi iscritti a partecipare al referendum. Abbiamo dovuto attivare strumenti di comunicazione straordinari come comunicazioni cartacee, mail, fino alle telefonate personali. Lo sforzo organizzativo fu enorme, ma il risultato positivo lo ha ampiamento ricompensato.

La modifica prevede l’istituzione di una Assemblea dei Delegati, composta da 60 soci, eletta con referendum contestualmente all’elezione degli Organi statutari.

Si apriva così la possibilità di attuare quelle modifiche statutarie necessarie per rendere il nostro statuto più moderno, più adeguato alle nuove esigenze, e, per quanto possibile più aderente allo statuto di Federmanager nazionale.

Con questo obiettivo il nostro consiglio direttivo a marzo del 2022 ha deciso di costituire una apposita commissione composta da nove colleghi (compreso il sottoscritto che è stato incaricato di coordinarla) comprendente le varie espressioni dei nostri inscritti. Pensionati e in servizio, donne e giovani.

La commissione si è subito attivata, con il supporto del Direttore e la supervisione del Presidente e del Vicepresidente, dandosi un primo obiettivo di fare una ricognizione di tutte le proposte che ognuno di noi ritenesse utili. In questa fase sono arrivate proposte anche di altri colleghi non facenti parte della commissione.

Ne è scaturito un documento molto corposo che prevede modifiche, più o meno significative, a circa venti di ventinove articoli dello statuto.

Il documento, molto complesso, è stato oggetto di esame e discussioni anche molto animate, come si può immaginare.

È stato necessario, quindi, fare una scelta.

Abbiamo scelto di non accantonare alcuna delle proposte fatte, ma di selezionare quelle ritenute più urgenti e maggiormente condivise da sottoporre prioritariamente all’esame del Consiglio direttivo e, in caso di assenso di questo, all’Assemblea dei delegati per la definitiva approvazione.

Questo documento è stato sottoposto all’esame del Consiglio direttivo del 31 agosto 2022, a quello del 7 settembre e successivamente a quello del 13 settembre dello stesso anno.

La discussione è stata, soprattutto nei primi due, molto accesa e approfondita, ma, alla fine è stato deciso, su proposta del Presidente, di integrare la Commissione per le modifiche statutarie originaria con ulteriori cinque colleghi ritenuti rappresentativi delle diverse posizioni emerse in consiglio con il compito di contribuire a trovare una definitiva soluzione condivisa anche ascoltando i pareri di tutti i consiglieri al fine di redigere un documento che ragionevolmente possa trovare ampio e auspicabilmente unanime consenso nel consiglio direttivo convocato per il 20 novembre 2023.

La commissione ha varato all’unanimità un documento che prevede modifiche più o meno radicali a diciassette articoli dello statuto vigente e l’aggiunta di due nuovi articoli.

Le modifiche più significative riguardano gli articoli 15 e 17 (consiglio direttivo), l’art. 18 (giunta esecutiva) e l’art. 21 (collegio dei revisori dei conti).

I due nuovi articoli proposti sono l’art. 19 bis (ruolo del Vicepresidente) e l’art. 24 bis (costituzione di gruppi permanenti).

Il nuovo art. 15 propone, prioritariamente, il rafforzamento della presenza femminile e dei giovani dirigenti nel consiglio al fine di incoraggiarne la partecipazione ed il ruolo in conformità a quanto più volte sostenuto da molti componenti del nostro consiglio e dei Vertici di Federmanager nazionale.

Regola poi l’elezione dello stesso Consiglio e degli altri Organi di Federmanager Roma prevedendo che il referendum si svolga, salvo particolari casi, per via telematica.

Il nuovo art. 17 invece prevede lo svolgimento del consiglio per via telematica, senza limitazioni, adeguando quindi la forma a quello che ormai da qualche anno è prassi consolidata.

La modifica all’art. 18 prevede, in coerenza con quanto detto a proposito dell’art. 18, la partecipazione, sia pure senza diritto di voto, dei coordinatori dei gruppi giovani, Minerva (donne) e pensionati.

Infine, l’art. 21 come modificato, prevede l’elezione separata del Presidente e dei componenti del collegio dei revisori dei conti.

I due nuovi articoli di cui si propone l’inserimento nello statuto il primo (19 bis) riguarda la disciplina del ruolo del Vicepresidente ed il secondo (24 bis) la costituzione e la disciplina di un Gruppo Minerva, un Gruppo Giovani ed un Gruppo Pensionati.

Si tratta anche, in questo caso, di rafforzare e dare spazio all’interno degli organi dirigenti di Federmanager Roma a realtà significative della nostra organizzazione che spesso non hanno trovato la giusta valorizzazione.

Il documento contiene anche numerose altre proposte di modifica alcune delle quali poco più che formali, altre tese ad avvicinare per quanto possibile il nostro statuto a quello di Federmanager nazionale.

Il Consiglio direttivo, riunitosi lo scorso 20 novembre, apprezzando il lavoro e l’impegno di tutti colleghi che hanno partecipato all’elaborazione del documento, e che ringrazio ancora una volta, lo ha approvato, praticamente all’unanimità (un solo voto contrario!).

Ora perché le modifiche diventino operative manca l’ultimo decisivo passaggio: l’Assemblea dei delegati, che spero possa riunirsi a breve.

Io confido e spero che l’Assemblea, come il Consiglio direttivo, possa apprezzare lo sforzo fatto in quasi due anni di lavoro e dare il suo definitivo assenso al nuovo Statuto.

Se questo avverrà, come io credo, Federmanager Roma, disporrà di uno strumento più moderno che ne regolerà la vita associativa.

Cida in Assemblea

Cida in Assemblea

L’Assemblea nazionale della Confederazione Italiana Dirigenti e Alte Professionalità si è tenuta a Roma lo scorso 15 novembre. Ecco di cosa abbiamo parlato

Convinti nella visione, concreti nella realtà. È così che abbiamo deciso di definirci, all’Assemblea Nazionale CIDA del 15 novembre che si è tenuta a Roma, presso l’Auditorium Parco della Musica.

Pochi mesi fa ho accettato di guidare la Confederazione, ben consapevole di essere chiamato a rappresentare circa 1 milione tra dirigenti e alte professionalità del settore pubblico e di quello privato.

Donne e uomini che si misurano ogni giorno per traghettare le proprie organizzazioni oltre le crisi e aiutare il Paese a ripartire, nel suo tessuto produttivo, economico e sociale.

Oggi lo scenario è questo: prezzi dell’energia alle stelle, anche a causa di una guerra insensata alle porte dell’Europa, inflazione galoppante, prospettive di crescita nazionale prossime allo zero per il 2023. E poi la crisi climatica che non concede tregua e quella pandemica sulla quale non si può di certo mettere la parola “fine”.

Non possiamo e non vogliamo cedere a questo tsunami che si sta abbattendo su famiglie e imprese. Anzi, da manager, vogliamo provare a “sfidare la complessità”, individuando soluzioni coraggiose che riescano a trasformare gli auspici condivisi in obiettivi realizzabili. Concentrandosi, innanzitutto, su misure che abbiano la forza di restituire dignità al lavoro.

Il 15 novembre ho illustrato le nostre proposte per accompagnare il Paese verso orizzonti di sviluppo sostenibile, avendo ben chiare le criticità che ritardano quel processo di modernizzazione troppe volte predicato e mai compiutamente realizzato.

L’evento di Roma ha avuto innanzitutto per protagoniste tutte e dieci le Federazioni che compongono CIDA e ha rappresentato un’occasione preziosa per riunire, in presenza, l’ampio bacino della dirigenza italiana.

Le competenze dei nostri manager sono pronte a dialogare con i rappresentanti delle istituzioni, dell’accademia e dell’economia invitati in Assemblea, per offrire un supporto d’eccellenza al raggiungimento degli ambiziosi traguardi che l’Italia ha di fronte, su tutti la messa a terra delle risorse rese disponibili dal PNRR.

Abbiamo parlato di cultura manageriale e nuovi modelli d’impresa, di welfare, di pubblica amministrazione, formazione, transizione ecologica e digitale, infrastrutture, parità di genere. In breve, del presente e del futuro che abbiamo in mente, attraverso interventi concreti che superino la ritualità del linguaggio di circostanza e valorizzino potenzialità, talenti, capacità.

Il meglio che l’Italia ha da offrire, come insegnano la nostra storia e l’ammirazione che il mondo nutre nei nostri confronti.

Energie in transizione: manager a confronto

Energie in transizione: manager a confronto

Confindustria Energia e Federmanager hanno recentemente avviato un’intensa attività congiunta a seguito della firma nella scorsa primavera di un Protocollo di collaborazione.

L’agreement prevede la condivisione del patrimonio di conoscenze nell’ambito dei temi della managerialità al servizio della transizione energetica. La prima iniziativa ha riguardato il programma di executive seminar Energie in transizione per un mondo sostenibile, sei appuntamenti per discutere di energia per favorire la diffusione di una cultura che valorizzi competenze e conoscenze.

Il programma avviato ad ottobre si è concluso a dicembre con la partecipazione di oltre 100 manager, in ogni sessione, provenienti dai diversi comparti produttivi.

L’iniziativa – sostiene l’Avv. Noviello, Direttore Generale di Confindustria Energiaha dimostrato che la condivisione delle conoscenze è realmente la chiave di volta per avviare processi di cambiamento importanti e concreti quali quelli richiesti dalla transizione ecologica e più precisamente quella energetica. La collaborazione e la passione fanno la differenza nei processi trasformativi. Questa è la filosofia con cui ogni giorno Confindustria Energia e Federmanager sono impegnati in stretto contatto anche con le parti sociali a promuovere il cambiamento, definendo quest’ultimo, obiettivo primario del Paese”.

Domenico Noviello, Direttore Generale di Confindustria Energia

I seminari sono stati impostati per costruire un pensiero consapevole per una transizione energetica giusta e sostenibile in modo davvero integrato, con un approccio tecnologicamente neutro e capace di ricercare sinergie e complementarità tra le diverse soluzioni, massimizzando efficienza ed efficacia.

È possibile una transizione energetica soltanto se risponde ai principi dello sviluppo sostenibile attraverso scelte che rispettino l’ambiente, ma che siano al contempo economicamente accettabili e soprattutto eque e giuste sotto il profilo sociale. L’accesso all’energia è il grande tema se consideriamo che nel mondo circa 700 milioni di persone non dispongono dell’energia elettrica. Un tema purtroppo di attualità se lo colleghiamo alla povertà energetica connessa attualmente ai suoi costi.

L’attuale situazione geopolitica, con tensioni economiche di rilievo mondiale, causate anche dal conflitto ucraino, ha dimostrato quanto siano strettamente collegate le dimensioni economiche, sociali ed ambientali. I seminari, basati su un approccio che alterna l’ascolto degli esperti a quello della partecipazione attiva nella formulazione di posizioni basate sulle esperienze manageriali dei singoli partecipanti, ha l’obiettivo di   costruire un pensiero propositivo sulla comprensione dei problemi e sui modelli da adottare per fronteggiare le molteplici crisi della modernità”, come ci riferisce l’Ing. Amato, Vicepresidente di Federmanager Roma.

Antonio Amato, Vicepresidente Federmanager Roma

Il programma di incontri affronta, attraverso sei angolazioni, diverse opportunità e criticità della transizione, tenendo come punto fermo la ricerca di soluzioni per superare l’attuale crisi energetica, che ha evidenziato anche le vulnerabilità del sistema di approvvigionamento e del sistema sociale.

L’approccio di “energie in transizione” è quello di non trovare soluzioni, ma ampliare il campo di riflessione attraverso il confronto con accademici, rappresentanti di associazioni, esperti del settore e manager, sul ruolo delle fonti rinnovabili, strategiche per la decarbonizzazione, dell’economia circolare nel settore energetico.

Il primo seminario ha riguardato il tema della Just Transition (transizione equa) per affrontare quello della sostenibilità in chiave energetica; come è stato evidenziato nel corso dell’incontro “la transizione energetica è come il cubo di Rubik, difficile da risolvere ma non impossibile”. Questo è un passaggio chiave di cui siamo convinti: la complessità della tematica è dovuta all’urgenza di trovare una soluzione e all’impossibilità di una scelta radicale, repentina ed univoca. Molti esperti convergono sulla necessità di adottare un approccio olistico che premia le soluzioni migliori per il contesto.

Dal confronto su ciò che rappresenta una transizione giusta ed equa è emersa l’esigenza di riflettere sugli impatti della transizione stessa – i costi – riguardo alle fasce o settori industriali più deboli. Per fronteggiare il tema viene in soccorso però la tecnologia. Se da un lato la tecnologia ci fornisce le soluzioni è necessario d’altro canto che vi sia una professionalità adeguata, basata su competenze e dinamiche del mercato del lavoro pronte ad assecondare i cambiamenti che quest’ultima impone.

Il programma seminariale è proprio dedicato alla valorizzazione del capitale umano dove le professionalità della transizione richiederanno nuove forme di managerialità fondamentali a massimizzare l’efficienza energetica, il rapido sviluppo delle rinnovabili, la trasformazione di rifiuti in nuove risorse e l’ottimizzazione dei bio carburanti in tutti settori della mobilità. Decisivo sarà il ruolo della formazione da adesso e per i prossimi anni.

Il percorso si sviluppa attraverso l’approfondimento di argomenti strategici quali la gestione dei rifiuti e della sua valorizzazione per non contribuire a contaminare ulteriormente  le matrici ambientali a cui rispondiamo con egoismo ecologico in contrapposizione alla generosità della natura; va in questa direzione l’idea di nuovi modelli di urbanizzazione, trattando temi logistici, infrastrutturali, digitali e sociali, con un approccio che valorizza la giusta tecnologia per le potenzialità e necessità del contesto e  le aspettative dei cittadini.

In un mondo in ricerca di soluzioni innovative e concrete, la condivisione dei saperi e dei valori ha trovato massima espressione nel “world cafè decarbonizzato”, un momento dedicato ai partecipanti e ai relatori per cogliere le opportunità che emergono da un confronto diretto sulle diverse istanze di cui sono portatori gli esperti dell’energia e i manager provenienti da diversi settori.

INSIEME SI STA MEGLIO

Diventa parte del più grande network di manager in Italia

La solitudine del manager non è solo il titolo di un celebre romanzo dello scrittore spagnolo Manuel Vázquez Montalbán, a cui Andrea Camilleri ha voluto rendere omaggio italianizzando il cognome del suo personaggio più famoso. La solitudine del manager spesso è lo stato d’animo che caratterizza l’essere capi.

Per quanto i modelli di leadership più evoluti abbiano dato il giusto risalto allo stile partecipativo, in cui il manager punta al raggiungimento degli obiettivi coinvolgendo il team nei processi decisionali, aumentandone la partecipazione attiva, incidendo sui fattori motivazionali e facendolo sentire parte fondamentale del contesto organizzativo, permangono momenti e situazioni in cui chi è chiamato ad esercitare responsabilità e ad assumerne personalmente i rischi, finisce per prendere le decisioni più importanti in solitudine.

È nota una famosa frase di Sergio Marchionnela leadership non è anarchia. In un’azienda chi comanda è solo. La collettive guide, la responsabilità condivisa, non esiste. Io mi sento molte volte solo”.

Certo, Marchionne non era noto per il suo stile partecipativo, però in effetti quando non aspetti che le cose accadano, ma fai in modo che accadano, si finisce per essere soli. E questo vale in ogni contesto organizzativo, ad ogni livello della piramide gerarchica, davanti a qualsiasi decisione più o meno importante, più o meno necessaria.

Questa caratteristica intrinseca del ruolo manageriale porta a una conseguenza ineludibile, quanto spiacevolmente negativa: il manager è solo anche quando l’oggetto della decisione diventa egli stesso. Una decisione che talvolta è antitetica rispetto alle sue aspettative, ai suoi obiettivi, ai suoi progetti e alle speranze, sue e di chi gli è intorno.

E, in questi casi, l’approccio individualista manifesta tutti i suoi limiti, la solitudine si rivela una pessima compagna di viaggio e finisce per essere anche una pessima consigliera. Per questo, nel 1945, è nata Federmanager. Un’associazione che si è consolidata nel tempo e che oggi, con circa 180 mila dirigenti, quadri apicali, alte professionalità in servizio e in pensione, è l’organizzazione maggiormente rappresentativa nel mondo del management, di cui cura gli aspetti contrattuali, istituzionali, sociali, professionali e culturali.

E se, quasi 80 anni fa – in un contesto in cui i dirigenti erano molti meno di quanto non siano oggi, ma più di oggi erano effettivamente l’alter ego dell’imprenditore – fu avvertita l’esigenza di costituire un’Associazione per superare l’approccio individualistico e mettere a fattor comune l’impegno dei singoli per la tutela della categoria, quelle ragioni sono sicuramente molto più solide oggi, ora che è stata superata la visione monolitica del dirigente inteso come sostituto dell’imprenditore per allargare il suo orizzonte anche alle figure di elevata professionalità e connotate da ampio livello di autonomia e di responsabilità.

Siamo dunque un sindacato? Si, siamo un sindacato, orgogliosi di esserlo, che negozia e sottoscrive il Contratto Collettivo Nazionale di categoria. Un contratto sicuramente atipico rispetto a tutti gli altri offerti dalla contrattazione collettiva, ma che generalizza il sistema delle tutele che altrimenti non sarebbero scontate per tutti.

Ma siamo più che un sindacato, siamo un’associazione professionale che eroga servizi di assistenza e consulenza in tutte le materie di interesse della nostra categoria. E questa doppia anima ci consente oggi di fornire agli associati (e non solo agli associati), attraverso i nostri Enti e con quelli costituiti bilateralmente d’intesa le associazioni datoriali, un ventaglio di servizi, di facilities e di strumenti di welfare, che vanno dalla progettazione e finanziamento di iniziative di sviluppo della cultura manageriale, alla management school, al temporary management, alle politiche attive per il riorientamento professionale e il reinserimento lavorativo, al sostegno al reddito per i colleghi disoccupati involontariamente e altro ancora.

Oltre agli Enti, abbiano una articolazione specifica per i Giovani Dirigenti e per i Dirigenti Pensionati e, attraverso il Gruppo Minerva, perseguiamo l’obiettivo della valorizzazione delle differenze di genere.

Siamo anche impegnati nel sociale attraverso una onlus che realizza programmi di sviluppo sostenibile che possano creare opportunità di crescita etica e solidale mediante la valorizzazione dell’esperienza e delle competenze di colleghe e colleghi volontari.

E infine, cardini fondamentali del sistema Federmanager, ci sono i nostri Fondi, costituiti con Confindustria e Confapi o quelli sostitutivi costituiti nei Gruppi aziendali più rilevanti, per garantire prestazioni di previdenza e di assistenza integrativa per poter guardare all’oggi e al domani con la serenità necessaria per noi e per le nostre famiglie. Ma anche previdenza e assistenza non rappresentano un diritto perpetuo, esistono fino a quando avremo la forza e i numeri che consentono di mantenerle in vita, auspicabilmente migliorandole sempre più.

Questo è oggi Federmanager. Come Federmanager Roma spendiamo le nostre energie con l’intento di continuare a sviluppare il patrimonio di valori, idee, capacità nel saper fare per poter contribuire a realizzare una società più equa e responsabile, garantendo tutele ai nostri associati, valorizzandone merito e competenze.

Ma siamo consapevoli che da soli non siamo nulla: è necessario che Federmanager diventi davvero la casa di tutti dirigenti.

Noi ci mettiamo la faccia nel chiedere a tutti i colleghi, a chi non l’ha ancora fatto o a chi non l’ha più fatto, di iscriversi a Federmanager… per essere meno soli, anzi per poter essere in buona compagnia, sia quando non serve o serve meno, sia quando invece serve e serve eccome!

#insiemesistameglio

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Un’intesa per la formazione di nuovi manager della transizione energetica

Un’intesa per la formazione di nuovi manager della transizione energetica

Un protocollo di collaborazione per la realizzazione di progetti comuni su industria, ambiente e lavoro, valorizzando conoscenze, competenze e capacità organizzative

 

“Il protocollo di intesa siglato tra Confindustria Energia e Federmanager va nella giusta direzione di una comunicazione chiara ed una informazione trasparente sulla transizione energetica, da attuare certamente con tempi e step prefissati, in modo che sia giusta ed equa senza lasciare nessuno indietro soprattutto dal punto di vista sociale ed economico. Inoltre il protocollo si prefigge di sviluppare iniziative e progetti di formazione manageriale per la trasformazione energetica in atto, al fine di prevedere ed incentivare l’inserimento di risorse manageriali professionali e competenti”. 

Antonio Amato, Vicepresidente Federmanager Roma

 

 

 

L’intesa guarda ad una convergenza sulla necessità di perseguire “una transizione energetica inclusiva, che valorizzi gli asset industriali e sociali del Paese facendo leva, per i prossimi anni, su investimenti volti alla crescita delle filiere innovative e alla riconversione” insomma “che promuova azioni tese ad assicurare la sostenibilità ambientale, economica e sociale dei cambiamenti in atto, stimolando una maggiore integrazione tra le politiche attive del lavoro e le politiche industriali”.

Il protocollo, siglato dai Presidenti di Confindustria Energia, Giuseppe Ricci, e Federmanager, Stefano Cuzzilla, impegna la Federazione di Confindustria, che rappresenta le Associazioni del Comparto Energia, e l’Associazione, che rappresenta il management delle aziende produttrici di beni e servizi, “a collaborare in modo sinergico al fine di accrescere l’efficacia di iniziative congiunte, volte a sviluppare la cultura su temi connessi all’industria, all’ambiente e al lavoro, nell’ambito delle quali mettere a fattor comune conoscenze, competenze e capacità organizzative”.

Per le Parti, l’economia circolare sarà pilastro di questo processo con il vantaggio di ridurre ed efficientare il consumo di materie prime e l’utilizzo di siti dove l’Italia potrà giocare un ruolo di leader per competenza tecnologica e know-how. Elemento fondamentale sarà l’inserimento di specifiche figure professionali nelle PMI – Manager della Transizione Energetica – con l’obiettivo di avviare una profonda revisione ed innovazione dei modelli di produzione, distribuzione e consumo per salvaguardare la competitività dei comparti industriali ed il patrimonio di risorse naturali.

Foto Pexels

L’Italia – ha sottolineato Riccipotrà giocare un ruolo di leader per competenza tecnologica e know-how verso una transizione ecologica ed energetica inclusiva che guardi all’intera filiera, dalla produzione alla distribuzione di energia tradizionale, rinnovabile e innovativa. E questo sarà possibile valorizzando le competenze del presente e accrescendo quelle del futuro, chiamate a nuove sfide e opportunità da cogliere. Innovazione e digitalizzazione sono le parole chiave, ma è necessario assicurare a lavoratrici e lavoratori competenze (hard e soft skills) e modelli organizzativi smart e orizzontali”.

L’elemento fondamentale – ribadisce Cuzzillasarà l’inserimento di specifiche figure professionali nelle PMI con l’obiettivo di avviare una profonda revisione ed innovazione dei modelli di produzione, distribuzione e consumo per salvaguardare la competitività dei comparti industriali. La progettazione e la realizzazione di percorsi formativi e di certificazione delle competenze coerenti con le mutate esigenze delle imprese è il focus della nostra intesa, i Manager della Transizione Energetica, formati al cambiamento, contribuiranno infatti alla crescita del processo di innovazione guidando e motivando le risorse, consentendo così una maggiore competitività delle aziende oltre al maggiore coinvolgimento dei lavoratori”.

L’impegno nella decarbonizzazione, gli effetti della pandemia e i nuovi equilibri geopolitici, infatti, hanno fatto emergere nuove esigenze economiche e sociali richiedendo ancora più cooperazione tra soggetti decisori e parti sociali. In un contesto globale di grande instabilità serve una visione strategica che coinvolga i soggetti di rappresentanza negli indirizzi per la transizione energetica delineati dal PNRR per garantire la competitività di lungo periodo del sistema produttivo con l’uso responsabile di ogni risorsa e, quindi, la sostenibilità dei processi a tutti i livelli.

Nella foto in apertura, Giusppe Ricci, a sinistra, Presidente di Confindustria Energia e Stefano Cuzzilla, a destra, Presidente di Federmanager, siglano il protocollo di collaborazione

 

Un Patto della dirigenza per l’Italia

Un Patto della dirigenza per l’Italia

Grande successo, in termini di partecipazioni e riscontri sui media, per la nostra Assemblea nazionale. Le migliori competenze manageriali sono pronte a lavorare alla realizzazione del Pnrr.

La ripresa del nostro Paese non può prescindere da un ruolo centrale dei manager. Il contributo offerto dalle nostre professionalità sarà infatti determinante per realizzare gli interventi previsti dal Pnrr e per guidare un percorso di sviluppo sostenibile e inclusivo. In ragione di ciò, dal palco della nostra Assemblea nazionale, ho voluto lanciare con forza il “Patto della dirigenza per l’Italia”, un piano di intenti che promuova una stretta collaborazione tra pubblico e privato per aiutare l’Italia a crescere, nel rispetto della legalità e valorizzando le tante competenze che i nostri manager possono mettere a disposizione.

L’Assemblea ha rappresentato un successo senza precedenti per la nostra Federazione. All’evento hanno partecipato oltre 600 tra dirigenti d’impresa e rappresentanti di vertice delle istituzioni, tra cui esponenti del Governo, oltre a primarie personalità delle rappresentanze industriali e politiche.

Numerosissime sono state inoltre le uscite sulla stampa e sui principali telegiornali nazionali, che hanno coperto l’evento con servizi di primo piano. Una soddisfazione enorme per il nostro impegno, che ogni giorno portiamo avanti, anche grazie al prezioso lavoro svolto sul territorio.

Come manager, siamo pronti a essere coinvolti sul banco di prova principale, quello che riguarda il più ambizioso piano di riforme e investimenti che si ricordi dal dopoguerra, magistralmente strutturato dal Governo Draghi.

L’Italia saprà spendere gli oltre 222 miliardi di euro previsti, oltre alle altre risorse nazionali ed europee disponibili?

È un’impresa titanica, ma per farcela servono le migliori competenze manageriali, quelle delle donne e degli uomini che ogni giorno sono chiamati, nelle proprie aziende, a superare gli ostacoli imposti dalla crisi. La cultura manageriale è la via per gestire le risorse del Pnrr come un grande budget da utilizzare per il bene comune.

Promuovendo altresì un’impostazione progettuale che non si barrichi dietro i “no” di comodo, ma abbia il coraggio di dire chiaramente sì alle opportunità, industriali e infrastrutturali, che il Paese ha di fronte. È cruciale che gli impegni previsti siano realizzati attraverso, per rispettare le verifiche progressive delineate dall’Ue e per rispondere alle giuste aspettative delle giovani generazioni.

Su questo punto, nel corso dell’Assemblea, ho registrato un’ampia e confortante adesione da parte dei colleghi presenti e una proficua interlocuzione con i nostri autorevoli ospiti. Il settore pubblico deve aprirsi davvero alle migliori potenzialità del privato. Non è ammissibile, come ho pubblicamente affermato, che sia mantenuto, per le retribuzioni dei manager nella Pa o nelle società partecipate, un tetto che è assolutamente fuori mercato e che non può portare ad avere “in squadra” i migliori. Se il nostro Paese vuole essere competitivo, deve smetterla di giocare al ribasso. Possiamo pensare in grande perché abbiamo grandi capacità.

 

Women empowerment, asset strategico per la ripresa

Women empowerment, asset strategico per la ripresa

Negli Stati Uniti l’hanno coniata con il termine Shecession, ossia la recessione che colpisce le donne, a confronto con la crisi del 2008 denominata Mancession, che ha colpito i lavori nei settori a presenza maschile” – si legge in un rapporto dell’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche (Inapp).

Questa volta – continua la nota – sono le donne che hanno pagato il prezzo più alto in termini di perdita di posti di lavoro, a causa degli effetti della pandemia che ha portato ad un inasprimento delle disuguaglianze di genere. Un fenomeno di portata mondiale, che ha determinato la diminuzione del 4% della forza lavoro femminile secondo l’Ocse e un impatto negativo sui salari dell’8,1% per le donne contro il 5,4 % degli uomini”.

Diversi studi dimostrano che l’equilibrio di genere fa aumentare il fatturato delle aziende e fa crescere il PIL. Le imprese con governance mista, equamente distribuita tra uomini e donne, sono più competitive e reagiscono meglio nei contesti di crisi. Significa che le donne fanno bene al business e una loro maggiore partecipazione al mondo del lavoro rappresenta un contributo fondamentale alla costruzione di un Paese più equo, solido e sostenibile.

Il Presidente di Federmanager e 4.Manager, Stefano Cuzzilla, ne è convinto: “più donne al lavoro, specie in posizioni apicali, significa favorire un rilancio sostenibile e duraturo per l’economia e per la società nel suo complesso, e il nostro impegno si concentra proprio nel promuovere una diversa cultura di impresa, capace di valorizzare la leadership femminile quale fattore indispensabile per un maggior benessere di tutti”. Più donne non è solo un obiettivo di sviluppo e di uguaglianza, ma di crescita economica, poiché il loro talento e la loro produttività ha il potenziale di trasformarsi in vero e proprio valore per le imprese. 

Foto Andrea Piacquadio da Pexels

Come risulta dalle analisi dell’Osservatorio 4.Manager sugli ultimi dati Inps, la Lombardia è la regione dove si concentra maggiormente il capitale manageriale italiano nelle imprese dell’industria e dei servizi: infatti, nel territorio è occupato oltre il 43% dei dirigenti nazionali (53.000 su poco meno di 123.000). In termini assoluti, il primo settore è il manifatturiero (18.777 dirigenti), ma in termini di incidenza si evidenzia il peso dei grandi settori dei servizi (finanza, commercio, informazione e attività professionali).

La produttività, misurata come il valore della retribuzione per giornata lavorata, è la prima d’Italia. Inoltre, Milano si caratterizza per avere una fortissima presenza manageriale, con ben il 78% di manager dell’intera Lombardia (41.660 su un totale regionale di 53.327). Se è vero che l’avvento della pandemia ha reso ancora più tortuosa la strada verso l’uguaglianza tra uomini e donne rivoluzionando stili di vita, relazioni sociali e modalità di lavoro, è altrettanto vero che ciò non ha impedito un incremento generale, seppur ancora non sufficiente, della presenza femminile nelle aziende del 3,7% per le donne dirigenti, contro una diminuzione di dirigenti uomini del -1,3%, portando il rapporto di coesistenza Donne/Uomini al 20%. Una dimostrazione del fatto che il nostro Paese sta conseguendo progressi a ritmo sostenuto verso una parità di genere rispetto a molti Stati membri, passando dal 22° al 14° posto tra il 2010 e il 2020.

È quanto emerge dal terzo rapporto dell’Osservatorio 4.Manager, dal titolo “Nuovi orizzonti manageriali: donne al timone per la ripresa del Paese”. “Il tema del Gender Gapha continuato Cuzzilladeve essere una comune priorità delle nostre agende. Dobbiamo prendere coscienza del fatto che il suo superamento è oggi il trampolino di lancio per la ripresa”.

Anche per il B20, uno dei più autorevoli engagement group del G20, che rappresenta oltre 6,5 milioni di imprese a livello globale, colmare il divario di genere è una priorità. Il women empowerment è stato inserito tra le raccomandazioni sviluppate in un anno di lavoro dal settore privato e dalle confederazioni industriali dei paesi G20 sulle priorità strategiche per la crescita globale che la Chair del B20 Emma Marcegaglia ha consegnato il 7 e 8 ottobre a Mario Draghi, in qualità di Presidente del G20.

In quell’occasione, la Chair del B20 Emma Marcegaglia ha dichiarato: “La piena valorizzazione del ruolo della donna nella società, oltre ad essere un valore etico imprescindibile, rappresenta un potente driver di crescita e di inclusione. Occorre – ha continuato Marcegagliacolmare il divario di genere eliminando le barriere economiche, sociali e culturali che impediscono alle donne di partecipare equamente all’economia e porre le basi verso un futuro professionale attraverso le discipline STEM, per affrontare lo sbilanciamento in materia di competenze”.

Anche il PNRR individua la parità di genere come una delle priorità trasversali perseguite in tutte le missioni che compongono il Piano. Una questione urgente anche per l’Onu, che tra i 17 obiettivi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibile, pone l’uguaglianza di genere al quinto posto. Significa che la diversità nelle aziende rappresenta un’importante risorsa perché può renderle innovative, competitive, performanti e sostenibili. Formare gruppi eterogenei permette di ottenere punti di vista differenti, soluzioni innovative e decisioni più mirate che creano valore. E proprio una delle più grandi conquiste è decidere di investire sulle donne e sulle loro competenze hard e soft, in una società in cui il divario di genere appare sempre meno tollerabile e comprensibile. Perché, prendendo in prestito le parole di Hilary Clinton, “quando non ci sono soffitti, il cielo è il limite”.

Lo scorso 2 dicembre alle ore 12.00 a Milano, presso il MiCo Gate 2 e nell’ambito di Connext 2021, è stato presentato il 4° Rapporto dell’Osservatorio 4.Manager dal titolo “Nuovi Orizzonti manageriali. Superiamo il gender gap: facciamo goal per ripartire”.

Premio Giovane Manager 2020

Premio Giovane Manager 2020

Nell’ambito dell’iniziativa “EXTRA – EXcellence and TRAining”, promossa dal gruppo giovani di Federmanager in collaborazione con Hays, sono stati premiati i 10 migliori under 44 iscritti alla federazione.

Il 20 novembre scorso, presso l’Hotel Quirinale a Roma, il gruppo giovani di Federmanager, in collaborazione con Hays Italia, ha promosso l’iniziativa dal titolo “EXTRA – EXcellence and TRAining” riservata agli iscritti under 44 della nostra Federazione, con l’obiettivo di valorizzare le eccellenze manageriali e le più significative esperienze aziendali per trarre le competenze più adatte in termini di digitalizzazione, innovazione e sostenibilità.

La cerimonia si è aperta con il saluto del presidente Federmanager Stefano Cuzzilla, introdotto dal giornalista Claudio Brachino, moderatore dell’evento. Cuzzilla ha tenuto a riconoscere l’impegno dei tanti manager italiani che hanno dimostrato di detenere strumenti e metodi d’attuazione concreti per costruire un Paese più competitivo, più equo e più sostenibile.

Successivamente, in collegamento, Riccardo Di Stefano, presidente Giovani imprenditori Confindustria, ha sottolineato l’importanza di un serio rinnovo del ceto dirigenziale che dia spazio al fondamentale contributo dei giovani per la ripartenza del Paese.

Donata Guerrini, strategic negotiator Emea di Google, è stata riconosciuta migliore Giovane Manager 2020

Renato Fontana, coordinatore nazionale giovani Federmanager, si è soffermato sul concetto di “EXTRA” che racchiude in sé i termini di exellence and training, i due focus intorno ai quali si è svolto il contest, pensato con l’intento di valorizzare le competenze, hard e soft, che con il veloce cambiamento dovuto alla pandemia, hanno portato a qualcosa fuori dall’ordinario per merito di una formazione di qualità.

Dopo le testimonianze di tre eccellenze italiane in tema di sostenibilità e digitalizzazione: Pierluigi Fusco Girard, Amministratore delegato, Linificio e Canapificio nazionale S.p.a. – Marzotto Group, Francesca Paludetti, Group chief corporate development officer, Sapio Group e Carmelo Trusso, BU executive director & Cto, Brain Technologies s.r.l., è intervenuto il direttore Federmanager Mario Cardoni sulla necessità di un sistema amministrativo rapido che faccia impiegare al meglio le risorse del Pnrr.

Walter Russo, di Hays Italia, ha poi definito il criterio di valutazione iniziale dei curricula, ricevuti da tutta Italia, che ha portato alla selezione di 40 finalisti tra i quali sono stati premiati i 10 manager che hanno fatto la differenza fino alla proclamazione del miglior giovane manager di questa edizione. Tra i premiati anche due giovani dirigenti di Roma: Federica Santini e Fernando De Castro Rubio Poli.

Per la prima volta è stato assegnato il riconoscimento speciale “Expat” a Daniele Quintarelli, area manager – Middle east di Maire Tecnimont Spa, che si è distinto per aver rappresentato e trasmesso le best practice, la cultura ed i valori aziendali all’estero.

Il titolo di miglior Giovane Manager 2020 è stato assegnato a Donata Guerrini, strategic negotiator Emea di Google, per le sue eccellenti capacità tecniche, analitiche, finanziarie e di relazione dimostrate in quindici anni di esperienza nel settore.

 

Quella matassa da districare

Quella matassa da districare

La burocrazia costa circa 30 miliardi di euro all’anno alle Pmi italiane. Ora che il Pnrr traccia la strada delle riforme, l’imperativo è: ammodernare il Paese, semplificare tutto!

Affinché la ripresa post Covid non sia solo un auspicio, ma diventi tema costitutivo della nostra quotidianità, le riforme di accompagnamento al Pnrr vanno attuate nel segno di un riavvicinamento dello Stato ai cittadini. Con un imperativo chiaro: districare la matassa burocratica che limita le potenzialità delle imprese italiane.

Oggi la burocrazia costa circa 30 miliardi di euro l’anno alle aziende del nostro Paese e può pesare fino al 4% del fatturato di una piccola impresa. Le nostre migliori risorse professionali sono spesso costrette a rapportarsi con procedure troppo complesse e con una stratificazione normativa sconfortante, oltre che con modalità e tempistiche autorizzative non all’altezza di un Paese competitivo.

Il Pnrr è la grande chance che abbiamo non solo per ripartire, ma anche per rivedere l’impianto organizzativo del Paese, superando il vizio italiano dell’immobilismo che si barrica dietro una costante incapacità decisionale.

Le grandi opere devono essere fatte, va detto convintamente. E si possono fare senza lasciare margini alla corruzione, al clientelismo o al pressappochismo. Abbiamo tutte le competenze manageriali e amministrative per realizzarle al meglio, valutando possibili impatti ambientali, economici e sociali.

Pubblico e privato devono lavorare insieme per incidere davvero sui territori, a partire dalle aree più fragili del Paese che hanno bisogno di interventi chiari, capaci di apportare benefici in termini di occupazione e benessere complessivo.

In questo senso, il nostro riferimento è la sostenibilità, intesa nella sua accezione più ampia e nel rispetto del principio cardine del “do not significant harm”: agire ma senza nuocere.

Come riportato anche da autorevoli fonti stampa, secondo l’ultima classifica annuale della Banca mondiale sulla facilità di fare impresa, l’Italia occupa la 58esima posizione, dietro il Kosovo.

Il Paese di Leonardo da Vinci, Marconi e Fermi è oggi aggrovigliato su sé stesso e non riesce a essere attrattivo per investitori esteri di qualità, che possano integrare il nostro sistema produttivo.

Ecco perché accogliamo con favore l’approccio fissato dall’agenda Draghi; il governo sta dimostrando di voler procedere in tempi brevi per offrire a istituzioni, cittadini e imprese il framework migliore in cui realizzare gli obiettivi del Pnrr.

La burocrazia è di fatto la struttura sociale più diffusa sul pianeta, che coi suoi costi stratosferici colpisce imprese e organizzazioni di qualsiasi dimensione e settore.

Ma un nuovo paradigma sta prendendo forma: decentralizzato, fondato sulla relazione e sulla trasparenza, leggero nelle regole e orientato a una strategia condivisa.

Questo vale per lo Stato, ma vale ancor prima per noi manager. Dobbiamo cambiare anche idea di organizzazione d’impresa, verso forme più agili, più veloci e più innovative. Ammodernando l’impresa, semplificando tutto.