Dimostra che sei un essere umano


aiuto

I manager volontari a sostegno del Banco Alimentare

I manager volontari a sostegno del Banco Alimentare

Vises, Onlus di riferimento di Federmanger Roma, ha stretto un accordo con il Banco Alimentare del Lazio al fine di offrire il supporto dei propri manager volontari per rendere più efficaci le attività di lotta allo spreco alimentare e all’emarginazione

La Pandemia sta determinando in Italia effetti economici e sociali devastanti, tra cui anche l’aumento dei nuovi poveri. Per rispondere ai bisogni sociali che coinvolgono fasce sempre più ampie e fragili della popolazione, Vises, Onlus di riferimento di Federmanager Roma, e Banco Alimentare del Lazio hanno dato avvio ad un accordo che prevede il supporto dei manager volontari di Vises per rendere più efficaci e incisive le attività del Banco Alimentare contro fame ed emarginazione.Fin dalla nascita del fenomeno pandemico, la risposta del Terzo Settore è stata determinante per far fronte a nuove situazioni di disagio e povertà che hanno visto aumentare, in particolare, la richiesta di aiuti alimentari.

Come ricordato dal Presidente di Federmanager Roma Giacomo Garganobisogna riconoscere il ruolo fondamentale del Terzo Settore, ma occorre uno sforzo congiunto per arginare la crisi in vista della ripresa socio-economica del nostro territorio. Grazie alla sinergia tra Federmanager Roma e Vises onlus, con numerosi colleghi volontari di Vises abbiamo raccolto prontamente l’SOS del Banco Alimentare del Lazio offrendo un supporto concreto rispetto ad un’emergenza, quella del fabbisogno alimentare, destinata ad acuire le condizioni di povertà delle fasce più deboli della popolazione”.

Giuliano Visconti, Presidente Banco Alimentare del Lazio, ha commentato: “Dall’inizio della pandemia abbiamo registrato un incremento di quasi il 40% del numero di assistiti, arrivando a sostenere in alcuni momenti della crisi oltre 100mila poveri. A fronte di questa situazione, abbiamo ritenuto necessario rafforzare la nostra struttura interna da un punto vista gestionale, chiedendo il supporto di Federmanager Roma e dei manager volontari di Vises che si impegneranno con noi nella lotta allo spreco e alla povertà e con la loro professionalità contribuiranno a irrobustire la nostra opera”.

Rita Santarelli, Presidente Vises Onlus, ha sottolineato come: “Mettere a disposizione il capitale di competenze dei nostri manager volontari ci consente di offrire una risposta efficace e sostenibile nel tempo per i bisogni sociali emergenti e diffondere, attraverso una cultura manageriale responsabile, nuovi modelli di sviluppo più inclusivi e solidali”.

Un valore per il Paese: gli anziani

Un valore per il Paese: GLI ANZIANI

Di fronte alla tragedia che stiamo vivendo, il problema delle pensioni passa in seconda linea. L’epidemia colpisce soprattutto gli anziani, una generazione che rappresenta la memoria storica del Paese. E’ importante proteggerli e fargli sentire affetto e vicinanza, anche economica

Quando la direzione di questa rivista mi ha chiesto un articolo per il numero di aprile/maggio ho avuto un momento di perplessità. Cosa scrivere in materia di pensioni, mi sono chiesto, proprio nel mezzo di un periodo di crisi così profonda determinata, come tutti sappiamo, dalla terribile pandemia del coronavirus?

Ci eravamo lasciati, cari lettori, con i primi esiti dei ricorsi sul blocco della perequazione, presentati nei diversi tribunali del Paese.

Incassato l’esito positivo del primo giudizio, emesso a Trieste dalla Sezione della Corte dei Conti del Friuli Venezia Giulia, eravamo in attesa di quello del tribunale di Milano e degli altri tribunali chiamati in causa dai nostri ricorsi.

Un valore per il Paese: GLI ANZIANILe note vicende dell’epidemia e le vere e proprie stragi registrate soprattutto in Lombardia, ma anche nel resto d’Italia, hanno provocato provvedimenti governativi che, oltre a limitare le nostre libertà personali, hanno determinato, tra le altre cose, la chiusura dei tribunali.

Ecco allora bloccate le aspettative di vedere riconosciute da un organo giudicante di primo grado, e poi dalla Corte Costituzionale, le nostre sacrosante ragioni in merito al blocco della perequazione e al taglio delle pensioni cosiddette medio alte.

Ma di fronte a quello che sta succedendo – credo ne convengano i lettori – questi problemi passano sicuramente in seconda linea.

Oggi rimane di assoluta ed esclusiva importanza la salvaguardia della vita di fronte alla devastazione che sta causando questo stramaledetto virus.

Come difenderci da questa piaga? Come difendere noi stessi e i nostri vecchi? 
E già, perché a leggere quelle terrificanti tabelle che la Protezione Civile ci propina ogni pomeriggio, ci atterrisce la consapevolezza che la gran quantità dei decessi colpisce prevalentemente gli anziani, soprattutto gli over 80, maschi, residenti nel nord Italia.

Pare quasi che questo insieme, così tristemente definito, rappresenti il perfetto identikit del pensionato medio, di quel pensionato nel quale anche molti di noi si possono riconoscere, ancora capace di svolgere una attività sociale nel Paese, fosse soltanto, o soprattutto, quella di aiutare e sostenere con la propria pensione e la propria presenza quotidiana, l’esistenza di figli e nipoti, sostituendosi fin troppo spesso alle carenze di uno Stato per lo più assente nella produzione di posti di lavoro e di strutture per l’assistenza all’infanzia.

Ebbene, soltanto l’idea che questa epidemia, decimando i più anziani, stia sottraendo alla nostra comunità persone che costituiscono per i più giovani un importante punto di riferimento, non solo negli affetti ma anche nella vita quotidiana, ebbene questo mi sconvolge, mi atterrisce, mi lascia frastornato.

Un valore per il Paese: GLI ANZIANIPer capire il mio stato d’animo, prego il lettore di pensare agli over 80 non soltanto come vecchi nonni o genitori, magari fragili e male sulle gambe, ma anche come membri di una generazione vigorosa, forte, portatrice di esperienze e valori unici nel Paese.

Gli ottantenni di oggi hanno vissuto, seppure bambini o poco più, gli anni della Seconda Guerra Mondiale e sono stati i veri protagonisti della fase successiva, quella della ricostruzione e del boom economico, che ha portato l’Italia fuori dal baratro del conflitto mondiale e l’ha proiettata nel periodo d’oro di quel miracolo che stupì, e quanto, tutto il mondo che contava.

Questi anziani rappresentano l’unica generazione vivente ad avere sperimentato direttamente, sulla propria pelle, cosa vuol dire subire un così violento trauma collettivo, in quel caso la guerra, e poi mettere le basi per un nuovo inizio, la ricostruzione. Quei giovani di allora, e oggi anziani, sono particolarmente preziosi per aiutare a capire cosa bisogna fare per far ripartire un Paese messo a terra da un evento pernicioso e funesto come quello che stiamo vivendo.
La generazione degli ottantenni, tanti anni fa, si è assunta il compito di chiudere un’epoca e di aprirne un’altra, indicando a tutti un percorso di democrazia e di benessere.

Quella generazione si è fatta carico della ricostruzione di un Paese distrutto, facendo leva sui valori solidi dell’impegno, del lavoro, della responsabilità individuale e del bene comune. Valori oggi non così diffusi e intesi, ma ancor più utili alle nuove generazioni di fronte allo scempio pandemico e alle sue implicazioni attuali e future.

Questa maledetta epidemia si sta dunque portando via una parte considerevole di una generazione che ha rappresentato l’insieme dei valori e la memoria storica di una fase cruciale del Paese, quella della ricostruzione postbellica, che ha consentito all’Italia, proprio grazie a quegli uomini e a quelle donne oggi over 80, di diventare una delle maggiori potenze industriali del pianeta.

Quanto farebbero comodo, oggi, quegli anziani! E quanto servirebbero, domani, quando in Italia, in Europa e nel mondo ci si dovrà rimboccare le maniche e mettere mano ad una nuova, seppur diversa, ricostruzione.

I nostri anziani non sono dunque solo ultraottantenni fragili e male sulle gambe: la repentina e inopportuna scomparsa di molti di loro dovuta al Covid.19 rappresenta un grave e forte impoverimento sociale e culturale. Dobbiamo rendercene conto.

Proteggiamoli, questi nostri anziani, facciamogli sentire la nostra vicinanza, la nostra considerazione, il nostro affetto. E a chi resisterà, dopo il conflitto mondiale anche a questa non meno difficile prova, facciamo sentire che l’Italia ha bisogno, veramente tanto bisogno, della loro preziosa esistenza.

Ma attenzione: parlare come si sente in giro, pare per iniziativa di una non secondaria forza di governo, di istituire un nuovo contributo di solidarietà da applicare a redditi pari o superiori a 80 mila euro per promuovere un avvio di ricostruzione ad emergenza Covid-19 terminata, sembra, a noi pensionati, l’ennesimo sopruso verso una categoria, quella appunto dei pensionati, che già sta subendo sottrazioni per altri contributi di solidarietà accumulati nel tempo, per tagli importanti sugli importi delle pensioni medio alte e per l’ennesimo blocco della perequazione.

Attenzione, ripeto. Non si possono togliere ai nostri anziani, ai nostri pensionati, le certezze, almeno, di una certa stabilità economica. E con ulteriori prelievi, blocchi, contributi di solidarietà varia, queste certezze stanno via via scomparendo.

L’importanza di aderire a Federmanager

Per i colleghi dirigenti è importante scegliere di aderire a Federmanager. Una decisione che deve nascere soprattutto su basi ideali, che si fondano su solidarietà e colleganza al fine di moltiplicare le forze, ma senza dimenticare argomenti pragmatici di tutela dei propri interessi

Sono passati moltissimi anni ma il ricordo è ancora vivo nella mia mente. Pochi giorni dopo la mia nomina a dirigente, il coordinatore della RSA della mia azienda Claudio Ricci mi venne a trovare e mi spiegò con poche, semplici, convincenti parole, quanto fosse importante la solidarietà tra colleghi che si incarnava nella rappresentanza aziendale. Subito mi iscrissi a Federmanager e mi candidai per la rappresentanza interna. In seguito, dopo alcuni anni trascorsi con impegno nella RSA, la seconda presa di coscienza è avvenuta quando ho partecipato a uno stage di due giorni organizzato da Federmanager Roma. In quella occasione ho preso coscienza di quanti colleghi fossero in difficoltà anche in aziende importanti.

Il secondo giorno, essendo arrivato con anticipo, mi sono fermato a parlare qualche minuto davanti a un caffè con Lorenzo Urbano, storico rappresentante dei colleghi delle Poste Italiane, e ricordo che Lorenzo, con la schiettezza che lo caratterizza, mi ha fatto capire che si trattava di fare una scelta di campo: restare tiepidi e recitare una liturgia associativa come se fosse unamessa cantata oppure schierarsi e combattere con tutte le proprie forze per la tutela dei colleghi.

L’importanza di aderire a Federmanager

Sono passati circa dieci anni da quel giorno ma ricordo come se fosse ora che pensai che il lavoro dei nostri grandi coordinatori delle rappresentanze RSA nelle aziende, come Claudio, Lorenzo, Paolo e tanti altri, portava in sé lo spirito della celebre frase della poesia di John Donne che recita: “E dunque non chiedere mai per chi suona la campana: essa suona per te”. Se un collega ha problemi bisogna aiutarlo come se i suoi problemi fossero i nostri perché solo facendo così il giorno che dovessimo avere problemi potremo avere il diritto morale di chiedere agli altri colleghi di aiutarci. Da allora mi sono impegnato anche nella nostra Federmanager Roma nella quale, da cinque anni, ricopro l’incarico di Vicepresidente che esercito con questo spirito.

Credo di poter affermare che non c’è collega che mi abbia contattato direttamente che non abbia ricevuto da me ascolto, conforto e un aiuto – soprattutto tramite i nostri uffici del terzo piano di via Ravenna – per i propri problemi sindacali, previdenziali o assistenziali. Nell’aiutare i colleghi ho avuto una crescente soddisfazione che ha sempre affondato le proprie radici nella consapevolezza che se fossimo capaci tutti noi colleghi dirigenti industriali di aiutarci l’un l’altro con profondo spirito di solidarietà e di colleganza moltiplicando insieme le nostre forze, saremmo in grado davvero di risolvere la maggior parte dei problemi della nostra categoria e, visto che noi siamo la spina dorsale dell’industria, di risolvere anche i problemi del Paese, cosa che la maggior parte dei politici ancora non riesce a capire.

Questa profonda base ideale dovrebbe da sola essere sufficiente a suggerire l’impegno, ma spesso non basta perché a molti sembra un’utopia. Io chiaramente non sono d’accordo, ma mi rendo conto che molti colleghi sono stati resi cinici dalle infinite ingiustizie subite nella nostra società ingrata e che, specialmente i più giovani, sono spesso individualisti e convinti di non avere bisogno di nessuno, salvo poi doversi sempre ricredere ad un certo punto della propria carriera, perché come diceva John Donne “nessun uomo è un’isola”.

Ma anche per questi colleghi pragmatici io ho una risposta sulle ragioni che devono spingerli convintamente ad impegnarsi almeno con l’iscrizione a Federmanager. Di solito a questi amici dico: “Hai mai provato a vedere nel tuo cedolino quanti dei tuoi denari tutti i mesi sono versati per gli enti previdenziali e assistenziali? Quei soldi costituiscono la tutela per il tuo futuro e possono determinare per te la salvezza nei momenti difficili, ma tu sai dove vanno e chi li amministra?”. Di norma a questo punto ricevo risposte che fanno capire come molti colleghi siano convinti che si tratti di questioni che gestisce l’azienda o comunque di fattori che hanno una specie di vita automatica, la quale non richiede alcun impegno o accortezza da parte dei singoli dirigenti. A questo punto ho gioco facile nello spiegare che ciò non è vero.

Chiarisco che quei soldi vanno prevalentemente ad enti gestiti congiuntamente da Confindustria e da Federmanager come il FASI e il PREVINDAI ovvero dalla sola Federmanager come ASSIDAI. Spiego poi che le politiche attive nel caso un collega perda malauguratamente il lavoro sono promosse dalla nuova società paritetica Confindustria/Federmanager che si chiama 4.manager e che è stata da poco costituita.

Dopo aver detto questo faccio la domanda delle “cento pistole”: “Caro collega possibile che tutti i mesi tu dia in consegna migliaia di euro a questi fondi senza curarti di chi li amministra?”. E continuo nel ragionamento: “Questi fondi, caro collega, saranno la tua salvezza quando – Dio non lo voglia mai – avrai bisogno di un serio aiuto sanitario ovvero sarai anziano e avrai bisogno di un aiuto o di una integrazione economica alla tua pensione INPS. Non credi che per questo valga la pena di pagare poco più di duecento euro l’anno per iscriversi a Federmanager e avere più efficacemente voce in capitolo nella loro gestione? Come iscritto potrai votare per il Consiglio Direttivo di Federmanager Roma [o addirittura candidarti a farne parte] il quale a sua volta indica membri dei Consigli di Amministrazione di tutti questi enti, così come di Fondirigenti che eroga formazione finanziata e di tanti altri enti della galassia Federmanager. In tutti questi enti caro collega ci sono soldi tuoi e quindi – anche senza scomodare gli ideali che pure secondo me ci sono – per tutelare i tuoi interessi dovresti assolutamente iscriverti come minimo per avere il potere di verificare che le tue migliaia di euro che tutti mesi vanno in questi enti siano amministrate da persone di tua fiducia. Possibile che per amministrare il tuo budget in azienda o per gestire i tuoi soldi presso le banche o le assicurazioni tu ti preoccupi di scegliere tu stesso gli Advisor e invece per questi soldi tuoi che tutti i mesi vengono versati, come evidenzia chiaramente il tuo cedolino, tu non abbia nemmeno la più pallida e lontana idea di dove vadano e di chi li stia gestendo in questo momento?”.

L’importanza di aderire a Federmanager

Gherardo Zei, Vicepresidente Federmanager Roma

Ogni volta che ho avuto la possibilità di evidenziare a qualche collega questa situazione non ho mai ricevuto una risposta negativa. Moltissimi mi hanno detto che avevo ragione e che si sarebbero iscritti e tutti comunque hanno smesso di fare spallucce e mi hanno promesso che ci avrebbero pensato seriamente.

Detto questo io resto del parere che i motivi ideali siano prevalenti e che la ragione di fondo, la pietra filosofale e l’imperativo morale del nostro impegno risieda essenzialmente nel fatto che impegnarsi per una categoria la cui promozione significherebbe al tempo stesso fare giustizia e promuovere il rilancio del paese sia una battaglia morale. E tuttavia mi sembra di avere evidenziato chiaramente che anche sul piano pragmatico la partecipazione alla vita di Federmanager, perlomeno con l’iscrizione, sia la cosa più conveniente e utile da fare per ciascuno.

Se poi qualcuno di voi ha voglia di parlare con me direttamente – da collega a collega – di questo o di qualsiasi altro suo problema non gli rimane che telefonare ai nostri uffici di via Ravenna e farsi dare il mio numero di cellulare. Io sono a disposizione perché come diceva John Donne “nessun uomo è un’isola”. E noi non siamo individui isolati ma siamo colleghi e questo significa qualcosa.