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transizione ecologica

La risposta “green” del Gruppo FS alla crisi energetica

La risposta “green” del Gruppo FS alla crisi energetica

Fabrizio Favara, Responsabile Strategy e Sustainability del Gruppo FS

Paolo Parrilla, già dirigente di Ferrovie dello Stato e consigliere e coordinatore della Commissione Organizzazione e Studi di Federmanager Roma, ha incontrato Fabrizio Favara, responsabile Strategy e Sustainability del Gruppo FS, per conoscere le strategie presenti e future di Ferrovie dello Stato a fronte della crisi energetica, tra mobilità e transizione ecologica

Il Gruppo FS ha intenzione di effettuare investimenti in campo energetico, così come prospettato in sede di presentazione del proprio piano decennale.  Può descriverne gli obiettivi principali?

Nell’ultimo anno, sicurezza energetica e sostenibilità sono temi che si sono conquistati una particolare centralità mediatica ma rappresentano elementi di attenzione di diverse realtà industriali e istituzionali già da anni. Il Gruppo FS Italiane si è impegnata a dare un forte segnale ponendosi diversi obiettivi in termini di autoproduzione di energia da fonti rinnovabili, rafforzando anche i propri obiettivi in termini di decarbonizzazione. Con il Piano Industriale 2022-2031 è stato previsto un investimento di circa 1,6 miliardi di euro, attraverso il quale il Gruppo FS Italiane intende installare, su proprie aree, impianti di generazione di energia da fonti rinnovabili, principalmente fotovoltaica, per una potenza di circa 2 GW. L’obiettivo è quindi arrivare a produrre 2,6 TWh, riuscendo a coprire circa il 40% del fabbisogno dei consumi elettrici aziendali.

Quali sono le dimensioni attuali dell’assorbimento di energia del Gruppo FS e la quota rispettiva degli impianti e della trazione?

I servizi di trasporto di tipo collettivo, che rappresentano il core business del Gruppo FS Italiane, necessitano di grandi volumi di energia, che arrivano a pesare oltre i tre quarti del totale del bilancio energetico dell’azienda, così suddivisi: la trazione ferroviaria rappresenta una delle principali voci di consumo energetico dell’azienda, in gran parte (oltre il 55% dei consumi totali) alimentata da energia elettrica e in una quota minoritaria (circa il 12%) alimentata dal gasolio oltre alla quota per il trasporto su gomma (circa l’8%).

In termini numerici, nel 2021 il Gruppo FS ha avuto un consumo di energia pari a 26,4 milioni di GJ. Il numero in sé può non essere significativo per tutti, ma in linea di massima può essere paragonato al consumo annuale pro-capite domestico di circa 220.000 individui (1). Visti questi numeri, a ragione, l’azienda viene annoverata quale uno dei principali consumatori nazionali di energia e si può stimare che, considerando soltanto il comparto elettrico, il Gruppo FS assorbe circa il 2% dei consumi nazionali.

In particolare, come si inserisce la programmazione del Gruppo FS con quella nazionale e comunitaria per quanto riguarda la riconversione verso produzioni energetiche cosiddette “green”?

Le strategie del Gruppo FS sono perfettamente allineate agli indirizzi indicati già nel 2015 a livello sovranazionale nell’Accordo di Parigi, che ha ispirato diverse misure normative a livello nazionale e comunitario.

Dal livello europeo, c’è un forte disegno per ridimensionare, sul medio, e azzerare, sul lungo periodo, le emissioni di CO2 che vede ovviamente coinvolti settori come quello energetico e dei trasporti. Il pacchetto di proposte del 2021 denominato Fit for 55 è solo uno degli ultimi interventi in tal senso e tra gli altri indirizzi propone l’accelerazione dei sistemi di trasporto sostenibile e l’incremento di produzioni di energia da fonti rinnovabili. Anche a livello nazionale la strada intrapresa è la stessa: la Componente 2 della Missione 2 del PNRR (2), ad esempio, ha come obiettivo quello di contribuire al raggiungimento degli obiettivi strategici di decarbonizzazione attraverso cinque linee di riforme e investimenti, tra cui quelle dedicate specificatamente all’incremento della quota di energie prodotte da fonti rinnovabili e allo sviluppo di un trasporto locale più sostenibile.

Gli obiettivi climatici del Gruppo FS integrati nel Piano Industriale 2022-2031 possono mostrare in maniera esemplificativa quale sia l’impegno in questo quadro generale: raggiungere la neutralità carbonica entro il 2040 (scope 1, 2 e 3); -50% entro il 2030 emissioni dirette e indirette (le cosiddette emissioni scope 1 e scope 2) e ridurre del 30% quelle della catena del valore (scope 3).

Avete già ipotizzato la localizzazione geografica dei diversi impianti con relativo cronoprogramma?

A inizio anno abbiamo dato notizia di aver lanciato il primo bando di gara europeo, del valore di 130 milioni di euro, per impianti in diverse regioni Italiane (Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Piemonte, Toscana, Abruzzo, Lazio, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia). Il bando prevede sia la progettazione esecutiva sia la realizzazione dei primi venti impianti di produzione di energia elettrica tramite pannelli fotovoltaici e la localizzazione individuata riguarda aree di proprietà del Gruppo FS Italiane limitrofe alle sottostazioni elettriche ferroviarie. Nel corso dell’anno una nuova gara consentirà al Gruppo di erogare già nel 2024 una potenza di oltre 300 megawatt con l’obiettivo di arrivare a 2 GW già nel 2027 (3).

 Fra i vostri obiettivi è, inoltre, prevista la possibilità di raggiungere l’autonomia energetica anche parziale per un vettore come quello ferroviario a forte consumo?

Già attualmente su immobili del Gruppo come officine e altri stabilimenti, esistono impianti di autoproduzione fotovoltaica di energia, ma l’obiettivo è quello di crescere sensibilmente nei volumi di produzione. Pur essendoci diversi gradi di complessità dovuti alla specificità dei consumi elettrici del sistema ferroviario, l’intenzione è quella di effettuare tutti i nostri servizi di trasporto al 2040 senza emettere CO2, anche grazie all’energia autoprodotta nei nostri impianti, appena questi saranno operativi. Stando ai numeri inseriti al piano e già citati, la produzione stimata del Gruppo FS sarebbe pari a circa il 10% di quella attualmente prodotta in tutta Italia dagli impianti a energia solare, ponendosi quindi come attore fondamentale e concreto alla transizione green del Paese (4).

1 Su stima ISPRA di 116,5 GJ, consumo del 2018, al link

2 Si veda il link

3 Si veda il link

4 Si veda il link

 

Imprese e transizione ecologica La coscienza di un’opportunità

Imprese e transizione ecologica, la coscienza di un’opportunità

I risultati di un’indagine realizzata dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile e da EY. Ben 8 imprese su 10 ritengono la transizione ecologica necessaria e la vedono come un cambiamento basilare per superare le crisi ambientali ed economiche attuali. Necessarie maggiore informazione e meno burocrazia

Un’indagine che monitora l’atteggiamento degli imprenditori su potenzialità, ostacoli, aspettative, misure della transizione ecologica, è stata presentata agli Stati Generali della Green Economy, promossi dal Consiglio Nazionale della Green Economy, in occasione di Ecomondo e Key Energy, a Rimini lo scorso mese di novembre, realizzata dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile e da EY, azienda di consulenza che aiuta le imprese a identificare e capitalizzare nuove opportunità. L’indagine è stata pubblicata all’interno della Relazione sullo stato della green economy 2022.

I risultati mostrano con evidenza come gli imprenditori italiani siano coscienti ed attenti ad una scelta che si impone sempre più come una necessità improrogabile. Realizzata a settembre 2022, la ricerca offre la fotografia attuale di come un campione di 1.000 imprese italiane (piccole sopra i 10 dipendenti, medie e grandi, appartenenti ai principali settori) stia vivendo la transizione ecologica in questo periodo di alti prezzi dell’energia e di incertezza sul futuro dell’economia.

Come sottolineato da Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile: “Questa indagine documenta un quadro dell’impegno delle imprese italiane per la transizione ecologica più avanzato di quanto diffusamente si ritenga. Non mancano difficoltà e ritardi, ma il quadro complessivo che emerge è quello di un sistema delle imprese che sta affrontando la sfida della transizione ecologica come ineludibile necessità ma anche come possibile opportunità”.

I dati: le imprese tra preoccupazioni e voglia di cambiamento

Emergono consistenti preoccupazioni per il futuro delle imprese: l’86% degli imprenditori dichiara un livello molto elevato di preoccupazione per gli alti costi dell’energia, il 72% degli imprenditori per difficoltà di approvvigionamento e per gli alti prezzi delle materie prime, il 60% si dichiara preoccupato per le crisi sociali ed economiche internazionali.

Foto Pixabay

La preoccupazione per l’aumento degli eventi atmosferici estremi, causati dalla crisi climatica, è ormai diffusa anche fra gli imprenditori: il 75% ha un livello di preoccupazione medio o elevato e solo il 25% dichiara di non essere preoccupato per tali eventi. Di fronte a queste preoccupazioni, è interessante analizzare l’atteggiamento che caratterizza le imprese italiane: l’83% vede la transizione ecologica come un cambiamento necessario per affrontare la crisi climatica e delle risorse e per puntare a un futuro prospero.

Tre aziende su quattro (il 76%) sono convinte che l’Italia dovrebbe essere fra i promotori della transizione ecologica perché questa scelta metterebbe il Paese all’interno del gruppo avanzato delle economie mondiali. L’ostacolo maggiore per la transizione ecologica è rappresentato dalla burocrazia per ben il 50% delle imprese.

Le imprese si sono già mosse per avviare questo cambiamento in green: oltre una su due ha già adottato misure per usare in modo più efficiente energia ed acqua, il 49% per ridurre e per riciclare i propri rifiuti e il 34% nell’utilizzo di fonti rinnovabili.

Irene Pipola, Sustainability Consulting Leader di EY Italia, ha sottolineato come: “Sono soprattutto le PMI a sostenere la rilevanza della transizione ecologica, ritenuta un cambiamento necessario dall’83% delle imprese intervistate, evidenziando ancora più senso di urgenza rispetto alle grandi imprese. I dati emersi dall’indagine ci portano a riflettere su quanto sia concreto il bisogno di tale cambiamento, ma emerge anche quanto sia essenziale un supporto strutturale per le imprese più piccole, che non potrebbero contare solo sul ritorno degli investimenti nel muoversi verso questa trasformazione. Infatti, il 42% delle imprese che hanno già avviato il processo di transizione ecologica dichiara di non aver ancora percepito alcun vantaggio, e questo è accaduto più frequentemente nelle imprese di dimensioni minori”.

Benefici ed ostacoli

I principali benefici riscontrati riguardano la riduzione dei costi operativi (27%), il miglioramento reputazionale (24%) e il consolidamento di partnership (15%). Ben il 42% degli intervistati dichiara di non aver ancora riscontrato alcun vantaggio dalle misure messe in atto per la transizione ecologica: ciò potrebbe significare che si tratta di investimenti con tempi di ritorno lunghi o anche che si tratta di misure che non comportano diretti vantaggi per l’impresa, ma ritorni solo di interesse generale.

Per ben il 50% delle imprese l’ostacolo maggiore per la transizione ecologica è di tipo burocratico, per le autorizzazioni e per accedere alle risorse necessarie. Al secondo posto stanno i finanziamenti per il 27% degli intervistati e l’accesso alle risorse necessarie (27%), seguono le barriere tecniche e attuative (17%) e gli adeguamenti del modello di business (15%). Un altro disagio, avvertito da oltre il 95% delle imprese, riguarda la difficoltà delle procedure necessarie all’installazione di impianti fotovoltaici ed eolici.