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recessione al femminile

La pandemia ha provocato una recessione al femminile. Occupazione sotto il 50%

Le donne stanno pagando il prezzo maggiore della crisi innescata dalla pandemia

Questa affermazione è confermata dalla fotografia d’insieme del Bilancio di genere 2021 (relativo all’esercizio 2020), che il Ministero dell’Economia ha tracciato in linea con le normative europee, dalla quale emerge, per le donne, non solo una significativa perdita di occupazione registrata nel periodo, ma anche il peggioramento delle condizioni di lavoro e l’acutizzarsi del conflitto vita/lavoro.

Vediamo rapidamente perché

La crisi economica causata dalla pandemia ha colpito in maniera molto diseguale i settori dell’economia. Il più colpito in assoluto è stato quello dei servizi, che conta in Italia circa il 60% degli impieghi maschili e l’85% degli impieghi femminili (OECD, 2020).

In questo senso è possibile parlare di she-cession, recessione al femminile, a differenza delle man-cession che si erano verificate con le precedenti crisi economiche e che avevano colpito soprattutto il settore industriale, a maggioranza maschile.

Da Febbraio 2020 a Febbraio 2021, i posti di lavoro in totale perduti dalle donne sono stati ben 412mila, il 4,2% del totale dei posti di lavoro femminile.

Per la prima volta dal 2013, nel 2020 il tasso di occupazione femminile in Italia è sceso sotto al 50%, attestandosi al 49%. Si accresce così il divario con il tasso di occupazione femminile medio nell’Ue (62,7%) e con il tasso di occupazione maschile, arrivato a 18,2 punti percentuali.

Da segnalare un altro dato rilevante: la quota di donne costrette ad accettare un orario ridotto, arrivata nel 2020 al 61,2%, contro una media Ue del 21,6%.

Nel 2020 è salita anche la quota di donne Neet, cioè che non studiano e non lavorano, passando dal 27,9% del 2019 al 29,3%, contro una media europea del 18%.

Le più svantaggiate di tutte sul lavoro sono ancora una volta le donne con figli in età prescolare, che hanno un tasso di occupazione di circa 20 punti inferiore a quello delle donne senza figli: nel nostro Paese figli e  lavoro continuano ad essere largamente inconciliabili.

Indicativo il forte incremento delle donne che hanno fatto ricorso allo smart working nel corso del 2020: il 16,9% rispetto all’1,3% del 2019 mentre la quota riguardante gli uomini è passata dall’1,5% al 12,8%. Se lavorare da casa potrebbe rappresentare un vantaggio per le donne in tempi di normalità, durante le fasi più acute della pandemia non è stato così. A causa anche di una chiusura delle scuole tra le più lunghe in Europa, le donne italiane hanno dovuto sobbarcarsi un carico straordinario di lavoro domestico e di cura.

Foto Pexels

Eloquenti anche i dati sui congedi Covid: i 300 mila minori interessati sono stati presi in carico per il 79% dalle madri e solo per il 21% dai padri. Dati coerenti e in linea con quelli dei congedi parentali, dove le richieste dai padri si attestano al 22% del totale.

Il contesto appare ancora più grave se si considera l’aumento di telefonate al numero di pubblica utilità contro la violenza e lo stalking 1522: secondo l’ISTAT, nel 2020 le chiamate sono aumentate del 79,5% rispetto al 2019. Considerando il periodo da marzo a giugno 2020, le chiamate al 1522 sono state più del doppio rispetto al 2019: quella della violenza di genere è stata definita la “pandemia ombra”, che costituisce purtroppo un altro lato, oscuro e inquietante, della recessione al femminile

“Per quanto possa essere difficile pensarci ora, epidemie future saranno inevitabili e dobbiamo resistere alla tentazione di affermare che quella di genere sia una questione secondaria”, scrive la giornalista Helen Lewis (autrice di un saggio intitolato “The Coronavirus Is a Disaster for Feminism” Pandemics affect men and women differently), e aggiunge: “Per troppo tempo i politici hanno dato per scontato che la cura dei bambini e degli anziani potesse essere ‘assorbita’ dai cittadini, soprattutto dalle donne, che forniscono di fatto un enorme sussidio all’economia ufficiale. La pandemia dovrebbe ricordarci quanto questa situazione sia sbagliata”.

E’ questo il momento di cogliere in modo efficace le opportunità offerte dai fondi del PNRR e dalla sensibilità che le istituzioni a livello nazionale e internazionale stanno dimostrando e mettere finalmente in campo politiche, iniziative e azioni mirate alla riduzione delle disuguaglianze.

Ci piace ricordare a questo proposito un passaggio chiave del discorso di insediamento del rieletto Presidente Mattarella: “La pari dignità sociale è un caposaldo di uno sviluppo giusto ed effettivo. Le diseguaglianze non sono il prezzo da pagare alla crescita. Sono piuttosto il freno di ogni prospettiva di crescita”.