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Impresa

La sicurezza innanzitutto

La sicurezza innanzitutto

Federmanager è pronta a far parte del patto di alleanza tra istituzioni, società civile, forze sociali ed economiche per la sicurezza sul lavoro, auspicato dal Presidente Mattarella

Ho avuto l’onore di partecipare alle celebrazioni, tenutesi al Quirinale, per la giornata del Primo Maggio. L’evento, che ha testimoniato il valore fondante del lavoro per la nostra Repubblica, è stato concluso dall’intervento del Presidente Sergio Mattarella.

Come sempre, le parole del Presidente si sono distinte per l’altissimo valore etico, politico e sociale, con particolare attenzione al tema della sicurezza sul lavoro perché, come ha sottolineato, “l’integrità della persona e della salute dei lavoratori è parte essenziale della visione che ispira il nostro patto costituzionale”.

I dati che si registrano in Italia parlano chiaro e destano sconcerto: le denunce di infortunio sul lavoro presentate all’Inail tra gennaio e marzo sono state 194.106, in aumento del 50,9% rispetto alle 128.671 del primo trimestre del 2021.

Pur considerando l’incidenza delle denunce di infortunio da Covid-19, è la fotografia di un Paese che sta cercando di avviare la ripresa, rimettendo in moto produzione e lavoro, ma ancora incapace di garantire l’incolumità e la piena sicurezza dei lavoratori.

Non si può pensare di andare avanti così. I grandi cantieri che si apriranno per realizzare la crescita nazionale dovranno obbedire a un imperativo che non ammette fraintendimenti: “Safety first”. Non esiste ripresa senza sicurezza.

Accogliamo quindi con grande favore le parole pronunciate, nel corso della giornata al Quirinale, dal Direttore generale dell’Inail, Andrea Tardiola, che ha posto l’obiettivo di “un Pnrr della sicurezza, per impedire che nei prossimi anni più lavoro equivalga a più incidenti sul lavoro”.

I nostri manager giocheranno un ruolo da protagonisti in tal senso, poiché è indispensabile che nelle aziende si diffonda una nuova cultura d’impresa, incentrata sulla sicurezza. Ecco perché dedichiamo grande attenzione alla formazione delle competenze manageriali che oggi servono davvero per guidare l’innovazione operativa e culturale.

C’è bisogno di dare una svolta al modo di concepire l’impresa: deve essere globale, ma più attenta al territorio, produttiva, ma sicura e socialmente responsabile, innovativa, ma anche inclusiva, competitiva, ma più equa in termini di opportunità. Solo attraverso tali prospettive si riuscirà inoltre a riattivare quell’ascensore sociale che sembra essersi fermato.

Non abbiamo quindi il timore di andare avanti, indulgendo in titubanze più o meno di facciata, e alle istituzioni chiediamo di favorire una crescente sinergia con le rappresentanze manageriali.

Proprio tenendo fede alle parole del Presidente Mattarella, che sulla sicurezza ha auspicato “un patto di alleanza tra istituzioni, società civile, forze sociali ed economiche, per sottolineare con forza l’impegno a combattere un flagello che sconvolge la vita di troppe famiglie, rappresenta un’umiliazione per il mondo delle imprese e una sconfitta per chi, producendo beni e servizi, vede la propria attività sfigurata da queste morti”.

 

La vocazione del leader d’impresa

La vocazione del leader d’impresa

Le organizzazioni giovanili di Federmanager, UCID e Unindustria hanno organizzato un incontro dall’alto valore culturale con Padre Robert Sirico, fondatore e Presidente dell’Acton Institute ed uno dei massimi esperti e conoscitori dei rapporti tra principi etico-religiosi, imprenditoria ed economia di mercato

Mercoledì 4 dicembre a Roma, presso il Centro Studi Americani, si è svolto un “business leaders share”, con a tema “La vocazione del leader d’impresa”, fra i giovani imprenditori e dirigenti di Federmanager, UCID ed Unindustria con Padre Robert Sirico, sacerdote, fondatore e presidente dell’Acton Institute for the Study of Religion and Liberty, un’organizzazione non profit che si occupa di promuovere “una società libera caratterizzata dalla libertà individuale e fondata su principi religiosi.

Padre Robert A. Sirico, nato a Brooklyn (New York), il 23 giugno 1951, è un sacerdote e commentatore economico americano. Nel 1990 ha fondato l’Acton Institute for the Study of Religion and Liberty, un’organizzazione non profit che si occupa di promuovere “una società libera caratterizzata dalla libertà individuale e fondata su principi religiosi”, di cui è presidente

Dopo i saluti di benvenuto da parte di Andrea Chiappetta, consigliere di amministrazione del Centro Studi Americani, il tema, “La vocazione del leader d’impresa”, è stato affrontato nella lectio di Padre Sirico. Il suo pensiero parte dall’idea che la libera iniziativa imprenditoriale, secondo la Dottrina Sociale della Chiesa, non solo è legittima ma anche degna di lode, tanto da essere una vera e propria “vocazione”.

Contribuendo a creare benessere per la società, tale vocazione è messa in relazione con il più profondo messaggio cristiano, la dignità dell’uomo e la santificazione del mondo attraverso il lavoro. “Come Dio – ha ricordato Padre Sirico – siamo capaci di fare non solo buoni affari, ma anche grandi nobili affari, siamo capaci di creare nuove ricchezze, per noi e per tutti. E attraverso le nostre imprese, possiamo mettere i nostri tesori a disposizione degli altri. La persona non è solo importante per il mercato. È proprio al centro del mercato. La persona umana è la fonte e il vertice dell’economia”.

Ha concluso Padre Sirico: “Per capire le radici della vocazione del business leader, bisogna capire il significato della persona, della natura umana di tutti noi coinvolti in un’impresa, scambiando merci, servizi, producendo meravigliose invenzioni per il bene comune. Non è un caso che l’economia di mercato di cui godiamo oggi è provenuta dalla tradizione giudaico-cristiana. Proprio grazie ai contenuti della nostra fede abbiamo cercato di proteggere e promuovere la proprietà privata, la creatività per migliorare il mondo come cocreatori”.

Giacomo Gargano, Presidente Federmanager Roma

Al termine della lectio magistralis di Padre Sirico, sono seguiti gli interventi di Benedetto Delle Site (Presidente Giovani UCID Lazio), Giulio Natalizia (Presidente Gruppo Giovani Imprenditori Unindustria), Renato Fontana (Presidente Coordinamento Giovani Federmanager) e Pierluigi Germani (Presidente nazionale Giovani UCID). “L’iniziativa – hanno sottolineato gli organizzatori – nasce dalla volontà di approfondire il significato più profondo dell’essere un leader d’impresa, come risposta ad una autentica vocazione, tramite la quale vengono generati ricchezza e benessere a vantaggio dell’intera società”.

Tirando le conclusioni della giornata di studio, il senatore Riccardo Pedrizzi, presidente UCID Lazio e Comitato Tecnico Scientifico Nazionale, Giacomo Gargano, presidente di Federmanager Roma, e Giancarlo Abete, AD del Gruppo ABETE, hanno ricordato lo sviluppo recente della dottrina sociale della Chiesa per quanto di essa attiene all’impresa, ed elogiato il lavoro di approfondimento e riflessione avviato dai responsabili dei gruppi giovani delle tre organizzazioni.

L’urgenza di una politica industriale

L’urgenza di una politica industriale

Spunti e riflessioni sulla necessità di una nuova politica industriale nel nostro Paese: pensare una strategia che tenga conto del contesto economico e guardi ad un ruolo attivo per i manager

In occasione del recente Consiglio Nazionale di Federmanager, il presidente Stefano Cuzzilla, ha nuovamente rivendicato un ruolo attivo dei manager nel contribuire alla definizione di una Politica Industriale.

L’esigenza della definizione di una strategia industriale è avvertita da anni da più parti: forze politiche, forze sociali, mondo imprenditoriale, opinione pubblica. Ma nonostante questo generico consenso, sostenuto anche mediaticamente, non si registrano atti concreti efficaci e significativi. Il problema è obiettivamente estremamente complesso e per essere affrontato richiederebbe un alleggerimento dalla pressione dei fatti contingenti ed un momento di riflessione su alcuni punti base che costituiscono le precondizioni su cui impostare una linea strategica.

 

Non è possibile impostare una politica industriale senza tenere conto del contesto economico generale in cui è inserito il Sistema Italia.

1. La globalizzazione ha inasprito la competitività per tutti i fattori della produzione, accentuando i toni sia delle opportunità sia delle criticità, che nel caso dell’Italia sono prevalenti.

2. Competitività globale in concreto significa che nel sistema economico mondiale si affacciano, con incisività crescente, players di grandi dimensioni non solo demografiche (Cina, India, Corea) ma con regimi politici e sistemi culturali e istituzionali che competono con posizioni di vantaggio nei confronti di paesi più avanzati sul piano dei diritti sociali.

3. A questa aggressione, sul piano del confronto globale, si registra la risposta disordinata dei “Paesi Avanzati” che reagiscono ognuno in proporzione alla propria forza e con UNA PRIORITÀ: la tutela dei propri interessi. Gli esempi delle iniziative Usa sono evidenti ma non le sole anche se meno apparenti.

4. Alle sfide della globalizzazione si aggiungono le sfide derivanti dalla crescente attenzione verso i problemi climatici e ambientali. C’è un crescente dibattito tra chi dà per acquisiti i cambiamenti climatici e li attribuisce ai sistemi di produzione e di vita e chi è scettico. La prima ipotesi è oggetto di forte pressione mediatica e l’opinione pubblica è fortemente sensibilizzata. C’è una forte spinta alla promulgazione di leggi, direttive indirizzi di carattere internazionale tesi a modificare gli attuali sistemi produttivi e dei consumi.

5. Si è avviata una fase di profonda trasformazione e siamo appena all’inizio, siamo nel momento più difficile quello della TRANSIZIONE. Modificare assetti produttivi consolidati e modelli di consumo richiede in primo luogo uno sforzo economico/finanziario enorme a cui non tutti sono in grado di far fronte.

Questo è a mio avviso lo snodo fondamentale su cui orientare una strategia. Come gestire la transizione.

6. Il sistema economico italiano risulta fragile e la sua fragilità avverte momenti di criticità alla luce delle sollecitazioni del contesto internazionale. Il tessuto produttivo è costituito per la grande maggioranza (95%) da imprese di medie piccole dimensioni. Il sistema produttivo nel complesso, è caratterizzato da bassa produttività anche per fattori di carattere generale: eccesso di burocrazia, moltiplicazione di centri decisionali, un sistema giudiziario appesantito da troppe leggi e quindi lento e poco trasparente (almeno agli occhi eteri).

7. Il sistema produttivo è SOTTOCAPITALIZZATO. Il risparmio è ancora a livelli elevati ma non è incentivato a trasformarsi in capitale di rischio.

8. Il sistema produttivo italiano ha subito una progressiva erosione da oltre 20 anni, da quando, nella falsa prospettiva che tutta l’illegalità fosse ascrivibile alla presenza pubblica, nell’economia fu avviato un sistematico e frettoloso smantellamento della presenza pubblica in tutti i comparti, a cominciare dalla privatizzazione del sistema del credito. Senza una visione strategica. Abbiamo ceduto quote significative di enti come ENI ed ENEL per fare cassa nella falsa illusione di ridurre il debito pubblico. Abbiamo ridotto il debito di quote poco significative, rinunciando a dividendi corposi per 20 anni e più.

9. Molto spesso abbiamo ceduto know how (Pirelli, Magneti Marelli ecc.) ed in molti casi BRAND, come ad esempio nel settore della moda. Registriamo lo sviluppo di catene come IKEA, Decathlon, McArturGlen, Auchan, McDonald, che sono campioni soprattutto di capacità organizzative e non di controllo di prodotti o tecnologie avanzate. Sistemi però che stravolgono il nostro commercio di prossimità.

10. Ci troviamo ad uno snodo molto delicato. La recente esplosione del caso ILVA ed il perdurare dei fallimenti nel risolvere il caso ALITALIA (senza considerare i numerosi altri esempi), sta proponendo con forza il tema di come intervenire con azioni di sostegno in grado di risolvere i casi di crisi e, nel contempo, dare uno stimolo alla crescita del PIL che ristagna da anni.

 

11. Si fronteggiano due posizioni. Da un lato chi come Romano Prodi (in un recente articolo su Il Messaggero), ma anche il prof. Sapelli in misura più o meno marcata, ritengono ineludibile e non rinviabile un maggior impegno dello Stato nell’economia. Ci sono molti esempi di presenza virtuosa del capitale pubblico, basti pensare ad imprese come ENEL, ENI, Poste, F.S. Leonardo. La remora non può essere un ipotizzato lassismo nella gestione pubblica. È importante stabilire delle regole d’ingaggio per il management chiamato a governare le imprese pubbliche con l’unico salvacondotto rappresentato dai risultati (in passato non è sempre stato così). D’altro canto non ci inventiamo nulla di nuovo, in Francia e Germania la presenza pubblica in imprese è nell’ordine delle cose. La stessa imprenditoria privata dovrebbe auspicare ad un ritorno del pubblico in economia non in misura monopolistica ma in compartecipazione per ammortizzare i rischi di mercato.

12. In verità c’è una terza via, auspicata dagli economisti di Prometeia, che guarda ad un quadro di intese, a livello europeo, tra imprese che raggiungano dimensioni e peso specifico per competere a livello globale. In linea di principio l’obiettivo sarebbe condivisibile, ma sul piano pratico mancano una serie di presupposti, in particolare che a fondersi siano operatori di pari peso rischiando altrimenti fenomeni di cannibalismo. C’è anche una corrente di pensiero che teme però che il ritorno dello Stato in economia non sia una versione riveduta e corretta delle Partecipazioni Statali, ma piuttosto della GEPI nella sua funzione assistenziale e non imprenditoriale. Ancora una volta si tratta di tracciare delle linee precise di ingaggio cui dovrebbero attenersi i futuri consigli di amministrazione.

13. In conclusione, in questa fase di transizione, il sistema economico italiano con riferimento all’assetto produttivo non ha le risorse finanziarie sufficienti per favorire la trasformazione dei processi produttivi. Siamo un Paese privo delle materie prime tradizionali (petrolio, gas naturali, minerali), ma anche delle materie prime per le nuove tecnologie (litio, cobalto, rame). Dovremo fare fronte aumentando l’efficienza, il che richiede disponibilità finanziarie che soprattutto il sistema imprenditoriale non ha a sufficienza. Un impegno qualificato del capitale pubblico in settori strategici è auspicabile. Parallelamente è altresì indispensabile, per rimuovere l’accusa di assistenzialismo pubblico, che si intervenga in tutte le amministrazioni locali, nella aziende municipalizzate e non solo nella pletora di enti inutili, per dare una dimostrazione concreta che anche il pubblico può e deve essere efficiente.

 

Famiglia e impresa

Una giornata di studio per evidenziare il ruolo fondamentale della famiglia nel rilancio dello sviluppo economico, evidenziando i legami indissolubili tra i valori della famiglia e quelli delle imprese

Lo scorso 25 ottobre 2019, presso la sala dell’Istituto Santa Maria in Aquiro del Senato a Roma, nell’ambito della Settimana della Famiglia, organizzata dall’Ufficio della Pastorale familiare della diocesi di Roma con il Forum delle famiglie del Lazio, si è svolta la tavola rotonda dal titolo “Famiglia: da laboratorio di vita a prima impresa”, prima iniziativa successiva alla firma del protocollo d’intesa tra Federmanager Roma e UCID Lazio, di cui si è trattato in un articolo dedicato..

Ad aprire i lavori della prima sessione è stata Alessandra Balsamo, presidente del Forum
delle associazioni familiari del Lazio, a cui hanno fatto seguito gli interventi, coordinati dal senatore Riccardo Pedrizzi, presidente UCID Lazio, di Matteo Rizzolli, economista e docente della Università di Roma Lumsa, Gigi De Palo, presidente nazionale del Forum delle associazioni familiari, e Vincenzo Bassi, presidente della federazione delle Associazioni familiari cattoliche in Europa.

La seconda sessione, coordinata da Benedetto Delle Site, coordinatore giovani UCID Lazio, e
centrata sulle buone pratiche d’impresa ha visto intervenire: Gigi Gianola, direttore generale della Compagnia delle Opere (CdO), Adele Ercolano dell’Istituto studi superiori sulla Donna dell’Università Regina Apostolorum, ed Emma Ciccarelli, vicepresidente nazionale del Forum delle associazioni familiari.

In questa seconda sessione è intervenuto anche il Presidente di Federmanager Roma Giacomo Gargano con una relazione dal titolo: GENDER GAP Il valore aggiunto delle donne tra impresa, famiglia e società. Egli ha sottolineato l’impegno di Federmanager per l’adozione delle buone pratiche su pari opportunità e tutela della famiglia, con interventi in materia di welfare aziendale per risolvere la disparità uomo-donna sul lavoro e facilitare l’armonizzazione lavoro-famiglia.

Nell’immagine in apertura, da sinistra: Gigi Gianola, direttore generale della Compagnia delle Opere (CdO); Alessandra Balsamo, presidente del Forum delle associazioni familiari del Lazio; Benedetto Delle Site, coordinatore giovani UCID Lazio; Emma Ciccarelli, vicepresidente nazionale del Forum delle associazioni familiari; Giacomo Gargano, Presidente di Federmanager Roma; Adele Ercolano dell’Istituto studi superiori
sulla Donna dell’Università Regina Apostolorum

Claudio Lotito: La forza delle determinazione

Claudio Lotito: La forza della determinazione

Ricordando i successi sportivi e di bilancio alla guida della Lazio calcio, Claudio Lotito ha sottolineato che soltanto dall’impegno, il buon senso e l’interesse esclusivo dell’azienda nasce un buon imprenditore

In rappresentanza del mondo dell’imprenditoria è intervenuto il Presidente della Società Sportiva Lazio Claudio Lotito. Di fronte ad un eccesso di burocrazia e ai troppi centri di potere, l’unica via di uscita sta nella “capacità di chi deve portare a casa il risultato, nella sua determinazione nel trovare le soluzioni possibili per superare gli ostacoli”.Ha ricordato il suo percorso alla Lazio, la società “fatturava 84 milioni e ne perdeva 86,5 e aveva 550 milioni di debiti. Era una società tecnicamente fallita. Oggi la Lazio è economicamente sana: ha chiuso il bilancio con più 38 milioni e con risultati sportivi di grande rilievo: negli ultimi anni è la società calcistica italiana ad aver vinto di più rimanendo seconda solo alla Juventus. Chi mi conosce sa bene che le imprese mi piacciono, sono un irriducibile combattente e, non a caso, stiamo oggi portando avanti un’altra sfida da troppi considerata impossibile. Penso che un’azienda sia come una grande famiglia, dove il padre deve adottare il buon senso e dove tutti devono essere motivati e concorrere a una gestione che tuteli l’interesse generale dell’impresa”.

Fondamentale il ruolo dell’imprenditore: “È troppo comodo decidere di comprare un’azienda e relegare ad altri la gestione, in realtà quello che può dare l’imprenditore non è in grado di darlo nessun altro. L’imprenditore deve essere un combattente, deve perseguire il suo risultato con tutti i mezzi, ovviamente leciti e legittimi. Prima l’interesse dell’azienda poi l’interesse dei singoli“. Ha poi concluso: “Nella vita quello che conta è il lavoro di équipe, la determinazione, la strategia chiara dove si vuole arrivare, e soprattutto, il convincimento che tutti sono utili, ma nessuno è fondamentale. Con questa filosofia tutti lavorano per lo stesso obiettivo e si possono raggiungere grandi traguardi“. Ha aggiunto Lotito: “Ho un gruppo di 8 mila dipendenti che operano tra differenti categorie merceologiche: pulizie, vigilanza, costruzioni, mense, petrolio e calcio. Noi imprenditori dobbiamo essere persone del fare e dare soluzioni tecniche ed immediate. Bisogna dare risposte”.

Ma come conciliare il mondo del calcio e quello dell’imprenditoria? Lotito ha le idee chiare sul punto: “È importante guardare allo sport, allo spirito di gruppo, al voler vincere tutti insieme. La capacità del manager è quella di coinvolgere tutti in determinate scelte, condividerle e battersi per loro”.

Mario Trimeri: Un manager che scala le montagne

Mario Trimeri: Un manager che scala le montagne

Non è un modo di dire, legato alle difficoltà che quotidianamente gli uomini di impresa devono affrontare. Mario Trimeri ha scalato davvero le montagne più alte al mondo, conciliando questa sua passione con l’attività di manager di successo 

Per poter spiegare il termine “Sfide” e fin dove è possibile arrivare con impegno, dedizione, coraggio e intraprendenza, l’Assemblea annuale di Federmanager Roma ha invitato Mario Trimeri. Manager con la grande passione per i viaggi e per la montagna, l’impegno e la professionalità che mette nelle sue imprese ad alta quota gli hanno consentito di scalare le Seven Summits, cioè le 7 vette più alte nei 7 continenti del mondo.Mario Trimeri: Un manager che scala le montagneIl 18 maggio 2007 alle 10 e 24, dopo un primo tentativo fallito nel 2003, è arrivato a coronare il suo sogno di raggiungere la vetta dell’Everest. La sua testimonianza ha assunto un valore simbolico e reale. Trimeri oltre a questa grande passione per la montagna e il desiderio di mettersi costantemente in gioco, è anche un valido imprenditore che, 25 anni fa, ha deciso di rilevare un’azienda in forte perdita che, con impegno, costanza e tanto lavoro, in un solo anno è tornata a guadagnare. Come imprenditore ha ricordato che la burocrazia è un limite forte allo sviluppo e allo stesso modo lo sono le tasse ed i ritardi della giustizia. Ricorda come da piccolo il suo libro preferito fosse l’Atlante che gli consentiva di viaggiare con la fantasia.

Grande conoscitore del mondo, ha potuto verificare da vicino come l’Italia sia troppo ferma rispetto ad altri Paesi che crescono costantemente: “Sono di ritorno da un viaggio in Cambogia e Vietnam ed è stato in credibile vedere come Paesi, che solo 50 anni fa erano lacerati da conflitti, sono oggi ricchi di fermento e in continuo sviluppo, muovendosi ad una velocità che noi non possiamo neanche immaginare”.Mario Trimeri: Un manager che scala le montagneNato a Belluno, tra le Dolomiti, e cresciuto in Valle d’Aosta tra le Alpi, la passione per la montagna è nel suo dna: “Ho iniziato come arrampicatore su roccia, poi sulle pareti di ghiaccio e alla fine, oltra a fare trekking in giro per il mondo, ho iniziato a guardare molto più in alto. Dai miei primi 6mila sono passato ai 7mila metri, fino ad arrivare agli 8mila metri. Nel 2003 ho portato avanti il mio primo tentativo per raggiungere la vetta dell’Everest, seguendo i miei miti Bonatti e Messner dei quali leggevo i libri mai pensando un giorno di potermi confrontare con le loro imprese. La prima volta non sono arrivato in cima per mancanza di esperienza, sempre importantissima anche nel lavoro. Impresa riuscita il famoso 18 maggio 2007 alle ore 10 e 24”.

Ma le sfide della montagna cosa insegnano ad un uomo di impresa? Trimeri ha risposto senza esitare: “La mia esperienza di scalatore mi ha offerto importanti insegnamenti nella vita di tutti i giorni. Soprattutto che ognuno di noi ha potenzialità che nemmeno immagina, per questo è importante darsi da fare, tirare fuori le nostre capacità, provarci e riuscire ad ottenere ciò che sembrava soltanto un sogno”.

Accountability

Accountability

“Il progetto Governance 2020 è rivolto a tutte e tutti i manager associati che, in possesso dei necessari requisiti, possono ambire a ricoprire incarichi nei Consigli di Amministrazione o nei Collegi dei Sindaci delle società che andranno a rinnovo nel 2019”. Il know how adeguato per una gestione efficiente e un rilancio concreto

Cosa possiamo fare, in concreto, per far rivivere la nostra grandezza? Quella dei nostri Padri costituenti, quella degli imprenditori illuminati, della crescita economica e del progresso sociale, del welfare per tutti e della solidarietà tra cittadini? Brucia la cattedrale di Notre Dame e ce l’avremo a lungo davanti agli occhi: l’immagine di un passato che chiede di essere ricostruito, di una grande bellezza che ha bisogno delle braccia di uomini e donne per tornare al suo splendore. Il passato va ricostruito, e difeso, ma forse è più urgente costruire il futuro. Merita fondamenta più solide. È al futuro che intendiamo guardare pensando alla funzione della nostra azione di rappresentanza: Federmanager tutela e difende, ma soprattutto rilancia e crea opportunità di innovare. Nasce da qui, da questa visione ambiziosa, il titolo della nostra Assemblea Nazionale, che si è tenuta a Roma venerdì 10 maggio. Siamo “L’Italia che costruisce”, e lo abbiamo ripetuto insieme ai tanti manager che sono all’opera per un Paese che sia protagonista in Europa e si affermi tra i leader nel mondo.

Questa visione, che ci spinge a fare invece che a promettere, impone di interpretare in modo nuovo il “chi siamo” e il “cosa facciamo”. Nella logica di servizio che ci ha sempre contraddistinto, noi ci appelliamo alle donne e agli uomini di talento affinché restino in questa bellissima Italia contribuendo, con le loro competenze e determinazione, a renderla più competitiva, a rilanciare l’economia, a far ripartire l’industria.

Ecco perché sono particolarmente lieto di annunciare dalle pagine di questo mensile l’avvio dell’iniziativa “Governance2020”. Il nome del progetto viene dalla possibilità di partecipare in modo attivo e coerente alla prossima campagna di nomine nelle società quotate e non di rilevante entità, che si aprirà nella primavera prossima.

Il progetto che lanciamo è rivolto a tutte e tutti i manager associati che, in possesso dei necessari requisiti, possono ambire a ricoprire incarichi nei Consigli di Amministrazione o nei Collegi dei Sindaci delle società che andranno a rinnovo nel 2019, ed è svolto in collaborazione con una delle più influenti società di consulenza in tema di corporate governance, Spencer Stuart.

Pensiamo sia un dovere, ancora prima che un’opportunità, quello di sostenere l’inserimento di competenze manageriali di alto profilo all’interno delle realtà del Paese dove l’interesse aziendale e quello nazionale molto spesso collimano.

Il rafforzamento della governance delle principali aziende italiane non può avvenire se non immettendo, come fosse una medicina, il know how adeguato a una gestione efficiente e a un rilancio concreto.

Nell’epoca della incompetenza, del relativismo, della soggettività a tutti i costi, vogliamo supportare le persone che valgono a partecipare attivamente alla definizione delle decisioni che impattano sulle sorti del Paese.

Il progetto “Governance2020” è pensato per un target ben dettagliato di colleghi e tutte le informazioni per partecipare saranno inviate via e-mail agli iscritti e pubblicate sul nostro sito.

È il nostro contributo a favore del Paese, tramite ciò di cui siamo più ricchi, le nostre persone.