In un’epoca in cui l’intelligenza artificiale ridefinisce i confini tra uomo e macchina, guardare alla storia di Olivetti non è solo un esercizio di memoria, ma una bussola per il futuro.
Se oggi discutiamo di algoritmi etici, trasparenza, controllo umano sull’AI, è perché uomini come Adriano Olivetti, già a metà del Novecento, avevano intuito che la tecnologia, senza un pensiero umanistico, rischia di diventare disumana.
Olivetti ha promosso una visione della tecnologia fondata sulla dignità del lavoro, sull’etica dell’innovazione e sull’idea che le macchine dovessero servire l’umanità, non asservirla. In un contesto industriale dominato da logiche produttivistiche, la Olivetti di Adriano ha dato origine ad una rivoluzione culturale: la tecnologia come strumento di emancipazione, non di alienazione.
La produzione Olivetti – partendo dalle iconiche macchine da scrivere Lettera 22 o Valentine – non fu mai solo tecnica. Ogni oggetto era concepito come sintesi di funzione, bellezza e umanità. L’Elea 9003, progettato dal team di Mario Tchou, fu il primo calcolatore elettronico a transistor europeo, uno dei più avanzati al mondo, premiato anche con il Compasso d’Oro ADI proprio per il suo design human centred, a firma di Ettore Sottsass. Ma ciò che rendeva Olivetti unica era l’attenzione al “perché” della tecnologia non solo al “come”. Un principio che oggi, nell’era degli algoritmi opachi, suona quanto mai necessario.

Nel 1960, il cortometraggio “La Memoria del Futuro”, di Nelo Risi, mostra come la creatività umana sia alla base della creazione di una tecnologia sempre più avanzata: un manifesto visivo che mette l’essere umano al centro, anticipando l’odierno dibattito sull’AI Augmentation – l’idea che l’intelligenza artificiale debba potenziare, non sostituire, le capacità umane.
Anche la comunicazione aziendale rifletteva questa visione: i prodotti Olivetti erano progettati per essere strumenti intuitivi e al servizio della creatività umana. Tra gli oltre 1000 manifesti conservati dall’Associazione Archivio Storico Olivetti di Ivrea, i manifesti di Pintori, Folon, Ballmer, Glaser, Sottsass non celebravano infatti soltanto i prodotti, ma trasmettevano un’idea di armonia tra arte, industria e società, evocando una comunicazione profonda tra uomo e tecnologia – la stessa tensione che oggi ritroviamo nei sistemi di interazione uomo – macchina basati sull’AI conversazionale.
“La fabbrica non può guardare solo all’indice dei profitti. Deve distribuire ricchezza, cultura, servizi, democrazia”. Adriano Olivetti
La rivista “Comunità”, fondata da Adriano Olivetti nel 1946, ha contribuito come cuore ideologico a questo pensiero. Tra le sue pagine si discuteva di urbanistica, cultura, democrazia e tecnologia, con un’attenzione costante al “bene comune” ancora attuale. Oggi, mentre l’intelligenza artificiale pone interrogativi su inclusione, equità e trasparenza, la riflessione olivettiana risuona come un richiamo alla responsabilità collettiva.
Anche il design architettonico rifletteva questa filosofia. Le architetture Olivetti di Ivrea, diventate patrimonio UNESCO, e lo showroom Olivetti in Piazza San Marco a Venezia, progettato da Carlo Scarpa, sono esempio di come tecnologia e umanesimo possano convivere. Luoghi dove innovazione e bellezza si incontrano, come dovrebbe avvenire oggi nei progetti di AI responsabile, che uniscano efficienza algoritmica e rispetto per la sensibilità umana.
Oggi, mentre l’intelligenza artificiale solleva interrogativi su bias algoritmici, sorveglianza digitale, impatti occupazionali, sul lavoro e sulla creatività, la lezione olivettiana è più che mai attuale: la tecnologia non è mai neutrale. Ogni innovazione porta con sé implicazioni culturali, sociali, etiche.

Il filo rosso che lega l’esperienza Olivetti all’AI è proprio questo: la convinzione che la tecnologia, per essere davvero progresso, deve nascere e svilupparsi con l’umanità e per l’umanità: non basta potenziare le macchine, bisogna rafforzare anche coscienza, cultura e responsabilità.
In un presente dove l’intelligenza artificiale rischia di diventare un potere senza volto, tornare alla lezione di Adriano Olivetti significa ritrovare un principio semplice ma radicale: l’essere umano deve restare al centro della tecnologia. Un’idea antica, ma oggi più che mai, necessaria.
Foto in apertura: ©Archivi Olivetti