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Economia

Nuovi approcci operativi per il management del post-pandemia

Nuovi approcci operativi per il management del post-pandemia

Terminata l’emergenza sanitaria Covid-19, al management sono necessari nuovi paradigmi per affrontare decisioni fondamentali in ogni ambito aziendale, in particolare nella gestione finanziaria

Le sfide che questa nuova fase di predominante incertezza impongono al management, riguardano in primo luogo l’ampliato ruolo della leadership. E in particolare del decision making, per l’esigenza di doversi cimentare con condizioni di instabilità prolungate e rapidità nell’avvalersi di competenze up-to-date, che richiederanno anche maggiore resistenza allo stress, al fine di ridurre gli spazi operativi ad elevata probabilità di errore.

Nel delineare risposte strategiche per sopravvivenza/sviluppo in tale mutato contesto, si dovrà anche valutare, sulla base di studi di fattibilità la convenienza di modificazioni nelle scelte gestionali da implementare nel breve e nel medio periodo. Analizzando l’impatto dei fattori di cambiamento da considerarsi strutturali anche in post-pandemia, quali in sintesi, sul piano organizzativo, il ricorso: allo smart working (connesso non solo al lavoro da casa ma anche a nuove combinazioni virtuose di competenze del personale aziendale), alle mutate condizioni di welfare aziendale che ciò comporterà, al più marcato utilizzo della digitalizzazione e delle connesse applicazioni di Intelligenza Artificiale.    Mentre, sul piano della produzione, l’attenzione dovrà essere focalizzata sulle nuove esigenze per forme di pubblicità meglio consone alle mutate sensibilità del consumo, oggi più di ieri divenuto espressione di cultura e di stile di vita, come dimostrato dalla acuita sensibilità verso le tematiche della salute e della salubrità, verso il valore del Fair trade e quello reputazionale del Made In.

E senza dimenticare, per quanto concerne l’Italia, le previsioni di decrescita del fatturato settoriale rilevanti per l’anno in corso, come autorevolmente indicato da  accreditate indagini.

Mentre, in relazione all’export, andranno tenuti presente gli scenari previsivi forniti dall’Organizzazione Mondiale del Commercio, che prefigurano un forte rallentamento del commercio mondiale per il 2020, associato ad una successiva parziale ripresa nel corso del 2021. Ma è sul piano della gestione finanziaria che si giocherà il destino di molte aziende deboli ed indebitate uscite dalla pandemia.

Utili criteri operativi cui affidarsi, in tale emergenza di liquidità aziendale, imporrebbero di non fare leva solo sulle competenze già disponibili nell’organico, se divenisse troppo elevato il rischio di non potere in tal modo cogliere tutte le strategiche e necessarie opportunità offerte dalla massa dei fondi pubblici e delle agevolazioni fiscali connesse alla miriade di norme di recente emanazione governativa. (Si pensi ad es. ai “doppioni” dei fondi per l’innovazione).

Un elevato focus dovrebbe poi porsi su quegli interventi che possano generare effetto di leva tanto fiscale che finanziaria, ancorché non ancora posti all’attenzione dei media o dei policy maker. Come l’opportunità di incentivare al meglio soluzioni tecniche di netting finanziario tra posizioni debitorie e creditorie di una stessa azienda. Tecnica certamente realizzabile per i crediti a breve, da parte sia di società finanziarie specializzate che dei factors.

Lo spirito dei manager del dopoguerra

Per gran parte del sistema industriale e larghe fette del sistema produttivo, è difficile oggi fare previsioni di ripresa. Noi, quali eredi dei manager del dopoguerra, dobbiamo rifarci al loro spirito esemplare che ha reso possibile la ricostruzione del Paese

La tempesta del Covid-19 è piombata sulla nostra penisola del tutto inattesa, investendo il sistema industriale come una tempesta d’autunno che oscura una bella giornata di sole con basse nuvole nere spinte da venti burrascosi. Ancora alla metà di febbraio le nostre agende di lavoro erano piene di appuntamenti e di viaggi d’affari. La mente dei manager italiani era già protesa verso gli appuntamenti di fine inverno: le approvazioni dei bilanci, le assemblee e, per noi di Federmanager, il Consiglio Nazionale e le nomine per nostri preziosi enti previdenziali e assistenziali (il Fasi, il Previndai e tanti altri).

Poi, a partire dalla fine di febbraio, è accaduto l’impensabile. I primi appuntamenti importanti sono stati rinviati più che altro per ragioni cautelari ma, con l’inizio di marzo, la situazione è rapidamente precipitata. Credo che abbiamo vissuto tutti più o meno la stessa esperienza. Vedevo che, di giorno in giorno, la mia agenda si svuotava e le aziende cominciavano a sconsigliare vivamente le trasferte. Il venerdì mattina ho avuto un ultimo appuntamento a Firenze per me molto importante. Il treno era semivuoto e il personale di viaggio, vestito con mezzi di protezione, si teneva a debita distanza. Tornato a Roma nel pomeriggio ho saputo che la mia azienda stava per chiudere la sede e metterci tutti, giustamente, in smart working. Ho fatto un salto in sede a recuperare il computer e i documenti essenziali e sono andato via senza guardarmi indietro.

Le conseguenze di questa tempesta sul sistema produttivo sono state simili a quelle di una guerra, con l’azzeramento temporaneo di gran parte del sistema industriale e con larghe fette di sistema produttivo per le quali non esiste ancora la possibilità di fare una previsione di ripresa come, ad esempio, il mondo del turismo e dei locali da ballo.

La cosa peggiore è che oggi non è possibile immaginare quali saranno le reali conseguenze di ciò che è accaduto. E’ difficile prevedere l’andamento della pandemia ma ancora più difficile è immaginare dove andrà ad atterrare questa crisi economica. Quanti punti di PIL perderemo quest’anno? Forse dieci? Forse venti? Quali saranno le conseguenze sulle entrate fiscali? E quali i dolorosi provvedimenti che si dovranno prendere?

A causa delle responsabilità che gravano sulle loro spalle, i manager sono abituati a guardare lontano e i nostri occhi sono già fissi sull’autunno e sulla fine dell’anno, quando dovremo affrontare una recessione senza precedenti. La crisi del duemilanove, dalla quale peraltro non ci siamo ancora ripresi, è stata niente rispetto a quello che stiamo per affrontare. L’unico paragone possibile è quello del secondo dopoguerra. E quando, per la prima volta, ho formulato questo pensiero, mi è sembrato quasi un segno del destino. Perché molte volte, parlando nei nostri appuntamenti ufficiali delle Assemblee e dei Consigli di Federmanager Roma, mi è capitato di citare lo spirito dei manager italiani del dopoguerra, come quello spirito esemplare che ha reso possibile la ricostruzione del Paese. Noi oggi siamo gli eredi di quello spirito che abbiamo mantenuto vivo tenendo saldamente in pugno la barra del timone delle imprese nonostante l’ingratitudine da cui siamo stati sovente circondati.

Quando la crisi del debito si mostrerà in tutta la sua forza molti inizieranno ad osservare che in Italia il risparmio privato è superiore al debito pubblico e si ricomincerà a parlare di patrimoniale, di altri improvvidi provvedimenti a carico delle pensioni più alte ovvero, ancora peggio, di prelievi dai conti correnti. A questo punto, al netto degli aiuti europei, ci sarà una sola strada possibile: quella dell’acquisto di una parte del debito del Paese da parte degli Italiani stessi su base strettamente volontaria mediante l’emissione di buoni del tesoro di lunga durata, con un congruo periodo di divieto di alienazione e, soprattutto, defiscalizzati, anche se con un tasso di interesse molto basso. I manager italiani amano il loro paese e certamente non si tireranno indietro ed è ragionevole pensare che tutti insieme, con le altre categorie sociali e del lavoro, sapremo trovare la liquidità necessaria per tamponare la falla.

Superata l’emergenza sarà compito nostro come manager ripartire, ritrovando dentro di noi quello spirito dei manager del dopoguerra che fu dei nostri nonni e dei nostri padri. Noi e i nostri figli dovremo fare altrettanto e dovremo scoprire dentro di noi che ne siamo capaci.

Dovremo smettere di parlare a vuoto di eliminare la burocrazia. Questa volta dovremo eliminarla veramente la burocrazia. Dovremo convincere il Paese che costringere le industrie in una ragnatele di procedure inestricabili non elimina affatto i rischi ma elimina totalmente l’attività produttiva. In una recente trasmissione televisiva in cui si parlava del ritardo nell’acquisto delle mascherine ho sentito qualcuno dire che i ritardi delle gare erano il prezzo da pagare per avere garanzie sui prodotti e sul prezzo. La storia ci insegna che questa affermazione non è vera. L’unica vera garanzia è avere un manager che sia un uomo onesto e che, al contempo, conosca la qualità e il prezzo di quel tipo di prodotto. Solo in questo modo si potrà avere un acquisto rapido e con tutte le tutele. Sia pure nel benessere, o forse proprio a causa di esso, negli ultimi settanta anni il nostro Paese ha perduto progressivamente la cognizione di queste verità. Ma oggi ha l’occasione di rinascere per una seconda volta, affidandosi con fiducia ai manager per i quali lo spirito del dopoguerra non è mai finito.

La vocazione del leader d’impresa

La vocazione del leader d’impresa

Le organizzazioni giovanili di Federmanager, UCID e Unindustria hanno organizzato un incontro dall’alto valore culturale con Padre Robert Sirico, fondatore e Presidente dell’Acton Institute ed uno dei massimi esperti e conoscitori dei rapporti tra principi etico-religiosi, imprenditoria ed economia di mercato

Mercoledì 4 dicembre a Roma, presso il Centro Studi Americani, si è svolto un “business leaders share”, con a tema “La vocazione del leader d’impresa”, fra i giovani imprenditori e dirigenti di Federmanager, UCID ed Unindustria con Padre Robert Sirico, sacerdote, fondatore e presidente dell’Acton Institute for the Study of Religion and Liberty, un’organizzazione non profit che si occupa di promuovere “una società libera caratterizzata dalla libertà individuale e fondata su principi religiosi.

Padre Robert A. Sirico, nato a Brooklyn (New York), il 23 giugno 1951, è un sacerdote e commentatore economico americano. Nel 1990 ha fondato l’Acton Institute for the Study of Religion and Liberty, un’organizzazione non profit che si occupa di promuovere “una società libera caratterizzata dalla libertà individuale e fondata su principi religiosi”, di cui è presidente

Dopo i saluti di benvenuto da parte di Andrea Chiappetta, consigliere di amministrazione del Centro Studi Americani, il tema, “La vocazione del leader d’impresa”, è stato affrontato nella lectio di Padre Sirico. Il suo pensiero parte dall’idea che la libera iniziativa imprenditoriale, secondo la Dottrina Sociale della Chiesa, non solo è legittima ma anche degna di lode, tanto da essere una vera e propria “vocazione”.

Contribuendo a creare benessere per la società, tale vocazione è messa in relazione con il più profondo messaggio cristiano, la dignità dell’uomo e la santificazione del mondo attraverso il lavoro. “Come Dio – ha ricordato Padre Sirico – siamo capaci di fare non solo buoni affari, ma anche grandi nobili affari, siamo capaci di creare nuove ricchezze, per noi e per tutti. E attraverso le nostre imprese, possiamo mettere i nostri tesori a disposizione degli altri. La persona non è solo importante per il mercato. È proprio al centro del mercato. La persona umana è la fonte e il vertice dell’economia”.

Ha concluso Padre Sirico: “Per capire le radici della vocazione del business leader, bisogna capire il significato della persona, della natura umana di tutti noi coinvolti in un’impresa, scambiando merci, servizi, producendo meravigliose invenzioni per il bene comune. Non è un caso che l’economia di mercato di cui godiamo oggi è provenuta dalla tradizione giudaico-cristiana. Proprio grazie ai contenuti della nostra fede abbiamo cercato di proteggere e promuovere la proprietà privata, la creatività per migliorare il mondo come cocreatori”.

Giacomo Gargano, Presidente Federmanager Roma

Al termine della lectio magistralis di Padre Sirico, sono seguiti gli interventi di Benedetto Delle Site (Presidente Giovani UCID Lazio), Giulio Natalizia (Presidente Gruppo Giovani Imprenditori Unindustria), Renato Fontana (Presidente Coordinamento Giovani Federmanager) e Pierluigi Germani (Presidente nazionale Giovani UCID). “L’iniziativa – hanno sottolineato gli organizzatori – nasce dalla volontà di approfondire il significato più profondo dell’essere un leader d’impresa, come risposta ad una autentica vocazione, tramite la quale vengono generati ricchezza e benessere a vantaggio dell’intera società”.

Tirando le conclusioni della giornata di studio, il senatore Riccardo Pedrizzi, presidente UCID Lazio e Comitato Tecnico Scientifico Nazionale, Giacomo Gargano, presidente di Federmanager Roma, e Giancarlo Abete, AD del Gruppo ABETE, hanno ricordato lo sviluppo recente della dottrina sociale della Chiesa per quanto di essa attiene all’impresa, ed elogiato il lavoro di approfondimento e riflessione avviato dai responsabili dei gruppi giovani delle tre organizzazioni.

Annamaria Parente e William De Vecchis: La politica, dialogo e confronto per crescere

Chi ci rappresenta in Parlamento è chiamato ad adottare misure urgenti e necessarie per superare la crisi e ridare vitalità all’economia. Tutto questo deve avvenire in un clima di confronto tra le forze in gioco, avendo quale unico interesse da difendere quello dei cittadini

In occasione dell’Assemblea annuale di Federmanager Roma non poteva mancare il contributo di chi è chiamato a fare le leggi e dare un indirizzo alla politica economica e del lavoro del nostro Paese.

William De Vecchis, Vice presidente Commissione Lavoro pubblico e privato del
Senato della Repubblica e Annamaria Parente, Vice presidente Commissione Lavoro pubblico e privato del Senato della Repubblica, hanno rappresentato alla platea la posizione della politica e le sfide che a questa si impongono per agevolare il lavoro degli imprenditori e dei manager.

Seppure su posizioni politiche antitetiche, della Lega De Vecchis e del PD Parente, hanno esposto le proprie ragioni in un clima di confronto e collaborazione che, come sottolineato da entrambi, è indispensabile per raggiungere risultati. Illuminanti in questo senso le parole di Annamaria Parente: “Il Parlamento è il luogo del dialogo e ciò rappresenta un valore per tutti noi. In un momento tanto difficile per la politica è fondamentale che noi si dia l’esempio, confrontandoci e trovando punti di incontro che ci portino a legiferare guardando sempre all’interesse dei cittadini”.Orgoglioso di essere chiamato il “leghista de Roma”, per De Vecchis essere romano è un valore aggiunto ed essere un manager della capitale deve rappresentare un apporto fondamentale per il Sistema Italia. Egli ha ricordato le misure che il governo ha adottato e sta adottando per superare quella crisi economica cominciata nel 2008 e che ancora mostra i suoi segni. Il decreto Crescita porterà benefici alle imprese, così come con il decreto legge Concretezza si vuole migliorare la macchina organizzativa della pubblica amministrazione: “La burocrazia va alleggerita e soprattutto in ambito imprenditoriale. Non è possibile avere tempi di attesa biblici”. Ha aggiunto De Vecchis: “Se riparte la nostra economia, ripartono le assunzioni, si creano nuovi posti di lavoro, ripartono i consumi, si fa girare la moneta. È fondamentale ridare vitalità all’economia reale. Soprattutto dare agli imprenditori la possibilità di investire. Se in Piemonte le forze pro TAV prendono tutte insieme l’85% dei consensi un motivo ci sarà. Il Paese sente l’esigenza che si investa”.Annamaria Parente ha richiamato l’attenzione del pubblico a temi fondamentali come la formazione, il digitale (“una piccola o media impresa deve digitalizzarsi per affrontare la competizione globale. Il digitale rappresenta oggi la vera politica industriale), l’ambiente e la sua difesa (“abbiamo avuto Greta in Senato pochi mesi fa ed i nostri giovani mostrano interesse a quanto fa la cosa pubblica”) e l’inclusione: “Voi manager avete il ruolo fondamentale di capire come cambia il lavoro e di come le tecnologie possono aiutare il grande tema dell’inclusione. In un mondo globalizzato noi potremmo avere più esclusi”. Un ringraziamento a Federmanager, sia nella componente romana che nazionale, per il contributo alla definizione delle leggi, partecipando alle audizioni in Parlamento: “si pensi al tema dello smart working e al loro enorme apporto”. In conclusione del suo intervento Annamaria Parente ha richiamato l’attenzione del pubblico sulla questione delle differenze salariali tra uomini e donne: “una immotivata sperequazione che troviamo in tutti i lavori, siano essi più o meno qualificati. L’evoluzione tecnologica del lavoro mostra donne sempre più preparate e rappresenterebbe una perdita per ogni azienda non valorizzare il loro apporto”.