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Rapporto Annuale

L’equilibrio di genere che fa crescere il PIL e le imprese

L’equilibrio di genere che fa crescere il PIL e le imprese

Presentato il Rapporto annuale dell’Osservatorio mercato del lavoro e competenze manageriali di 4.Manager dal titolo “Nuovi orizzonti manageriali. Superare il gender gap: facciamo goal per ripartire”. Come sottolineato dal Presidente Cuzzilla, occorre disegnare un nuovo orizzonte con le donne protagoniste, per costruire nuove prospettive di rilancio per le imprese e per il sistema produttivo

L’entrata in vigore della nuova legge sulla parità retributiva uomo-donna, che ha istituito dal 1° gennaio 2022 per le aziende la “certificazione della parità di genere” e lo sgravio contributivo per chi ne è in possesso, è un primo passo. Ad oggi, in Italia, le posizioni manageriali femminili sono solo il 28% del totale. Uno scenario aggravato dalla pandemia che ha avuto l’effetto di rallentare il processo di superamento del gender gap nel mercato del lavoro.

In generale, nel 2020, il tasso di partecipazione delle donne italiane al mondo del lavoro è stato del 53,1 %, con un divario di genere del 19%.

È quanto emerge dal Rapporto annuale dell’Osservatorio mercato del lavoro e competenze manageriali di 4.Manager, dal titolo Nuovi orizzonti manageriali. Superare il gender gap: facciamo goal per ripartire.“I tempi per la parità di genere rischiano di allungarsi di un’altra generazione a causa del Covid. Il superamento del gap nel mondo del lavoro non è solo una questione sociale – ha dichiarato Stefano Cuzzilla, Presidente di 4.Manager e Federmanager – ma è una questione centrale, culturale ed educativa, per lo sviluppo del Paese. Occorre disegnare un nuovo orizzonte con le donne protagoniste, per costruire nuove prospettive di rilancio per le imprese e per il sistema produttivo. L’equilibrio di genere fa crescere il Pil e le imprese. Le aziende con governance mista sono più competitive e reagiscono meglio nei contesti di crisi. Il gap retributivo e il welfare aziendale sono le aree di intervento più urgenti da affrontare e risolvere”.

Il Rapporto dell’Osservatorio è frutto di un approccio di ricerca integrato che ha coinvolto 1.077 professionisti, manager e imprenditori dell’Expert panel dell’Osservatorio che hanno partecipato alla survey e 160 iscritte alla Community Think4WomenManager. A ciò si aggiunge l’analisi dedicata alle caratteristiche di leadership di genere svolta su un campione di oltre 17mila imprese e oltre 44mila esponenti del CdA e vertici aziendali.

La fotografia

I dati statistici mostrano che il tasso di partecipazione delle donne al mondo del lavoro in Italia è di molto inferiore rispetto alla media europea. Persiste e si amplifica ulteriormente la “child penalty”: il tasso occupazionale delle donne tra i 25 e i 49 anni passa dal 72% per le donne senza figli al 53% per quelle che ne hanno almeno uno in età inferiore ai 6 anni.

Nelle posizioni manageriali femminili i numeri mostrano uno scenario altrettanto difficile: su 605 mila posizioni, solo il 28% è affidato a figure femminili (fonte INPS), quota che si riduce al 18% se consideriamo le posizioni regolate da un contratto da dirigente, sostanzialmente ferme (0,3%) da10 anni.

L’analisi condotta dall’Osservatorio su un campione di circa 17mila imprese italiane indica che l’83,5% è a conduzione maschile, il 12,2% è a conduzione femminile e il restante 4,3% è a conduzione paritaria. Le imprese dove la conduzione femminile è più diffusa sono PMI e microimprese e si concentrano soprattutto al Sud e nelle Isole e, per quanto riguarda i settori, quelle Manifatturiere (52,9%) e quelle operanti nella Sanità e nell’Assistenza Sociale (29,8%).

Inoltre si evidenzia che degli oltre 44mila consiglieri solo il 19% sono donne; la carica di Presidente e di Amministratore delegato è affidata a una donna solo nel 12% dei casi. Per l’Amministratore unico, la percentuale femminile sale al 22,5% ed è legata a una più ridotta dimensione aziendale.

Foto Pexels

Per gli imprenditori e i manager, donne e uomini intervistati, contrastare la disparità di genere significa soprattutto affrontare “Gli stereotipi di genere” (69,6%), “Il gap retributivo” (58,9%) e “Il basso numero di donne nelle posizioni di potere” (57,4%). Le leve aziendali da manovrare per mitigare il gap di genere sono: lo stile di leadership, il modello organizzativo, il people management, il welfare aziendale.

“Per superare il gap bisogna mettere in atto una serie di iniziative concrete – afferma Stefano Cuzzilla investire negli incentivi per l’assunzione delle donne, destinare una quota delle risorse destinate alla formazione aziendale a corsi su diversità e inclusione, favorire la transizione digitale e sostenibile e al contempo la managerializzazione delle PMI e attivare piattaforme fisiche e digitali per promuovere processi collaborativi realizzati secondo la prospettiva di genere”.

L’impatto del PNRR e della Strategia nazionale per la parità di genere

Secondo l’Osservatorio il PNRR favorirà l’ingresso al lavoro e percorsi di carriera delle donne finalizzati all’assunzione di ruoli di responsabilità. La valutazione di alcuni strumenti contenuti nel Piano ha restituito la seguente graduatoria: promozione e sostegno all’avvio di attività imprenditoriali femminili; sostegno alla realizzazione di progetti aziendali innovativi (digitalizzazione, green economy, ecc.) per le imprese a conduzione femminile o prevalente partecipazione femminile; creazione del “Fondo impresa Donna”; Sistema Nazionale di Certificazione della Parità di Genere, per il quale il piano di resilienza e resistenza ha già stanziato 10 milioni di euro.

Nell’ambito della Strategia Nazionale per la Parità di Genere,  le preferenze vanno a rafforzamento della promozione di role model per la parità di genere e per il superamento degli stereotipi di genere, l’istituzione di un “Patto Culturale” tra il mondo istituzionale e tra questo e la società civile, per garantire un’azione collettiva di promozione della parità di genere, il sostegno delle fragilità (disabilità, disagio sociale ed economico, presenza di situazioni di violenza sfruttamento lavorativo e caporalato), la considerazione dei fattori bloccanti dell’implementazione della parità di genere per l’implementazione della Strategia.