Dimostra che sei un essere umano


Head Hunter

Carriera pianificata o emergente La consapevolezza professionale come strumento di empowerment

Carriera pianificata o emergente. La consapevolezza professionale come strumento di empowerment

Prosegue il ciclo di incontri “Diventa preda degli Head Hunter”. Nell’ultimo appuntamento, un confronto con gli esperti di Randstad RiseSmart: Sara Portolano, Marco Guareschi e Antonietta Palmaccio

All’interno del ciclo di incontri Diventa preda degli Head Hunter, organizzato da Federmanager Roma, lo scorso 27 ottobrAlessandroe – con l’apertura del Presidente Gherardo Zei e gli interventi di Alessandro Tiberi, coordinatore Giovani Federmanager Roma, Antonio Amato, Vicepresidente Federmanager Roma e Renato Fontana, già coordinatore Gruppo Giovani Federmanager Roma – ci si è confrontati sul tema “Carriera pianificata o emergente. La consapevolezza professionale come strumento di empowerment” con gli esperti di Randstad RiseSmart. Questa è la divisione specializzata del gruppo Randstad che, con profonda esperienza e un approccio incentrato sulle persone, fornisce soluzioni innovative per la gestione e lo sviluppo delle carriere, il coaching della vita lavorativa, il ricollocamento, l’outplacement e il pensionamento. Oltre a ciò, supporta responsabili delle Risorse Umane e lavoratori in ogni fase della vita professionale, all’interno e all’esterno delle organizzazioni.

Oggi si parla molto di “Great Resignation”. Quali azioni possono mettere in atto i manager delle aziende italiane per fronteggiare questo importante e delicato fenomeno?

Risponde Sara Portolano, National Concept & Career Transition Manager di Randstad RiseSmart.

 Si tratta di un fenomeno globale in costante crescita negli Stati Uniti che ha preso piede anche in Italia. Più di un lavoratore italiano su due, infatti, sta cercando un nuovo posto di lavoro o inizierà a farlo. È quanto emerso dal Randstad Workmonitor, l’indagine semestrale sul mondo e sul mercato del lavoro condotta in 34 Paesi, su un campione di circa 800 lavoratori, di età compresa tra i 18 e i 67 anni. Le motivazioni di questo “esodo” silenzioso sono molteplici e vanno dall’incapacità del proprio datore di lavoro di soddisfare le ambizioni professionali alla scarsa flessibilità, passando per la mancanza di corrispondenza tra i propri valori e quelli aziendali. A scegliere di cambiare lavoro sono soprattutto i giovani della Gen Z, che affermano con sempre maggiore frequenza che la loro priorità è la felicità personale piuttosto che il lavoro. Secondo quanto emerso dal Randstad Workmonitor, il 29% dei lavoratori italiani starebbe cercando attivamente un nuovo impiego. A livello globale, il nostro Paese è al terzo posto della classifica rispetto a questo indicatore. A trainare l’esodo, come anticipato, sono i lavoratori più giovani. La percentuale di lavoratori che sta cercando un nuovo impiego, infatti, sale al 38% se si considera solo la fascia d’età compresa tra i 25 e i 34 anni. Un altro dato estremamente indicativo del cambio di prospettiva e priorità è la percentuale di dipendenti (23%) che preferirebbero essere disoccupati piuttosto che infelici sul lavoro. La percentuale sale al 34% nella fascia di età compresa tra i 25 e i 34 anni. Il 70% delle aziende che ha sperimentato un aumento delle dimissioni volontarie ha messo in atto azioni per trattenere le risorse. Tra queste:

  • percorsi di formazione/ sviluppo competenze (30%)
  • momenti di ascolto/ condivisione problematiche (29%)
  • maggiore attenzione alle relazioni interne (27%)
  • passaggi di ruolo/ cambio mansione (25%)

Azioni che, nel 51% dei casi, sono state giudicate in linea con le trasformazioni del mercato. Tuttavia, nel 42% dei casi tali iniziative hanno riguardato solo alcune risorse, e solo nel 21% dei casi la maggioranza (il 7% tutte o quasi).

Randstad RiseSmart propone alle aziende un servizio innovativo che rappresenta una risposta efficace per aumentare la retention dei dipendenti, ovvero il worklife coaching.  Si tratta di un servizio di coaching messo a disposizione di tutti i dipendenti, senza alcun tipo di esclusione, con l’obiettivo di acquisire consapevolezza di sé, delle proprie capacità e risorse, degli ambiti di miglioramento, dei propri desideri e aspirazioni professionali.

In concreto, parliamo dunque di sessioni individuali, in cui la persona lavora su se stessa e sui propri obiettivi, guidata da un coach che l’aiuta ad identificare strategie, strumenti e comportamenti da mettere in atto per raggiungerli. Per attrarre, motivare, sviluppare, far crescere e fidelizzare le proprie persone, le aziende devono dunque iniziare a considerare le soluzioni di coaching aziendale come parte integrante della propria strategia. Non come appannaggio di pochi, ma come soluzione olistica e democratica per tutti i dipendenti.

 Su quale competenza sarebbe opportuno investire per rimanere competitivi oggi?

Risponde Marco Guareschi, Career Consultant di Randstad RiseSmart

Certamente il networking: le relazioni interpersonali sono uno degli ingredienti che più caratterizzano la nostra identità privata e professionale. Siamo costantemente influenzati dalle esperienze che facciamo insieme agli altri, dagli stimoli che riceviamo e dalle emozioni che l’incontro con l’altro suscitano; il nostro benessere si costruisce quotidianamente anche attraverso il nostro network di amici, colleghi e conoscenti.

Il tema del networking, come sappiamo, è stato oggetto di molti studi nel corso della storia e tra questi mi piace ricordare le riflessioni audaci e avveniristiche di Ferenc Karinthy, elaborate a partire dagli Anni 30. All’interno dell’opera “Viaggio intorno al mio cranio”, lo scrittore ungherese, dopo aver descritto le bizzarrie e le stranezze percettive dovute al progredire incalzante del suo tumore al cervello, ipotizza una teoria che avrebbe rivoluzionato il concetto di network: la teoria dei sei gradi di separazione.

Per Karinthy, infatti, ogni persona nel mondo può essere collegata ad un’altra attraverso solo cinque legami interpersonali.

Difficile da credere, vero? Tuttavia, il famoso psicologo Stanley Milgram, circa trent’anni dopo l’ipotesi di Karinthy, allestisce uno studio per saggiare le potenzialità delle relazioni interpersonali.

Milgram seleziona in modo del tutto casuale alcune persone del Midwest, chiedendo loro di inviare, a diverse migliaia di chilometri di distanza, un pacco ad un abitante sconosciuto del Massachusetts.

Le uniche informazioni fornite sono:

  • nome destinatario
  • professione destinatario
  • zona di residenza destinatario (l’indirizzo preciso è sconosciuto)

I partecipanti non hanno molta scelta, possono solo valorizzare le loro conoscenze personali per far passare di mano in mano il pacco e permettere che questo giunga alla destinazione finale. A quel tempo si pensava che il pacco dovesse entrare in contatto con almeno cento persone, prima di giungere a destinazione; tuttavia, i risultati lasciarono tutti a bocca aperta. Infatti, il numero medio di passaggi si attestò tra i cinque ed i sette, confermando in maniera inequivocabile la ipotesi di Karinthy.

Anni dopo, la teoria di separazione venne applicata in ambito informatico dando vita ai social media che tutti noi oggi conosciamo ed utilizziamo, come per esempio Linkedin e Facebook. Questi social media, sempre più sofisticati negli algoritmi e nelle funzionalità offerte, permettono di entrare in contatto potenzialmente con chiunque.

Ampliare la propria rete di contatti, di persona come in ambito social, è una scelta sempre più preziosa per noi stessi, in quanto, tra i diversi benefici, abbiamo la possibilità di:

  • aumentare la consapevolezza di chi siamo
  • arricchire di prospettive diverse la nostra visione del mondo
  • entrare in contatto con opportunità di crescita personali
  • scoprire come ci vedono e ci percepiscono gli altri 

Attraverso il fenomeno della “Great Resignation” abbiamo parlato dei professionisti che decidono di uscire dall’azienda per essere protagonisti della propria carriera professionale. Per chi invece si trova a subire il cambiamento in azienda, a quali risorse può attingere?

Risponde Antonietta Palmaccio, HR Consultant di Randstad RiseSmart.

Come ci ricorda Eraclito, filosofo risalente al 500 a.C., il “cambiamento è l’unica costante” e oggi più che mai questa frase ci appare vera e indiscutibile. I cambiamenti sono all’ordine del giorno e si presentano spesso nella loro ineluttabilità sia a livello personale che in quello professionale.

In ambito organizzativo a volte le aziende si trovano costrette a fare scelte difficili come prevedere delle riorganizzazioni interne o, nella peggiore delle ipotesi, avviare dei percorsi di esodo di parte del loro personale. Quando questo avviene, l’intera organizzazione ne è profondamente scossa, la stessa direzione che ha preso questa decisione, come i professionisti destinati a uscire e i dipendenti che rimangono in azienda.

Fortunatamente oggi le aziende hanno a disposizione servizi di outplacement personalizzabili che sono in grado di fornire ai professionisti le competenze e gli strumenti concreti per affrontare la transizione di carriera verso l’esterno e che rappresentano un’importante occasione per le aziende di mostrare la cura e l’attenzione verso i propri dipendenti. È vero, nessuno è pronto al cambiamento, il nostro cervello per motivi di sopravvivenza è programmato per allontanare da sé tutto ciò che non conosce, tuttavia, quante volte ci siamo trovati a riconoscere che quella rivoluzione specifica occorsa all’interno della nostra vita alla fine si è rivelata portatrice di trasformazioni positive?

Ed è proprio questo lo spirito con cui accogliamo i candidati che entrano all’interno dei nostri percorsi di outplacement, costruiti con l’obiettivo principale di aiutarli a maturare un atteggiamento positivo nei confronti del cambiamento, per passare quindi dal subire all’agire il cambiamento.

Per favorire questa rivoluzione mettiamo a disposizione dei nostri candidati molti strumenti, ma soprattutto lavoriamo sulla consapevolezza delle loro risorse mediante, per esempio, bilanci di competenze con l’obiettivo primario di agire in maniera proattiva il cambiamento e non limitarsi a subirlo.

Interagire e confrontarsi con un Head Hunter

Interagire e confrontarsi con un Head Hunter

Il mercato del lavoro sta vivendo un momento di particolare fermento ed oggi la tendenza è invertita: a guidare il cambiamento sono gli stessi candidati. Molte aziende sono alla ricerca attiva di figure apicali, in ottica di cambiamento e trasformazione rispetto al passato, spesso il candidato si presenta a colloquio con almeno altre due o tre offerte in mano. Ne abbiamo parlato, in questa intervista di Renato Fontana con Giulia Iuticone, dal 2018 alla guida della Practice Financial Officer in Italia per Heidrick & Struggles, società di cacciatori di teste quotata al Nasdaq.

Quando parliamo di applicazioni per ruoli dirigenziali, la domanda che ricorre spesso è: come si fa ad interagire con gli head hunter?

Avendo argomenti intanto. L’interazione con l’head hunter è un momento di riflessione sul mercato, sul percorso di carriera. Ma in un mondo “agile”, cosa è cambiato? La velocità prima di tutto. Perché rispetto al passato la possibilità di connettersi è più immediata. Si fanno molti più incontri, ravvicinati nel tempo. La velocità permette di avere più confronti, con più persone ma c’è da dire che elimina la percezione dello spazio. Come risolvere questo gap? Partendo dal candidato, consiglio di trovare intanto un posto congruo all’incontro.

Per il valutatore il vantaggio di un nuovo modello “agile” è nella maggiore concentrazione che si ha su quello che viene detto e come viene esposto. L’esperienza del candidato cambia di conseguenza perché oggi più di prima dovrà fare attenzione ai messaggi trasmessi e a quello che vuole ottenere. Quello che raccomando, anche nell’interazione con noi, è la preparazione: bisogna chiedersi, cosa si vuole ottenere dall’incontro? Chi è la persona che mi trovo davanti? È vero che fortunatamente oggi siamo in una seconda fase dove gli incontri in presenza sono ritornati. Si tratta quindi di mixare adeguatamente le modalità.

L’incontro fisico resta comunque una priorità per le aziende. Se dovessimo fare una sintesi di cosa è cambiato e come porsi direi che senz’altro oggi la candidatura al lavoro va vista come un momento di riflessione, di confronto e quindi scambio di informazioni.

Un’altra lettura: fondamentale è portare informazioni all’executive search. Chi meglio di loro sa cosa accade dietro le quinte? Ma allo stesso tempo usare l’head hunter come osservatore sul mercato: capire, attraverso il colloquio, quali sono caratteristiche ricercate sul mercato del lavoro. Per esempio, nella ricerca del CFO oggi si cerca un approccio molto più strategico, persone che non estrapolano solo dati ma che ragionano in termini strategici con i vari dipartimenti di pertinenza per portare valore e produttività all’azienda. Questa è quella che viene in gergo definita “business partnership”.

Altro tema è l’aspetto salariale. Capire per esempio se sono in linea con i profili di mercato. Il mio livello di compensation è uguale alle altre organizzazioni, cosa posso fare per migliorarlo? Il consiglio è quello di investire nella formazione, sempre. L’executive MBA, per esempio, spesso viene considerato per il valore che ha in termini di network che è in grado di creare. Ma non è solo quello, va valorizzato nel curriculum. Avere un curriculum tagliato rispetto alle proprie ambizioni, interessi è fondamentale.

In un mondo in cui gioca l’interazione virtuale, vanno massimizzate le informazioni chiave ed essere molto diretti. Cercare consigli poi è un altro punto di forza. Ricordo di una candidata con una carriera prevalente in ambito strategico, che mi ha colpito perché si è aperta parlando di un tema familiare della figlia (problema cecità) e, dà lì, la conversazione si è spostata al suo interesse verso il settore che l’ha portata ad aprire anche una fondazione. Questo è un tema emerso nel dialogo e non visibile su un curriculum, che tuttavia aveva un nesso chiave nella sua passione al lavoro a cui faceva application. Parlare di ciò che non è nel curriculum, essere aperti a far conoscere la propria persona è sicuramente una strada vincente.

Le aziende come si pongono rispetto alle caratteristiche del candidato, c’è stato spostamento di richieste verso le soft skill?

Credo che certe caratteristiche “hard” debbano essere mantenute. Diciamo che le aziende possono cercare qualcuno, per esempio un CFO, più sbilanciato su aspetti M&A a seconda della squadra e delle attuali competenze che hanno nella loro struttura.

Possono cambiare quindi a seconda della realtà che cerca, ma restano fondamentali. Quelle più richieste: competenze in operazioni straordinarie, strategiche aziendali, processi di trasformazione. Anche la digitalizzazione che rappresenta oggi un pilastro, come se ad oggi non sapessimo parlare l’inglese. A livello soft sempre più si è dato valore all’empatia, intelligenza emotiva, capacità relazionale.

Emergono sempre più leader assertivi, autorevoli che guidano con l’esempio e che sono disposti a sedersi al fianco della squadra, ovviamente forti di un buon track record.

Mostrarsi un po’ di più all’head hunter, ma quando si arriva ad avere un colloquio ci si arriva dopo aver inviato un curriculum. Quindi come far trasparire queste caratteristiche già nel CV?

Il curriculum deve essere fatto di parole chiave che non vuol dire frasi fatte. Non creare quindi il classico paragrafo iniziale di frasi note ma usare le prime righe per connotare la persona e dare elementi qualitativi anche personali (qualcuno scrive del posto dove vive ma anche dati di famiglia). Ad un primo sguardo, per esempio, è utile sapere che il candidato ha una forte passione verso un settore o, per esempio, è disponibile a trasferirsi.

Utile connotare anche i contesti in cui è stato, consiglio di mettere size, ruolo e la linea di riporto nell’azienda precedente che contestualizzano passaggi di carriera e contesto vissuto. Ovviamente senza inserire dati sensibili. Infine, il desiderio. Per esempio, mi è capitato di vedere CV di una persona con una forte formazione in ingegneria delle comunicazioni, un percorso di M&A ma con un grande interesse a posizioni di CTO. Mai lo avrei pensato solo guardando il curriculum.

Chiaramente funziona se ci sono elementi di preparazione di base, in questo caso oltre la passione c’era anche un contatto di esperienza con tutto l’ambiente digitale del gruppo. Ultima cosa: create più versioni del curriculum, là dove ha senso per mettere in evidenza, in base all’opportunità, gli elementi chiave giusti.

Post pandemia, come sta cambiando la richiesta delle aziende nella modalità “agile” di lavoro?

La prima cosa, che è quello che cambia fattivamente, è che il tema del lavoro da remoto viene portato sul tavolo. Rispetto ai requisiti del ruolo si parla per esempio di policy di smart working. Una volta non succedeva in fase di ricerca, magari dopo l’ingresso sì. In un contesto più piccolo dove il team è locale, ovviamente la presenza è consigliata per creare una modalità operativa, dopo di che c’è apertura.

In alcuni casi la libertà è totale anche in funzione del ruolo, se i riporti per esempio sono dislocati in vari Paesi. Non siamo ancora arrivati ad una fase stabile, dove è concesso a tutti i livelli e tutte le organizzazioni. Non sono convinta che si possa estendere a tutti, senza nessun tipo di differenza ma stiamo andando in una direzione dove c’è molta più apertura. Ci siamo dimenticati dei “fannulloni in ufficio”. Questo almeno lo abbiamo superato.

Foto Pexels

Come si fa incuriosire l’head hunter per avere un colloquio conoscitivo?

Dividerei il ragionamento in due. Per primo, avere una pipeline o scuderia di candidati pronti. Questa è la parte fondamentale del nostro lavoro, la conoscenza viene dalla comprensione del mercato. Questo è sicuramente qualcosa che noi facciamo in modo proattivo, poi è chiaro che c’è un tema di gestione dei tempi e priorità.

Quindi come si fa ad avere l’attenzione? La risposta più diretta è lo scambio di informazioni perché poi l’aggiornamento è in funzione di questo: cosa stai facendo in questo momento, quali sono i movimenti di mercato che vedi. Ecco che l’attenzione arriva immediatamente. Questo sia in canali digitali ma anche tramite contatto diretto. Noi non facciamo un lavoro transazionale, utilizzare al meglio lo scambio di informazioni porta valore. Che può essere anche un incontro ogni sei mesi.

Capita spesso di cercare opportunità, sentire che il proprio CV è in linea con quanto richiesto ma poi la selezione non va a buon fine. Una volta in cui ti è capitato un CV perfetto e poi scoprire che non lo era?

Spesso succede che c’è una mancanza di corrispondenza tra la personalità del candidato verso il contesto. Non è un tema di competenze ma di come ci si pone. Quindi ancora una volta bisogna prepararsi e mettersi in una modalità di ascolto. Che poi non necessariamente è un tema dell’azienda, anche il candidato può non convincersi del contesto. Spesso portati a una velocità estrema nei ritmi di oggi non ci si prepara a livello di narrativa dietro una presentazione. Spesso ciò che non funziona è proprio la narrativa.

Consiglio di avere una narrativa solida e se non c’è domandarsi perché. No, colloqui per testarsi ma per avere un obiettivo. Come faccio a valutare la leadership di una persona, capacità di guidare un team per esempio? Noi in Heidrick & Struggles usiamo dei test psico attitudinali che ci aiutano e li approfondiamo in sede di colloquio. È fondamentale però parlare con esempi: citare casi di una persona che hai portato ad un avanzamento di carriera nella tua azienda. Dare elementi concreti dietro una presentazione.

In Heidrick abbiamo sviluppato un modello di valutazione della leadership su 4 caratteristiche fondamentali. Caratteristiche di un centinaio di leader esistenti sul mercato e su questo abbiamo creato un profilo target. Sono questionari che sottoponiamo da cui emergono caratteristiche e dall’autovalutazione si dà un giudizio del candidato in confronto al campione. Sono interessanti perché per esempio è capitato un candidato che aveva un tema di integrity, non era stato nel passato all’etica valoriale dell’azienda. Questo è emerso dai risultati del questionario, senza dettagli ovviamente, ma ci ha permesso di approfondire questi elementi di difficoltà in quel tipo di profilo.

Che consigli darebbe a un giovane candidato in un colloquio virtuale, visto che si perde l’empatia del contatto fisico?

Sembrano consigli banali ma fondamentali perché fanno parte della presentazione. In questo caso il primo consiglio è il setting, valutare lo sfondo adeguato e gli elementi di disturbo. Bisogna essere in un contesto tranquillo dove si mettono in evidenza tutte le caratteristiche che servono per “bucare lo schermo”. Fondamentale mantenere la concentrazione.

Spesso è capitato che gli stessi colloqui fatti in ufficio, rifatti poi in un contesto più tranquillo ottenevano performance totalmente diverse. Forse, quindi, se non si riesce, meglio riprogrammarlo. In ultimo, la comunicazione. Prepararsi, non dare per scontato che il video sia più facile.

Mantenere un certo rigore ma anche essere sé stessi. Non essere troppo rigidi, questo è il vero rischio del video. Non dare per scontato che le passioni personali non possano portare a domande fondamentali per un ruolo, percorso o riflessioni.

Salari e stipendi come cambiano, sono sacrificati?

La percezione è quella. La realtà è che c’è uno spostamento del paradigma. Si tende a spostare l’equilibrio tra elementi fissi e variabili. Spostare l’attenzione al risultato, ecco quindi che le componenti di compensation sono spostate sul variabile. La realtà, quindi, è che c’è un ribilanciamento degli elementi dal fisso al variabile e quindi una sorta di imprenditorialità della valutazione e quindi attenzione alla volontà di far parte di un progetto.

La retribuzione in questo momento in Italia nel suo complesso credo stia aumentando. Spesso dipende dal contesto e da quanto è il potere di acquisto di un contesto rispetto ad un altro. In un contesto più piccolo, per assurdo, a parità di ruolo, può essere più alta.

Per il welfare?

C’è molta apertura a meccanismi nuovi in funzione al tipo di assunzione. Verso i giovani, per esempio, si usano meno pacchetti pensionistici e più di welfare.

ESG: c’è attenzione nel ricercare profili skillati?

C’è moltissima attenzione, tanto che i profili iniziano ad essere molto verticali. ESG nei diversi contesti, ma sempre di più ricerca di figure con competenze verticali.

Passioni, cercando una posizione dirigenziale non si sa mai se opportuno o meno raccontarle.

Dipende dalla misura in cui si raccontano. È bene in ogni caso essere sempre sintetici ma assolutamente non escludere questi dettagli, perché connotano una persona e sono un elemento che abbiamo ritrovato in tanti leader. Per esempio l’attività agonistica. Non occupano certamente metà del cv ma sono da riportare assolutamente.

 

Giulia Iuticone 

Dal 2018 alla guida della Practice Financial Officer in Italia per Heidrick & Struggles, società di cacciatori di teste quotata al Nasdaq, Giulia Iuticone seleziona il top management dei dipartimenti finanziari per le principali realtà italiane ed internazionali operanti in Italia. Quarant’anni, mamma di tre bimbi (Bianca, 10, Carlo 8 e Anna 7), veneta di origine e bocconiana di formazione, dopo la laurea prende il volo per Londra in un programma di scambio alla Queen Mary University.

Prima di entrare a far parte di Heidrick & Struggles, ha lavorato per grandi corporate tra cui Schneider Electric, come responsabile della pianificazione e controllo in Italia, e General Electric, dove ha ricoperto diversi ruoli nel settore O&G, Energy e Security principalmente in Europa.

Il lavoro ai tempi del Covid 19, situazione e prospettive secondo Hays

Il lavoro ai tempi del Covid 19, situazione e prospettive secondo Hays

Nel quadro del ciclo di incontri “Diventa Preda degli Head Hunter”, organizzato da Federmanager Roma, si è tenuto il webinar dal titolo “Il lavoro ai tempi del Covid 19” con la partecipazione di Hays, gruppo leader mondiale nel recruitment di professionisti, con un’analisi attenta della situazione attuale e dei trend post pandemia.

Prosegue il ciclo di incontri “Diventa Preda degli Head Hunter” di Federmanager Roma. Un’occasione di incontro e confronto con il mondo della ricerca e della selezione del personale, per fornire nuovi strumenti per chi vuole o deve cercare un nuovo lavoro.

Di grande interesse è stato il webinar, dal titolo, quanto mai attuale, “Il lavoro ai tempi del Covid 19”. Dopo i saluti e l’introduzione di Giacomo Gargano e di Renato Fontana, è stata presentata l’attività di un’azienda primaria del settore. Si tratta di Hays plc, società quotata al London Stock Exchange, Gruppo leader a livello mondiale nel Recruitment di professionisti specializzati, presente in Italia da 15 anni. Ogni anno Hays pubblica il report “Hays Salary Guide”, con l’obiettivo di analizzare la situazione e i trend del mondo del lavoro, e di fornire un’analisi delle principali tendenze retributive con focus sui settori e aree professionali in cui opera.

L’edizione 2021 ha evidenziato come la pandemia di Covid 19 abbia rivoluzionato il mercato del lavoro a livello nazionale e mondiale. Le aziende e i professionisti dei vari settori industriali si sono dovuti confrontare con cambiamenti repentini e decisioni da prendere in tempi brevi, che molto spesso hanno trasformato carriere e business plan. Come diretta conseguenza, molte organizzazioni hanno dovuto mettere in stand-by i programmi di ricerca e selezione del personale soprattutto nella prima parte del 2020.

Tale rallentamento si è registrato particolarmente in alcuni settori, come ad esempio l’Accountancy & Finance, Banking & Insurance, Engineering, Oil & Gas, Sales e Tax & Legal. Al contrario, la necessità di far fronte alla pandemia attraverso l’implementazione di strumenti di lavoro da remoto e con progetti di trasformazione di attività più tradizionali su piattaforme e tecnologie digitali, ha comportato un’accelerazione dello sviluppo dei settori IT e Digital. Costante è stata infatti la richiesta di Software Developer, System Administrator, Network Engineer, BI Developer, Data Scientist e di tutte le figure legate alla Cybersecurity. Social Media, E-commerce Specialist, Content Manager sono risultate le figure professionali più ricercate in ambito Digital nel 2020.

Guardando al futuro, nella speranza che la situazione di mercato legata alla pandemia di Covid 19 si stabilizzerà, possiamo prevedere una graduale ripresa degli investimenti sulle risorse umane, con conseguente aumento dei volumi di assunzioni di professionisti specializzati. “Dalle informazioni di mercato, percepiamo inoltre che le aziende si focalizzeranno in particolar modo sulla propria riorganizzazione interna, per consolidare modalità di lavoro smart o da remoto” conclude Walter Russo, Manager della Divisione Banking & Insurance di Hays Italia.

Walter Russo, Manager della Divisione Banking & Insurance di Hays Italia

 

Cogliere i segnali deboli di cambiamento in azienda a proprio vantaggio

Cogliere i segnali deboli di cambiamento in azienda a proprio vantaggio

Prosegue il ciclo di incontri “Diventa preda degli Head Hunter” organizzato da Federmanager Roma. Spunti e consigli ai colleghi per non farsi trovare impreparati in un mercato del lavoro sempre più competitivo

Lo scorso primo luglio è andato in scena un nuovo incontro del ciclo “Diventa preda degli Head Hunter”. Questo è volto ad avvicinare i colleghi al mondo della ricerca e selezione del personale, fornendo strumenti adeguati per chi vuole, o deve, cercare un nuovo posto di lavoro.

La serie di incontri in corso ha già visto ospitare responsabili di aziende quali Wyser e Randstad, mentre protagonista dell’ultimo incontro è stato il Gruppo Umana. Particolarmente apprezzato è stato l’intervento di una donna quale Direttore Generale, la dottoressa Roberta Bullo, che dirige Uomo e Impresa, società specializzata nella ricollocazione professionale. Il tema oggetto del meeting è stato: “Come cogliere i segnali deboli del cambiamento in azienda a proprio vantaggio”.

Nei nostri incontri cerchiamo, ogni volta, di riflettere su un aspetto diverso o piuttosto su un momento differente della vita professionale di un manager, potendo così offrire una visione più ampia possibile su come comportarsi e reagire. Questa volta abbiamo focalizzato l’attenzione sulla possibilità che spesso, presi dagli obiettivi, dalla frenesia della vita, non ci si accorge, o non ci si vuole accorgere, che qualcosa sta accadendo o sta cambiando. Ebbene, un buon manager, specie nei momenti di turbolenza come quello attuale, deve avere l’abitudine ad analizzare in maniera critica il contesto in cui opera e non lasciarsi cullare dalla sua cosiddetta “zona di confort”.

Tanti piccoli segnali, se letti e valutati, possono rappresentare un campanello di allarme indicatore di un divario che si sta allargando tra il manager e l’azienda in cui lavora. Il divario può venire a crearsi per fattori esterni, come un cambio di tecnologia, che presto potrebbe rendere obsoleto il mercato in cui opera l’azienda, del set di conoscenze necessarie per essere sul mercato o far invecchiare in un colpo solo le conoscenze ed il modo di lavorare del manager (vedi, ad esempio, lo smart working di questi giorni che ha richiesto altre competenze trasversali rispetto a quelle che sì è abituati a esercitare e a mettere in campo nella quotidiana vita d’ufficio di tutti i giorni).

In alternativa possono esserci fattori interni all’azienda che creano dei microshock che alla lunga portano a veri e propri terremoti. Pensate ad esempio ad un cambio di vertice, di strategia, all’apertura di una nuova linea di prodotto e/o mercato. Tutte queste cose potrebbero sembrare facilmente gestibili, mentre possono creare dei profondi solchi tra il manager e l’azienda con il rischio di sfociare nella dissonanza di valori e vedute.

Ecco allora che dar peso a questi “segnali deboli” può aiutare il manager a fare le sue scelte in maniera consapevole. Scelte che possono portare anche ad un nuovo sviluppo professionale, di carriera etc. È bene però ricordare che ogni nuova strada, quale che essa sia, richiede preparazione e tempo e quindi vale la massima, forse già sentita tante volte, che cambiare un lavoro è un lavoro.

Diventa “preda” degli Head Hunter

Diventa “preda” degli Head Hunter

Con Federmanager Roma un nuovo appuntamento con gli Head Hunter: spunti e consigli per offrire ai colleghi gli strumenti migliori per non farsi trovare impreparati in un mercato del lavoro sempre più competitivo

Federmanager Roma prosegue il ciclo di appuntamenti con gli Head Hunter, i professionisti specializzati nell’individuare e selezionare manager qualificati e destinati a ricoprire posizioni strategiche all’interno di aziende locali e multinazionali.

L’ultimo meeting si è svolto lo scorso 20 novembre, con oltre 160 manager, tra streaming e presenze in aula, che hanno seguito l’incontro con Randstad. Questa è una multinazionale olandese che si occupa di ricerca, selezione e formazione di risorse umane, un’agenzia per il lavoro considerata tra le più importanti al mondo,  con filiali in 40 Stati, la maggior parte in Europa, ma anche in Asia e Nord America. Lo slogan di Randstad è “human forward”, cioè aiutare le persone a trovare il lavoro giusto, con un impatto positivo sulla loro vita. Grazie all’attività di professionisti si tende ad unire le aspettative di chi cerca e di chi offre, creando solidi rapporti di fiducia che definiscono storie, opportunità e prospettive sempre nuove.

“Gli appuntamenti con gli Head Hunter continuano a registrare riscontri importanti – ha sottolineato il Presidente di Federmanager Roma Giacomo Gargano nel suo intervento di apertura – il confronto diretto con chi ogni giorno seleziona centinaia di profili per cercare la ‘preda’ migliore è fondamentale  – ha spiegato il Presidente – e in Federmanager Roma invitiamo i migliori esperti del settore a livello internazionale per chiedere loro quali sono i trend del mercato, quali i curricula più appetibili e i consigli più utili sul ‘come farsi cacciare’”. “Il successo di questo tipo di iniziativa  – ha dichiarato Gargano – ci esorta a proseguire su questa strada per restare al passo con i tempi ed essere attori del cambiamento. Un networking di alto livello come quello che Federmanager offre da sempre – conclude il Presidente – rappresenta, anche in tal senso, quel bagaglio di opportunità che può fare la differenza e che in molti casi l’ha fatta”.

In linea con il presidente Gargano la dichiarazione di Renato Fontana Coordinatore del Gruppo Giovani Federmanager promotore dell’iniziativa. “Vale la pena – ha ricordato Fontana – sottolineare l’importanza di questo tipo di incontri che consentono di ascoltare la voce diretta dei professionisti del settore e costituiscono un momento importante di scambio ed arricchimento per tutti”.

Antonietta Palmaccio, Career Counselor & Sales Manager Career Management &  Outplacement di  Randstad, ha ringraziato Renato Fontana per il suo impegno in questa iniziativa e  in particolare, tutti i manager intervenuti per aver favorito un così interattivo e proficuo scambio di riflessioni.

Serata stimolante, ha aggiunto a valle dell’incontro Sara Portolano, delivery manager Career Management Ranstad, abbiamo analizzato insieme ai partecipanti i cambiamenti del mercato del lavoro e condiviso come, all’interno di queste trasformazioni, sia utile agire per “non restare indietro”.

Tirando le conclusioni della giornata, il Vice Presidente di Federmanager Roma Gherardo Zei ha sottolineato come questi appuntamenti  favoriscano una diffusione della conoscenza che agevola l’accesso e la permanenza delle alte professionalità nel mercato del lavoro moderno, un mercato articolato e, molto spesso, solo apparentemente chiuso. Federmanager Roma è anche questo, una realtà presente su cui contare per avere una finestra sul futuro.

Diario di un cacciatore di teste. Oltre social e algoritmi

Diario di un cacciatore di teste. Oltre social e algoritmi

Presentato il 18 aprile presso la sede di Federmanager Roma, il libro è un diario frutto della penna di chi il mestiere del Cacciatore di Teste, dell’Head Hunter, l’ha vissuto non solo come professione, ma come passione. Un insieme di ricordi, episodi autobiografici e riflessioni che travolge il lettore in un vortice coinvolgente come un romanzo. L’immedesimazione è tale, perché è una storia che riguarda ogni uomo di azienda, in cerca di risorse ma spesso anche in cerca di se stesso e dell’ambiente a lui più adatto. Fare l’Head Hunter è un mestiere che non si improvvisa, che costa rigore e sacrificio, che va vissuto avendo forti valori dentro, che porta a dire alcuni no, ma che sa regalare la più grande delle soddisfazioni: collocare le giuste competenze nel giusto contesto. Un mestiere che sfida il tempo dei social network e degli algoritmi, riaffermando con forza il primato dell’uomo e delle sue capacità.

Diario di un cacciatore di teste. Oltre social e algoritmi

L’AUTORE

Gabriele Ghini è agronomo con dottorato di ricerca in fitopatologia. Ha lavorato nei primi dieci anni di carriera in multinazionali chimiche e da trenta nell’Executive Search con un focus nella ricerca di top manager per il mondo industriale. Insegna Brand & Personal Reputation ad un Master internazionale in Corporate Communication in Cattolica a Milano.

Pronti per gli Head Hunter?

Pronti per gli Head Hunter?

Federmanager Roma prosegue il ciclo di incontri con gli Head Hunter, i professionisti specializzati nella ricerca di top manager. Nuovi spunti e consigli per offrire ai colleghi gli strumenti migliori per non farsi trovare impreparati in un mercato del lavoro sempre più competitivo

Gli Head Hunter sono i cacciatori di teste, professionisti altamente competenti nella selezione di personale qualificato e destinato a ricoprire posizioni strategiche all’interno di aziende locali e multinazionali. Una figura fondamentale, un professionista specializzato nell’individuare e selezionare professionisti, generalmente focalizzandosi sul middle & top management.

Per ogni figura manageriale è fondamentale diventare preda degli Head Hunter: ma come farlo? Come presentarsi nel ruolo di candidato migliore? Come conquistare un posto da top manager? Le indicazioni più preziose arrivano da Federmanager Roma, che ha promosso una serie di incontri con protagonisti i cacciatori di teste, coloro che ogni giorno si imbattono in centinaia di profili alla ricerca della loro “preda”: la figura giusta per la propria azienda, l’asso vincente su cui puntare per battere la concorrenza. Già due gli appuntamenti nel 2019, presso la sede Federmanager Roma: il 17 gennaio con la partecipazione di Anna Rita Borraccetti, Amministratore Delegato Metes HR, e Rossella Martelloni, Consulente HR e Management, Coach e Trainer.

Pronti per gli Head Hunter?A seguire il 7 marzo con gli interventi di Carlo Caporale, Amministratore Delegato Wyser, e Rossella Martelloni, Consulente HR e Management, Coach e Trainer. Il presidente di Federmanager Roma, Giacomo Gargano, aprendo i lavori di entrambe le giornate, ha voluto rimarcare come sia di “fondamentale importanza ascoltare i consigli dalla voce di consulenti esperti che forniscono preziose dritte sul come farsi scegliere. Eventi come questi confermano il nostro impegno nel favorire l’incontro tra manager e cacciatori di teste. Vogliamo dare ai nostri colleghi gli strumenti migliori per crescere e stare al passo con i tempi. Bisogna saper competere in un mercato come quello di oggi. Vogliamo offrire occasioni di incontro e confronto, di crescita e formazione”.

Gli incontri con gli Head Hunter promossi da Federmanager Roma nascono per rispondere alle esigenze di un mercato del lavoro in continua evoluzione, che spinge i manager ad approfondire le tecniche di recruiting applicate day by day dalle società del settore. Ogni incontro registra consenso e partecipazione. “Il gruppo Giovani di Federmanager Roma continua la sua serie di incontri con gli Head Hunter e ogni occasione rappresenta uno spunto di riflessione su dove sta andando il mercato del lavoro; ma soprattutto si hanno una serie di indicazioni utili su come ogni manager deve reagire per farsi trovare sempre pronto” ha sottolineato Renato Fontana, Coordinatore Gruppo Giovani Federmanager.