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Manager: difendiamo il ceto medio

Editoriale del Presidente. Manager: difendiamo il ceto medio

Cari Colleghi,

Anche questo 2023 non è stato un anno semplice per la nostra categoria. Siamo stati impegnati fino allo stremo delle forze, dentro le nostre Aziende e insieme alle nostre Aziende, per mantenere in equilibrio la base economica del Paese in una situazione complicata.

La guerra all’est ci ha tagliato le forniture di energia e materie prime a basso costo, l’inflazione ha eroso il potere d’acquisto delle nostre retribuzioni e alcune pessime leggi (e peggiori attuazioni) hanno fatto esplodere in modo improduttivo il costo del reddito di cittadinanza e del bonus edilizio del 110%, vanificando in gran parte i vantaggi della sospensione del patto di stabilità e del PNRR, quest’ultimo messo anche fortemente a rischio dalla confusione parossistica della sua fase attuativa.

In questa congiuntura è stato chiesto come sempre alla nostra categoria di “tenere in piedi la baracca” proprio mentre una frenesia di panico demagogico ci ha messo nel mirino come i capri espiatori di qualsiasi problema, con i consueti attacchi alle nostre retribuzioni, alle nostre pensioni e alla nostra stessa dignità, come accade giornalmente con le infami aggressioni fisiche ai nostri colleghi medici nei pronto soccorso di tutta l’Italia.

Poiché la nostra mentalità di dirigenti ci impone in ogni caso di continuare a guardare avanti e fare comunque il nostro dovere fino in fondo, è ineludibile chiedersi con quale spirito e con quale piano strategico dobbiamo affrontare il 2024. La prima cosa da fare è – a mio avviso – volgere lo sguardo alla nostra Federmanager, che costituisce al tempo stesso il baluardo difensivo e lo strumento di manovra della categoria. E guardando Federmanager il dato che salta subito agli occhi è che, purtroppo, i colleghi in servizio sono solo un terzo degli iscritti. Sono troppo pochi. È impossibile mobilitare la forza sufficiente ad essere decisivi con una partecipazione così scarsa. Tutti si dovrebbero iscrivere, ma forse siamo proprio noi colleghi impegnati che dobbiamo trovare il metodo giusto per attrarre i colleghi che sono ancora fuori da Federmanager.

Fondamentale è, quindi, trovare le parole d’ordine per mobilitare e consolidare la forza dei dirigenti industriali insieme a tutte le altre categorie di dirigenti. Io penso infatti che il contributo degli altri colleghi dirigenti di diversi comparti è totalmente essenziale per muovere compatti verso il bene comune. Parlo dei colleghi del commercio, dei colleghi bancari, dei colleghi medici e di tanti altri che non cito perché certamente ne dimenticherei qualcuno. La classe dirigente del “middle management” di questo paese deve maturare una coscienza di appartenenza comune, altrimenti non troverà mai quella forza politica di almeno un milione di italiani che è necessaria per poter fare una nostra “marcia dei quarantamila” a favore della crescita delle imprese, dell’efficienza, della parte migliore della pubblica amministrazione e del Paese nel suo complesso.

Da ultimo non bisogna sprecare l’occasione del CCNL in scadenza a fine anno e per il quale mi onoro di avere ricevuto dal Consiglio Nazionale l’incarico di rivestire il ruolo di Capo Delegazione. Incarico per il quale sento una forte motivazione e una grande responsabilità

Mentre vi scrivo, negli ultimi giorni di novembre, la piattaforma non ha ancora avuto il placet del Consiglio Nazionale e pertanto non posso entrare nel merito di un lavoro non ancora concluso. Tuttavia posso certamente elencare alcuni argomenti e punti di attenzione di cui – pur senza entrare nello specifico – a mio avviso sarà ineludibile parlare. Argomenti che, in uno sguardo di lungo respiro, ritengo siano punti di interesse comune tra noi e la Confindustria.

 

Per prima cosa mi riferisco ad una definizione più contemporanea, chiara e ampia della categoria del Dirigente Industriale per adattarla ai nuovi modelli del lavoro manageriale. Non penso sia interesse di nessuno che la principale cinghia di trasmissione degli obiettivi aziendali sia affidata ad un modello di dirigente ormai vecchio, sia concettualmente che anagraficamente, con tutte le conseguenze che, agli enti bilaterali previdenziali e assistenziali, possono derivare da una categoria poco numerosa e anagraficamente troppo anziana.

Poi certamente dovremo parlare di un modello retributivo che difenda il concetto di welfare, anche in funzione di protezione dalla deriva demagogica che sta spingendo il Paese fino al punto in cui i sussidi valgono economicamente più del lavoro. E se i sussidi valgono più del lavoro questa è una cosa grave. Se insieme a Confindustria non difendiamo nel CCNL i pochi sgravi che ancora rimangono sopra determinate fasce di reddito, essi saranno spazzati via in breve tempo e questo non sarebbe solo un danno economico per noi ma sarebbe anche un’ingiustizia morale per tutto il Paese.

Non valorizzare e proteggere le attuali vigenti misure di detassazione significa autorizzare i governi a farle sparire alla prossima finanziaria e non utilizzarle significa regalare queste risorse all’ennesimo sussidio a pioggia su categorie improduttive. Se puniamo il lavoro eliminando gli sgravi sul welfare delle categorie veramente produttive e finanziamo la disoccupazione tramite i sussidi, avremo bassa crescita e stipendi da fame. Al netto della demagogia questa è la verità.

Dovremo poi effettuare una presa d’atto comune del dato di fatto che tutti i vertici delle aziende – compresi gli imprenditori, i top manager e i middle manager – sono sotto attacco di una deriva aizzata da una demagogia da social media che sta spingendo il Paese nella direzione di una criminalizzazione della nostra categoria. Siamo all’assurdo che proprio la categoria che tiene in piedi la nostra traballante economia viene additata come la responsabile di qualsiasi cosa di negativo accada.

Potrei fare mille esempi, ma quello che vi ho fatto prima delle aggressioni nei pronto soccorso a danno dei nostri cari colleghi medici mi sembra riassuma perfettamente la situazione. E questo ci impatta sotto tutti i punti di vista, attraverso normative che ci fanno diventare “capri espiatori” sul piano civile e penale, attraverso una pressione fiscale esagerata per i colleghi in servizio e attraverso la costante aggressione al potere d’acquisto delle pensioni dei nostri colleghi in quiescenza. Questi sono aspetti sui quali con Confindustria dobbiamo lavorare insieme perché sono cose giuste sulle quali i nostri interessi sono totalmente coincidenti con quelli di Confindustria stessa.

E naturalmente non possiamo non parlare di un recupero del potere di acquisto che tenga conto dell’inflazione furibonda che, negli ultimi due anni, ha distrutto la serenità di tante famiglie. Considerando il sistema della BCE e delle Banche Centrali Nazionali e la loro principale mission di tutelare il valore della moneta europea, quello che è accaduto sul piano dell’inflazione è un qualcosa di eccezionale che non poteva accadere. E quindi, al pari delle misure eccezionali prese per l’epidemia di Covid-19, anche per questa epidemia di inflazione si dovranno valutare delle misure che non sarebbero state prese in assenza di un evento eccezionale.

Inutile dire che non potrà mancare un lavoro significativo in materia di inclusione e pari opportunità e ci saranno anche tanti altri aspetti da discutere. Ma certamente c’è un tempo per ogni cosa e adesso è presto per parlarne.

Ma quello che alla fine è molto chiaro è che i problemi non riguardano solo i dirigenti industriali e nemmeno soltanto l’insieme delle molte categorie dei dirigenti. I problemi riguardano tutto il ceto medio e cioè i lavoratori dipendenti retribuiti con stipendi a partire dai trentacinquemila euro. Queste sono le fasce di italiani che pur essendo grandemente minoritarie pagano più del cinquanta per cento dell’IRPEF e che non godono praticamente di nessun rilevante sgravio o sussidio, queste sono le fasce che pagano i contributi pensionistici che vengono deviati a favore di “pensioni” solo di nome che in realtà sono interventi puramente assistenziali e queste sono le fasce di reddito che, per quanto riguarda i pensionati, sono di fatto escluse dalle perequazioni con una perdita di potere di acquisto enorme.  È dunque arrivato il momento che una categoria raccolga da terra la bandiera della giustizia sociale e si proponga come alfiere per riunire sotto questa bandiera il ceto medio a difesa dei propri diritti e della giustizia. E quella categoria possiamo essere noi dirigenti industriali.

Tuttavia, nella vita di un dirigente non esiste solo l’impegno sociale e aziendale. La responsabilità che portiamo non deve infatti farci dimenticare il valore essenziale delle nostre famiglie, senza le quali ci mancherebbero addirittura le fondamenta su cui sostenere lo sforzo necessario per fare il nostro dovere.

Pertanto, per le festività laiche e religiose della fine di questo anno, auguro a tutti voi e a me stesso soprattutto tanta serenità insieme alle persone care che possa servire a farci ricaricare le batterie e, soprattutto, a ricordare a ciascuno di noi quali sono le ragioni per le quali stiamo combattendo questa battaglia a favore della comunità e del Paese.

Faccio quindi a voi e ai vostri cari tanti auguri di cuore, sperando di vedervi presto a via Ravenna dove – come sempre – vi aspetto per discutere insieme dei nostri problemi.

Editoriale del Presidente: La Sanità per i dirigenti industriali

Editoriale del Presidente: La Sanità per i dirigenti industriali

La nomina a dirigente di ciascuno di noi non è stata importante solo per il ruolo organizzativo o per la retribuzione ma anche per il fatto di entrare nella famiglia della previdenza e dell’assistenza sanitaria della nostra nuova categoria professionale. Infatti, quel giorno nel quale ci siamo trovati, davanti a un collega della Direzione delle Risorse Umane, a firmare una piccola montagna di fogli di carta che sancivano quell’importante momento di passaggio nella nostra vita lavorativa, abbiamo anche sottoscritto dei documenti di adesione per gli Enti Previdenziali e di Assistenza Sanitaria dei dirigenti, tra i più importanti dei quali sappiamo bene che ci sono il FASI, il PREVINDAI e l’ASSIDAI.

Negli anni molti colleghi mi hanno detto che in quel momento sono stati quasi più contenti per l’opportunità di aderire agli Enti piuttosto che per l’aumento di stipendio e per il ruolo conseguito. Quale il motivo di questo approccio apparentemente sorprendente? Ma forse non devo spiegarlo a voi. Credo che sia infatti nozione comune che le nostre casse sanitarie non hanno fini di lucro, non fanno selezione del rischio e, soprattutto, non danno recessi.

Quindi qualsiasi dirigente è consapevole che il FASI e l’ASSIDAI non lo “butteranno mai fuori” e saranno al suo fianco anche quando sarà vecchio e stanco. Inoltre, c’è un valore inestimabile che probabilmente nemmeno tutti i nostri colleghi valutano sufficientemente. In FASI e in ASSIDAI la Governance è fatta da colleghi in buona parte nominati dai nostri organismi nazionali di Federmanager e, quindi, davanti a qualsiasi problema il dirigente, magari anziano e stanco, che si trovi ad avere un deficit di salute, troverà sempre in FASI in ASSIDAI e in PREVINDAI un collega che lo capisce e che, anche umanamente, ha spirito fraterno di colleganza nei suoi confronti. E una cosa è trovarsi a chiedere una mano di aiuto ad un proprio collega mentre tutt’altra cosa è trovarsi a farlo nei confronti di un assicuratore che sta cercando di massimizzare gli utili della propria azienda.

Al riguardo vi racconto un piccolo aneddoto. Tanti anni fa quando ero membro della RSA di un importante Gruppo nazionale, alcuni colleghi mi dicevano di avere qualche problema tecnico nel richiedere i rimborsi del FASI. Quindi un giorno, in una nostra assemblea interna, io proposi ai presenti che mi fosse dato il mandato di andare a chiedere, a nome di tutti, un appuntamento al Presidente del FASI per cercare di farci dare una mano su tali problematiche. Qualcuno dei colleghi mi disse che il FASI era un gigante e che le mie richieste sarebbero state ignorate. Ma io insistetti che volevo provare lo stesso e, alla fine, ricevetti l’imprimatur dell’assemblea. Dunque, chiesi un appuntamento che mi venne dato molto facilmente e, dopo pochi giorni, conobbi il Presidente del FASI che altri non era se non il nostro Presidente Nazionale Stefano Cuzzilla che da quel giorno è diventato un mio amico anche sul piano personale.

Stefano, infatti, si mise subito a nostra disposizione e mandò un Dirigente FASI a fare un rapido corso di formazione ad un dipendente della nostra Amministrazione Dirigenti che – da quel momento in poi – fu in grado di risolvere tutti i problemi dei nostri colleghi. E poco tempo dopo Stefano Cuzzilla venne addirittura a presenziare alla nostra assemblea interna e gli presentammo l’Amministratore Delegato. Insomma, venne dimostrato che il FASI ci era vicino nella persona del suo Presidente perché lui era un nostro collega. Questo servizio interno di assistenza ai colleghi nella richiesta delle prestazioni FASI e ASSIDAI esiste tutt’ora in quell’azienda e i colleghi giovani nemmeno sanno che tutto nacque da una mia iniziativa e dalla disponibilità del Presidente Cuzzilla. Questo episodio lo considero un po’ il simbolo di come nei nostri Enti Sanitari e Previdenziali emerga come un grande valore il fatto che tali Enti sono gestiti da colleghi.

Inoltre, i nostri enti sanitari hanno un altissimo valore sociale per il Paese perché grazie al nostro impegno mutuo sgravano il Servizio Sanitario Nazionale da un certo volume di impegni. Qualche anno orsono una figura politica molto importante in campo sanitario in un governo dell’epoca ci disse che questo contributo di FASI e ASSIDAI era molto apprezzato dal governo perché il Servizio Sanitario Nazionale generalista soffriva la costante insufficienza di risorse.

Purtroppo questo apprezzamento, che deriva dalla semplice constatazione di un dato di fatto, non si è mai concretizzato nei vari governi di qualsiasi orientamento nell’adozione di misure recanti consistenti sgravi fiscali per i nostri Enti, come sarebbe stato meritato e equo nei nostri confronti ma anche vantaggioso per il Paese, in quanto avrebbe dato luogo ad un ulteriore aumento delle attività delle coperture private con alleggerimento aggiuntivo per il SSN certamente superiore ai volumi degli sgravi concessi.

Invece, malauguratamente, i volumi economici versati dai colleghi per le nostre casse sanitarie e previdenziali sono spesso stati considerati in maniera erronea come delle opportunità per imposizioni aggiuntive o anticipate, con il risultato di scoraggiarne l’utilizzo.

Per quanto riguarda la previdenza è nozione comune che l’insufficienza degli sgravi e il pagamento anticipato delle imposte su importi che il dirigente è destinato a vedersi corrispondere dopo dieci o addirittura venti anni, ha addirittura scoraggiato svariati colleghi dall’accettare misure convenienti di previdenza integrativa, che le aziende erano disposte ad offrire, per il motivo paradossale che il pagamento anticipato delle imposte sulla previdenza aggiuntiva marginale avrebbe abbassato troppo il salario mensile corrente.

Considerando le inevitabili difficoltà dell’INPS generate dal pensionamento delle classi ad alta natalità degli anni Sessanta, unitamente all’invecchiamento della popolazione e, soprattutto, alla mancata separazione della previdenza dall’assistenza, lo Stato dovrebbe – tutto al contrario – favorire con sgravi fiscali particolarmente robusti queste disponibilità di privati a surrogare in parte ma in modo generoso il sistema previdenziale. Ma io sono confidente che il governo in carica provvederà in tal senso.

Per tutti questi motivi che vanno a beneficio sia della nostra categoria che di tutto il resto del Paese noi dirigenti industriali dobbiamo impegnarci al massimo per salvaguardare e fare crescere i nostri enti previdenziali e di assistenza sanitaria, facendo capire in ogni sede ai decisori istituzionali che devono condividere con noi questa missione nel superiore interesse del bene comune non solo dei dirigenti ma di tutto il Paese.

2023 anno di svolta per i dirigenti

Editoriale del Presidente: 2023 anno di svolta per i dirigenti

Cari colleghi,

quando molteplici fatti inaspettati si determinano in rapida successione, l’incalzare degli eventi rischia di far perdere la visione generale. Ma un dirigente non deve mai consentire che questo accada.

I problemi che, a partire dalla debole ripresa del 2019, ci hanno portato fino ad oggi attraverso la pandemia, culminati con l’esplosione dei prezzi delle materie prime e la guerra, ci hanno costretto a governare tatticamente – un giorno dopo l’altro – una serie quasi infinita di velocissimi cambiamenti. Il primo è stato il fermo pandemico di molte attività con la conseguente recessione. Poi è venuta la sospensione del patto di stabilità europeo con i relativi scostamenti di bilancio e l’aumento del debito, indispensabili per erogare necessari sussidi. Infine, il rimbalzo della produzione è stato preso in contropiede dall’aumento del prezzo delle materie prime, reso addirittura rovinoso dallo scoppio della guerra in Europa. La successiva riconversione affannosa dei rapporti commerciali verso l’ovest, l’Africa e l’oriente, causata dal venir meno del mercato russo dell’est, ha reso tutto ancora più difficile, proprio mentre il “mostro” dell’inflazione cominciava a erodere il potere d’acquisto dei salari. Il tutto contemporaneamente alla “battaglia” per il corretto utilizzo dei fondi del PNRR, la quale è tutt’ora in corso e ci impegnerà fino al 2026.

Davvero non c’è stato molto tempo per la strategia, perché ciascuno di noi nella propria azienda ha dovuto affrontare in modo pragmatico, di giorno in giorno, l’incalzare degli eventi. Alcuni si sono trovati a governare settori industriali devastati dai problemi e dal fermo di produzione, altri hanno incontrato opportunità inaspettate ma che richiedevano riconversioni repentine, altri ancora hanno avuto invece la necessità di generare accelerazioni di produzione improvvise e brucianti, come ad esempio accaduto all’inizio della pandemia nei settori delle telecomunicazioni e come accade oggi nel comparto energetico. Ma tutti abbiamo dovuto affrontare quello che succedeva, un giorno dopo l’altro, in modo pragmatico, cercando di governare la barca nella tempesta. Come tutti i bravi naviganti sapevamo che l’importante era uscire dal fortunale con meno danni possibile e poi, la mattina dopo, col sole e la buona visibilità avremmo potuto rivedere le strategie e tracciare una nuova rotta.

Oggi ancora non sappiamo se il 2023 sarà l’anno in cui potremo finalmente avere una prospettiva sufficiente a consentirci una programmazione di lungo periodo, ma lo speriamo vivamente. Inoltre, per noi come dirigenti industriali, il 2023 è l’anno in cui scade il contratto di categoria e, pertanto, è un anno di svolta in un momento cruciale.

Nella nostra rivista Professione Dirigente questo articolo di fine anno è normalmente dedicato agli auguri e ai buoni propositi natalizi per l’anno nuovo ma, come sanno bene i nostri famigliari, noi dirigenti sentiamo sempre una grande responsabilità e, anche nei momenti di festa, finiamo sempre per parlare di lavoro e delle cose indispensabili da fare. Quindi oggi, come Presidente di Federmanager Roma e come Capo della Delegazione Trattante del CCNL, sento il dovere di darvi una chiara immagine della situazione e delle prospettive per quanto ciò sia possibile.

Come abbiamo detto molte volte, la società italiana fino ad oggi non ci ha riconosciuto il giusto merito per il contributo determinante che abbiamo dato e stiamo dando al benessere del Paese. Le nostre tutele per la conservazione del posto di lavoro sono, infatti, costantemente ridotte rispetto a quelle degli altri dipendenti, le nostre retribuzioni sono sotto attacco, le nostre pensioni sono costantemente tagliate, i nostri benefit sono sovrattassati e accusati di essere privilegi. Ogni anno vengono emanate nuove leggi che generano una sorta di responsabilità penale oggettiva per la posizione del dirigente (a mio avviso incostituzionale) e con discutibili applicazioni tali normative i dirigenti sono usati come “capri espiatori” per ogni evento che possa generare allarme sociale e, inoltre, ultimamente, con la logica perversa dell’ISEE veniamo addirittura costretti a pagare per servizi sociali che, con l’imposizione fiscale esagerata di cui siamo fatti segno, abbiamo già pagato almeno dieci volte. Questo è quello che riceviamo invece della gratitudine e, tuttavia, continuiamo a fare il nostro dovere.

Quindi oggi è giunto il momento in cui dobbiamo approfittare di questo auspicato momento di “quiete dopo la tempesta” che speriamo di vivere nel 2023 per guardare al nostro futuro con una visione di prospettiva che non sia solo a favore delle nostre aziende e del Paese ma che – una volta tanto – sia anche a favore della nostra categoria.

Le parole d’ordine mi sembrano abbastanza chiare. Dobbiamo migliorare la nostra immagine facendo capire l’importanza e i meriti del nostro lavoro e, nel contempo, dobbiamo perlomeno ridurre, se non eliminare del tutto, le ingiustizie perpetrate nei nostri confronti che ho appena elencato.  Ma per poterlo fare abbiamo bisogno di una superiore forza politica che nasca dalla maggiore rappresentatività e compattezza di una categoria come la nostra in cui purtroppo – è giusto riconoscerlo onestamente – molto spesso in passato abbiamo peccato di individualismo.

Affrontando il problema in modo pratico facciamo una fotografia della situazione. Oggi tra colleghi pensionati e colleghi in servizio sono iscritti alla nostra Federmanager meno della metà dei dirigenti industriali aventi diritto. Se fossimo iscritti tutti supereremmo abbondantemente il numero di centomila e potremmo mettere sul tavolo ben altra forza negoziale e ben altra forza comunicativa. Gli appelli ad iscriversi si succedono da anni ma sono purtroppo in parte inefficaci a causa del nostro individualismo. Sarebbe giusto e ragionevole che tutti coloro che sono iscritti ai nostri Enti di tutela previdenziale e assistenziale (Previndai, Fasi, Assidai eccetera) si iscrivessero anche a Federmanager. E questo è un appello che faccio a tutti voi di fare iscrivere almeno uno o due colleghi nel 2023 spiegando loro l’importanza di questo gesto.

Altro tema è quello dei super quadri. Ad oggi la nostra categoria di dirigenti non ha infatti un chiaro perimetro di consistenza. Se andiamo ad analizzare le declaratorie che individuano le classiche competenze del dirigente (governo di risorse, ruoli di coordinamento, attribuzione di deleghe eccetera) vediamo che tali elementi sono valutati in modo variabile, al punto che il medesimo incarico (ad esempio “capo del personale”) nella vita pratica viene interpretato, a seconda della singola azienda, nel senso che tale figura possa o non possa essere dirigente.

Pertanto, in tal modo la nostra categoria rimane esposta ad essere ridotta di numero e, per assurdo, addirittura eliminata semplicemente attribuendo incarichi a super quadri e non nominando più dirigenti. Questa cosa è effettivamente successa in alcuni periodi anche in grandi aziende e dimostra – a mio avviso – la debolezza di questa modalità legata alla definizione di declaratorie di ruoli e competenze, molto bella in apparenza ma spesso del tutto inefficace in pratica.

A mio parere la definizione del ruolo aziendale dovrebbe rimanere come stella polare nella individuazione delle caratteristiche per la nomina a dirigente, ma aggiungendo un elemento di garanzia legato al livello di retribuzione. In parole povere i lavoratori con qualifica di super quadro che godono di una retribuzione di base (RAL) pari o superiore a quella minima stabilita nel nostro CCNL per i dirigenti dovrebbero costantemente essere nominati dirigenti, naturalmente a valle di una revisione delle loro qualifiche la quale – considerando l’alto livello retributivo – non potrebbe che dare un esito positivo nella stragrande maggioranza dei casi.

E del resto se una azienda è disposta a pagare a un dipendente una RAL superiore a quella minima dei dirigenti non sarebbe più dignitoso per tutti che gli fosse riconosciuta la categoria dirigenziale? Questo riporterebbe in famiglia da noi molte migliaia di colleghi manager quadri che a mio avviso, considerando la retribuzione e le responsabilità attribuite, di quadro ormai hanno solo la qualifica contrattuale. Io intendo portare in tutte le sedi questa proposta che ritengo equa, logica e al passo con i tempi.

A questo punto, compattata dentro Federmanager, la forza di tutta la dirigenza industriale italiana e avendo raggiunto un numero di rappresentatività molto superiore alle centomila unità, l’ultima cosa che rimarrebbe da fare sarebbe quella di riunire la forza complessiva della categoria allargata al mondo del la dirigenza pubblica, del commercio, del mondo bancario e di ogni altro settore che abbia una dirigenza.

A questo sta già pensando il nostro lungimirante Presidente Nazionale Stefano Cuzzilla che, quale Presidente della Confederazione CIDA, persegue questo progetto con la determinazione e la forza politica che lo contraddistinguono e grazie alle quali si è potuta svolgere con straordinario successo la recente Assemblea della CIDA all’Auditorium Parco della Musica, con oltre mille colleghi presenti e molti di più in collegamento da remoto. Sono certo che il Presidente Cuzzilla avrà totale successo in questo grande progetto e tutti noi lo appoggeremo con assoluta determinazione.

Non esiste nessun motivo morale o di interesse che impedisca questa grande unione. I problemi di un primario di medicina, di un dirigente pubblico o di un direttore di banca sono esattamente gli stessi che abbiamo noi, i nostri meriti verso la società italiana sono molto simili, i nostri interessi sono coincidenti e gli attacchi che subiamo sono i medesimi. Dunque mettiamo da parte il nostro individualismo e, per una volta, facciamo anche il nostro interesse, in parallelo a quanto stiamo continuando a fare con immutato impegno a favore delle aziende e del Paese.

Per quanto mi riguarda farò tutto il possibile a Roma e nella trattativa del CCNL perché questa unità sia raggiunta e questa forza della categoria sia messa a frutto, con il sogno che il 2023 sia per davvero l’anno della svolta e che tra un anno avremo raggiunto questi obiettivi.

Volontà di rilancio oltre la guerra

Editoriale del Presidente: Volontà di rilancio oltre la guerra

L’unica certezza è l’incertezza

Il Paese – in una forte sinergia con l’Europa – si preparava a ripartire ordinatamente dopo due anni di pandemia da Covid 19. Il PNRR alimentava in tutti noi la razionale speranza che si potesse non solo rimontare la perdita di PIL determinata dall’epidemia, ma anche chiudere definitivamente il buco di PIL generato dalla crisi finanziaria del 2008 (e mai completamente recuperato in precedenza). Il Paese e l’intera Unione Europea lavoravano alacremente alla migliore collocazione delle centinaia di miliardi di nuovi investimenti del PNRR e il traguardo del 2026, in cui tali investimenti sarebbero stati completamente scaricati a terra, appariva come il punto di partenza di un nuovo periodo di crescita. I dubbi determinati dall’aumento dei prezzi delle materie prime generato dal rimbalzo della ripartenza invitavano tutti alla prudenza, ma non affievolivano l’ottimismo.

Poi è avvenuto l’impensabile ed è iniziata la guerra in Europa. Per qualche giorno tutti ci siamo chiesti se sarebbe durata pochi giorni o, al massimo, qualche settimana. Poi, con il trascorrere del tempo, ci siamo rassegnati all’idea di non conoscerne la durata e tutti – diciamocelo per una volta francamente senza infingimenti – abbiamo oggi seriamente paura di una escalation atomica.

Ma anche mettendo da parte i timori più terrificanti, rimane il fatto che tutto il sistema industriale vive una fase di assoluta incertezza.

Si prospetta per davvero un periodo molto lungo di prezzi altissimi delle materie prime e dell’energia? Le inevitabili conseguenze destabilizzeranno il nord Africa o il Medio Oriente? Entreremo in recessione o, peggio, avremo un periodo di stagflazione?

Credo che nessuno possa dirlo con certezza. Naturalmente il Governo sta lavorando assiduamente nel cercare di affrancarci nei tempi più brevi possibili dalla dipendenza dalle materie prime (gas, petrolio e quant’altro) provenienti dalla Russia, ma questa giusta decisione deve essere considerata un’azione tattica e non strategica. Purtroppo credo che nessuno in questo momento possa fare previsioni nemmeno a medio termine e l’unica possibile strategia è quella di prepararsi a una situazione in cui l’unica certezza è l’incertezza.

Flessibilità e rapidità

E quando l’unica certezza è l’incertezza diventa chiaro che il Paese, le Imprese e anche noi tutti Manager, dobbiamo prepararci ad essere flessibili e a fare riconversioni rapidissime. Forse svariate riconversioni in poco tempo. Oggi lo facciamo cercando fonti di materie prime alternative a quelle provenienti dall’est. Domani lo faremo riconvertendo verso nuovi mercati le quote di mercato Russe delle nostre esportazioni manifatturiere, in particolare quelle del lusso. Dopodomani forse dovremo nuovamente cambiare rotta, oppure invertirla del tutto.

Noi italiani siamo i migliori da questo punto di vista. La nostra storia dice che più volte abbiamo effettuato dei cambiamenti radicali e rapidissimi del nostro sistema produttivo. Lo abbiamo fatto nel dopoguerra, lo abbiamo ripetuto nelle crisi energetiche e politiche degli anni settanta, lo abbiamo replicato nel momento epocale di introduzione dell’Euro, quando improvvisamente non abbiamo più potuto fare svalutazioni competitive e, da ultimo, lo abbiamo fatto di nuovo dopo la crisi del 2008 e durante e dopo la pandemia da Covid19 nel periodo 2020/2022. E se le ripartenze degli anni fino al 2000 sono state forse più dinamiche di quelle successive questo si deve al costante peggioramento – è necessario ammetterlo – del sistema burocratico della pubblica amministrazione rispetto alle cui lentezze, inefficienze e diseconomie, nonostante le dichiarazioni e la buona volontà di molti esponenti politici, nessuno è mai riuscito a invertire seriamente la rotta.

 

Un decennio di sfide per il Paese e per Roma

Mai come in questo momento è importante che sotto questo aspetto la Politica (e volutamente scrivo la parola con la “P” maiuscola) passi dalle parole ai fatti. Certamente non si può negare che molte pubbliche amministrazioni si trovino sotto organico per i prolungati blocchi di assunzioni degli ultimi anni, ma dobbiamo dire forte e chiaro che non basta liquidare il problema dell’inefficienza della pubblica amministrazione dicendo che bisogna spendere e portare gli organici a pieno regime, perché purtroppo l’esperienza ci ha dimostrato che questo è insufficiente. E nemmeno basta dire che abbiamo centrato tutte le riforme della pubblica amministrazione richieste dall’Europa per i fondi del PNRR.

Se vogliamo davvero competere in una situazione di incertezza come quella presente dobbiamo essere molto più efficienti, giusti, veloci e flessibili di quello che oggi vediamo ogni giorno accadere nei rapporti tra le imprese e la pubblica amministrazione. I sistemi devono essere digitalizzati, gli iter permessistici devono essere rapidi e la giustizia deve essere efficiente. E la Politica per ottenere questo deve avere la forza e la convinzione di fare scelte coraggiose incidendo profondamente sulla struttura stessa e sui processi della macchina burocratica. Fuori da ogni ipocrisia tutti sappiamo quali sono i cambiamenti necessari e non manca la conoscenza ma, quasi sempre, solo il coraggio e la determinazione di portarli avanti.

In questo contesto la nostra regione e la nostra Capitale stanno affrontando un decennio straordinario e decisivo. Nel pieno del fiume di investimenti (2022 – 2026) del PNRR, sono in programma nella Capitale due Giubilei (quello del 2025 e quello straordinario del 2033) e, come se non bastasse, alla fine del 2023 sapremo se Roma si sarà aggiudicata l’EXPO 2030.

Questa congiuntura unica nella storia è per tutte le aziende della Regione Lazio e per tutte le realtà produttive della città di Roma un’occasione irripetibile di rilancio e di affermazione. Le iniziative forti del Sindaco Gualtieri per il Termovalorizzatore e per un nuovo “Regolamento Antenne” in materia di telecomunicazioni mobili ci danno la speranza che la Politica (con la P maiuscola) stia finalmente cercando di incidere nella nostra città su temi strategici. Da un lato infatti il tema dei rifiuti a Roma è stato uno dei tanti problemi della Capitale (e non solo) in cui per decenni si è deciso di “non decidere” lasciando che le cose finissero per degenerare.

Dall’altro lato sembra incredibile ascoltare continuamente discorsi in cui si afferma che in futuro faremo lavori che oggi non esistono mentre contemporaneamente le amministrazioni impediscono proprio lo sviluppo di quelle infrastrutture di telecomunicazioni che dovrebbero consentire il dispiegarsi efficace di questo nuovo mondo digitalizzato. Molti settori produttivi (cinema, editoria, musica, televisione, e–commerce, videogiochi eccetera) stanno convergendo sulla rete web ma sembra che nessuno si preoccupi dei “sistemi di impianti” e di “apparati” che servono per sostenerli e anzi pare che la palude burocratica e quella antagonista si siano alleate proprio nell’impedire questa crescita senza la quale nel giro di dieci anni noi saremmo fuori da tutto e, questa volta, per davvero.

Questo dibattito sembra abbastanza poco considerato e, anzi, spesso si parla delle applicazioni finali ma non dei mezzi per generarle, come se le installazioni che consentono le nuove modalità produttive dovessero crearsi da sole dal nulla all’occorrenza. Ma del resto la mancanza di visione e di programmazione è sempre stata il difetto che ha fatto da contraltare all’indiscutibile genio degli italiani sia nella storia politica che in quella industriale.

Rispetto e fiducia per i dirigenti industriali

Tuttavia credo di poter parlare anche a nome di tutti i Manager della nostra regione se dico che – anche nel difficile scenario che abbiamo evidenziato – proviamo entusiasmo e siamo convinti che ce la possiamo fare. Ma a questo punto si pone una “questione di fiducia” da parte del nostro Paese nei confronti dei suoi Manager.

Disse John F. Kennedy  nel suo celebre discorso di insediamento: “non chiedete che cosa il vostro paese può fare per voi; chiedete che cosa potete fare voi per il vostro paese”.

Una bellissima frase che – lo dico con assoluta convinzione – i Manager industriali italiani e romani hanno sempre dimostrato di condividere e di mettere in pratica, anche con grande sacrificio personale. Ma arriva il momento nella storia di un Paese in cui le circostanze impongono di rovesciare il paradigma. E per questo oggi, in questa congiuntura difficilissima, io devo affermare che il Paese non deve chiedersi cosa possono fare i propri Manager industriali per lui ma cosa può fare il Paese stesso per dare ai propri Manager industriali la forza per guidare la barca fuori dalle secche.

Credo anche di conoscere la risposta. I Manager sono disposti ad ogni sacrificio e chiedono solo fiducia e rispetto. Non sempre questo è avvenuto negli anni recenti visto che le nostre pensioni sono state tagliate, i nostri stipendi depauperati da una tassazione assurda e le nostre responsabilità aumentate a dismisura fino a farle coincidere con una responsabilità oggettiva legata alla posizione. Nonostante questo ancora una volta non abbiamo paura di affrontare questa nuova sfida con lo spirito dei Manager del dopoguerra purché il Paese ci esprima lo stesso rispetto e la stessa fiducia che all’epoca diede ai suoi grandi Manager che governarono la ricostruzione industriale e lanciarono il boom economico.

Editoriale del Presidente: Nei momenti difficili il Paese deve affidarsi ai suoi manager

Editoriale del Presidente: Nei momenti difficili il Paese deve affidarsi ai suoi manager

La capacità di governare i momenti critici è il carattere distintivo del Manager industriale. Affrontare certe difficili situazioni professionali in modo manageriale è un po’ come nel Football Americano quando il Quarterback riceve la palla per l’ultima azione di attacco con cinque secondi sull’orologio a meno di dieci iarde dal goal, i suoi occhi fulminei guardano in End Zone, dove i ricevitori si incrociano velocissimi e il suo braccio frusta l’aria per cercare quella parabola sul petto del Receiver che possa dare la vittoria alla squadra. La sua mano non deve tremare ma per fortuna è allenato per questo, allo stesso modo dei nostri Manager industriali che sono preparati ad affrontare situazioni di lavoro difficili, con poco tempo per pensare e una grandissima responsabilità sulle spalle. Proprio la congiuntura in cui ci troviamo oggi.

Il Paese ha affrontato la seconda parte dell’inverno pieno di speranze, con il dato della pandemia che calava e i fondi del PNRR che si avvicinavano a offrirci una grandissima occasione. Eravamo tutti focalizzati sul fatto che se fossimo riusciti a effettuare duecento miliardi di investimenti a tempo di record avremmo probabilmente rimesso il Paese sulla strada della crescita. Anche il rimbalzo del PIL sembrava quasi sufficiente a riportarci sui numeri precedenti all’ultima ondata della pandemia.

L’aumento dei prezzi delle materie prime (in atto già da molto tempo) raffreddava leggermente gli entusiasmi. Ma si pensava che fosse un fenomeno temporaneo, legato alla risalita brusca della produzione dopo il recesso pandemico e c’era un certo generale ottimismo. Anche la ripartenza dell’inflazione, causata tra l’altro dagli interventi particolarmente robusti – sebbene pienamente giustificati – effettuati per ammortizzare gli effetti sociali ed economici della pandemia, non preoccupava più di tanto. Le banche centrali cominciavano a porre rimedio e la prognosi era, tutto sommato, se non proprio eccellente, perlomeno non infausta.

Poi è accaduto quello che ciascuno si rifiutava di credere che potesse accadere. È scoppiata la guerra in Europa. Ancora oggi ci sembra incredibile ma dobbiamo prenderne atto. Anche perché dobbiamo reagire rapidamente in un quadro economico che è diventato improvvisamente instabile e molto difficile da decifrare nei suoi sviluppi, perfino a breve termine.

Già nell’immediato ci sono realtà industriali e commerciali che soffrono atrocemente per l’improvvisa scomparsa di tutto il business che derivava dalla parte di Est Europa che è rimasta isolata dal conflitto e dalle conseguenti sanzioni. Cosa potrà accadere con il protrarsi delle ostilità e comunque con il perdurare dell’instabilità di tutta l’area est del continente europeo? È difficile dirlo. Certamente sarà richiesto ancora una volta agli italiani di sfoderare le proprie leggendarie capacità di operare riconversioni velocissime, talento che i manager italiani hanno sempre dimostrato di avere in misura più grande di tutti gli altri manager del mondo. Del resto la qualità del nostro “motore manifatturiero” e la nostra capacità di aggredire i nuovi mercati, aumentando le esportazioni sia come valori assoluti che come percentuali di quote di mercato, si è sempre dimostrata altissima anche quando – con la nascita dell’euro – ci siamo improvvisamente ritrovati a farlo con una valuta forte. La nostra capacità di confezionare servizi innovativi facendo leva su un grande numero di realtà piccole e piccolissime, con la classica fantasia che ci contraddistingue, è tutt’ora al massimo livello.

L’abbiamo già fatto in passato e io sono convinto che potremo farlo di nuovo anche questa volta. Sapremo attraversare le difficoltà, assorbendo i colpi, ripartendo dopo ogni frenata e portando il Paese in salvo integro con il suo benessere.  Ma per fare questo è necessario che il Paese si affidi a noi Manager Industriali, ritrovando quella fiducia nella nostra autorevolezza che negli ultimi lustri qualche volta è sembrata venire meno. Ritornando alla metafora del Football il Paese deve credere nel lavoro del Manager industriale e passargli quell’ultima palla a meno di dieci iarde dalla End Zone con cinque secondi sull’orologio e solo un ultimo lancio da fare. Se ci sarà fiducia reciproca la palla arriverà dritta sul petto del Receiver e la squadra vincerà.

 

Editoriale del Presidente: Insieme, rialziamo la testa

Editoriale del Presidente: Insieme, rialziamo la testa

 

Cari Colleghi,

Dopo due mandati come Vicepresidente, nel mese di settembre la maggioranza dei colleghi del Consiglio Direttivo di Federmanager Roma ha deciso darmi la responsabilità di coordinare come Presidente gli sforzi dei tanti colleghi che si impegnano a favore della categoria nella nostra Capitale e in una parte significativa della nostra Regione.

La storia di Federmanager è una lunga e gloriosa storia e l’Associazione Romana, che un tempo si chiamava SDRAI, è una parte fondamentale di questa storia.

Sento molto fortemente il peso di questa responsabilità e la gratitudine per tutti i colleghi che – in quasi un secolo di storia – hanno lavorato per l’Associazione romana contribuendo a farla arrivare fino a noi come un baluardo in difesa della nostra categoria. Al momento di accettare l’incarico ho ringraziato pubblicamente gli ultimi tre presidenti dell’Associazione Romana, il Presidente Cuzzilla, il Presidente Tosto e il Presidente Gargano, volendo in tal modo simboleggiare il mio ringraziamento a tutti i colleghi dei Consigli Direttivi che si sono succeduti, a tutti i colleghi impegnati negli Enti e a tutti gli attivisti e gli iscritti. Li ringrazio di cuore, perché già la semplice iscrizione deve considerarsi un significativo impegno a favore della categoria.

Le generazioni dei dirigenti industriali del dopoguerra hanno ricostruito il Paese partendo dalle macerie e hanno tenuto saldo il timone verso il benessere, governando la barca della produzione nei periodi politicamente difficili degli anni Settanta, poi conseguendo un benessere diffuso per il Paese a partire dagli anni Ottanta e – infine – mantenendo la rotta in tutte le tempeste dei decenni successivi. Ma negli ultimi anni è accaduto qualcosa di impensabile. Gli incontestabili meriti della nostra categoria hanno quasi smesso di essere riconosciuti nella società italiana e, per converso, hanno cominciato a diffondersi inopinatamente infondate convinzioni secondo le quali noi potremmo essere considerati una categoria di privilegiati. Accusati ingiustamente allo stesso modo del personaggio del “Processo” di Kafka, molti di noi hanno provato una specie immotivata vergogna e si sono chiusi in sé stessi, senza partecipare alla battaglia in difesa della categoria, ovvero facendolo con una strategia di retroguardia, lasciando quasi intendere che, per davvero, noi potessimo avere privilegi da difendere. Mentre in realtà, tutto al contrario, noi siamo chiaramente una categoria che riceve molto meno di quello che offre e che è oggetto – sempre più spesso – di vere e proprie inaccettabili ingiustizie.

La pressione fiscale

Non si fa altro che parlare del fatto che la pressione fiscale in Italia è inaccettabile. Ma raramente si sente qualcuno che dica chiaramente su chi gravano tali eccessi di pressione fiscale. Ebbene essi gravano quasi interamente sui lavoratori dipendenti con i redditi lordi più elevati. Il 12% degli italiani paga il 58% delle tasse e siamo noi. Quindi noi paghiamo di tasca nostra i servizi a milioni di concittadini, ma non abbiamo il piacere di poter dire che, perlomeno, li abbiamo pagati anche a noi stessi. Infatti quando si arriva a dover pagare, per esempio, la retta universitaria per un figlio scopriamo che noi dobbiamo pagare più di tutti, perché il contributo che abbiamo dato agli altri per noi non vale. Noi dobbiamo pagare di nuovo perché abbiamo l’ISEE alta. Perché lavoriamo dalla mattina alla sera e paghiamo tutte le tasse e questa evidentemente è considerata una specie di colpa. Poi gli evasori fiscali che hanno l’ISEE bassa non pagano la retta universitaria e magari prendono pure il reddito di cittadinanza, ma questo sarebbe un discorso lungo.

Il lavoro

I colleghi in servizio continuano a perdere il lavoro giorno dopo giorno. Perché se il sistema del credito alle imprese non funziona bene, se la burocrazia pubblica inefficiente determina una crisi di sistema, se il cuneo fiscale troppo alto o i contributi di cittadinanza a pioggia provocano una crisi del lavoro, tutto questo viene scaricato proprio sull’unica categoria che sta combattendo e contrastando tutti questi problemi nell’interesse del Paese e cioè su di noi. Una normativa sbilanciata ci rende la categoria più debole dal punto di vista delle tutele del lavoro e molti di noi si ritrovano, a decine di anni dalla pensione, ripagati di una vita di impegno con una lettera di licenziamento.

Le pensioni

Poi ci sono i colleghi in pensione che vedono decurtate e tagliate le loro pensioni e, quel che è peggio, si vedono additati come privilegiati. Ma il problema è che in Italia abbiamo un sistema previdenziale nel quale l’assistenza ai bisognosi viene scaricata largamente sui contributi pensionistici versati nell’INPS da tutti i lavoratori. E da parte di certa politica, non ci si rende conto che bisogna separare la previdenza dall’assistenza per rendere chiaro che l’assistenza è lodevole ma deve essere a carico della fiscalità generale e non deve chiamarsi “pensione” ma con il proprio vero nome e cioè contributo assistenziale. Poi, in ragione di questa aberrazione, si dice che i conti INPS non sono in equilibrio e si tagliano le pensioni di chi ha versato più di tutti e cioè dei martiri dirigenti industriali. E con questa strategia si cerca anche, più o meno consapevolmente, di creare spaccature tra coloro che non hanno la pensione tagliata da coloro che, invece, subiscono questo affronto. Ma tra di noi non devono mai esserci spaccature, perché dobbiamo capire che solo restando uniti possiamo salvare noi stessi e il Paese.

Il Presidente Gherardo Zei con il neo sindaco di Roma Roberto Gualtieri

La responsabilità

Da anni ormai sempre nuove normative di discutibile pregio giuridico operano uno scarico sistematico delle responsabilità civili e penali sui dirigenti con un sistema di “responsabilità oggettiva” mascherato da “mancanza di vigilanza” o da “insufficiente formazione”. Questa forse è la più grave ingiustizia nei nostri confronti. Poiché la Costituzione all’articolo 27 dice chiaramente che “la responsabilità penale è personale” e, pertanto, non può in alcun modo essere ammessa una responsabilità oggettiva di tipo penale. Ma il legislatore ha creato, e sta creando ogni anno di più, tutta una serie di principi di “mancanza di vigilanza” o “difetto di formazione” che di fatto introducono, in modo anticostituzionale, la responsabilità oggettiva nel sistema del diritto penale. Diciamoci la verità, in pratica noi dirigenti veniamo utilizzati da queste norme ingiuste e anticostituzionali come “capro espiatorio” di ogni fenomeno che crei allarme sociale.

Da sempre Federmanager lavora per contrastare queste ingiustizie con la propria azione politica e opera per tutelare i colleghi con i propri preziosi sistemi di assistenza sanitaria e di previdenza integrativa, oltre che con le tutele del lavoro e le politiche attive. Non ci sono dubbi che sia conveniente iscriversi a Federmanager per ricevere assistenza e per avere voce in capitolo come iscritti in materia di FASI, ASSIDAI, PREVINDAI, FONDIRIGENTI e PRAESIDIUM (solo per citare gli enti più conosciuti). Tutti i mesi abbiamo le trattenute in busta paga per previdenza integrativa e assistenza sanitaria ed è una cosa razionale partecipare alla loro governance mediante l’iscrizione a Federmanager. Ma è ancora più importante iscriversi per garantire ai colleghi in difficoltà un presidio a cui rivolgersi. Ricordando sempre che è bene aiutare oggi per poter essere aiutati quando potrebbe capitare anche a noi di avere un passaggio a vuoto.

Tuttavia – diciamocelo chiaramente – oggi come oggi i nostri iscritti sono grossomodo la metà dei colleghi che ne avrebbero titolo e tra i colleghi in servizio la situazione è ancora peggiore che tra i pensionati. Probabilmente dobbiamo riuscire a comunicare di più e meglio e noi del Consiglio Direttivo di Federmanager Roma ce ne faremo pienamente carico. Vogliamo iniziare a girare per le Aziende, incontrando i colleghi personalmente, perché fare squadra con i colleghi è il vettore fondamentale del nostro progetto. Anzi usando le parole del Vicepresidente Amato (se me lo consente) vorrei dire che questo è “il progetto”.

Ma prego anche voi, cari colleghi, di fare altrettanto. Vi esorto a parlare con i colleghi non iscritti della vostra azienda o con gli altri colleghi di imprese diverse che conoscete e a trasmettergli questo messaggio. Perché è giunta l’ora di smettere di indietreggiare e rialzare la testa. Questo è il momento di riunirci tutti insieme sotto la bandiera di Federmanager, per fermare la deriva e cambiare la rotta, indirizzandola di nuovo verso la crescita come categoria e come Paese. Ma per farlo dobbiamo come prima cosa eliminare le ingiustizie contro i dirigenti industriali, perché nessuna squadra può giocare bene se il capitano non è autorevole e largamente riconosciuto e stimato.

Anche perché, come ci ha detto anche il Presidente Nazionale Stefano Cuzzilla nel corso dell’Assemblea 2021 di Federmanager, questo è un momento decisivo di responsabilità per il Paese. I fondi del PNRR sono una grande opportunità ma, tra non molto tempo, ci lasceranno con un debito ancora più alto di quello attuale e con un nuovo patto di stabilità europeo. Quindi delle due una. O in quel momento si sarà invertita la rotta con significativi aumenti di PIL annuali, ovvero una nuova recessione sarà inevitabile. Quindi è necessario impegnarci subito e non possiamo tirarci indietro perché, come ha sottolineato il Presidente Bonomi nel corso della medesima Assemblea, quando i nostri figli ci chiederanno: “voi dove eravate in quegli anni, dal 2021 al 2026, quando si è deciso il destino del Paese?”. Noi dovremo rispondere: “noi eravamo lì e abbiamo fatto quello che c’era da fare”.

 

 

Gli auguri di buone feste del Presidente

Nel Natale del 2019 non pensavamo certo di avere davanti due anni tanto difficili. La Cina sembrava lontana e non capivamo quanto il mondo globalizzato fosse vulnerabile alla rapida diffusione di una pandemia. Ma quando – a marzo del 2020 –, è iniziato il lockdown tutti siamo stati presi in contropiede. Era venerdì, stavo rientrando da una trasferta a Firenze e ho ricevuto la telefonata del mio braccio destro che mi diceva che dal lunedì l’azienda sarebbe stata chiusa. Gli ho dato appuntamento in ufficio e, in tarda serata, ci siamo visti nel palazzo deserto per portare via i computer e i documenti più importanti su cui dovevamo lavorare nei giorni successivi. Poco dopo, mentre guidavo verso casa, riflettevo con preoccupazione a come avrei potuto organizzare il lavoro.

Nel successivo natale 2020 il nostro lavoro era ormai perfettamente organizzato da remoto, ma la preoccupazione era al massimo livello. Dopo un anno di pandemia senza vaccini e con la curva pandemica in crescita pregavamo tutti che il regalo di Natale fosse il vaccino.

Quest’anno, finalmente, il livello di vaccinazione è tale da consentirci di lavorare nuovamente in presenza e di condurre una vita quasi normale. Speriamo solo che le varianti non vengano a rovinare la ripresa.

Nel corso di questa tempesta ancora una volta i nostri dirigenti hanno dimostrato di essere i migliori del mondo, esprimendo una flessibilità strategica e una tenacia senza eguali nella gestione delle sfide contro il covid e nell’impegno a favore della conservazione e ripresa della produzione industriale.

Mi auguro con tutto me stesso che questo Natale 2021 sia quello della ripresa e – per questo – voglio fare a voi tutti, a nome di Federmanager Roma e mio personale, i migliori auguri di buone feste e di serenità. Vi prego di partecipare il mio augurio alle vostre famiglie, alle vostre aziende e a tutti i vostri collaboratori, sperando di vederci presto per lavorare insieme in presenza personale qui nella nostra sede di via Ravenna.

 Gherardo Zei

Editoriale del Presidente: La forza di non fermarsi

Editoriale del Presidente: La forza di non fermarsi

Siamo ancora in piena fase di ripartenza ma il calo dei contagi dovuto ai benefici della campagna vaccinale ci conforta e imprime nuova fiducia ed energia per affrontare tutte le sfide che, giorno per giorno, ci troviamo davanti.

Nonostante le difficoltà, quello appena trascorso è stato un anno di fortissimo impegno da parte della nostra organizzazione, uno sforzo riconosciuto anche nei primi mesi del 2021 che confermano il trend di crescita delle iscrizioni, segno di rinnovata fiducia e soddisfazione da parte dei colleghi.

Ripartiamo proprio da qui. Dalla fiducia in un’organizzazione che, come è noto, non si è mai fermata, lavorando in smart-working e assicurando agli iscritti e alle loro famiglie i servizi, le tutele e l’assistenza da parte di tutti gli uffici della struttura.

Il supporto e la presenza per i colleghi e per le loro famiglie è stata la nostra priorità. Le distanze imposte dalla pandemia hanno reso spesso difficile superare le difficoltà, mi scuso se in alcuni casi i riscontri attesi non sono stati tempestivamente esaurienti, ma nonostante gli ostacoli incontrati lungo il percorso di questi difficili mesi, non ci siamo mai arresi e abbiamo puntato sempre all’obiettivo: garantire tutele e servizi ai colleghi e fare la nostra parte per contribuire alla ripartenza del territorio.

Intanto il tempo è trascorso e siamo giunti alle porte dei due importanti appuntamenti per la nostra Associazione, l’Assemblea Annuale e le Elezioni per il Rinnovo degli Organi Sociali, un rinnovo che, nonostante gli sforzi di tutti, Commissione Elettorale in primis, ha subito i ritardi legati alla pandemia che ha rallentato la tabella di marcia al fine di consentire a tutti i colleghi, anche quelli sprovvisti di posta elettronica, di ricevere le informazioni necessarie per esercitare il proprio diritto di voto.

Le elezioni per il rinnovo degli organi rappresentano sempre un’occasione importante per dare nuovo slancio e nuova forza alla nostra Compagine Associativa.

Questo numero speciale di Professione Dirigente è dedicato interamente alla presentazione dei curricula dei colleghi che hanno presentato la propria candidatura, al fine di offrire a tutti pari visibilità e consentire a ciascun iscritto di esprimere la propria preferenza con la maggior consapevolezza possibile. Numerosi i candidati agli Organi di Federmanager Roma, di cui ben 63 nuovi colleghi e di questi 24 appartenenti a nuove aziende (22 colleghi e 8 aziende nel Consiglio Direttivo, 2 colleghi e 2 aziende nel Collegio dei revisori, 4 colleghi e 3 aziende nel Collegio dei Probiviri, 35 colleghi e 11 aziende nell’Assemblea dei Delegati).

Tra i candidati troverete nomi nuovi, sia per tutte le cariche in rinnovo, segno che l’operato della nostra realtà associativa ha suscitato l’interesse da parte di aziende e colleghi che per la prima volta si avvicinano a Federmanager Roma e sono pronti a scendere in campo in prima linea e a mettersi in gioco per l’interesse comune.

Nei miei 6 anni di mandato da presidente, questa Associazione ha compiuto passi importanti su molti fronti: relazioni industriali e istituzionali, politiche attive del lavoro, innovazione, certificazione delle competenze, assistenza contrattuale e previdenziale, welfare e servizi per i colleghi iscritti e le loro famiglie. Sono stati 6 anni intensi che ci hanno visto crescere insieme, combattere battaglie vecchie e nuove, impegnarci alla ricerca di nuove opportunità e studiare nuovi progetti rivolti alla crescita e alla tutela dei colleghi. In questi 6 anni abbiamo organizzato più di 100 eventi.

Un altro elemento di orgoglio è poter contare numerosi colleghi romani tra gli eletti alle cariche nazionali degli organi e degli enti Federmanager. Negli ultimi 6 anni oltre 40 colleghi di Roma hanno ricoperto incarichi elettivi a livello nazionale, di cui 5 alla presidenza di Enti Bilaterali e Collegi del Sistema Federmanager, alcuni riconfermati per due mandati.

Oltre a restare sempre operativi per i colleghi, seppur a distanza e nel rispetto delle norme di sicurezza di volta in volta emanate dal Governo, abbiamo continuato ad operare sul fronte delle relazioni istituzionali sia a livello locale che nazionale, al fianco della nostra Federazione.

I nuovi contesti economici hanno modificato radicalmente il modo di fare impresa, le organizzazioni aziendali e il management stesso. Il nostro ruolo di Organizzazione di rappresentanza, in questa realtà nuova e priva di riferimenti, assume un ruolo ancora più centrale. Le skills manageriali appaiono sempre più essenziali per traghettare le aziende oltre la crisi e soprattutto per la realizzazione del PNRR, il piano nazionale di ripresa e resilienza predisposto dall’Europa che richiede competenze specifiche e rappresenta l’occasione di rinascita che il nostro paese non può assolutamente perdere.

Per questa ragione abbiamo intensificato il nostro impegno nella difesa del posto di lavoro mettendo in primo piano la formazione e la certificazione delle competenze per orientate i colleghi sulle mutate esigenze del mercato del lavoro.

Il nostro progetto di certificazione delle competenze “Be Manager” ha certificato oltre 500 colleghi, quasi 100 su Roma, nei profili di Innovation Manager, Export Manager, Manager di Rete, Temporary Manager e Manager per la Sostenibilità.

Abbiamo sperimentato nuovi modi di stare insieme a distanza continuando ad organizzare incontri e a fare network, abbiamo iniziato e portato a termine progetti formativi e di politiche attive con l’obiettivo di favorire l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro e agevolare la managerializzazione delle PMI che rappresentano il 92% delle imprese attive sul nostro territorio e dalle quali dipende la ripresa del nostro sistema economico.

In tale contesto siamo orgogliosi dei riscontri pervenuti sui progetti “Open Innovation Manager” e “Smart Energy per le PMI” condivisi con Unindustria e finanziati da 4Manager, la più giovane realtà bilaterale costituita da Federmanager e Confindustria sul fronte delle politiche attive del lavoro. I due progetti hanno coinvolto 15 manager inoccupati iscritti a Federmanager Roma e 14 aziende iscritte ad Unindustria consentendo un innesto di managerialità che ha puntualmente perseguito gli obiettivi prefissati registrando la piena soddisfazione di tutti gli attori coinvolti.

Abbiamo riservato particolare attenzione alla Sanità, settore duramente colpito dalla pandemia, sebbene per noi da sempre prioritario.  Con il nuovo portale IWS – Industria Welfare Salute entrato a pieno regime, gli iscritti possono inviare un’unica richiesta di prestazione che viene indirizzata poi da IWS al FASI e all’ASSIDAI per le rispettive competenze.

Abbiamo proseguito il forte impegno sul fronte previdenziale in difesa dei trattamenti pensionistici attivi, senza dimenticare i colleghi usciti prematuramente dalle aziende. Molto apprezzato il nuovo progetto di consulenza previdenziale personalizzata, a cura dei maggiori esperti del settore che consente ai colleghi di operare ogni tipo di scelta, in tempo utile e con maggiore consapevolezza rispetto alla propria posizione contributiva e alle eventuali opportunità da cogliere.

Confermato anche quest’anno il nostro contributo solidale a VISES onlus, anima sociale della nostra federazione che interviene sull’intero territorio nazionale rendendo operativo, dove ce ne è più bisogno, il nostro intervento.

Tutto questo e molto altro ancora è stato possibile grazie ad un incessante lavoro di squadra. Il mio personale ringraziamento va ai colleghi del Consiglio Direttivo uscente, ai componenti di tutti i Gruppi di Lavoro e a tutti coloro che si sono messi a disposizione, anche con il semplice gesto di rinnovo dell’iscrizione, per la crescita della nostra organizzazione, nell’interesse dei colleghi.

Federmanager Roma conta quasi 10.000 manager iscritti, portatori di competenze, visione e senso di responsabilità, un patrimonio umano e professionale inestimabile, un punto di forza su cui puntare per ripartire e su cui mi permetto di richiamare l’attenzione, soprattutto in vista del nostro imminente appuntamento elettorale che necessita della più ampia partecipazione possibile.

Rivolgo il mio in bocca al lupo a tutti i colleghi candidati e offro fin da ora il mio supporto alla nuova squadra che guiderà Federmanager Roma per il prossimo triennio e si troverà ad affrontare l’ardua sfida della ripresa, una sfida che siamo chiamati a vincere, per noi, per i nostri figli e per il nostro Paese.

Editoriale del Presidente

Ci siamo. Ci ritroviamo dopo un’estate per certi versi unica: una ripresa dopo la pausa estiva, ma di fatto il riavvio post lockdown.

Siamo in piena fase di ripartenza, tanto urgente quanto necessaria, a dispetto di una situazione sanitaria ancora delicata per l’andamento poco rassicurante dei contagi. Un momento storico che richiede il massimo sforzo per ripartire, pur tenendo conto dei nuovi stili di vita imposti dal virus.

Di fronte alla gravità della situazione, è il momento dell’assunzione di responsabilità, da parte di tutti, a livello individuale e personale ma anche, se non soprattutto, come Associazione di categoria. I quasi 10.000 manager iscritti alla nostra Associazione rappresentano un patrimonio umano e professionale, un grande orgoglio per la nostra organizzazione e nel contempo una fortissima responsabilità. I numeri continuano a premiarci: l’azione svolta all’interno e all’esterno della nostra organizzazione ha portato ad un notevole incremento, nonostante le pesanti defezioni fisiologiche dovute a questioni anagrafiche, a perdite di qualifica e trasferimenti di sede. Peraltro, i primi mesi di questo difficile 2020 confermano il trend di crescita.

Ripartiamo quindi da noi e da quello che abbiamo sempre fatto. Come è noto Federmanager Roma non si è mai fermata, lavorando in smartworking e portando avanti, senza soluzione di continuità, il lavoro di tutela e assistenza dei propri associati.

Abbiamo seguito con costante impegno i progetti sul nostro tavolo, a cominciare dal progetto di politiche attive “Smart Energy per PMI” finanziato da 4Manager, che è entrato nella sua fase operativa e avremo modo, nei prossimi numeri, di raccontarne l’evoluzione che ci auguriamo possa essere ancor più positiva rispetto al più che soddisfacente progetto “Open Innovation Manager” di cui leggerete nelle pagine più avanti.

Continua poi a confermarsi un prodotto eccellente in tema di Formazione e Politiche attive “BeManager”, il nostro percorso di Certificazione delle Competenze Manageriali volto ad offrire alle aziende, e in particolare alle PMI, professionalità certificate indispensabili per affrontare il difficile cambiamento che ci attende. “BeManager” ha ottenuto il riconoscimento formale dell’Ente italiano di accreditamento, Accredia, che ha conferito al Disciplinare tecnico utilizzato da Federmanager e da Rina Services, Ente terzo di certificazione, l’importante valutazione di conformità a tutti i requisiti di legge previsti per il settore di attività.

Altra conferma importante riguarda il settore Salute, da sempre prioritario per la nostra organizzazione. Come noto dai primi mesi del corrente anno il caricamento delle richieste di prestazione on line da parte degli iscritti Fasi e Assidai viene effettuato attraverso il portale IWS – Industria Welfare Servizi SPA.

Federmanager Roma tiene inoltre sempre alta l’attenzione sulla questione delle pensioni.  Stiamo aspettando a breve la decisione della Corte Costituzionale che per la metà del mese di ottobre dovrebbe pronunciarsi sul famoso ricorso presentato contro il taglio delle pensioni medio-alte. Nell’attesa continueremo comunque a vigilare affinché vengano fatti tutti i passi necessari per opporsi ad una operazione che penalizza fortemente chi ha versato somme ingenti per tutta la vita lavorativa e che per questo, appare profondamente ingiusta e, per molti, anticostituzionale.

Ripartiamo quindi da noi e soprattutto ripartiamo dalla centralità del nostro territorio come fulcro della ripresa.

Le eccellenze della nostra regione diventano sempre più un bene da tutelare e da divulgare, un punto da cui partire per costruire insieme una nuova prospettiva di sviluppo. E lo spieghiamo bene nelle pagine di questa rivista raccontando di ben tre realtà che, in maniera oltretutto sinergica, si stanno distinguendo per  l’impegno in prima linea nella lotta contro il coronavirus: l’istituto di malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma, fulcro della lotta al virus, l’IRBM di Pomezia, il meglio della tecnologia biomedica distribuita in  22 mila metri quadrati di laboratori, dove si sta lavorando su uno dei vaccini anti-Covid e lo stabilimento Catalent di Anagni che si occuperà dell’infialamento di circa 400 milioni di dosi, non appena ottenuta l’autorizzazione dalle agenzie regolatorie e sempre che la sperimentazione confermi l’esito positivo del percorso avviato.

D’altronde, come spesso succede in momenti di crisi epocali, anche gli effetti di questa pandemia, seppure devastanti, possono rappresentare uno snodo importante, un’occasione di cambiamento che, se ben governati, possono offrire nuove opportunità e nuove prospettive.  È indubbio che il nostro territorio sta giocando un ruolo fondamentale in questa battaglia grazie all’impegno e alla competenza di vere e proprie eccellenze nel settore.  

Non solo. Nei prossimi anni l’Unione europea metterà a disposizione dei Paesi membri un ammontare di risorse mai sperimentato prima grazie anche al “Recovery and Resilience Facility”, meglio noto come “Recovery Fund”.

Tuttavia, il pericolo che questi fondi non vengano utilizzati al meglio, che si imbriglino nelle maglie della burocrazia o che, peggio, vengano sprecati per mancanza di visione è una preoccupazione reale, un pericolo da scongiurare, senza contare che una buona parte andranno comunque restituiti. Motivo in più affinché le competenze della dirigenza vengano coinvolte nell’intero processo di ripartenza, fin d’ora, nella redazione del piano programmatico di riforme strutturali su cui il Governo sta lavorando ma anche, e soprattutto, nelle fasi concrete di applicazione degli interventi che da lì scaturiranno. Siamo sempre più convinti che il management possa offrire al nostro paese un bagaglio di competenze e professionalità che, in questo momento, diventa imprescindibile.

Con una corretta gestione dei fondi europei e certezza sulla destinazione delle risorse, sarà possibile dare un segnale concreto per la ripresa economica del nostro Paese.

Oltretutto, le risorse del Recovery Fund sembra che possano concorrere anche alla riduzione del cuneo fiscale.  La Commissione Europea pare non sia contraria ad usare il denaro del Fondo per alleggerire la pressione fiscale in Paesi dove questa è molto elevata, come appunto l’Italia.

In questo complesso quadro, la nostra Organizzazione intende continuare, con convinzione, a dare il proprio apporto ad una progettualità oggi indispensabile. Un primo passo è stato quello di partecipare nel mese di luglio, come associazione di categoria, al sondaggio lanciato da LazioLab – la cabina di regia tecnico-politica della Regione Lazio – per capire come meglio investire queste risorse. Un contributo doveroso partendo dal presupposto che la dirigenza, per la centralità della propria funzione, possa e debba avere molto da dire, e da dare, per la rifondazione dell’economia e della società.

Appare evidente quindi che sia questo il momento di spingere su provvedimenti oggettivamente urgenti e non più rinviabili: l’alleggerimento delle tasse sul lavoro e sulle imprese; la drastica semplificazione burocratica; il taglio delle spese improduttive; la valorizzazione del nostro patrimonio storico e culturale dove Turismo e Cultura, pilastri della nostra economia, rischiano di sgretolarsi, con enorme perdita di occupati.  Fondamentale sarà una rinnovata attenzione alla scuola e alla promozione della ricerca; maggiori incentivi all’innovazione tecnologica, all’internazionalizzazione delle imprese e all’inserimento di figure manageriali nelle Piccole e Medie Imprese che sono il tessuto connettivo del nostro territorio e rappresentano il 92% delle imprese attive sul territorio.

D’altra parte, come Federmanager Roma, abbiamo da sempre sostenuto la necessità di una programmazione per superare la crisi che vivono Roma e il Lazio, con un preoccupante stallo progettuale e di pianificazione. Il nostro contributo si è reso evidente nella elaborazione dello studio “Le prospettive di Roma capitale alla luce delle tendenze in atto”, in collaborazione con l’Università La Sapienza di Roma, che concentra l’attenzione sul futuro, al 2030, e le aspettative nei settori della mobilità, sanità, fabbisogno abitativo, fabbisogno edilizio scolastico ed evoluzione economica di Roma e dell’intera sua provincia.

Il prossimo 29 ottobre, come già comunicato, terremo la nostra Assemblea Annuale. All’interno del numero troverete l’inserto di convocazione e tutte le informazioni nel dettaglio. Aggiungo che quest’anno abbiamo scelto, per questioni di opportunità legate al momento che stiamo vivendo, di limitare i lavori dell’Assemblea alla parte privata, strettamente riservata ai soci e agli adempimenti statutari di approvazione del Bilancio.

Concludo augurando a tutti voi una buona ripresa dopo un’estate difficile come difficile si prospetta l’autunno ormai alle porte. Abbiamo davanti un orizzonte carico di incognite ma sono fiducioso che sapremo affrontare anche questa prova e che ognuno di noi troverà le giuste motivazioni per superare il momento critico che ci accomuna.

 

Editoriale del Presidente: Competenze e trasparenza per generare fiducia e tornare a competere

Il 15 giugno scorso avrebbe compiuto 100 anni il mitico Alberto Sordi. Auguri Albertone, simbolo di italianità nel mondo, sarai sempre un’icona di identità nazionale, quell’identità in cui ci riconosciamo tutti e dalla quale dobbiamo attingere forza e strumenti per far ripartire il nostro paese.

Sono trascorsi tre mesi dall’inizio del lockdown imposto dalla pandemia che ha colpito il mondo intero. Tre mesi in cui abbiamo visto le nostre vite stravolte da un virus che a tutti ha tolto la normalità del quotidiano, a molti il lavoro, la serenità e ai più sfortunati ha portato via gli affetti più cari. In queste settimane piene di smarrimento, paure e senso di precarietà su un futuro che ancora oggi facciamo fatica ad immaginare, non sono mancate tuttavia le manifestazioni di solidarietà, di forza d’animo e il senso di appartenenza che ci contraddistinguono come popolo e come paese.

Anche in Federmanager Roma, il fermo imposto dal Governo per arginare l’emergenza coronavirus, è stato solo apparente. Anche a distanza, nel rispetto delle misure restrittive, abbiamo continuato a lavorare, a fare rete e a raccogliere, insieme alla Federazione nazionale, soluzioni e idee per sostenere il nostro paese nella delicata fase della ripartenza. Grazie allo smart working abbiamo erogato servizi e portato avanti progetti senza soluzione di continuità, restando a disposizione dei colleghi e pronti a rispondere alle esigenze del territorio come continuiamo a fare tuttora.

Sempre in modalità on line si sono svolti i lavori del Consiglio Nazionale del 29 maggio u.s. che ha portato al rinnovo di alcune cariche in seno ai principali enti di sistema che rappresentano punti di riferimento ormai irrinunciabili sul fronte della Previdenza e della Sanità Integrativa per i colleghi e per le loro famiglie. Colgo l’occasione per congratularmi con tutti i coloro che sono stati eletti e/o riconfermati nei rispettivi c.d.a. tra cui i colleghi di Roma Andrea Alfieri riconfermato nel cda del Fasi, Mario Cardoni e Patrizio Palazzo nel c.d.a. Previndai, Sara Signa nel collegio dei Sindaci Previndai, Paolo Parrilla nel cda Previndapi e Paola Perrone eletta Presidente del Collegio Revisori Previndapi.

Sul piano delle Relazioni Industriali prosegue la sinergia con Confindustria a livello nazionale e territoriale in particolare grazie alle realtà bilaterali.

 Sul Piano Colao abbiamo riscontrato un documento in cui si fatica a riconoscere il know how di un manager di quel calibro.

Bene la tutela della salute come priorità assoluta, il richiamo al green, alla digital trasformation, al 5G, alle pari opportunità. Ma abbiamo oltre 100 pagine di annunci, prive di riferimenti precisi su costi e risparmi che i provvedimenti indicati comportano, un contributo che lascia spazio ad un modus operandi più consono alla politica che al management. L’impressione è che gli esperti, chiamati a portare pragmaticità, si siano lasciati contagiare accantonando la concretezza e le peculiarità del management per lasciare spazio ad un approccio teorico tipico degli ambienti politici.

Lo Scudo Penale, seppure alleggerito, resta ancora un onere importante in carico al datore di lavoro. Una sorta di freno alla ripartenza che penalizza il lavoro e crea incertezze. La burocrazia che caratterizza da sempre il nostro paese continua a rappresentare un ostacolo imponente, anche ora che dovremmo marciare compatti. La via della ripresa è già di per sé in salita e non ha certo bisogno di freni. Al contrario, c’è bisogno di generare fiducia, di una iniezione di competenze e know how che i manager maturano in anni di lavoro, di obiettivi perseguiti e di crisi affrontate e superate.

Il tema della pressione fiscale troppo elevata anima il dibattito politico. In questo senso ci sentiamo di fare nostre le parole del procuratore generale della Corte dei Conti Fausta Di Grazia: “Appare non più rinviabile un intervento in materia fiscale che riduca, per quanto possibile, le aliquote sui redditi dei dipendenti ed anche dei pensionati”.

Abbiamo partecipato con la CIDA agli STATI GENERALI convocati dal Presidente Conte lunedì 15 giugno u.s. e abbiamo ribadito la primaria necessità di operare un cambio di passo. Non possiamo rischiare, bisogna agire subito. Sul piatto c’è il futuro dell’Italia e come manager siamo pronti a prenderla per mano per riportarla a competere in Europa e nel mondo. Le salite non ci spaventano, superarle è il nostro mestiere.

Sul fronte Europa serve azione e trasparenza. Non è ancora chiaro infatti quanto costerebbe realmente all’Italia l’eventuale ricorso al Meccanismo di Stabilità (Mes) per far fronte all’emergenza Coronavirus.

Il Ministro dell’Economia Gualtieri ha dichiarato che “in sostanza ci pagherebbero per darci il prestito”, considerati i bassi tassi di interesse del Mes che il 15 maggio ha reso operativo il Pandemic Crisis Support in base al quale si può richiedere, entro il 2022, fino al 2% del PIL 2019 – per l’Italia circa 36 miliardi di euro – da destinare a spese sanitarie dirette e indirette inerenti l’emergenza COVID.

Sebbene ad oggi appare quest’unica condizione per accedere allo strumento, non sono state ancora eliminate definitivamente le condizionalità del Mes e non è chiaro quali costi dovrebbe sostenere l’Italia per accedere allo strumento dopo essersi già indebitata, tra Dl Cura Italia e Dl Rilancio, per circa 80 miliardi di euro.

Gli aspetti da trattare e approfondire sono molteplici così come i pericoli da scongiurare. A tal proposito invito i colleghi a segnalarmi ulteriori riflessioni.

Se da un lato siamo un paese ad alto debito pubblico, dall’altro non possiamo sottovalutare il rischio di attacchi arbitrari e iniqui alle pensioni e ai risparmi delle famiglie. Si andrebbe ad erodere il lato virtuoso del nostro paese e ad intaccare l’unico patrimonio su cui fare affidamento anche quando manca la presenza dello stato, un elemento fondamentale anche per la reputazione del nostro Paese.

L’ultimo rapporto Istat (maggio 2020) su situazioni e prospettive delle imprese italiane durante l’emergenza covid indica una diminuzione del fatturato superiore al 40% per 4 aziende su 10 con inevitabili ricadute sul clima di fiducia di operatori economici, imprese e consumatori.

L’obiettivo è tornare a competere e l’unica via percorribile è ricominciare a generare fiducia attraverso le competenze, la trasparenza e la capacità di visione di cui il nostro paese è ricco. Abbiamo innumerevoli punti di forza. È giunto il momento di utilizzarli.

 

Editoriale del Presidente: Fiducia nel futuro e competenze per affrontarlo

Editoriale del Presidente: Fiducia nel futuro e competenze per affrontarlo

Inauguro, con questo editoriale, il primo numero on-line della nostra Rivista edito su piattaforma web dedicata. Il varo del progetto “professionedirigente.it”, di cui abbiamo volutamente accelerato la messa a punto, è in qualche modo significativo del momento che stiamo vivendo, considerato l’impatto che il Coronavirus ha avuto sul digitale

Il necessario distanziamento sociale ha delegato in larga parte alla tecnologia la riorganizzazione delle nostre vite. La scuola è on-line, il lavoro è smart, le riunioni solo virtuali e le chat di WathsApp sono diventate strumenti di lavoro. Nuove abitudini. Alcune temporanee altre su cui fare una riflessione.

Federmanager Roma come sapete si è prontamente adeguata. Nella fase iniziale dell’emergenza le prime misure poste in essere dalla nostra organizzazione sono state la chiusura della sede, per la salvaguardia della salute di tutti e l’adozione dello smart working , per assicurare la continuità dei servizi.

Sono così rimaste operative tutte le aree funzionali e garantite le consulenze telefoniche in tutti i settori. Abbiamo in più rafforzato la nostra presenza attiva al fianco degli associati intensificando la Comunicazione e l’informazione. Avvalendoci della collaborazione di qualificati esperti,   trasmettiamo puntualmente notizie approfondite sui temi più discussi del momento in ottica Covid-19: il nostro sistema di welfare, l’economia previdenziale, la privacy . Abbiamo inoltre esteso la rassegna stampa giornaliera anche ai giorni festivi.

LA RIPRESA IN PIENA EMERGENZA ECONOMICA Mai avremmo pensato di dover gestire un’emergenza di queste dimensioni. Da epidemia a pandemia, dalla Cina al mondo intero.

Guardiamo a noi, il Paese si è fermato. La maggior parte delle nostre attività produttive si sono bloccate per un tempo che sembra infinito creando una emergenza economica che, di pari passo a quella sanitaria, è diventata emergenza nell’emergenza.

Siamo ora alla fase2, la ripartenza. In questo annunciato inizio, dai meccanismi ancora incerti, dobbiamo fare i conti con quello che questo tsunami sta producendo sul nostro tessuto economico.

Secondo i dati diramati da Confindustria le imprese con problemi molto gravi al 18 aprile u.s. risultavano essere il 43,7% con le inevitabili ricadute sul fronte occupazionale a tutti i livelli.

Un vero e proprio allarme per una organizzazione come la nostra.

La Federazione ha chiesto al Governo di predisporre specifiche agevolazioni fiscali per le piccole e medie imprese che intendano dotarsi di competenze manageriali perché, come ha dichiarato il Presidente Federale Cuzzilla “è la competenza che ci farà andare avanti e ci farà recuperare il terreno perso. Perché senza le competenze manageriali è impensabile poter reagire alla complessità organizzativa, gestionale, finanziaria che dovremo affrontare”.

D’altra parte le politiche attive del lavoro sono, da sempre, una priorità per la nostra Organizzazione. Federmanager, a livello nazionale, prosegue con convinzione il percorso di certificazione delle competenze che finora ha portato alla certificazione di oltre 500 manager distribuiti tra specifiche figure professionali appositamente individuate. Una iniziativa a dir poco illuminata alla luce del momento che stiamo vivendo in cui servono capacità di giudizio e di visione. In sintesi servono skills e know how manageriali.

Sul territorio Federmanager Roma ha fatto la sua parte, con due progetti che si possono definire veri e propri laboratori di politiche attive del lavoro, entrambi condivisi con Unindustria e finanziati da 4.Manager: il Progetto “Open Innovation Management”, che ha permesso a 7 dirigenti sui 10 coinvolti, di instaurare i presupposti per un rapporto continuativo di collaborazione e di consulenza presso piccole imprese del territorio ed il progetto ”Smart Energy per PMI”, che prevede anch’esso l’inserimento, per un periodo determinato, di 5 manager con expertise tecnica nelle aziende individuate allo scopo. Un articolo dedicato illustra nel dettaglio l’iniziativa.

Per il resto, il virus e il traumatico distanziamento sociale che ne è derivato, ci ha costretto a sospendere i programmi in agenda e rivedere la pianificazione degli eventi.

Avevamo iniziato il 2020 con il piede giusto da questo punto di vista, prima di essere interrotti da questo cataclisma epidemiologico.

Nel mese di febbraio è stata organizzata la presentazione di un sostanzioso studio su “Le prospettive di Roma Capitale alla luce delle tendenze in atto”, condotto in collaborazione con ricercatori del CORIS e del DISSE Sapienza Università di Roma. Un evento che ha avuto una imponente eco mediatica e riscosso particolare apprezzamento presso i nostri associati. Anche di questo troverete un ampio resoconto più avanti in questa rivista.

Sempre a febbraio si è tenuto, organizzato da Federmanager, il convegno “L’energia che fa bene nell’ambito del quale è stato presentato il III Rapporto Annuale su “Transizione Verde e sviluppo. Può l’economia circolare contribuire al rilancio del sistema Italia ?”, studio realizzato con la collaborazione tecnica di AIEE ed il contributo attivo di Federmanager Roma.

 IL FUTURO PROSSIMO Torneremo ad incontrarci. Proprio in questi giorni stiamo predisponendo i nostri spazi di lavoro per renderli adeguati e sicuri nel rispetto delle direttive emanate dal Governo, Torneremo a vivere negli stessi ambienti di prima, ma in maniera differente e in piena sicurezza. Pronti ad accogliere nuovamente quanti, quotidianamente, si rivolgono ai nostri sportelli di consulenza e assistenza.

Quello che è accaduto ci ha costretto ad una pausa operativa ma anche di riflessione, una pausa che stiamo utilizzando al meglio per programmare, con la stessa capacità e ancor più convinzione, le azioni per il prossimo futuro. Un futuro di ripresa e di rilancio per il nostro Paese in cui il ruolo dei manager, che orgogliosamente rappresentiamo, risulterà ancora più decisivo.

Consapevoli che per imporsi in questa importante partita, è fondamentale avere obiettivi chiari, certamente sfidanti ma altrettanto ineludibili, Federmanager Roma è pronta ad affrontare la ripartenza guardando al domani con fiducia. Fiducia nelle nostre capacità, come cittadini e come manager.

Con l’impegno di sempre.