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competenza

Ripensare la leadership al tempo del Covid-19

Ripensare la leadership al tempo del Covid-19

Solo i leader più capaci saranno in grado di gestire un’emergenza come quella che stiamo attraversando. Ma quali sono le caratteristiche che deve avere un leader vincente? Certamente competenza, empatia ed umanità, capacità e propensioni naturali nelle donne

In questo periodo di pandemia stiamo assistendo con apprensione ai tentativi, più o meno ordinati e ponderati, dei nostri leader di contenere la diffusione dell’epidemia e gestire un’emergenza senza precedenti.

Non possiamo sapere con certezza quando questa crisi sanitaria finirà, ma di una cosa possiamo essere certi: alcuni leader si saranno dimostrati più capaci di altri a fronteggiare l’emergenza.

E’ proprio nei periodi più duri che si evidenziano e si amplificano gli effetti devastanti della leadership inadeguata: incompetenza, arroganza, disonestà, indifferenza per la sofferenza degli altri, costituiscono, ancor più nei periodi di crisi, i detonatori di sconvolgimenti sociali ed economici.

I leader che si dimostreranno più capaci saranno coloro in grado di esprimere qualità come la competenza, l’umiltà, l’integrità, il coraggio ma anche, soprattutto, l’empatia e l’intelligenza emotiva, dando fiducia e rassicurazione e connettendo le persone nelle emozioni e nei valori.

I leader più capaci: competenti ed empatici

Tomas Chamorro-Premuzic, nel suo libro “Why do so many incompetent men become leaders (and how to fix it)” mette in evidenza come alcuni tratti del carattere quali l’egocentrismo, l’autocompiacimento, l’eccesso di confidenza nelle proprie capacità, siano stati spesso interpretati come espressione di una personalità forte e carismatica, anziché, come sarebbe corretto, essere considerati dei campanelli d’allarme di disturbi della personalità.

 

Addirittura in molti casi l’eccessiva confidenza viene confusa con la competenza. Il risultato è che troviamo un surplus di incompetenti (e narcisisti) alla guida di organizzazioni, istituzioni e Paesi.

Questo fenomeno rischia di acuirsi e accentuarsi in periodi di crisi, quando la tentazione dell’ uomo forte al comando” sembra costituire la panacea di tutti i mali. I leader narcisisti ed egocentrici generano nella collettività ansia, sfiducia e frustrazione.

E’ vero al contrario che una leadership positiva e benefica rappresenta una risorsa per le collettività e le organizzazioni, dando impulso alla motivazione e alla performance.

La self confidence, lo strenuo perseguimento del successo personale anche a scapito del bene collettivo devono essere messi da parte rispetto ad altri più importanti aspetti della leadership: esperienza e competenza professionale, intelligenza, umiltà, impegno, networking, integrità, empatia.

E’ la rivincita della competenza sull’improvvisazione, sulla superficialità e la banalità dell’apparire. Ma la competenza e la professionalità da sole non bastano. In parallelo è altrettanto importante adottare un approccio più empatico, umano, all’occorrenza controcorrente.

Il leader vincente è colui o colei che guida il gruppo (sia esso un popolo o un team aziendale) al successo collettivo perché capace di intercettare, comprendere e dare voce a sentimenti, emozioni, stati d’animo delle persone e di mettere da parte il proprio interesse personale.

Ripensare la leadership al tempo del Covid-19

L’intelligenza emotiva e l’empatia giocano un ruolo fondamentale in questo senso, e le donne, che più spesso degli uomini hanno una naturale propensione verso queste competenze, se avranno l’opportunità di accedere ai ruoli decisionali in misura più consistente di quanto avvenuto finora, potranno certamente dare un contributo importante e decisivo all’auspicata trasformazione culturale.

I benefici della generosità

Le incertezze e i problemi determinati dall’emergenza in atto possono essere meglio affrontati se si innescano processi comunitari collaborativi e di condivisione, cooperativi e solidali.

Adam Grant nel suo libro “Give and Take” ci dimostra che la generosità può avere benefici tangibili per gli individui e le comunità cui appartengono, e che le persone di maggior successo sono proprio i Givers, ovvero coloro che sono capaci di agire a vantaggio degli altri, arricchendo la vita delle persone con cui interagiscono.

I Givers, spiega Grant, sono coloro che preferiscono dare più che prendere, sono generosi nel condividere tempo, energie, conoscenze, capacità, idee e connessioni con altre persone. Hanno la propensione ad agire per il bene altrui e un forte senso di responsabilità verso chi li circonda. Amano dare il proprio contributo senza pretendere nulla in cambio, antepongono il bene del gruppo al proprio interesse. Adottano uno stile di comunicazione pacato e partecipativo (Powerless) e nel dialogo utilizzano di solito la prima persona plurale (noi, nostro…).

 

Al contrario i Takers antepongono sempre il proprio interesse, prendendo più di quanto danno e drenando risorse ed energie dagli altri. Sempre concentrati su se stessi, hanno un approccio ipercompetitivo, si sentono superiori agli altri.

I Matchers, che rappresentano la maggior parte (circa il 60%) della popolazione, cercano l’equilibrio tra dare e avere, sono disponibili ad aiutare gli altri se ne possono ottenere dei vantaggi, fondano le relazioni su scambi di favori alla pari e proteggono se stessi con la reciprocità.

Nelle culture governate dai valori dei takers la regola è quella di ottenere il più possibile dagli altri contribuendo il meno possibile. L’inevitabile effetto di questo approccio è di ingenerare competizione e conflitto interno.

Nelle “culture del matching”, la norma è di aiutare coloro che ci aiutano, mantenendo un costante equilibrio tra dare e avere. Sebbene le culture dominate dai valori dei matchers beneficino di un ambiente maggiormente collaborativo rispetto a quelle in cui a prevalere sono i principi guida dei takers, costituiscono ambienti ancora poco efficienti per la collaborazione, la condivisione e lo sviluppo di nuove idee e conoscenze che nascono dalla cross-fertilization.

I Givers hanno più spiccate capacità di interazione proficua con gli altri e sono capaci di creare un ambiente più aperto, solidale, improntato alla fiducia e all’armonia, aiutando gli altri senza aspettarsi nulla in cambio. Tutto ciò: migliora la coesione e il coordinamento del gruppo; crea un ambiente più favorevole al rispetto delle regole; favorisce la circolazione e lo scambio di idee, il trasferimento di know how e di competenze.

In conclusione

Le sfide che ci pone il futuro sono molteplici e ardue. Nulla sarà come prima e dobbiamo essere pronti ad abbracciare nuovi modelli di riferimento. A cominciare ad esempio da un atteggiamento più aperto e fiducioso verso le tecnologie digitali, che si sono rivelate preziose per mitigare gli effetti negativi dell’isolamento e dell’inattività e favorire la tenuta del tessuto sociale ed economico.

Saper ascoltare e “sentire” le persone, entrare in sintonia con loro, riconoscere le emozioni e prendere decisioni finalizzate a massimizzare il bene comune: queste sono le doti che i leader dovranno dimostrare per consentirci di ricostruire una società più giusta e più equa.

Chiudo citando Einstein che nel 1955 scriveva: “Non pretendiamo che le cose cambino se continuiamo a farle nello stesso modo. La crisi può essere una vera benedizione per ogni persona e per ogni nazione, perché è proprio la crisi a portare progresso. La creatività nasce dall’angoscia, come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che nasce l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie” (Albert Einstein).